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8 dicembre 2017

 

Devo essermi beccata una tonsillite. Ho il collo avvolto nella sciarpa. A forza di vivere sola e in silenzio la gola mi è diventata fragile.

Benché non sia il giorno dei croccantini ne lascio trenta chili contro l’ingresso del rifugio.

Come al solito sento i cani, ma non li vedo.

Come al solito il ragazzone barbuto viene a prenderli mormorando: «Grazie da parte loro».

«Nina c’è?» chiedo.

Il ragazzone si blocca come un lettore CD messo su “pausa”. In genere a parte buongiorno e buonasera non dico niente. Ci ripenso subito, non gli do il tempo di rispondere, torno alla macchina. Lui mi segue con lo sguardo. Gli faccio un vago cenno di saluto. Non so cosa mi abbia preso.

Probabilmente un miscuglio di emozioni.

La scuola del Vieux-Colombier distrutta, la foto di classe ritrovata, il ricordo che tanto spesso rivedo in sogno, quello che ho fatto anche la notte scorsa. Mi vedo tornare lì, da Nina. È la sera del funerale. Sgomento, stupore, gesti lenti, il respiro di Étienne, pallido e con le occhiaie, e Nina che si sta facendo scopare da un’altra parte.

Ma la cosa che mi ossessiona di più è che hanno trovato resti umani nella macchina ripescata dal lago. L’informazione è confermata. I gendarmi faranno ricerche per identificarli. Non so perché, ma per il momento non sono autorizzata a parlarne sul giornale.

E vorrei tanto dirlo a Nina.

*

 

Nina, seduta nel suo ufficio, sta mordicchiando il cappuccio della penna.

Giornataccia. Due nuovi ingressi nel canile, cani da caccia non identificati, pieni di parassiti. Nessuna adozione da due mesi. Una volontaria se n’è andata. In mezzo a quella merda un lumicino di speranza: qualcuno è interessato al vecchio Bob. È lì da quattro anni, sedici stagioni di pavimento d’asfalto. La persona ha telefonato, ha visto la foto sul sito del rifugio, Bob le piace. Il dossier fotografico che Nina ha fatto dei cani funziona bene come un sito di incontri.

Sorride. Dovrebbe provarci anche lei, registrarsi a Trovaunuomo.com tanto per vedere, ma la sola idea di ritrovarsi faccia a faccia con uno sconosciuto in un bar-ricevitoria la dissuade. E poi non ci sono sconosciuti a La Comelle. Quelli della sua età li conosce tutti, uomini sposati con la pancetta e i denti ingialliti dal tabacco, alcolizzati o ex sportivi rinsecchiti. Ride da sola. Le fa bene, è come se si illuminasse dall’interno. Bisogna pur sorridere quando non rimane altro, sorridere per andare avanti.

Christophe entra nell’ufficio, si prende un caffè tiepido e ci intinge un biscotto.

«La persona che porta i croccantini ogni mese è tornata stamattina. Mi ha chiesto se c’eri. Di solito non dice mai niente. Sai chi è?».

Turbata, Nina solleva il naso dall’agenda, digerisce l’informazione.

«Sì che lo so».

«Davvero?» si stupisce Christophe.

«È un fantasma».

Nina si mette la giacca e si dirige all’infermeria, che si trova accanto al gattile. È l’ora dell’iniezione a Orlan, forse affetto da una coriza che deve bloccare immediatamente, prima che contagi gli altri.