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Adrien, secondo te mi sono venute le mestruazioni così presto perché mia madre è una puttana?».
«Ma no, anche Madre Teresa di Calcutta le ha avute a dieci anni, come te».

«Madre Teresa?».

«Sì».

«Sei sicuro?».

«Sì, l’ho letto su Scienza e Vita».

Accompagnata da Étienne e Adrien, Nina sta andando verso lo studio medico. Non si vedono dal giorno prima alle piscine, quando Nina è scappata come una freccia senza dire niente.

I ragazzi sono sugli skate, lei a piedi. Procedono al ritmo dei suoi passi.

Da ieri il sangue non ha mai smesso di colarle. Ha preso appuntamento con il dottor Lecoq senza camuffare la voce. Un vero appuntamento a suo nome, Nina Beau. Allo studio la conoscono bene, data l’asma la vedono spesso. È la prima volta che va da sola dal medico di famiglia. In genere ce la porta il nonno. La sensazione di disubbidire la mette a disagio.

«L’hai detto a tuo nonno?» domanda Étienne.

«No» risponde lei, infastidita.

«Puoi andare in piscina?».

«Ma no...».

«Quanto dura?» chiede ancora Étienne.

«Non lo so bene... Tipo sei giorni... Ma voi andateci».

«Figurati se ti lasciamo sola!» si indigna Adrien.

«Possiamo noleggiare dei film!» dice Étienne tutto contento. «Il giardiniere e la signora Rancœur sono in ferie, avremo casa libera!».

«E tua sorella? Non le daremo fastidio?» si preoccupa Nina.

«Non c’è mai».

Quando arrivano tutti e tre davanti allo studio medico Nina dice loro di aspettarla un po’ più avanti.

«Non vuoi che ti facciamo compagnia in sala d’attesa?».

«No, preferisco andarci da sola».

Proprio lì accanto c’è il parcheggio di un vivaio. I ragazzi ci vanno con lo skate a fare figure sulle strisce di parcheggio dei camion.

Prendono la rincorsa, fanno salti. Étienne è molto più bravo e temerario di Adrien, anche più rapido. Ha l’aria di levitare sulla tavola. Sembrano un maestro e un allievo, pensa Adrien, un professionista e un novellino. Étienne padroneggia alla perfezione il proprio corpo, ha un’agilità e un’elasticità innate. È cresciuto ancora, ormai supera Adrien di due teste. Sulle ruote, in acqua o a terra ha il controllo dell’equilibrio e l’armonia dei gesti, basta vederlo attraversare la piscina grande nuotando a stile libero.

È una fatalità che Adrien ha già assimilato: non si nasce tutti uguali.

Con le croste sui gomiti e le ginocchia, i polsi doloranti per le figure che cerca di fare nel tentativo di imitare Étienne, Adrien si ferma un attimo per allacciarsi una scarpa quando percepisce uno sguardo come una coltellata alla schiena. Sorpreso dal malessere vertiginoso che lo pervade, si volta e si liquefà. Gli manca il respiro come se si fosse beccato un calcio nello stomaco.

È lì, a circa trecento metri da lui. Da quanto tempo lo sta guardando? L’ha seguito? Mezzo secondo dopo l’altro si volta, chiude rapidamente la portiera della macchina ed entra nel vivaio.

Adrien sente un impulso, come se qualcuno lo spingesse con una violenza mai sperimentata prima, forse la persona dietro la quale sembra sempre nascondersi, quella timidissima. I muri crollano. Tutto ciò che di fronte a Py ha sempre represso sta per esplodere in maniera totalmente scoordinata.

Parte come un razzo abbandonando lo skate su un muretto, senza sentire Étienne che gli chiede dove stia andando. Attraversa di corsa il parcheggio, apre la pesante porta del negozio, se la prende sulla faccia, i suoi gesti sono disordinati, il corpo non gli risponde più, ha le gambe cariche di elettricità.

La prima corsia è vuota, la seconda pure.

Cerca Py come un cane da caccia che bracchi un animale.

Incontra un commesso che gli sorride.

«Buongiorno, ragazzo».

Adrien non lo sente, ha nelle orecchie il cuore che rimbomba come quello di un pesce preso nella rete.

Risente l’odore della classe, un misto di carta, colla, ammoniaca, gesso e sudore.

Lo trova nella terza corsia. Py sta soppesando bustine di semi scegliendone serenamente qualcuna per il suo giardino con il sorriso di circostanza che si stampa sulla faccia ogni mattina quando esce di casa.

Adrien conosce bene quel sorriso. Lo sveglia ancora in piena notte.

Py non fa in tempo a veder scattare Adrien, riceve il pugno in piena faccia. È un pugno piccolo, il pugno di un bambino di undici anni alto un soldo di cacio, ma in quella mano c’è una tale rabbia, una tale tensione e un tale dolore che il colpo ha la forza di una pallottola sparata a bruciapelo.

Gli occhiali del maestro si rompono e lo feriscono, ha un po’ di sangue sul naso, la vista gli si annebbia. Gli arriva un calcio nei coglioni di una violenza inaudita. Py si sente mancare, si piega in avanti, si rannicchia mentre Adrien continua a colpirlo urlando come un indemoniato. Un impiegato lo afferra, lo trattiene, lui si divincola come un pazzo.

Poi un altro grido terribile e disperato, quello di Nina.

«Adrien!».

Nina ha le lacrime agli occhi e il volto contratto dalla paura. Accanto a lei, incredulo, Étienne spalanca la bocca come un demente.

Adrien sente una vampata di calore, un formicolio dappertutto, le gambe non lo reggono più. Poi più niente, un velo nero.

Riprende i sensi in un magazzino, sente l’odore delle piante e della terra bagnata. Due vigili urbani e tre impiegati del vivaio lo stanno guardando, sente le parole «Il signor Py non sporgerà denuncia... la madre gli ripagherà gli occhiali... ferite superficiali... preoccupati per il bambino... sta per arrivare un medico... ma che gli è preso?».

Nina è in pieno attacco d’asma, ha il respiro rauco, ogni tanto acuto come se avesse in gola un fischietto sfasciato.

Étienne, con lo skate sottobraccio, sta continuando a guardare Adrien come se non lo riconoscesse più. Un estraneo steso tra i sacchi di terriccio. Adrien si è ferito la mano rompendo gli occhiali di Py.

Arriva Joséphine nel panico.

“Dov’è Py?” si chiede Adrien prima di perdere di nuovo i sensi.

 

*

 

Dato che non possono andare alle piscine, da qualche giorno ascoltano l’album The Joshua Tree degli U2 a ciclo continuo e col volume a palla. Ballano e cantano nel grande salotto di casa di Étienne con le tapparelle chiuse, si abbandonano al buio facendo cose strampalate, gesti scoordinati, ridendo rumorosamente come bambini dell’asilo.

«With or without you...».

Quei pomeriggi di allegria li rinfrancano, dopo l’attacco di pazzia di Adrien. Da quel giorno non ne hanno più riparlato. Adrien è stato da un dottore che ha cercato di capirci qualcosa, ma lui non gli ha detto niente, da quando ha sei anni non ha più nessuna fiducia nei medici.

La mattina in cui Adrien ha picchiato Py il dottor Lecoq aveva tranquillizzato Nina. Avere le mestruazioni alla sua età rientrava nel corso normale delle cose. Niente di preoccupante. Forse un paio d’anni d’anticipo rispetto alla media, ma niente di grave.

«Lei ha conosciuto mia madre?» gli aveva chiesto Nina.

«Sì, certo» aveva risposto il medico spostandole lo stetoscopio sulla schiena.

«Ha avuto le mestruazioni a dieci anni?».

Lecoq aveva rovistato nei cassetti dello schedario, aveva tirato fuori il fascicolo di Marion Beau, nata il 3 luglio 1958, e cercato di decifrare gli appunti scritti all’interno.

«Mi dispiace, Nina... Non capisco più la mia stessa scrittura».

Il dottore le aveva prescritto analisi del sangue e detto qualcosa a proposito di ormoni e tasso di progesterone, ma lei non lo ascoltava più, fissava il fascicolo della madre posato sul tavolo. Date scritte a penna rossa, le date delle visite, come altrettante prove della sua esistenza. La madre era entrata in quella stanza, si era stesa su quel lettino, Lecoq le aveva misurato la pressione, l’aveva visitata, pesata, auscultata.

A casa non c’erano foto di Marion. Pierre Beau aveva fatto sparire ogni traccia della figlia.

Di lei non restava più niente, a parte Nina.

Lecoq aveva rifiutato l’assegno con cui Nina voleva pagare la visita. L’aveva sottratto al nonno, l’ultimo del blocchetto, perché se ne accorgesse il più tardi possibile. Non aveva la minima intenzione di parlare delle sue mestruazioni con lui.

Prima che se ne andasse, il dottore le aveva comunque chiesto se avesse un ragazzo, domanda a cui Nina aveva risposto di no diventando rossa.

«Se succede devi tornare da me per farti prescrivere la pillola».

Aveva detto la stessa cosa alla madre?

Era uscita dallo studio medico trasognata, immaginando i mal di gola e le febbri di Marion, i suoi mal di pancia, le sue cadute dalla bicicletta e i lividi.

Impaziente, aveva cercato i ragazzi nel parcheggio del vivaio per raccontare loro la visita come se tornasse da un lungo viaggio.

Dentro il negozio aveva visto Étienne di spalle, immobile, Py a terra e Adrien che si accaniva su di lui come un forsennato, tirandogli pugni e calci, alterato dalla rabbia, rosso come i ribes dell’orto, con i capelli sudati e appiccicosi.

Nina si era presa uno spavento terribile, una specie di terrore. Le avrebbero tolto Adrien, li avrebbero separati come nei film che la facevano piangere, quelli in cui i bambini delinquenti venivano rinchiusi in collegi da incubo. Adrien l’avrebbe abbandonata come l’aveva abbandonata la madre poco dopo che era nata.

Aveva urlato il suo nome.

Adrien si era bloccato di colpo. Stupefatto, era indietreggiato, aveva guardato il maestro a terra ed era svenuto. I bronchi di Nina erano andati in tilt, un attacco di rara violenza. Era accorsa gente. Py si era rialzato senza guardare nessuno.

«With or without you...».

Cantano tutti e tre a squarciagola. Ballano chiudendo gli occhi sebbene la stanza sia già immersa nell’oscurità. Da qualche giorno il parquet del salotto è la loro pista da ballo, mangiano porcherie, infilano nel lettore VHS videocassette che guardano ipnotizzati anche più volte di seguito se il film è bello. Nina si mette sempre fra Étienne e Adrien. Certe volte Étienne si succhia il pollice di nascosto.

Hanno anche deciso di fare musica insieme, di mettere su un gruppo. Étienne si è già stufato del pianoforte, preferisce il sintetizzatore e il microfono che ha montato in un angolo del seminterrato. Nina e Adrien scriveranno i testi delle canzoni, Étienne penserà alle melodie. Cominciano a buttare giù parole complicate, macchinose, inglesi, senza senso. Vogliono essere originali, non sapendo ancora che molto spesso le canzoni più belle sono di una semplicità sconcertante.

 

*

 

Il 20 luglio Étienne va a Saint-Raphaël come tutti gli anni. È la prima volta che si separano da quando si conoscono, a parte il periodo in cui Adrien è stato ricoverato all’ospedale di Autun per quella che in seguito chiameranno “la Py-malattia”.

Partito Étienne, Nina e Adrien si ritrovano soli a sguazzare tutto il giorno nell’acqua clorata. Tra un tuffo e l’altro stendono un telo da bagno sul prato giallognolo intorno alla piscina, quello situato dietro le barriere di sicurezza su cui si può mangiare e fumare e dove gli adolescenti si baciano sulla bocca sotto i loro occhi increduli di bambini di undici anni. Nina e Adrien vanno a mettersi sempre sotto lo stesso albero e giocano a tracciare nell’aria disegni immaginari che l’altro deve indovinare. Hanno un walkman in due, lo usano a turno. Quando si mettono le cuffie di gommapiuma sulle orecchie cambiano la cassetta. Adrien ascolta i Niagara, Nina preferisce Mylène Farmer.

«Hai mai baciato qualcuno?» chiede Nina.

«Sulla bocca?».

«Sì».

«Con la lingua?».

«Sì».

«Sei matta, ho undici anni... E tu?».

«Neanch’io».

«Comunque mi pare una cosa un po’ schifosa».

Un pomeriggio, con gli occhi arrossati dal sole e dalle immersioni, Adrien riaccompagna Nina a casa. Ad accoglierli trovano i gatti e la cagna Paola. Pierre Beau sta facendo la siesta. Dopo il giro, prima di andare alle poste a rendere ciò che non ha distribuito, si fa sempre un sonnellino.

Nina dice a Adrien di seguirla in una stanza cieca in fondo al corridoio.

«Non ti preoccupare, nonno sta dormendo... Voglio farti vedere una cosa, ma devi giurare sulla mia testa che non lo dici a nessuno, neanche a Étienne».

Adrien giura.

Nella stanza tre tracolle di pelle sono posate su un vecchio banco da falegname. Nina ne apre una e la capovolge. Fa caldo, manca l’aria, c’è solo un vago odore di cera e polvere. Il contenuto si sparpaglia: decine di lettere o cartoline in cui si vede il mare, paesaggi che Nina potrebbe stare a guardare per ore. Sul retro sempre le stesse parole: Tempo bello, tutto bene. Baci. Nella sua testa, dove c’è il mare va sempre tutto bene ed è sempre bel tempo.

«Quando nonno fa la siesta ne sgraffigno qualcuna e... la leggo».

«Perché?».

«Be’, per leggerla».

«Tuo nonno lo sa?».

«Scherzi? Non se n’è mai accorto. Le rimetto subito a posto. Vuoi provare?».

Adrien ha paura di capire.

«Provare che?».

Nina prende un mucchio di buste e fa una cernita. Sceglie le lettere con l’indirizzo scritto a mano, non le interessano quelle che hanno l’aria di essere bollette o comunicazioni ufficiali. Ne fa un ventaglio e lo mostra a Adrien.

«Chiudi gli occhi e prendine una a caso».

Adrien esegue. Pesca una lettera come se fosse una carta per un gioco di prestigio. Nina gliela toglie subito dalle mani. Quando riapre gli occhi, lei è già sulla porta.

«Andiamo in camera mia!».

Accende il piccolo bollitore che è sul comodino, dopo qualche secondo passa la lettera sul vapore dell’acqua che bolle e la apre alla velocità della luce. Poi la dà a Adrien.

«Vai, leggila ad alta voce».

Adrien ha l’impressione di essere coinvolto nel più grande atto criminoso di tutti i tempi. Si vede già al riformatorio, dove i minorenni vengono rinchiusi e malmenati da individui peggiori di Py. Si sente un delinquente che non solo ha spaccato la faccia al suo ex maestro, ma addirittura legge posta rubata. Gli batte il cuore, gli si accelera il respiro. Stringe forte il foglio tra le dita perché Nina non si accorga che sta tremando come una foglia.

Trova una grafia sottile, nervosa, a inchiostro viola. Prima di cominciare la lettura fa un profondo respiro affinché la voce non tradisca la paura.

 

Cari bambini,

un saluto dalle Alpi, dove cè un tempo bellissimo.

La sera fa fresco e se per disgrazia si mette a piovere tremiamo di freddo, ma a luglio non succede quasi mai.

Qua sto benissimo. I medici vogliono trattenermi in sanatorio ancora per qualche settimana. Spero di poter tornare prima che ricominci la scuola e spero che siate bravi con papà.

Léo, stai facendo bene i compiti delle vacanze per lortografia? Sybille, ti piace il campo estivo? Le educatrici sono simpatiche?

Mi mancate molto, angioletti.

Dite a papà che lo amo con tutto il cuore come amo voi, e che guarirò presto,

Mamma

 

Adrien restituisce la lettera a Nina, che pende dalle sue labbra.

«Mia madre non mi ha mai scritto...» dice Nina.

«Sai dove abita?».

«No».

«Non l’hai mai vista?».

«Sì, è tornata varie volte, sicuramente per chiedere soldi a nonno. L’ultima volta è venuta nel 1981, avevo cinque anni».

«Te la ricordi?».

«Un po’. Odorava di patchouli».

«Come si chiama?».

«Marion».

«Che lavoro fa?».

«Boh...».

«Perché dici che è una puttana?».

Nina fa spallucce.

«E tuo padre lo sai chi è?».

«No».

«Neanche tuo nonno lo sa?».

«No, non credo... Invece tuo padre com’è?» chiede Nina.

«È sposato, vive a Parigi».

«Lo vedi?».

«Qualche volta... Puzza di clorofilla... Ha sempre in bocca un chewing gum alla clorofilla, un odore che odio. Certe volte viene a prendermi e mi porta al ristorante. È orribile. Non so che dirgli, lui nemmeno. Aspetto il dolce facendogli domande che mi sono preparato prima, tanto per non stare troppo zitti».

«Secondo te ha altri figli?».

«Boh».

«Magari hai una sorella. O un fratello».

«Può darsi».

«Non te l’ha mai detto?».

«No».

In fondo alla scala risuona la voce profonda di Pierre Beau.

«Nina! Che stai facendo?».

I bambini sobbalzano. Nina nasconde la lettera sotto il cuscino.

Adrien scende a salutare il nonno dell’amica con lo skate sottobraccio.

«Devo dirti due parole, a te» fa il vecchio.

Adrien si sente subito a disagio. Pensa che Pierre Beau gli farà una ramanzina per quello che è successo con Py. Lo segue in cucina come se andasse al patibolo, forse gli dirà di non avvicinarsi più a sua nipote, il che sarebbe impensabile, inammissibile, impossibile.

Nina è la luce di Adrien. È una sorella e il contrario di una sorella, visto che si sono scelti. Nina è un punto fermo nella vita di Adrien, anche se usa i bagni degli uomini e legge posta rubata.

Pierre Beau chiude la porta alle sue spalle e lo fissa per qualche secondo. Non somiglia a Nina. Il vecchio ha occhi grigio-azzurri, un po’ come il colore della biancheria che la madre di Adrien tira spesso fuori dalla lavatrice gridando: «E cavolo, ha stinto un’altra volta!», e ha la pelle abbronzata come il giubbotto di Steve McQueen nel poster appeso in camera sua. I giri in bicicletta gliel’hanno brunita. Corruga la fronte osservandolo con aria seria. Adrien ha la bocca secca, per poco non si sente come sulla pedana davanti alla lavagna, a Py e a tutta la classe.

«Ho pensato a un regalo per il compleanno di Nina, ma vorrei il tuo parere... Cavalletto e tubetti di vernice... secondo te le piace?».

Adrien non risponde subito. Talmente non si aspettava quelle parole che ci mette un po’ ad assimilarle.

«Sì».

«Sei sicuro?».

«Sì, penso di sì».

«Pensi o sei sicuro? Il fatto è che lei disegna solo in nero e credo che non sarebbe male se imparasse a usare i colori con i pennelli».