20 aprile 1990
Al pianterreno l’intera classe di terza media festeggia i quattordici anni di Adrien. Per l’occasione i genitori di Étienne hanno concesso il grande salotto di casa loro.
Nina è sola nel bagno di casa Beaulieu. Vi è stata attratta dai profumi e dal sole che filtra da una finestra creando riflessi luminosi sul pavimento.
Dagli altoparlanti, musica a palla che fa tremare i muri.
Nina ascolta e sussurra le parole di Lullaby insieme a Robert Smith. Annusa le creme per il corpo, il bagnoschiuma appoggiato sul bordo della vasca, le saponette di tutti i colori. Apre un armadietto, trova vari beauty-case, pinzette e medicine allineate sulle mensole. A Nina piace frugare, cercare, scoprire la parte nascosta delle scenografie. Nella sua testa gli armadietti celano segreti tanto quanto le lettere che sottrae al nonno.
Sobbalza. Ha creduto che ci fosse qualcuno alle sue spalle, ma è solo lei stessa riflessa in un alto specchio verticale. Osserva la propria figura informe, ha la schiena curva, si raddrizza, tira in dentro la pancia, braccia lunghe, corpo piccolo, si passa la mano sui capelli corti che diventano unti nel giro di poche ore, si guarda la pelle scura, i punti neri, la faccia da adolescente sgraziata. Sembra un ragazzo e non le piace, ma se avesse i capelli lunghi sembrerebbe una ragazza che non le piacerebbe comunque. Allarga la bocca senza sorridere per vedere l’apparecchio ai denti. Perché a tredici anni si è così brutte? Che razza di faccia è, quella? Si augura che le cose si sistemino, altrimenti è fottuta.
Abbandona lo specchio e continua l’esplorazione. A casa Beaulieu l’immenso bagno di famiglia sembra essere l’antro di Marie-Laure.
Nina passa in rassegna la moltitudine di boccette di profumo. Alcune sono vuote e hanno l’aria di esserlo da un pezzo, come se fossero appartenute ad altre donne.
Le viene un’idea.
Scende le scale e si dirige in cucina. La porta è chiusa. La apre e si ritrova faccia a faccia con Marie-Laure e Joséphine. La madre di Étienne e quella di Adrien sono sedute al tavolo e chiacchierano prendendo il tè. Agli occhi di Nina sono talmente diverse l’una dall’altra che non avrebbe mai immaginato di trovarle nella stessa stanza.
«Perché non sei con gli altri?» si stupisce Joséphine. «Manca qualcosa a tavola?».
«No...».
“Manca qualcuno in questa cucina” pensa Nina. “Mia madre”.
Marion dovrebbe essere con loro a mangiucchiare biscottini in attesa che la festa dei figli finisca.
Marie-Laure le rivolge un sorriso affettuoso.
«Allora, Nina, ti portiamo con noi a Saint-Raphaël quest’estate? Étienne non fa che dirmelo».
«Anche Adrien» interviene Joséphine. «Non parla d’altro».
“Il mare si avvicina, il mare si avvicina” pensa Nina. L’idea le strappa un sorriso. Étienne ha migliorato la media scolastica grazie all’aiuto suo e di Adrien. Sono tutti e tre pronti per un biglietto di sola andata verso la felicità.
«Sì, non vedo l’ora» risponde. «Volevo chiederle una cosa... Ha conosciuto mia madre, Marion Beau?».
Marie-Laure non ha esitazioni.
«Sì, ero con lei alle elementari, mi pare che abbiamo fatto insieme la seconda e la terza... Anche un paio di classi al liceo».
Nina la guarda. Le parole di Marie-Laure le risuonano nel cervello. Perché non le è venuto in mente prima?
«Com’era?» chiede dopo un po’.
«Marion? Era simpatica... carina... chiacchierona».
«Le somiglio?».
«Non per quanto mi ricordi. Era bionda, un biondo tendente al rosso, e aveva gli occhi verdi, mi sembra. Non hai sue fotografie?».
«No, nessuna».
Nina si spazientisce. Vorrebbe fare mille domande, ma tutto si accavalla.
«A parte questo, com’era?».
«Te l’ho detto, una persona carina. È cambiata molto quand’è morta tua nonna. Si è murata nel silenzio».
«Volete che vi lasci sole a fare due chiacchiere?» domanda Joséphine.
«No, va bene così» risponde Nina con un tono più secco di quello che avrebbe voluto. «Grazie, torno dagli altri».
Fa dietrofront ed esce dalla cucina. Sente gli occhi riempirsi di lacrime. Vorrebbe non essere così sensibile, ma basta che i bronchi facciano i pazzi o che qualcuno citi la madre e non risponde più di se stessa, perde ogni punto di riferimento. Ci ha scritto sopra le parole di una canzone: “Perde padre, perde madre, perverso padre disparo per terra”. Demenziale.
Marie-Laure Beaulieu ha detto che Marion si è murata nel silenzio dopo la morte di Odile. Se almeno Nina potesse parlarne col nonno... ma non osa affrontare l’argomento, sente che sarebbe troppo doloroso.
Trova Adrien seduto su una sedia con aria assente. Gli altri stanno ballando sulle note di Charlotte Sometimes. Quando sente la presenza di Nina accanto a sé Adrien torna sulla terra. Riconosce il suo profumo alla vaniglia, un profumo che si mette da qualche mese. La guarda. È costretto a urlare per farsi sentire.
«Che hai? Hai pianto?».
«La madre di Étienne... ha conosciuto la mia».
«Qui sembra che si conoscano tutti».
«Tu dove stavi prima di venire a La Comelle?» chiede Nina.
«A Clermont-Ferrand».
«E perché sei venuto qui? Non me l’hai mai detto».
Adrien fa un’alzata di spalle.
«Perché sapevo che ci abitavi tu».
Nina sorride.
«Secondo te la vita restituisce per farsi perdonare di aver preso troppo?».
«...».
«Per esempio, mia madre mi ha lasciato... Perfino le gatte piangono se gli levi i piccoli».
«Forse anche lei ha pianto lasciandoti».
«Non credo, sennò sarebbe tornata a prendermi. In compenso ci sei tu. È come se la vita mi avesse ridato una parte di quello che mi ha tolto quand’ero piccola. Hai capito adesso?».
«Ho capito».
Adrien ha spesso la gola chiusa per trattenere le lacrime. È come il fiume sotterraneo che ha visto nella grotta di Labeil quando è andato in vacanza in Larzac con la madre, un’acqua che non risale in superficie.
«Tu non mi lascerai mai?» vuole sapere Nina.
«Mai».
«Me lo giuri?».
«Giuro».
«Ci sarai sempre per me?».
«Sempre».
Étienne li raggiunge. Non gli piace vederli troppo tempo insieme senza sapere cosa si dicono.
«Che fate? Venite a ballare!».
Nina lo segue, Adrien resta seduto. È contento, gli piace guardarli.
Sente una specie di corrente d’aria alle sue spalle. È la madre.
«Tutto bene, tesoro? Ti diverti?».
«Sì».
«Non balli?».
«Mamma, per piacere...».
Quando si volta, Joséphine se n’è già andata. Ripensa alla domanda di Nina, al perché sia venuto a vivere a La Comelle. Una mattina Joséphine gli ha annunciato che cambiavano casa, che sarebbe andata a occuparsi di altri bambini in un’altra città, che sarebbero andati a vivere a centocinquanta chilometri di distanza, in Saône-et-Loire. La notizia non gli aveva fatto né caldo né freddo. A Clermont non aveva amici.
Prima di conoscere Nina ed Étienne, Adrien aveva come l’impressione di non lasciare tracce su un foglio di carta, tipo cartuccia d’inchiostro vuota, aveva la sensazione di essere nato privo di colori, totalmente trasparente. Per quanto provasse a premere tutti i bottoni, fino all’incontro con Nina ed Étienne la carta rimaneva vergine. Nina ed Étienne gli avevano restituito i cinque sensi, anche il respiro, di sicuro la speranza. Ecco perché è così affezionato a loro.
Le luci si spengono, la musica viene interrotta, Joséphine e Marie-Laure gli annunciano in coro che il suo regalo è nel seminterrato... Un sintetizzatore come quello di Étienne, perché possano suonare insieme. Marie-Laure aggiunge che può venire quando vuole... Come al solito, no?
Un sintetizzatore. Il suo sogno. È travolto dall’emozione.
Tutti si mettono a cantare Happy Birthday.
Arriva la torta con quattordici candeline scintillanti. Nina gli grida di esprimere un desiderio. Adrien chiude gli occhi. Il suo desiderio è sempre lo stesso.