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25 dicembre 2017

 

Étienne prende la tazza di caffè, beve un sorso, storce la bocca e dice: «Buon Natale».
Ha un’aria stanca. Si è tolto il cappuccio, ma non il giaccone. Ancora non riesco a credere di essere nella stessa stanza con lui. Certe volte viviamo cose talmente immaginate o temute che, quando succedono, non riusciamo ad afferrarle, ne restiamo come al difuori.

Nina non gli stacca gli occhi di dosso. In quel minuscolo ufficio Étienne sembra un gigante. Si accende una sigaretta senza chiedere se può. Cerca le parole come se si fosse perso e cercasse la strada.

Louise e Valentin sono andati con Simona a vedere i micini nella nursery. Se li è portati via Louise per lasciarci soli.

Pallida com’è, quando mi ha visto scendere dalla macchina è diventata trasparente. Non si aspettava di trovarmi qui.

Mi sono avvicinata insieme a Étienne. Mi è venuto un altro colpo quando ho visto il figlio da vicino. Due gocce d’acqua.

Non ho baciato o toccato nessuno.

Da giovane Nina era molto fisica, aveva bisogno di toccare il prossimo per connettersi. Baciava, prendeva le mani e carezzava le facce come se scolpisse le persone che aveva di fronte. La ammiravo, perché io ne ero incapace. Ho sempre avuto paura di toccare gli altri.

In questo momento sono sola di fronte a Étienne e Nina, con le mani dietro la schiena perché non si accorgano che sto tremando.

«Non hai qualcosa di più forte?» chiede Étienne a Nina. «Il tuo caffè fa schifo... Un bicchierino per festeggiare il Natale?».

«Sono le undici» gli fa notare Nina. «E non credo che sia una buona idea, visto come stai».

Étienne sorride e mi guarda.

«Louise ti ha detto di me?».

«Detto cosa?» chiedo con voce atona.

«Che sto crepando».

Per fortuna interviene Nina, così non sono costretta a rispondergli.

«Se non ti fai curare crepi di sicuro» dice.

«Non ti ci mettere anche tu... Lasciatemi in pace... Non c’è niente da curare».

«Che pensi di fare?».

«Niente».

«Come, niente?» insiste Nina.

«Torno a Lione domani».

«E poi?».

«Poi... me la squaglio al sole. Ho voglia di vedere il mare prima di... Louise mi ha dato quel che serve. Non soffrirò».

«Dove vuoi andare?».

Sono stata io a fare la domanda. Mi è uscita da sé anche se desideravo con tutto il cuore di rimanere fuori dalla conversazione. Ci sono parole che non si riescono a trattenere, parole taciute da anni che ci scappano all’improvviso.

«Ancora non lo so» risponde lui. «Italia, Grecia... una cosa così...».

Nina ed Étienne continuano come se io non ci fossi.

«Hai detto a tuo figlio delle tue intenzioni?».

«Non ancora. Lo farò prima di levare le tende».

«Quando pensi di partire?».

«Presto. Prestissimo. La settimana prossima. Non mi resta molto tempo».

«Che ne sai?».

«Non hai visto il mio tumore» risponde lui con amarezza.

«Puoi farti operare. E ci sono chemio che funzionano» replica Nina senza troppa convinzione.

«Parli come mia sorella! Ti ha fatto la lezione?».

«Per niente. Ho amici che ne sono usciti».

«Quali amici?».

Nina non risponde.

«Pensa a Joséphine» continua Étienne, aggressivo. «Credi che non sappia quello che ha passato?».

«Non sei neanche venuto al suo funerale!».

L’ho gridato più forte di quello che avrei voluto. Sono prostrata. Ho voglia di darmela a gambe. Ho già sentito troppo. Non lo sopporto. Sono scesa dalla macchina per amore di Louise e Nina, non per Étienne. Che crepi, per me è già morto da un pezzo. Mi giro verso la porta per uscire, Étienne mi trattiene.

«Sono andato sulla tomba di Joséphine il giorno dopo il funerale... quando il cimitero era vuoto. All’epoca non volevo vedere nessuno».