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12 luglio 1998

 

Quella sera c’è la finale della coppa del mondo di calcio. Verranno anche Étienne e Adrien. Nina spinge il carrello tra le corsie del supermercato scegliendo gli ingredienti con cui Nathalie preparerà la cena.

Una volta al mese ricevono gli amici di Emmanuel. In genere c’è il tajine di pollo al limone, tutti ne vanno pazzi. Sono una decina a tavola, tutti ex alunni della BBA INSEEC, una business school europea con sede a Lione. Dormono nelle dépendance e ripartono all’alba.

Quando arrivano, Nina non è mai a suo agio con i loro effluvi di profumo, fragranze di città, donne che lavorano, odore di indipendenza, ma dopo un paio di coppe di champagne si rilassa. Ha letto i giornali, si è informata, è pronta a partecipare alla conversazione come una scolaretta che abbia imparato la lezione a memoria. Per fortuna non vengono mai con i figli. È una serata per coppiette innamorate.

Emmanuel sta cominciando ad andare in fissa. Vuole un figlio da Nina. Si lancia su tutti i bambini in passeggino che incontrano, le dice: «Guarda com’è carino!». Controlla i suoi cicli mestruali, fa l’amore con lei mattina e sera, le rimane dentro a lungo con una speranza così intensa che a lei sembra di sentirla. Ancora un po’ e si metterebbe a pregare mentre il suo sperma si avventura dentro di lei. Nina ha la sensazione che il suo corpo non le appartenga più, che vada poco a poco scomparendo.

Ogni mese, quando le mestruazioni tornano come una maledizione, Emmanuel si incupisce. Per qualche giorno va al lavoro presto e torna tardi, smette di pranzare con lei.

Sono sposati da tre anni e da un anno cercano di procreare. Il mese prossimo andranno a fare una visita da uno specialista.

Nina ha paura di diventare come la madre, ha paura di non volere bene al figlio e abbandonarlo, idee che le impediscono di rimanere incinta, le evitano di cadere nella trappola. La verità è che prende quel che deve prendere perché la cosa non succeda.

Dopo essere passata nella corsia dei prodotti freschi si sofferma un po’ di fronte ai dietetici, è incerta tra un dimagrante e un drenante, che differenza c’è? Qual è la differenza tra felicità e gioia? Tra speranza e desiderio? Tra malinconia e tristezza? Tra amore e abitudine? Tra paura e disperazione?

Quella sera, oltre agli amici di Emmanuel, ci saranno pure Adrien ed Étienne, continua a ripeterselo come una litania. Non li vede da Natale.

Prende tre polli ruspanti a caso. Lei non lo mangerà, come al solito. Farà finta di metterselo nel piatto, come al solito. Da quando vuole un figlio, Emmanuel le rimprovera di non mangiare carne.

«Forse non viene perché sei anemica...».

«Non sono mai stata anemica».

«Non lo sai, amore mio. Gli esseri umani devono mangiare carne».

«Ma proprio no».

«Sì, invece, è una cosa naturale».

Limoni, cipolle, aglio, zenzero, coriandolo, vino bianco, vino rosso, champagne. Il carrello è pieno.

Nina ripensa alla prima volta che c’era stata la riunione con gli amici di Emmanuel. La serata aveva preso una strana piega. Tutti erano alticci, era bel tempo, stavano a bordo piscina, le fiamme delle candele tremolavano sul tavolo. Dopo il dessert Emmanuel aveva proposto un gioco: dire tre frasi contenenti verità o bugie. L’unica regola era che non bisognava svelare niente, toccava agli altri indovinare.

Emmanuel aveva detto come prima cosa che era andato a San Francisco, come seconda che guardava l’oroscopo tutte le mattine e come terza che aveva letto i sette volumi della Ricerca del tempo perduto di Proust... Poi tutti si erano sbizzarriti: «Ho rubato dal borsellino di mia madre», «Oggi non ho fumato neanche una canna», «Ho paura», «Sono felice», «Sono stressato», «Il giorno prima di un viaggio ho rubato il passaporto a mio fratello per non farlo partire», «Adoro i bambini», «Ho paura del futuro», «Mio marito non mi ha mai tradito», «Non faccio l’amore da sei mesi», «Ho fatto l’amore stamattina», «Ho inciso il numero di telefono del mio ex sulla porta dei gabinetti di un centro commerciale con la scritta “Chiamami a qualunque ora, sono in fregola”», «Ho mangiato un verme», «Ho mangiato una mosca», «Ho mangiato una farfalla», «Ho rubato e letto la posta degli altri», «Vado pazzo per la trippa di pecora alla cacciatora», «Adoro il Malibu», «Ho camminato sui carboni ardenti», «Ho vinto un torneo europeo di scacchi nel 1990», «Mi sono fatto ipnotizzare per smettere di fumare», «Ho fatto pipì in un ascensore bloccato», «Avrei dovuto chiamarmi Juliette», «Il mio film preferito è Giochi proibiti», «Ho bevuto un bicchiere con Bono e The Edge nel bar di un albergo», «Ho ballato la Macarena nudo sul letto»...

Una volta soli Emmanuel aveva chiesto a Nina quali fossero le bugie e quali le verità in ciò che aveva detto. Lei aveva cercato di svicolare.

«Ma no, l’obiettivo del gioco è non dire niente... sennò non è divertente».

«Non è divertente leggere la posta degli altri, tanto più in quanto nipote di un postino».

Nina era arrossita.

«E mi sarebbe piaciuto che dicessi “Amo mio marito” o “Sogno di avere un figlio con mio marito”... Credimi, è grave. Potresti finire in prigione per una cosa del genere».

«Per cosa? Per non aver detto che amo mio marito?» aveva ribattuto seccamente lei.

«Non mi ami più?».

«Ma certo che sì...».

«Forse non rimani incinta perché non mi ami più...».

«Che sciocchezza».

«Ingrassi a vista d’occhio. Una donna innamorata non ingrassa».

Ferita, Nina aveva chiuso gli occhi, come se non vederlo le permettesse anche di non sentirlo. Lui l’aveva rovesciata sul letto e penetrata brutalmente. Era la prima volta che le faceva una quasi violenza. Nella sua testa Nina si era rivolta all’universo. Ecco cosa avrebbe potuto dire prima, nel giochino cretino del marito: «Parlo con l’universo».

“O infinito universo, prima di morire vorrei essere felice”.

Quella sera Emmanuel si era addormentato dentro di lei ripetendole: «Ti amo, Nina, ti amo troppo».

Dirigendosi verso le casse passa nella corsia dei libri, un misto di fumetti, libri di cucina e romanzi. L’ultima volta che ha fatto la spesa ha comprato Limpronta dellangelo di Nancy Huston. L’ha letto in due notti. Durante il primo anno di matrimonio Nina e Gé si scambiavano i libri, ma ormai i genitori di Emmanuel vivono in Marocco. L’edificio principale della proprietà è occupato dal personale incaricato della manutenzione. La loro partenza ha isolato Nina. Da quando è morta Joséphine si sente sempre più sola. Leggere le permette di squarciare la solitudine. Leggendo disegna mentalmente, vede i personaggi, li immagina in posa per lei, si fa i propri quadri. Attraverso la lettura ritrova anche Étienne e Adrien. Li chiama tutte le domeniche. Étienne è alla scuola di polizia, le racconta le sue giornate di tirocinio fatte di perquisizioni e interrogatori.

Adrien è più taciturno, preferisce ascoltare che parlare.

Ben in evidenza sull’espositore all’estremità della corsia Nina vede Bianco di Spagna di Sasha Laurent, il romanzo di cui tutti parlano. Legge la quarta di copertina.

 

Il bianco di Spagna è una polvere di gesso utilizzata spesso per coprire le vetrine dei negozi quando cè un cambio di gestione o sono in corso lavori interni.

 

Per Nina non è amore a prima vista, ma la copertina le piace e poi ha letto da qualche parte che è molto ben scritto, così lo mette nel carrello.

Poi va alla cassa ripetendosi come un mantra: “Stasera vengono Étienne e Adrien”.

 

*

 

Nello stesso istante Adrien sta mettendo il punto finale al suo nuovo testo. Ci lavora da mesi, dalla morte della madre. Attraverso le parole la fa rinascere in un altro modo.

Non scriverà più romanzi. Lo sa, ma non l’ha ancora detto all’editore. Dato che la scrittura fa ormai parte della sua vita, si cimenta con la drammaturgia. Ha appena scritto una pièce in cinque atti intitolata Le Madri, la storia di cinque amici che parlano delle loro madri e soprattutto di quelle degli altri.

La prima somiglia a Marie-Laure, la seconda a Joséphine. Per le altre tre si è ispirato ai tratti caratteriali di Thérèse Lepic, Nina e Louise. È partito dal vero per romanzare madri che sono al tempo stesso strampalate, dure, volubili, idealizzate, irresponsabili, capricciose, amorevoli, egoiste.

Un campionario di maternità.

Ha già in testa la scenografia: cinque casette accostate dove i dieci personaggi, cinque figli e cinque madri, vivono fianco a fianco, si amano, si dilaniano, si riuniscono, si interrogano, festeggiano. Gli atti sono cadenzati dagli eventi che vivono gli uni e gli altri per dieci anni, c’è chi parte, chi resta e chi torna, storie d’amore e di separazioni, dieci esistenze che si sfiorano e si intersecano, senza mariti né padri.

Adrien ha appuntamento fra qualche giorno con il direttore di un teatro, un uomo conosciuto a una cena che non sa che Sasha Laurent è lui. Stavolta ha deciso di firmare il lavoro teatrale col suo vero nome.

È sul TGV che lo porta a La Comelle. Stasera è invitato a casa di Nina e del suo bellimbusto. È un po’ teso. Le cene con la partita in televisione non fanno per lui, ma Nina ha insistito molto. Per fortuna ci sarà anche Étienne.

Benché Adrien si sia servito della sua “vita di prima” per scrivere, sente che ne ha sempre meno voglia, che se ne sta allontanando. Si trova meglio a Parigi, nell’anonimato, e ora che Joséphine se n’è andata niente lo lega più a La Comelle, a parte Nina e Louise.