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25 dicembre 2017

 

Étienne è seduto sul letto. Riflette sulla propria scomparsa. Dopo Clotilde, tocca a lui.
Marie-Castille è un commissario, ci metterà cinque minuti a ritrovarlo se non si organizza meticolosamente.

Bisogna che la moglie non sappia con che macchina taglia la corda e che non possa tracciare i suoi prelievi di denaro. Ha ritirato un bel po’ di soldi in banca la settimana scorsa in modo da pagare in contanti i pedaggi delle autostrade e gli alberghi.

Étienne non sa ancora dove andranno né come.

Prima soluzione: noleggiare un’automobile, ma non a nome suo né a nome di Nina o Louise. Dovrebbero andare a prenderla ad Autun senza usare i loro documenti, servendosi del documento di qualcun altro, un vicino o un lontano cugino che non apra bocca, qualcuno che Marie-Castille non possa ricollegare a loro. Seconda soluzione, farsela prestare da uno sconosciuto. «Buongiorno, le dispiace prestarmi la sua macchina? Mi serve per andare a morire tranquillo... Gliela riporteranno dopo il mio funerale. Scusi il disturbo, sarà risarcito».

Morire. Al momento sta affrontando la cosa come un viaggio, neanche si accingesse a prendere l’aereo per scoprire terre vergini, panorami che non figurano su nessuna rivista.

Torna a concentrarsi sull’organizzazione. Deve evitare di divagare e intristirsi.

Dovrà disattivare tutti i cellulari, farli tacere giorno e notte, servirsi di carte prepagate per le telefonate importanti, per esempio chiamate urgenti a Louise per farsi mandare una ricetta in una farmacia. Anche se, con tutti i farmaci che gli ha prescritto, ha già di che somministrarsi una dose letale.

Conosce Marie-Castille, sa che metterà sotto controllo i telefoni di tutti, da quello del rifugio di Nina a quello di casa dei suoi genitori. Diventerà pazza, e quando Marie-Castille diventa pazza il mondo intero trema. Se sapesse, lo farebbe arrestare e ammanettare per portarlo in ospedale con la forza, pronta a innestargli lei stessa il catetere per iniettargli la chemio.

Sente la sua voce dabbasso chiamare per il pranzo di Natale: «Tutti a tavola!».

Prima di scendere manda un messaggio a Nina e subito dopo averlo inviato lo cancella. Tra la moglie e il figlio, bisogna che stia attento.

Stasera parlerà con Valentin.

 

*

 

Suoneria. Nina legge il messaggio di Étienne più volte.

 

Ci serve una macchina sconosciuta per partire, sennò mia moglie ci farà cercare da tutte le polizie di Francia.

Se devi comunicare con me fallo tramite il cellulare di Louise.

A presto.

E

 

Reagisce all’istante. Fa così fin da piccola, ancora di più da quando è morto il nonno. I primi approcci con Emmanuel, la quotidianità con Emmanuel: Nina sa come cavarsi d’impaccio. Al rifugio è la stessa cosa, è abituata a tirarsi fuori da situazioni inestricabili. Per lei l’impossibile non esiste. Gli manda subito la risposta sul telefonino di Louise.

 

Diokay a tuo fratello. Grazie.

Nina

«Devo partire» dice a Romain osservando il suo bel profilo.

Sono stesi sul letto di Nina con Bob ai loro piedi. Guardano un film di Natale completamente idiota sgranocchiando patatine.

«Dove vai?».

«Ancora non lo so. Accompagno un amico d’infanzia».

«Quanto tempo starai via?».

«Non so neanche questo. Ha un cancro in fase terminale e non vuol sentir parlare di chemioterapia».

Romain accusa il colpo.

«Quando partite?».

«Domani. E mi serve una macchina... La moglie è in polizia, lo cercherà dappertutto».

«Perché non parte con la moglie?».

«Perché lei vuole costringerlo a farsi curare».

Romain spegne la televisione e toglie una briciola dalla guancia di Nina.

«E vorresti prendere la mia macchina, giusto?».

«Esatto» risponde lei con un misto di sicurezza e dispiacere.

«È uno dei due ragazzi che disegnavi al liceo?».

«Sì».

«Mi raccomando, non dimenticare di portarti dietro album da disegno e matite».

“Perché ti ho incontrato soltanto adesso?” pensa Nina. “Perché la mia vita è così in ritardo?”.

«Grazie».

 

*

 

Louise legge il messaggio di Nina. Guarda Étienne che fa finta di rimpinzarsi di tartine al foie gras sapendo benissimo che fra cinque minuti andrà in bagno a vomitare tutto. Nina non è riuscita a convincerlo di farsi curare, ma sapere che il fratello non parte da solo la tranquillizza un po’. Si impone di non piangere, di non guardarlo. È importante che Marie-Castille non sospetti niente. Deve bere un po’ di champagne, ma con cautela, non troppo, solo per farsi girare un po’ la testa. Se la testa le gira troppo, la tristezza trabocca.

Si sforza di chiacchierare con i nipoti, fa domande a Valentin, Louis e Lola delle cui risposte se ne frega: «Insomma, cos’è questo Game of Thrones? Raccontatemi la storia». Aspetta il momento giusto per riferire all’orecchio di Étienne il messaggio di Nina.

 

*

 

Qualcuno mi chiama al telefonino. Vedo sullo schermo che è Louise. Rispondo subito. Non è lei.

«Che stai facendo?» mi chiede Étienne.

«La valigia... E sto aspettando una persona».

«Chi?» domanda lui come se fosse geloso.

«La ragazza che si occuperà di Nicola».

«Chi è Nicola?».

«Il mio gatto. L’hai visto stamattina».

«Ah sì...».

Segue un lungo silenzio. Lo sento respirare.

«Passi il Natale con qualcuno?» dice dopo un po’.

«Non mi fanno impazzire i pranzi di festa. Ascolto musica. Sto bene».

Cerco di indovinare cosa stia facendo lui. Non ha nessuno intorno. Di colpo vado nel panico, penso che sia partito da solo e mi stia telefonando per dirmelo.

«Dove sei?».

«A casa dei miei. Chiuso al cesso».

Il sollievo è immediato. Non se n’è andato senza di noi.

«L’unico posto in cui mi lasciano in pace» aggiunge.

Ancora silenzio, come se volesse dirmi qualcosa e non sapesse da che parte cominciare.

«Perché mi hai chiamato, Étienne?».

«Ho scritto una lettera a mia moglie... ma ho poca dimestichezza con le concordanze, le formule di rito, le belle frasi e tutte quelle cose... Posso mandartela per mail?».

«...».

«Tu sei forte in francese, se potessi sistemarmela un po’...».

«Non conosco tua moglie».

«Non hai bisogno di conoscerla per sapere cosa devo dirle. Conosci me».

«Ti conoscevo tanto tempo fa».

«Puoi darmi una mano, per piacere?».

«Okay».

Ricevo la lettera dall’indirizzo email di Louise. Gliela rimando pochi minuti dopo.

 

Étienne, ho corretto due errori di ortografia. Per il resto non ho toccato niente, perché le parole appartengono a chi le scrive.

Soprattutto queste.

 

Cara Marie-Castille,

me ne sono andato. Hai tutto il diritto di avercela con me.

Penserai che sono egoista, disgustoso, ignobile. Nessuno ti vieta di pensarlo.

Ma è una mia scelta.

Non ho unaltra donna, non ti sto tradendo.

Sono malato.

Louise ti spiegherà. Non rimproverarla, le ho ingiunto io di tenere la bocca chiusa.

Non voglio che tu e Valentin mi vediate soffrire come una cavia da laboratorio. Non voglio che assistiate al mio degrado, che lultima immagine di me sia quella di un degente. Sai che odio gli ospedali e sono orgoglioso come Artaban, me lo dici sempre: «Amore mio, sei orgoglioso come Artaban». Appunto, sono troppo orgoglioso e probabilmente troppo vigliacco per crepare sotto i vostri occhi.

Non cercarmi, ti prego. Allinizio sarò con due amici dinfanzia che mi accompagneranno nellultimo viaggio.

Non veder crescere Valentin e non invecchiare con te è un cazzo di dolore straziante a cui però mi piego.

Sai bene che non credo in Dio e che per me è inconcepibile essere chiuso in una cassa benedetta da un prete e portata a spalla da tizi che non conosco o peggio, dai nostri colleghi. Preferisco giocare danticipo e buttarmi in acqua. È quello che farò quando sentirò che è arrivato il momento.

Non piangerò sulla mia sorte. Ti prego, non vestirti mai di nero in mia memoria. Mettiti il golf che mi piace, quello con le losanghe rosse. Comprane altri. Sparati i soldi che abbiamo messo da parte. Non fare la vedova, conosci altri uomini, divertiti. , divertiti, spendi, goditi il sole. Fallo per me.

Étienne