Il culo dell’angelo

Al risveglio c’è l’ERD*. Poi, la doccia.

Tutto è buio. Quasi non esisto più. Non ci sono né corpo, né suono, né sensi, tranne forse la sensazione di aria tiepida che mi scivola nelle narici. All’improvviso, tutto precipita. Si riparte. La testa mi cade in avanti. Sento il rumore dell’acqua della doccia, l’avverto sul viso. Apro gli occhi. A poco a poco mi appare un’immagine: Marcelle, l’immensa martinicana dalla voce dolce, tiene le mie gambe sulle sue spalle. Sorride: «Rieccoci, signor Pozzo! Questa volta non c’è stato neanche bisogno di ceffoni!» Il mio braccio destro ha perso i suoi sostegni, sono accasciato a fianco del sedile per la doccia. È bucato.

Sono quasi nudo. Resta questo sacchetto per l’urina che pende all’estremità di un lungo tubo agganciato al mio pene tramite una specie di preservativo. Lo chiamano penilex. È penoso e per nulla sexy.

Non posso stare seduto. Per farmi restare in vita, bisogna stringere l’alta fascia addominale e infilare le spesse calze contenitive che mi ricoprono dalle dita dei piedi fino alle chiappe, affinché mi resti un po’ di sangue nel cervello. Quando sopraggiungono gli svenimenti, divento un angelo del buio, l’angelo che non sente più niente. E nel momento in cui torno alla luce, le gambe per aria, con o senza ceffoni, la sofferenza m’inonda e lo scoppiare dell’inferno mi fa piangere.

Marcelle, l’aiuto infermiera, chiama Abdel, il mio badante, per rimettermi a letto. Abdel mi libera le gambe dai poggiapiedi, si china fino a toccarmi i polmoni con la testa, blocca le mie ginocchia tra le sue, mi stringe il fondoschiena tra le braccia robuste. E hop! Vira all’indietro e mi ritrovo in piedi, riflesso nelle persiane ancora chiuse. Ero un bell’uomo. Non resta molto. Il sangue scende nelle dita dei piedi, ridivento angelo. Abdel mi adagia sul materasso antidecubito. Marcelle inizia quella che, sorridendo, chiama «la piccola toilette». Toglie il penilex per prendersi cura della bestia. Béatrice lo chiamava affettuosamente «Toto». Sento che Marcelle ride. Toto ha un’erezione. Marcelle non riesce a rinfilare il penilex.

Al centro di riabilitazione di Kerpape i tetraplegici sono gli aristocratici; occupiamo il primo posto, così vicini a Dio. Guardiamo gli altri con sufficienza. Siamo i «tetra». Ma tra di noi siamo i girini**, perché il girino, come il tetraplegico, non ha né gambe, né braccia, solo una coda che scodinzola.