Il mito di Ulisse è stato utilizzato, da Omero a Dante, per rappresentare la condizione umana soggetta a un’irresistibile attrazione verso nuove avventure e scoperte, anche a costo di grandi sofferenze o della stessa morte. L’uomo-Ulisse, nel suo peregrinare in cerca di «virtute e conoscenza», non è stato attratto solo da territori e paesi sconosciuti, ma anche dall’infinitamente grande e dall’infinitamente piccolo, sempre indagati con la speranza di arrivare al confine estremo.
L’energia nucleare ha a che fare con l’esplorazione dell’infinitamente piccolo. Per lungo tempo l’atomo, che in greco significa «indivisibile», è stato considerato il confine estremo del piccolo. Ma questa certezza ha cominciato a vacillare e si è dissolta tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Allora si formò la rappresentazione degli atomi come strutture simili al sistema solare: al centro sta il nucleo-Sole e intorno a lui girano gli elettroni-pianeti in uno spazio che è in gran parte vuoto. Successivamente si scoprì che il nucleo era composto di due tipi di particelle diverse, i protoni e i neutroni, e che alcuni nuclei non erano così inerti come altri, ma potevano emettere radiazioni molto penetranti. Alla fine degli anni Trenta si scoprì che il nucleo si poteva rompere e che la sua fissione rilasciava un’enorme quantità di energia. Subito ci si rese conto che la scoperta era rivoluzionaria e mentre gli scienziati interessati alla conoscenza continuavano la loro esplorazione all’interno del nucleo, gli scienziati interessati alla «virtute» cercavano di controllare e sfruttare la fissione nucleare e nel giro di pochi anni ci riuscirono. Era nata una nuova fonte di energia, anche se non si poteva ancora dire che fosse del tutto addomesticata e, anzi, solo nei decenni successivi si sono meglio comprese la portata e le condizioni per sfruttare, limitandone i rischi, l’energia nucleare.
Oggi sappiamo che i vantaggi e i limiti dell’energia nucleare sono racchiusi in alcune caratteristiche: è un’energia tecnologica, viene usata solo per la produzione di energia elettrica, ha alti costi fissi e bassi costi variabili, ha impatto sistemico.
Dire che l’energia nucleare è un’energia tecnologica significa ricordare che, a differenza delle fonti fossili (petrolio, gas, carbone), l’elemento fondamentale per poter disporre di energia nucleare è la tecnologia e non la materia prima. Questo non significa che per produrre energia elettrica da fissione non ci voglia anche la materia prima (l’uranio o un altro materiale) o che per produrre energia elettrica con centrali termoelettriche a carbone o a gas non ci voglia anche la tecnologia, ma che nella produzione nucleare in misura maggiore rispetto ad altri casi la tecnologia è il cuore del problema. La tecnologia è necessaria non solo per progettare e costruire i reattori, ma anche per realizzare il combustibile in grado di farli funzionare. Il combustibile nucleare, infatti, è un prodotto industriale molto più che una materia prima. Infine, il richiamo alla tecnologia serve a ricordare che l’energia nucleare non è intrinsecamente buona o cattiva, ma è piuttosto l’uso che l’uomo ne fa a renderla buona o cattiva.
L’energia nucleare da fissione è poi una fonte energetica che oggi serve solo alla produzione di energia elettrica di base, cioè continuativa. Ricordare ciò è indispensabile per due motivi. In primo luogo significa che l’energia nucleare compete con le altre soluzioni per produrre elettricità di base con potenza garantita, vale a dire con le centrali a carbone e con quelle a gas a ciclo combinato (Ccpt), mentre non vi è praticamente concorrenza tra l’energia nucleare e le fonti rinnovabili. In secondo luogo significa che il problema dell’approvvigionamento energetico non può ridursi solo alla questione nucleare. Ad esempio, per un paese come l’Italia, in cui i consumi elettrici rappresentano il 35% dei consumi di energia primaria e la produzione di elettricità di base rappresenta i 3/4 della produzione elettrica, anche una scelta «tutto nucleare» alla francese coprirebbe solo poco più di 1/4 dei consumi energetici totali. Ciò non significa affatto sminuire l’importanza del contributo dell’energia nucleare. Infatti il vettore elettrico è quello che meglio corrisponde alle esigenze delle società avanzate e quindi la sua importanza va crescendo nel bilancio energetico di tutti i paesi.
La terza caratteristica dell’energia nucleare è di essere capital intensive. Per produrre elettricità nucleare bisogna investire molto nella realizzazione della centrale (e nel ciclo del combustibile). Il vantaggio di questa situazione è che la produzione di elettricità con impianti nucleari rappresenta una delle principali possibilità per un paese povero di materie prime di trasformare l’approvvigionamento energetico da problema di importazione a occasione di sviluppo industriale. Inoltre, una volta realizzato l’impianto che può funzionare 60 anni e più, il costo di produzione è prevedibile e poco variabile mentre usando gas o carbone si è sottoposti all’alea del prezzo dei combustibili (il peso dell’uranio incide solo per il 5% mentre nelle centrali termoelettriche il carbone o il gas pesano per circa il 50 e l’80% rispettivamente). Lo svantaggio sta nel fatto che si deve anticipare una parte importante dei costi e che, se i costi finali non sono in linea con le previsioni, si rischiano gravi perdite.
L’ultima e più importante caratteristica dell’energia nucleare è quella di essere un’energia sistemica o pervasiva. La sua messa in opera richiede infatti la costruzione di un sistema di attori capaci di svolgere il proprio compito e di interagire armoniosamente per ottenere il risultato voluto, proprio come accade in un’orchestra con molti strumenti che devono eseguire una partitura complessa. Tra gli attori vi è anzitutto il mondo della ricerca – pubblica nelle fasi iniziali, privata man mano che ci si avvicina all’applicazione industriale – che deve mettere a punto e sperimentare le soluzioni da impiegare. Vi è poi un direttore d’orchestra (l’architetto-ingegnere) che deve essere in grado di progettare, coordinare e controllare l’azione dei soggetti coinvolti nella realizzazione dell’impianto. Tra questi vi è l’industria, che deve produrre i diversi componenti assicurando, per motivi di sicurezza, una garanzia di qualità inusuale in altri settori. Gli impianti nucleari sono poi una grande opera che vede impegnati sul cantiere contemporaneamente migliaia di persone e decine, quando non centinaia, di imprese. Una volta costruiti, gli impianti vanno ben gestiti per ottenere affidabilità e sicurezza: solo gestori che abbiano dimensioni adeguate e che si attrezzino per svolgere questo compito sono in grado di garantire con continuità queste prestazioni. A fine vita gli impianti vanno smantellati e il materiale radioattivo messo in depositi che diano opportune garanzie: ci vogliono quindi soggetti con competenze specifiche. Da ultimo, ma primo per importanza, c’è bisogno di un’autorità di sicurezza forte che dia le autorizzazioni e controlli lo svolgimento delle diverse attività, poiché tutto è dominato dalla preoccupazione di garantire la sicurezza della popolazione e dei lavoratori.
Quanto detto per i reattori nucleari può essere ripetuto, con alcuni adattamenti, per gli impianti del ciclo del combustibile. A questo proposito va ricordato che fin dall’inizio il mondo nucleare si è posto il problema del combustibile irraggiato scaricato dai reattori individuando due soluzioni chiamate «a ciclo chiuso» e «a ciclo aperto». La prima soluzione consiste nel costruire impianti di ritrattamento per estrarre il materiale ancora utilizzabile da rimettere in reattore separandolo dalle scorie radioattive. La seconda soluzione consiste nel mettere al sicuro il combustibile scaricato lasciando decadere parte della radioattività in attesa di condizionarlo e metterlo in depositi sicuri. La scelta tra il ciclo chiuso e il ciclo aperto può difficilmente essere lasciata alla sola industria sulla base di considerazioni economiche in quanto ha importanti conseguenze in termini di sicurezza e di rischi di proliferazione (il plutonio estratto durante il ritrattamento potrebbe essere utilizzato per costruire bombe atomiche). In questa scelta, ma non solo, sono coinvolti i responsabili politici, senza la cui partecipazione positiva e costruttiva (ad esempio per la localizzazione degli impianti, ma anche per il reperimento del sito e la gestione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi) l’attuazione della scelta nucleare diventa impossibile.
Infine l’energia nucleare tende ad essere sistemica perché può comportare costi o benefici che coinvolgono l’intera collettività. Tra i benefici si possono ricordare gli eventuali minori costi dell’energia elettrica, la sicurezza di approvvigionamento, le ricadute occupazionali e la riduzione delle emissioni di gas serra. Tra i costi, il principale è legato al rilascio di radioattività in condizioni accidentali o normali. Per queste ragioni la scelta nucleare non può essere solo e tanto una decisione privata, ma è una scelta che coinvolge la società e che suscita inevitabilmente dibattiti e prese di posizione contrastanti.
Sulla scorta di quanto detto fin qui, il volume è organizzato in dieci capitoli. Nel primo e nel secondo viene illustrata l’evoluzione dell’impiego dell’energia nucleare civile nel mondo e in Italia. Nel terzo capitolo vengono presentati alcuni concetti di fisica nucleare che stanno alla base della comprensione dei pericoli reali della radioattività e di come ci si può proteggere. Nel quarto si forniscono alcune nozioni sul funzionamento dei reattori nucleari. Nel quinto si affronta il tema della convenienza economica dell’energia nucleare. Nei tre capitoli successivi si esaminano altrettanti problemi fondamentali legati all’impiego dell’energia nucleare, vale a dire la sicurezza degli impianti, il trattamento dei rifiuti radioattivi e il rischio di proliferazione. Gli ultimi due capitoli sono rivolti al futuro e si interrogano rispettivamente sulla disponibilità dell’uranio e sulle prospettive di impiego dell’energia nucleare nel mondo.