1

Pensai: quel tizio non arriva più. E poi pensai: mica posso chiamarlo “tizio”, è un grande poeta, forse il più grande poeta del ventesimo secolo, è morto ormai da tanti anni, devo trattarlo con rispetto, meglio, con tutto il rispetto. Ma intanto cominciavo a sentire fastidio, il sole dardeggiava, il sole di fine luglio, epensai ancora: sono in ferie, stavotanto bene là ad Azeitão, nella casa di campagna dei miei amici, chi me l’ha fatto fare di accettare questo incontro qui sul molo?, tutto questo è assurdo. E adocchiai ai miei piedi la mia ombra, e anche lei mi parve assurda e incongrua, non aveva senso, era un’ombra corta, appiattita dal sole di mezzogiorno, e fu allora che ricordai: lui aveva fissato per le dodici, ma forse aveva voluto dire le dodici di notte, visto che i fantasmi appaiono a mezzanotte. Mi alzai e percorsi il molo. Sul viale il traffico sembrava morto, passavano poche macchine, alcune con degli ombrelloni sul portabagagli, era tutta gente che se ne andava alle spiagge della Caparica, era una giornata caldissima, pensai: che ci faccio qui, io, l’ultima domenica di luglio?, e accelerai il passo per vedere di arrivare il più in fretta possibile a Santos, chissà mai che nel giardino non facesse un po’ più fresco.

Il giardino era deserto, c’era solo l’uomo dei giornali davanti al suo banchetto. Mi avvicinai e l’uomo sorrise. Il Benfica ha vinto, disse raggiante, ha visto sul giornale? Feci segno che no, che non avevo ancora visto, e l’uomo disse: una partita notturna in Spagna, una partita per beneficienza. Comprai “A Bola” e scelsi una panchina per sedermici. Stavo leggendo come si era svolta l’azione che aveva portato il Benfica al gol della vittoria contro il Real Madrid quando sentii dire: buongiorno, e alzai la testa. Buongiorno, ripeté il giovane con la barba lunga che mi stava di fronte, avevo bisogno di un suo aiuto. Aiuto per che cosa?, chiesi io. Aiuto per mangiare, disse il giovanotto, sono due giorni che sto senza mangiare. Era un giovanotto sui vent’anni, in blue-jeans e camicia, che mi stendeva timidamente la mano, come se chiedesse la carità. Era biondo, e aveva due grandi occhiaie. Due giorni senza farti di roba, dissi io d’istinto, e il giovane replicò: è lo stesso, mangiare o farsi sempre là finisce, almeno per me. In linea di principio io sono a favore di tutte le droghe, dissi io, leggere o pesanti, ma solo in linea di principio, in pratica sono contro, scusi, sono un intellettuale borghese pieno di preconcetti, non posso accettare che lei faccia uso di droghe in questo giardino pubblico offrendo un’immagine desolante del suo corpo, scusi sa ma è contro i miei principi, potrei anche arrivare ad ammettere che si drogasse in casa sua come si faceva una volta, in compagnia di amici colti e intelligenti, ascoltando Mozart o Erik Satie. A proposito, aggiunsi, le piace Erik Satie? Il Ragazzo Drogato mi guardò con aria meravigliata. È un suo amico?, domandò. No, dissi io, è un musicista francese, ha fatto parte delle avanguardie, è un grande musicista dell’epoca surrealista, posto che il surrealismo possa ascriversi a un’epoca, ha scritto soprattutto musica per piano, penso che fosse un uomo molto nevrotico, come lei e come me, forse, mi piacerebbe averlo conosciuto ma le nostre epoche non hanno coinciso. Solo duecento escudos, disse il Ragazzo Drogato, me ne bastano duecento, il resto già ce l’ho, tra una mezz’ora passa il Gambero, è lui lo spacciatore, ho bisogno di una busta, sono in astinenza. Il Ragazzo Drogato cavò di tasca un fazzoletto e si soffiò il naso con forza. Aveva gli occhi bagnati di lacrime. Lei è cattivo, sa, disse il Ragazzo Drogato, io potevo essere aggressivo, potevo minacciarla, potevo fare il drogato per davvero, e invece no, sono stato amabile e cordiale, abbiamo parlato perfino di musica e non mi vuole neanche dare duecento escudos, da non crederci. Si asciugò il naso un’altra volta e continuò: per di più i biglietti da cento sono carini, c’è su Pessoa, e adesso sono io che le faccio una domanda, al signore piace Pessoa? Mi piace eccome, risposi, tanto che le potrei raccontare una bella storia, ma non ne vale la pena, credo d’essere un po’ fuori di testa, sono appena venuto dal molo di Alcântara ma sul molo non c’era nessuno, però credo che ci tornerò a mezzanotte, non so se mi capisce. Non ci capisco niente, disse il Ragazzo Drogato, ma non importa, grazie. Si infilò in tasca i duecento escudos che gli tendevo e si asciugò il naso un’altra volta. Va bene, disse, mi scusi, devo beccare il Gambero, scusi sa, mi ha fatto tanto piacere parlare con lei, le auguro una buona giornata, arrivederla, con permesso.

Mi addossai allo schienale della panchina e chiusi gli occhi. Faceva un caldo terrificante, non avevo più voglia di leggere “A Bola”, forse avevo anche un po’ di fame, ma più mi costava alzarmi e andare in cerca di un ristorante, preferivo restare lì, all’ombra, quasi senza respirare.

Domani c’è l’estrazione, disse una voce, non vuole comprare una cartella? Aprii gli occhi. Era un omettino sui settanta, vestiva modestamente ma aveva nel volto e nei modi l’aria di un decoro perduto. Avanzò zoppicando nella mia direzione ed io pensai: lo conosco questo tipo, e poi gli dissi: un momento, noi ci siamo già visti da qualche parte, lei è lo Zoppo della Lotteria, altroché se l’ho incontrata. Dove?, chiese l’uomo sedendosi sulla mia panchina con un sospiro di sollievo. Non so, dissi io, ora come ora non saprei dire, ho un’impressione assurda, l’idea d’averla incontrata dentro un libro, ma forse sarà il caldo o la fame, a volte il caldo e la fame fanno di questi scherzi. Ho l’impressione che il signore sia un poco fissato, disse il vecchio, mi scuserà se glielo dico, ma mi pare un poco fissato. No, dissi io, il problema è un altro, il problema è che neanche so perché mi trovo qui, è come se fosse un’allucinazione, neanche saprei spiegare quel che sto dicendo, diciamo che stavo ad Azeitão, conosce Azeitão?, ero nella casa di campagna di certi amici miei, sotto un grande albero che c’è là, un gelso, mi pare, stavo disteso su una sdraio di tela a leggere un libro che amo molto e ad un certo punto mi sono trovato qui, ah, adesso mi ricordo, era Il Libro dell’Inquietudine, lei è lo Zoppo della Lotteria che rompeva inutilmente le scatole a Bernardo Soares, ecco dove l’ho incontrata, in quel libro che stavo leggendo sotto un gelso in una casa di campagna di Azeitão. L’inquietudine ce l’ho io, disse lo Zoppo della Lotteria, anch’io ho l’impressione di essere uscito da un libro riccamente illustrato, con ricche tavole imbandite, ricchi saloni, ma adesso la ricchezza se n’è andata, e Bernardo era mio fratello, Bernardo António Pereira de Melo, è stato lui che ha sperperato il patrimonio, Londra Parigi e puttane, e così le fattorie del Nord sono state vendute per poco o niente, i soldi in banca sono finiti e io adesso sto qua, a vendere cartelle. Lo Zoppo della Lotteria riprese fiato e disse: ad ogni modo, scusi tanto, non è che voglia far polemiche, ma dato che io l’ho sempre trattata da signore non capisco tutta questa confidenza da parte sua, permetta che mi presenti, Francisco Maria Pereira de Melo, molto lieto di conoscerla. Il signore mi perdonerà, replicai, sono italiano, a volte tutte queste vostre forme di trattamento mi traggono in inganno, le forme portoghesi di trattamento sono talmente complicate, abbia pazienza. Se il signore preferisce possiamo parlare in inglese, disse lo Zoppo della Lotteria, in inglese non c’è problema, è sempre you, io l’inglese lo parlo bene, il francese anche, anche lì non ci si sbaglia, è sempre vous, parlo benissimo anche il francese. No, risposi io, mi scusi, preferirei parlare portoghese, questa è un’avventura portoghese, non voglio uscire dalla mia avventura.

Lo Zoppo della Lotteria stese le gambe e si appoggiò alla spalliera. Ed ora mi scuserà, disse, voglio leggere un pochino, tutti i giorni una parte del mio tempo la dedico alla lettura. Cavò un libro di tasca e si mise a leggere. Era la rivista “Esprit”, e disse: sto leggendo l’articolo di un filosofo francese sull’anima, pensi un po’ che curioso tornare a leggere cose sull’anima, per tanto tempo nessuno ha più parlato dell’anima, perlomeno dal decennio dei Quaranta, ora pare che sia tornata di moda un’altra volta, la stanno riscoprendo, io non sono cattolico ma credo nell’anima in un senso vitale e collettivo, forse in una concezione spinoziana, il signore ci crede nell’anima? È una delle poche cose in cui credo, dissi io, perlomeno adesso, qui, in questo giardino dove stiamo conversando, è stata la mia anima a combinarmi tutto questo, voglio dire, non so bene se è l’anima, magari sarà stato l’Inconscio, perché è stato il mio Inconscio a portarmi fino a questo punto. Alto là, disse lo Zoppo della Lotteria, l’Inconscio, cosa vuol dire con questo?, l’Inconscio è roba della borghesia viennese d’inizio secolo, qui siamo in Portogallo ed il signore è italiano, noi siamo roba del Sud, la civiltà greco-romana, non abbiamo niente a che fare con la Mitteleuropa, scusi sa, noi abbiamo l’anima. È vero, dissi io, io l’anima ce l’ho, di sicuro, ma ho anche l’Inconscio, voglio dire, ormai l’Inconscio io ce l’ho, l’Inconscio uno se lo prende, è come una malattia, mi sono preso il virus dell’Inconscio, càpita.

Lo Zoppo della Lotteria mi guardò con aria avvilita. Senta, disse poi, lo vuol fare uno scambio?, io le presto “Esprit”, lei mi presta “A Bola”. Ma non era interessato all’anima?, obiettai. Lo ero, disse lui con rassegnazione, questo è l’ultimo numero dell’abbonamento, ma adesso sto per rientrare nel mio ruolo, sto per trasformarmi in uno Zoppo della Lotteria, mi interessa di più il gol del Benfica. Se è così, dissi io, avrei voglia di comprare una cartella, ce l’ha una cartella che finisce col nove?, sa, il nove è il mio mese, sono nato di settembre, mi piacerebbe comprare una cartella col numero del mio mese. Sì che ce l’ho, signore, disse lo Zoppo della Lotteria, quand’è che è nato lei?, anch’io sono nato di settembre. Sono nato l’equinozio d’autunno, risposi, quando la luna è lunatica e l’Oceano si gonfia. È un’ora fortunata, disse lo Zoppo della Lotteria, il signore avrà una buona sorte. È proprio quello di cui ho bisogno, replicai pagando la cartella, ma non per l’estrazione, proprio per questa giornata d’oggi, oggi per me è un giorno molto strano, sto sognando ma mi pare che sia vero, e devo incontrare delle persone che esistono soltanto nel mio ricordo. Oggi è l’ultima domenica di luglio, disse lo Zoppo della Lotteria, la città è deserta, ci saranno almeno quaranta gradi all’ombra, suppongo che sia il giorno più indicato per incontrare persone che esistono soltanto nel ricordo, la sua anima, pardon, il suo Inconscio, avrà un gran daffare in un giorno come questo, le auguro una buona giornata ed una buona sorte.