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Sostiene Pereira che il martedì seguente, quando arrivò in redazione, trovò la portiera che gli consegnò un espresso. Celeste glielo consegnò con aria ironica e gli disse: ho dato le sue istruzioni al postino, ma lui non può ripassare più tardi perché deve fare tutto il quartiere, così l’espresso lo ha lasciato a me. Pereira lo prese, fece un cenno di ringraziamento con la testa e guardò se c’era il mittente. Per fortuna non c’era nessun mittente, dunque Celeste era rimasta a bocca asciutta. Ma riconobbe subito l’inchiostro azzurro di Monteiro Rossi e la sua calligrafia svolazzante. Entrò in redazione e accese il ventilatore. Poi aprì la lettera. Diceva: «Egregio dottor Pereira, purtroppo sto attraversando un periodo infausto. Avrei bisogno di parlare con lei, è urgente, ma preferisco non passare dalla redazione. L’aspetto martedì sera, alle otto e trenta, al Café Orquídea, mi piacerebbe cenare con lei e raccontarle i miei problemi. Con speranza, suo Monteiro Rossi».

Sostiene Pereira che voleva fare un piccolo articolo della rubrica “Ricorrenze” dedicato a Rilke, che era morto nel ventisei, e dunque erano dodici anni dalla sua scomparsa. E poi si era messo a tradurre un racconto di Balzac. Aveva scelto Honorine, che era un racconto sul pentimento e che avrebbe pubblicato in tre o quattro puntate. Non sa perché, Pereira, ma credeva che quel racconto sul pentimento sarebbe stato un messaggio nella bottiglia che qualcuno avrebbe raccolto. Perché c’era da pentirsi di molte cose, e un racconto sul pentimento ci voleva, e questo era l’unico mezzo per comunicare un messaggio a qualcuno che volesse intenderlo. Così prese il suo Larousse, spense il ventilatore e si diresse verso casa.

Quando arrivò in taxi davanti alla cattedrale faceva un caldo spaventoso. Pereira si tolse la cravatta e se la mise in tasca. Salì faticosamente la rampa di strada che lo conduceva a casa sua, aprì il portone e si sedette su uno scalino. Aveva il fiatone. Cercò in tasca una pasticca per il cuore che gli aveva ordinato il cardiologo e la ingoiò a secco. Si asciugò il sudore, si riposò, si rinfrescò in quel portone buio e poi entrò in casa sua. La portiera non gli aveva preparato niente, era partita per Setúbal, a casa dei suoi parenti, e sarebbe ritornata solo a settembre, come faceva tutti gli anni. Questo fatto in fondo lo sconfortò. Non gli piaceva essere solo, completamente solo, senza nessuno che si occupasse di lui. Passò davanti al ritratto di sua moglie e gli disse: ritorno tra dieci minuti. Andò in camera, si spogliò e si apprestò a fare il bagno. Il cardiologo gli aveva ordinato di non fare bagni troppo freddi, ma lui aveva bisogno di un bagno freddo, lasciò che la vasca si riempisse di acqua fredda e vi si immerse. Mentre stava immerso nell’acqua si accarezzò a lungo il ventre. Pereira, si disse, una volta la tua vita è stata diversa. Si asciugò e si infilò il pigiama. Andò fino all’ingresso, si fermò davanti al ritratto di sua moglie e gli disse: stasera vedo Monteiro Rossi, non so perché non lo licenzio o non lo mando a quel paese, ha dei problemi e vuole scaricarli su di me, questo l’ho capito, tu cosa ne dici, cosa devo fare? Il ritratto di sua moglie gli sorrise con un sorriso lontano. Bene, disse Pereira, ora vado a fare una siesta, sentirò dopo cosa vuole quel giovanotto. E si andò a coricare.

Quel pomeriggio, sostiene Pereira, fece un sogno. Un sogno bellissimo, della sua giovinezza. Ma preferisce non rivelarlo, perché i sogni non si devono rivelare, sostiene. Ammette solo che era felice e che si trovava d’inverno su una spiaggia del nord oltre Coimbra, alla Granja, magari, insieme con lui c’era una persona di cui non vuole svelare l’identità. Fatto è che si risvegliò di buon umore, si mise una camicia con le maniche corte, non prese la cravatta, prese invece una giacca leggera di cotone ma non la indossò, se la mise sul braccio. La serata era calda, ma per fortuna c’era un po’ di brezza. Sul momento pensò di arrivare a piedi fino al Café Orquídea, ma poi gli sembrò una follia. Scese però fino al Terreiro do Paço e la passeggiata gli fece bene. Lì prese un tram e arrivò fino all’Alexandre Herculano. Il Café Orquídea era praticamente deserto, Monteiro Rossi non c’era, ma in realtà era lui che era in anticipo. Pereira si sistemò a un tavolino interno, vicino al ventilatore, e ordinò una limonata. Quando arrivò il cameriere gli chiese: che notizie ci sono, Manuel? Se non lo sa lei, dottor Pereira, che sta nel giornalismo, rispose il cameriere. Sono stato alle terme, rispose Pereira, e non ho letto i giornali, a parte che dai giornali non si sa mai niente, la cosa migliore è prendere le notizie a voce, per questo chiedo a lei, Manuel. Cose turche, dottor Pereira, rispose il cameriere, cose turche. E se ne andò.

In quel momento entrò Monteiro Rossi. Veniva avanti con quella sua aria imbarazzata, guardandosi intorno con circospezione. Pereira notò che indossava una bella camicia azzurra con il colletto bianco. Se l’è comprata con i miei soldi, pensò per un momento Pereira, ma non ebbe il tempo di riflettere su questo fatto perché Monteiro Rossi lo vide e si diresse verso di lui. Si strinsero la mano. Si accomodi, disse Pereira. Monteiro Rossi si accomodò al tavolo e non disse niente. Bene, disse Pereira, cosa vuole mangiare?, qui servono solo omelettes alle erbe aromatiche e insalate di pesce. Prenderei due omelettes alle erbe aromatiche, disse Monteiro Rossi, scusi se le sembro sfacciato, ma oggi ho saltato il pranzo. Pereira ordinò tre omelettes alle erbe aromatiche e poi disse: e ora mi racconti i suoi problemi, visto che questa è la parola che usa nella lettera. Monteiro Rossi si ravviò la ciocca di capelli sulla fronte e quel gesto a Pereira fece un effetto strano, sostiene. Beh, disse Monteiro Rossi abbassando la voce, sono nei guai, dottor Pereira, questa è la verità. Il cameriere arrivò con le omelettes e Monteiro Rossi cambiò discorso. Disse: però che caldo che fa. Mentre il cameriere li serviva parlarono del clima e Pereira raccontò che era stato alle terme di Buçaco e lì sì che c’era veramente un bel clima, sulle colline, con tutto quel verde del parco. Poi il cameriere li lasciò in pace e Pereira chiese: ebbene? Ebbene, non so da dove cominciare, disse Monteiro Rossi, sono nei guai, questo è il fatto. Pereira tagliò una fetta della sua omelette e chiese: dipende da Marta?

Perché chiese questo, Pereira? Perché pensava davvero che Marta potesse arrecare dei problemi a quel giovanotto, perché l’aveva trovata troppo spigliata e troppo petulante, perché avrebbe voluto che tutto fosse diverso, che fossero in Francia o in Inghilterra dove le ragazze spigliate e petulanti potevano dire tutto quello che volevano? Questo Pereira non è in grado di dirlo, ma il fatto è che chiese: dipende da Marta? In parte sì, rispose Monteiro Rossi a bassa voce, ma non posso fargliene una colpa, lei ha le sue idee e sono idee molto solide. E allora?, chiese Pereira. Allora è che è arrivato mio cugino, rispose Monteiro Rossi. Non mi sembra molto grave, rispose Pereira, tutti abbiamo dei cugini. Sì, disse Monteiro Rossi quasi sussurrando, ma mio cugino viene dalla Spagna, è in una brigata, combatte dalla parte dei repubblicani, è in Portogallo per reclutare volontari portoghesi che vogliono far parte di una brigata internazionale, in casa mia non posso tenerlo, lui ha un passaporto argentino e si vede a un miglio di distanza che è falso, non so dove metterlo, non so dove nasconderlo. Pereira cominciò a sentire un filo di sudore che gli colava lungo la schiena, ma si mantenne calmo. E allora?, chiese continuando a mangiare la sua omelette. E allora bisognerebbe che lei, disse Monteiro Rossi, bisognerebbe che lei, dottor Pereira, si occupasse di lui, che gli trovasse un alloggio discreto, non importa se clandestino, purché sia, io non lo posso tenere in casa perché la polizia potrebbe essersi insospettita a causa di Marta, potrei essere anche sorvegliato. E allora?, chiese ancora Pereira. Allora lei non la sospetta nessuno, disse Monteiro Rossi, lui resta qui qualche giorno, il tempo di prendere contatto con la resistenza, e poi se ne ritorna in Spagna, lei deve aiutarmi dottor Pereira, deve cercargli un alloggio.

Pereira finì di mangiare la sua omelette, fece un cenno al cameriere e si fece portare un’altra limonata. Sono stupito della sua impudenza, disse, non so se si rende conto di quello che mi sta chiedendo, e poi cosa potrei trovare? Una stanza d’affitto, disse Monteiro Rossi, una pensione, un luogo dove non stanno troppo a guardare i documenti, lei deve sapere di luoghi del genere, con tutte le sue conoscenze.

Tutte le sue conoscenze, pensò Pereira. Ma se lui, di tutti quelli che conosceva, non conosceva nessuno, conosceva padre António al quale non poteva rifilare un problema del genere, conosceva il suo amico Silva, che stava a Coimbra e sul quale non poteva contare, e poi la portiera di Rua Rodrigo da Fonseca che forse era un’informatrice della polizia. Ma all’improvviso gli venne in mente una pensioncina della Graça, sopra il Castello, dove andavano le coppiette clandestine e dove non chiedevano i documenti a nessuno. Pereira la conosceva perché una volta il suo amico Silva gli aveva chiesto di prenotargli una camera in un luogo discreto dove doveva passare una notte con una signora di Lisbona che non poteva affrontare scandali. E così disse: me ne occuperò domattina, però suo cugino non lo mandi o non lo porti in redazione, per via della portiera, lo porti domattina alle undici a casa mia, ora le do l’indirizzo, ma niente telefonate, per favore, e cerchi di esserci anche lei, forse è meglio.

Perché Pereira disse così? Perché Monteiro Rossi gli faceva pena? Perché era stato alle terme e aveva parlato in maniera così deludente con il suo amico Silva? Perché sul treno aveva trovato la signora Delgado che gli aveva detto che bisognava fare qualcosa comunque? Pereira non lo sa, sostiene. Sa soltanto che capì di essersi messo nei guai e che doveva parlarne con qualcuno. Ma questo qualcuno non c’era in giro e allora pensò che ne avrebbe parlato con il ritratto di sua moglie quando sarebbe ritornato a casa. E infatti così fece, sostiene.