L’indomani mattina Pereira si alzò prestissimo, sostiene, e andò a trovare padre António. Lo sorprese nella sagrestia della chiesa, mentre si stava togliendo i paramenti sacri. La sagrestia era freschissima, sulle pareti c’erano quadri devoti e ex voto.
Buongiorno padre António, disse Pereira, eccomi qua. Pereira, borbottò padre António, non ti sei più fatto vedere, ma dove ti eri ficcato? Sono stato a Parede, si giustificò Pereira, ho passato una settimana a Parede. A Parede!?, esclamò padre António, e cosa ci facevi a Parede? Sono stato in una clinica talassoterapica, rispose Pereira, a fare bagni d’alghe e cure naturali. Padre António gli chiese di aiutarlo a togliersi la stola e gli disse: certe idee ti vengono in mente. Sono dimagrito quattro chili, aggiunse Pereira, e ho conosciuto un medico che mi ha raccontato una teoria interessante sull’anima. È per questo che sei venuto?, chiese padre António. In parte, ammise Pereira, ma volevo anche parlare di altre cose. E allora parla, disse padre António. Beh, cominciò Pereira, è una teoria di due filosofi francesi che sono anche psicologi, sostengono che noi non abbiamo un’anima sola ma una confederazione di anime che viene guidata da un io egemone, e ogni tanto questo io egemone cambia, così che noi raggiungiamo una norma, ma non è una norma stabile, è una norma variabile. Stai bene a sentire, Pereira, disse padre António, io sono un francescano, sono una persona semplice, ma mi pare che tu stia diventando eretico, l’anima umana è unica e indivisibile, è Dio che ce l’ha data. Sì, replicò Pereira, però se al posto dell’anima, come vogliono i filosofi francesi, ci mettiamo la parola personalità, ecco che l’eresia non c’è più, io mi sono convinto che non abbiamo una personalità sola, abbiamo tante personalità che convivono fra di loro sotto la guida di un io egemone. Mi sembra una teoria capziosa e pericolosa, obiettò padre António, la personalità dipende dall’anima, e l’anima è unica e indivisibile, il tuo discorso è in odore di eresia. Eppure io mi sento diverso da qualche mese fa, confessò Pereira, penso cose che non avrei mai pensato, faccio cose che non avrei mai fatto. Ti sarà successo qualcosa, disse padre António. Ho conosciuto due persone, disse Pereira, un ragazzo e una ragazza, e conoscendoli forse sono cambiato. Succede, rispose padre António, le persone ci influenzano, succede. Non so come possano influenzarmi, disse Pereira, sono due poveri romantici senza futuro, semmai dovrei essere io a influenzarli, sono io che li sostengo, anzi il ragazzo praticamente lo mantengo io, non faccio altro che dargli soldi di tasca mia, lo ho assunto come praticante, ma non mi scrive un articolo che sia pubblicabile, senta padre António, crede che mi farebbe bene confessarmi? Hai commesso peccati contro la carne?, chiese padre António. L’unica carne che conosco è quella che mi porto addosso, rispose Pereira. Allora senti, Pereira, concluse padre António, non farmi perdere tempo, perché per confessare devo concentrarmi e non mi voglio stancare, fra poco devo andare a visitare i miei ammalati, parliamo del più e del meno e delle tue cose in generale, ma non sotto confessione, come amici.
Padre António si sedette su una panca della sagrestia e Pereira gli si mise accanto. Mi ascolti padre António, disse Pereira, io credo in Dio padre onnipotente, ricevo i sacramenti, osservo i comandamenti e cerco di non peccare, anche se qualche volta la domenica non vado a messa, ma non è per malafede, è solo per pigrizia, credo di essere un buon cattolico e mi stanno a cuore gli insegnamenti della Chiesa, però ora sono un po’ confuso e poi, per quanto faccia il giornalista, non sono informato su quello che succede nel mondo, e ora sono molto perplesso perché mi pare che ci sia una grande polemica sulle posizioni degli scrittori cattolici francesi a proposito della guerra civile spagnola, vorrei che lei mi mettesse un po’ al corrente, padre António, perché lei le cose le conosce e io vorrei sapere come comportarmi per non essere eretico. Ma in che mondo vivi, Pereira, esclamò padre António. Beh, cercò di giustificarsi Pereira, il fatto è che ho passato una settimana a Parede e poi questa estate non ho mai comprato un giornale straniero, e dai giornali portoghesi non si riesce a sapere molto, le uniche novità che conosco sono le chiacchiere di caffè.
Sostiene Pereira che padre António si alzò in piedi e gli si mise di fronte con un’espressione che gli parve minacciosa. Senti Pereira, disse, il momento è grave e ognuno deve fare le sue scelte, io sono un uomo di Chiesa e devo ubbidire alla gerarchia, ma tu sei libero di fare le tue scelte personali, anche se sei cattolico. E allora mi spieghi tutto, implorò Pereira, perché mi piacerebbe fare le mie scelte, ma non sono al corrente. Padre António si soffiò il naso, incrociò le mani sul petto e chiese: lo conosci il problema del clero basco? Non lo conosco, ammise Pereira. Tutto è cominciato con il clero basco, disse padre António, dopo il bombardamento di Guernica il clero basco, che era considerato la gente più cristiana di Spagna, si è schierato con la repubblica. Padre António si soffiò il naso come se fosse commosso e continuò: nella primavera dell’anno scorso due illustri scrittori cattolici francesi, François Mauriac e Jacques Maritain, hanno pubblicato un manifesto in difesa dei baschi. Mauriac!, esclamò Pereira, lo dicevo io che bisognava preparare un eventuale necrologio per Mauriac, lui è un uomo in gamba ma Monteiro Rossi non è riuscito a farmelo. Chi è Monteiro Rossi?, chiese padre António. È il praticante che ho assunto, rispose Pereira, ma non riesce a farmi un necrologio per quegli scrittori cattolici che hanno preso buone posizioni politiche. Ma perché vuoi fargli un necrologio, chiese padre António, povero Mauriac, lascialo campare, di lui abbiamo bisogno, perché lo vuoi far morire? Oh, se è per questo non voglio, disse Pereira, spero che campi fino a cent’anni, ma supponiamo che da un momento all’altro venisse a mancare, almeno in Portogallo ci sarebbe un giornale che gli renderebbe tempestivo omaggio, e questo giornale sarebbe il “Lisboa”, comunque mi scusi, padre António, vada avanti. Bene, disse padre António, il problema si è complicato con il Vaticano, che ha dichiarato che migliaia di religiosi spagnoli erano stati uccisi dai repubblicani, che i cattolici baschi erano dei “cristiani rossi” e che andavano scomunicati, e così ha fatto, e a questo si è aggiunto Claudel, il famoso Paul Claudel, scrittore cattolico anche lui, che ha scritto un’ode “Aux Martyrs Espagnols” come prefazione in versi a un mefitico opuscolo di propaganda di un agente nazionalista di Parigi. Claudel, disse Pereira, Paul Claudel? Padre António si soffiò il naso un’altra volta. Proprio lui, disse, tu come lo definiresti, Pereira? Là per là non saprei, rispose Pereira, anche lui è un cattolico, ha preso una posizione differente, ha fatto le sue scelte. Ma come là per là non sapresti, Pereira, esclamò padre António, quel Claudel è un figlio di puttana, ecco cos’è, e mi dispiace essere in un luogo sacro a dire queste parole, perché vorrei dirtele in piazza. E poi?, chiese Pereira. Poi, continuò padre António, poi le alte gerarchie del clero spagnolo, con in testa il cardinale Gomá, arcivescovo di Toledo, hanno preso la decisione di mandare una lettera aperta ai vescovi di tutto il mondo, hai capito, Pereira, ai vescovi di tutto il mondo, come se i vescovi di tutto il mondo fossero dei fascistoni come loro, e dicono che migliaia di cristiani in Spagna hanno preso le armi sotto la propria responsabilità personale per salvare i princìpi della religione. Sì, disse Pereira, ma i martiri spagnoli, i religiosi uccisi. Padre António stette un attimo in silenzio e poi disse: forse saranno martiri, comunque era tutta gente che tramava contro la repubblica, e poi senti, la repubblica era costituzionale, era stata votata dal popolo, Franco ha fatto un colpo di stato, è un bandito. E Bernanos, chiese Pereira, cosa c’entra Bernanos in tutto questo?, anche lui è uno scrittore cattolico. Lui è l’unico che conosce davvero la Spagna, disse padre António, dal trentaquattro fino all’anno scorso è stato in Spagna, ha scritto sui massacri dei franchisti, il Vaticano non lo può sopportare perché lui è un vero testimone. Sa padre António, disse Pereira, ho pensato di pubblicare sulla pagina culturale del “Lisboa” uno o due capitoli dal Journal d’un curé de campagne, che gliene pare come idea? Mi pare un’idea magnifica, rispose padre António, ma non so se te la lasceranno pubblicare, Bernanos non è molto amato in questo paese, non ha scritto cose tenere sul battaglione Viriato, sul contingente militare portoghese che è andato in Spagna, a combattere per Franco, e ora scusami Pereira, ma devo recarmi all’ospedale, i miei malati mi aspettano.
Pereira si alzò e si accomiatò. Arrivederci padre António, disse, scusi se le ho fatto perdere tutto questo tempo, la prossima volta mi verrò a confessare. Non ne hai bisogno, replicò padre António, prima vedi di commettere qualche peccato e poi vieni, non mi fare perdere tempo inutilmente.
Pereira uscì e si inerpicò a fatica su per la Rua da Imprensa Nacional. Quando arrivò davanti alla Chiesa di San Mamede si sedette su una panchina della piccola piazza. Davanti alla chiesa si fece il segno della croce, poi allungò le gambe e si mise a prendere un po’ di fresco. Avrebbe avuto voglia di bere una limonata e proprio lì accanto c’era un caffè. Ma si contenne. Si limitò a riposarsi all’ombra, si tolse le scarpe e prese un po’ di fresco ai piedi. Poi si avviò a passo lento verso la redazione pensando ai suoi ricordi. Sostiene Pereira che pensò alla sua infanzia, un’infanzia passata a Póvoa do Varzim, con i suoi nonni, un’infanzia felice, o che lui almeno considerava felice, ma della sua infanzia non vuole parlare, perché sostiene che non ha niente a che vedere con questa storia e con quella giornata di fine agosto in cui l’estate stava declinando e lui si sentiva così confuso.
Sulle scale trovò la portiera che lo salutò cordialmente e che gli disse: buongiorno dottor Pereira, niente posta per lei stamattina e nemmeno telefonate. Come, telefonate, chiese Pereira stupito, è entrata in redazione? No, disse Celeste con aria trionfante, ma stamani sono venuti gli impiegati dei telefoni accompagnati da un commissario, hanno collegato il suo telefono con la portineria, hanno detto che se in redazione non c’è nessuno è bene che qualcuno riceva le telefonate, dicono che io sono una persona di fiducia. Lei è una persona di eccessiva fiducia per questa gente, avrebbe voluto rispondere Pereira, ma non disse niente. Chiese soltanto: e se devo telefonare? Deve passare dal centralino, rispose Celeste con soddisfazione, e ora il suo centralino sono io, è a me che deve chiedere i numeri, e pensare che io non avrei voluto, dottor Pereira, lavoro tutta la mattina e devo preparare il pranzo per quattro persone, perché ho quattro bocche da sfamare, io, e a parte i figli, che si contentano, ho un marito molto esigente, quando torna dalla questura, alle quattordici, ha una fame da lupo e è molto esigente. Si sente dall’odore di fritto che aleggia sulle scale, rispose Pereira, e non disse altro. Entrò in redazione, staccò il ricevitore del telefono e prese di tasca il foglio che gli aveva consegnato Marta la sera prima. Era un articolo scritto a mano, con inchiostro azzurro, e in cima c’era scritto: Ricorrenze. Diceva: «Otto anni fa, nel 1930, moriva a Mosca il grande poeta Vladímir Majakovskji. Si uccise con un colpo di pistola, per delusioni d’amore. Era figlio di un ispettore forestale. Dopo aver aderito giovanissimo al partito bolscevico subì tre arresti e fu torturato dalla polizia zarista. Grande propagandista della Russia rivoluzionaria, fece parte dei futuristi russi, che si distinguono politicamente dai futuristi italiani, e intraprese una tournée nel suo paese a bordo di una locomotiva, recitando per i villaggi i suoi versi rivoluzionari. Suscitò l’entusiasmo del popolo. Fu artista, disegnatore, poeta e uomo di teatro. La sua opera non è tradotta in portoghese, ma può essere comprata in francese alla libreria di Rua do Ouro di Lisbona. Fu amico del grande cineasta Ejšenstejn col quale collaborò in varie pellicole. Ci lascia un’opera sterminata di prosa, poesia e teatro. Celebriamo qui il grande democratico e il fervido antizarista».
Pereira, anche se non faceva troppo caldo sentì un velo di sudore che gli fasciava il collo. Quell’articolo avrebbe voluto cestinarlo, perché era troppo stupido. Invece aprì la cartellina dei “Necrologi”, e ve lo infilò. Poi si mise la giacca e pensò che era l’ora di rientrare a casa sua, sostiene.