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La pensione Dona Rosa era calma, a quell’ora. I pochi pensionanti non erano ancora rientrati. Nel salottino il televisore, a volume molto basso, stava trasmettendo un servizio di curiosità prima del telegiornale.

– Vediamo se il telegiornale ne parla, borbottò l’avvocato.

Con la sua mole traboccava da una delle poltroncine trapuntate della saletta di Dona Rosa, beveva acqua e si asciugava la fronte col fazzoletto. Era appena arrivato e si era seduto in silenzio nel salottino. Dona Rosa, senza chiedergli niente, gli aveva portato premurosamente una bottiglia di acqua minerale gassata.

– Vengo dagli uffici del Procuratore, aggiunse, ci sono stati i primi interrogatori.

Firmino non disse niente. Dona Rosa, muovendosi in punta di piedi, metteva a posto qua e là i centrini delle poltrone.

– Lei crede che il telegiornale ne parlerà?, insisté l’avvocato.

– Secondo me sì, rispose Firmino, ma vediamo come.

Il telegiornale ne parlò in apertura. Era una notizia informativa che in fondo riprendeva tutto dalla stampa, e in specie dall’intervista data dal Torres all’Acontecimento, avvertendo che di più non si poteva dire, perché c’era il segreto istruttorio. In studio c’era il sociologo di turno che fece un’analisi della violenza in Europa, parlò di un film americano dove si vedeva un uomo decapitato e arrivò a conclusioni quasi psicoanalitiche.

– Ma tutto questo che c’entra?, chiese Firmino.

– Chiacchiere, commentò laconicamente l’avvocato, eh sì, si appellano al segreto istruttorio, che ne direbbe di invitarmi a cena?, ho proprio bisogno di rilassarmi.

Si rivolse a Dona Rosa.

– Dona Rosa, cosa offre stasera la casa?

Dona Rosa illustrò il menù. L’avvocato non fece commenti ma parve soddisfatto perché si alzò e invitò Firmino a seguirlo. La sala da pranzo era ancora al buio, ma l’avvocato accese le luci come se fosse il padrone e scelse il tavolo che voleva lui.

– Se ha una bottiglia di vino ammezzata che le è rimasta da pranzo, disse a Firmino, dica a Dona Rosa di buttarla via, non sopporto le bottiglie di vino ammezzate come si usa in certe pensioni, mi fanno malinconia.

Quella sera la cuoca di Dona Rosa aveva preparato le polpette affogate nella salsa di pomodoro, e come primo piatto c’era la minestra di cavolo verde. La servetta baffuta arrivò con la terrina fumante e l’avvocato la fece lasciare sul tavolo, come per precauzione.

– Stava parlando del segreto istruttorio, disse Firmino tanto per dire qualcosa.

– Già, fece l’avvocato, il segreto istruttorio, mi piacerebbe parlare con lei del cosiddetto segreto istruttorio, ma questo porterebbe inevitabilmente a un argomento molto più impegnativo e forse per lei troppo noioso, e io non voglio annoiarla.

– Non mi annoia affatto, rispose Firmino.

– Non trova che la minestra è troppo liquida?, chiese l’avvocato, a me piace più densa, patate e cipolle sono il segreto di una buona minestra di cavolo verde.

– Comunque non mi annoia affatto, rispose Firmino, se vuole parlarne ne parli pure, sono tutt’orecchi.

– Ho perso il filo, disse l’avvocato.

– Mi stava dicendo che il discorso sul segreto istruttorio l’avrebbe condotta inevitabilmente a un argomento più noioso, riassunse Firmino.

– Ah, già, borbottò l’avvocato.

La servetta arrivò col vassoio delle polpette e cominciò a servirli. L’avvocato fece cospargere le sue di abbondante salsa di pomodoro.

– L’etica, disse l’avvocato rigirando una polpetta nel sugo.

– L’etica, cioè?, chiese Firmino.

– Segreto istruttorio-etica professionale, rispose l’avvocato, è un binomio inscindibile, almeno apparentemente.

La polpetta che cercava di tagliare col coltello gli sfuggì dal piatto e gli finì sulla camicia. La servetta seguiva la scena e si precipitò, ma l’avvocato la fermò con un gesto perentorio.

– Polpetta-camicia, disse, anche questo è un binomio, per lo meno per quanto mi riguarda. Non so se si è reso conto che il mondo è binario, la natura corre su strutture binarie, o almeno la nostra civiltà occidentale, che poi è quella che ha fatto tutte le catalogazioni, pensi al Settecento, ai naturalisti, che so, a Linneo, ma come dargli torto, in realtà questa misera pallina che ruota nello spazio e su cui navighiamo obbedisce a uno schema del tutto elementare che è quello binario, lei che ne dice?

– Già, rispose Firmino, o maschio o femmina, tanto per semplificare, è questo il sistema che lei chiama binario.

– Il senso è questo, confermò l’avvocato, da cui discende verità o menzogna, per esempio, e qui sarebbe necessaria una conversazione proprio noiosa, e come le ho detto non voglio tediarla, verità o menzogna, mi scusi i voli pindarici, ma questa è l’etica, e ovviamente il problema del diritto, ma non le starò a parlare di trattati sofisticati, non ne vale la pena.

Sbuffò come se fosse seccato, ma soprattutto pareva seccato con se stesso.

– Lei crede che anche l’universo sia binario?, sibilò all’improvviso.

Firmino lo guardò interdetto.

– In che senso?, chiese.

– Se è binario come la Terra, ripeté l’avvocato, secondo lei è binario come la Terra?

Firmino non seppe cosa rispondere e così pensò di girargli la domanda.

– Lei cosa crede?

– Non credo, rispose l’avvocato, spero di no, diciamo che spero di no.

Fece un cenno alla servetta indicando il bicchiere vuoto.

– È solo una speranza, disse, una speranza per il genere umano a cui apparteniamo, ma che in fondo non ci riguarda direttamente perché né io né lei vivremo abbastanza per sapere come è fatta Andromeda, per esempio, e cosa sta succedendo da quelle parti. Ma lei pensi a tutti quegli scienziati della NASA o cose del genere che si danno tanto da fare perché fra un secolo o due i nostri posteri possano arrivare in quei luoghi che si chiamano i confini del nostro sistema solare, e immagini le facce di quei nostri poveri posteri che dopo un viaggio così lungo un bel giorno sbarcano lassù dalla loro astronave e vi trovano una bella struttura binaria: maschio o femmina, verità o menzogna, e magari peccato o virtù, eh sì, perché il sistema binario, anche se loro non se l’aspettavano, prevede anche un prete, cattolico o di una qualsivoglia religione, che gli dice: questo è peccaminoso, questo è virtuoso. Eh, se lo immagina che faccia farebbero?

Firmino ebbe voglia di ridere, ma si limitò a sorridere.

– Avvocato, disse, credo che la fantascienza a questa ipotesi non ci abbia ancora pensato, io di libri di fantascienza ne leggo molti, ma mi pare di non avere ancora trovato un problema come questo.

– Ah, disse l’avvocato, non sospettavo che a lei piacesse la fantascienza.

– Mi piace molto, rispose Firmino, è la mia lettura preferita.

L’avvocato tossicchiò con il suo piccolo gorgoglio che sembrava una risatina.

– Bene bene, borbottò, e con queste letture il suo Lukács come c’entra?

Firmino sentì di arrossire. Gli sembrò di essere caduto in trappola e reagì con un certo orgoglio.

– Lukács mi serve per la letteratura portoghese del dopoguerra, rispose, la fantascienza appartiene al fantastico.

– Qui la volevo, replicò l’avvocato, il fantastico. È una bella parola e anche un concetto su cui meditare, ci mediti, se ne ha tempo. Per quanto mi concerne stavo fantasticando sul dolce che Dona Rosa ha preparato stasera, è un flan caramellato, ma forse è meglio che ci rinunci, ancora un goccio e me ne vado a letto perché la mia giornata è finita, ma forse la sua potrebbe continuare con qualcosa di molto utile.

– Tutto quello che posso, disse Firmino, per esempio?

– Per esempio una capatina al Puccini’s Butterfly, è un luogo che potrebbe fornirci notizie interessanti. Così, un’occhiatina.

Finì di bere il suo bicchiere e si accese uno dei suoi enormi sigari.

– Una capatina a sua discrezione, continuò mentre il fiammifero gli bruciava fra le dita, per esempio la gente che c’è, gli impiegati, se il Grillo Verde è da quelle parti, perché mi hanno detto che in quel locale ha un ufficio, due chiacchiere con lui potrebbero essere interessanti, dovrebbe essere compito della polizia, ma lei ce la vede la polizia al Puccini’s Butterfly?

– Non ce la vedo, confermò Firmino.

– Appunto, spiegò l’avvocato, non voglio che lei si senta Philip Marlowe, però potremmo cercare di sapere sul Grillo Verde qualcosa di marginale, magari reati minori, perché sa cosa diceva De Quincey?

– Cosa diceva?, chiese Firmino.

– Diceva: se un uomo si lascia andare una volta a uccidere, molto presto giungerà a considerare cosa da poco la rapina, e di qui passerà al bere e a non osservare le festività, quindi a comportarsi in modo maleducato e a non rispettare gli impegni, una volta avviatosi per quella china non si sa dove si andrà a finire, e molti devono la propria rovina a questo o a quell’assassinio al quale sul momento non avevano badato granché. Fine della citazione.

L’avvocato gongolò fra sé e sé e aggiunse:

– Caro giovanotto, come le ho detto non voglio tediarla, ma supponiamo che io, che prima le parlavo di etica professionale, avessi bisogno di un aiuto per rompere il cosiddetto velo di ignoranza. Non mi sto a dilungare, è una definizione di un giurista americano ed è un discorso puramente teorico, sta in una specie di caverna di Platone. Ma supponiamo che con i miei voli pindarici io facessi scendere questo concetto sul piano puramente pratico, diciamo fattuale, cosa che nessun teorico della giustizia mi perdonerebbe, e diciamo che io me ne fregassi altamente, lei cosa ne penserebbe?

– Che il fine giustifica i mezzi, rispose prontamente Firmino.

– Non è esattamente questa la mia conclusione, rispose l’avvocato, e non ripeta più quella frase, la detesto, con questa frase l’umanità ha commesso le peggiori atrocità, diciamo solo che io mi servo spudoratamente di lei, cioè del suo giornale, è chiaro?

– Chiarissimo, rispose Firmino.

– E diciamo che potrei sempre giustificarmi con certe definizioni della teoria del diritto, potrei affermare non senza un certo cinismo di appartenere alla scuola di coloro che seguono la cosiddetta concezione intuizionista, ma no, chiamiamolo pure un atto di fantasia arbitrario, le piace la definizione?

– Mi piace, concordò Firmino.

– E così, disse l’avvocato, con l’atto di fantasia arbitrario potremo risalire a ritroso il paradosso di De Quincey, e cioè: siccome ho la perfetta sensazione che non sarà facile dimostrare che il Grillo Verde taglia le teste altrui con i coltelli elettrici, noi cercheremo di dimostrare che si comporta male in società, che so, che rompe i piatti in testa alla moglie, mi spiego?

– Perfettamente, rispose Firmino.

L’avvocato parve soddisfatto. Si appoggiò all’indietro sulla seggiola. Nei suoi occhietti mobili c’era un’espressione sognatrice.

– E magari a questo punto ci facciamo entrare anche il suo Lukács, aggiunse.

– Lukács?, chiese Firmino.

– Il principio di realtà, rispose l’avvocato, il principio di realtà, non mi stupirei che nonostante tutto le potesse essere d’aiuto per stasera. E ora forse è meglio che lei vada, giovanotto, mi pare proprio l’ora adatta per un posto come il Puccini’s Butterfly, poi naturalmente mi racconta tutto per filo e per segno, ma mi raccomando, presti attenzione al principio di realtà, credo che possa servirle.