Ma la Dc tornerà?

Nelle ultime pagine di questo libro non può che affiorare la domanda delle cento pistole: può tornare la Dc?

I sondaggisti pensano che ci sia uno spazio al centro. Ma la Dc non era il centro. Era uno dei due Poli della Prima Repubblica, che era – nonostante il sistema elettorale proporzionale – più bipolare della seconda: Dc e Pci rappresentavano l’ottanta per cento dei consensi. La Seconda Repubblica si è ubriacata di maggioritario, ma ha prodotto una frammentazione che nessun sistema proporzionale avrebbe mai determinato.

L’Italia vive una incertezza circa il prossimo sistema elettorale: si dava per scontato il ritorno al sistema proporzionale, ma l’arrivo di Enrico Letta alla guida del Pd fa risalire le quotazioni del sistema uninominale maggioritario che porta il nome dell’attuale capo dello Stato, la legge Mattarella del 1993.

Non ho mai creduto alla vulgata per cui un partito di Democrazia cristiana può esistere solo con una legge elettorale proporzionale. La Dc è stata il partito degli italiani, secondo la felice definizione dello storico Agostino Giovagnoli. Il partito italiano riunisce Nord e Sud, ceto medio e classi popolari, partite iva e disoccupati meridionali; l’ispirazione cristiana tempera le asprezze liberiste, e recupera qualche istanza socialista, riunisce le masse cattoliche ma conquista anche il consenso laico.

La Dc è stata questo. Può tornare? Quella storica no, neppure in miniatura. Vale ormai per i democristiani ciò che un impertinente deputato del Psi diceva dei socialisti: «Sono come i tuberi, i migliori stanno sottoterra». Davvero ormai è difficile ipotizzare un ritorno della Dc.

È possibile, e anche augurabile, che si formi una forza politica nuova capace di accettare l’eredità democristiana con beneficio di inventario. Nessuno fin qui ci ha provato. La Seconda Repubblica è nata su un tabù: «Non si può rifare la Dc». D’accordo, ma può nascere un partito opposto alla sinistra e capace di riunire il Paese in una narrazione a bassa frequenza, ma di grandi ambizioni: un’idea dell’Italia, ecco cosa manca ai partiti oggi sulla scena. Esauriti i cespugli democristiani, sarebbe questo il momento giusto per edificare il partito europeo e liberalcristiano che invocava Pasolini Zanelli quasi cinquant’anni fa.

Ci guardiamo attorno perché non possiamo guardarci dentro: la risposta non verrà dal mondo cattolico. Esso è irrimediabilmente diviso e impotente. La Chiesa dei due papi ha provocato una scissione anche politica: le destre sovraniste strumentalizzano l’affetto popolare verso papa Ratzinger per scavare un solco nella Chiesa. Naturalmente è un disegno miope: chi divide la Chiesa, è contro la Chiesa. È difficile che le destre potranno ottenere dalla Chiesa anche solo la benevola neutralità di cui ha goduto Silvio Berlusconi. Naturalmente sono molti i cattolici favorevoli alle destre. Ciò rafforza una valutazione di alta improbabilità di una nuova stagione di unità politica dei cattolici. Diciamo che i cattolici hanno già dato: la loro unità ha assicurato forza allo schieramento anticomunista; oggi le parti potranno ribaltarsi, con la possibilità che il cattolicesimo politico entri come linfa vivificante di una nuova espressione del blocco sociale che fu democristiano e poi berlusconiano.

Per rimanere nella metafora ecclesiastica, la nuova Dc potrà aggregarsi a un «papa straniero», a un partito o a una personalità disposta a farsi plasmare nelle forme del partito europeo, che la Dc e il Pdl non sono mai divenuti.