Riley ricevette un sms di Bill, proprio mentre tornava dal ricovero di emergenza, dove aveva lasciato Jilly. Era laconico: diceva soltanto che aveva arrestato Calvin Rabbe. Lei si precipitò all’edificio dell’FBI di Phoenix, per controllare il sospettato.
Incontrò Bill all’esterno della sala degli interrogatori.
“Che cosa è successo?” gli chiese a perdifiato. “Per che cosa l’hai fermato? Non abbiamo neanche un mandato.”
“Possesso di cocaina” fu la risposta del partner. “Sono stato fortunato. Davvero fortunato. Sono contento che tu sia qui. Mi stavo preparando ad interrogarlo. Vieni ad aiutarmi.”
Riley seguì Bill nella sala degli interrogatori. Calvin Rabbe era seduto all’interno, in manette, e rideva con scherno, come un borioso scolaretto ripetente, mandato nell’ufficio del preside.
“Qualcuno potrebbe dirmi perché sono qui?” chiese Rabbe. “Non sono un idiota. So che non si tratta della coca. Dev’esserci dell’altro.”
Riley e Bill si sedettero dall’altra parte del tavolo, di fronte a lui. Riley lo guardò in silenzio, provando a decidere come gestire l’interrogatorio. Non doveva accusarlo immediatamente dell’assassinio di Nancy Holbrook. In quel caso, l’uomo avrebbe richiesto subito un avvocato e non avrebbe potuto più cavarne niente. Un approccio meno diretto sembrava più promettente.
Riley iniziò: “Sappiamo che lei è un cliente occasionale della Ishtar Escorts.”
“Chi ve l’ha detto?” disse Rabbe. “Non è vero.”
“La stessa Ishtar ci ha fornito il suo nome” intervenne Bill.
Rabbe sembrava sorpreso, ma non particolarmente scioccato e neppure infastidito più di tanto.
“Ecco, quella vecchia puttana” disse. “Che cosa sta diventando questo mondo? Se non puoi fidarti delle puttane, di chi puoi fidarti?”
Riley si allungò dall’altra parte del tavolo, verso di lui.
“Così, le piacciono le puttane, Calvin?” chiese.
Rabbe alzò le spalle. “Per come sono le donne di oggi, le puttane sono meglio della maggioranza. Non c’è molto altro da dire.”
“Perciò hai un problema con le donne?” gli disse Riley.
“Non cominciamo” Rabbe brontolò, distogliendo lo sguardo da lei.
Ho colpito il suo punto debole, intuì Riley, iniziando a sentire che l’interrogatorio stava andando nella giusta direzione.
“Ci parli un po’ di Nanette” disse Riley.
“Chi è Nanette?”
“Oh, andiamo” esclamò la donna. “Lei sa perfettamente di chi parlo. Una delle ragazze di Ishtar. Ha incontrato Nanette lo scorso sabato sera.”
Rabbe sbuffò ironicamente. “Non è vero” disse. “Certo, avevo un appuntamento con lei. Ma non si è presentata. Ha davvero rovinato la mia serata. Sarebbe dovuta venire con me ad un evento di beneficenza, organizzato da mia madre. Era scritto sui giornali. Forse ne avete sentito parlare, si tratta della Judith Rabbe Foundation.”
Rabbe aveva pronunciato quelle parole con palpabile disgusto. Riley stava cominciando ad incuriosirsi.
“No, non posso dire di averne sentito parlare” disse Riley.
Rabbe roteò gli occhi.
“Oh, mia madre è davvero fissata con l’istruzione delle ragazze in tutti quei paesi dai nomi impronunciabili. Vuole risolvere un problema, che non è affatto un problema. Hanno la giusta idea sulle donne in quei posti. Non come la schifosa cultura che abbiamo qui.”
Riley vide che l’indole dell’uomo stava diventando più chiara.
Un misogino porco, lei pensò. Esattamente il tipo d’uomo che stiamo cercando.
Bill pose la domanda successiva. “Mi dica, che cosa ne pensa sua madre del fatto che porta le accompagnatrici ai suoi fantastici raduni?”
A Riley quella era parsa un’ottima domanda. Ricordava il vestito poco rispettabile che Nancy Holbrook indossava, quando il suo corpo era stato ritrovato. Immaginò anche come sarebbe stata accolta al tipo di evento di beneficenza, riservato all’alta società, che la madre di Rabbe aveva sicuramente dato.
Sul volto di Rabbe comparve un sorrisetto di soddisfazione.
“A lei la cosa non piace, potete starne certi” disse. “E non le serve. Ma Nanette mi ha lasciato a bocca asciutta quella sera. Non c’è stato il tempo di assumere un’altra ragazza. Sono rimasto bloccato da solo, in una casa piena di stridule arpie, che sproloquiavano sull’oppressione e l’egemonia patriarcale, e tutto quel genere di cose. Gesù.”
La sua espressione cambiò. Qualcosa sembrò nascere in lui.
“Aspettate un attimo” disse. “Riguarda la dipendenza da eroina di Nanette? Per questo mi avete portato qui? Perché io non ne so nulla.”
Era una bugia, e Riley se ne accorse subito.
“Ma non le importava che venisse picchiata vero?” lei disse
Rabbe esplose in una risata sommessa.
“Mi piacciono docili, se intende ciò che voglio dire” disse. “Più come la natura vorrebbe che fossero. Dovrebbe leggere un po’ di psicologia evolutiva, dolcezza. Le donne non sono adatte al tipo di lavoro che lei svolge, al tipo di vita che fa. La natura vi ha programmate per stare nella caverna, mentre gli uomini andavano a caccia. Dovreste avere figli e occuparvene per bene.”
L’uomo la guardò profondamente negli occhi.
“Si sta davvero rendendo infelice, sa” Rabbi le disse. “Combattendo il suo stesso DNA, voglio dire. E compatisco il suo ragazzo o marito, a meno che non sia lesbica, il che avrebbe senso, immagino.”
Lei sapeva che stava provando a provocarla. Ma non avrebbe funzionato. Sarebbe servito molto di più che uno pseudoscientifico antifemminista per farle perdere il controllo, specialmente dopo l’orrore a cui aveva appena assistito all’Hank’s Derby.
Poi, le disse: “Posso vederlo in lei. Conosco benissimo il suo tipo. E scommetto qualunque cosa — ogni centesimo che ho al mondo — che lei è una pessima scopata.”
Ora fu Riley a sorridere. “Questo detto da un uomo che scopa solo se paga” attaccò.
Il commento parve non avere alcun impatto su di lui.
“Oh, posso scopare” quello disse. “Posso avere tutta la fica che voglio, in qualsiasi momento io desideri. E’ un’arte e una scienza, e io ne sono maestro. Potrei averla, se solo la volessi. Potrei farla implorare, se volessi.”
Riley quasi scoppiò a ridere all’idea di Rabbe che provava ad esercitare la sua tecnica di conquista su di lei. In fin dei conti, però, comprese che l’uomo stava dicendo più di una mezza verità. Era furbo ed immoralmente disonesto, e sapeva esattamente che cosa stava facendo.
Riley sentiva che poteva nascondere questo suo atteggiamento volgare di uomo che odiava le donne e adottare quello di una persona molto più affascinante e bella. Poteva presentarsi come premuroso, galante e sensibile nei confronti dei sentimenti femminili. Certamente aveva saputo ingannare molte donne, prima che avessero la possibilità di riconoscere il loro errore.
Ma vivono sempre per pentirsene, lei pensò.
O forse alcune non sono vissute per pentirsene.
E questo verme non aveva alcun rimorso. Per nulla di quello che faceva. Riley sentiva montare in sé un innato disgusto per quel tipo d’uomo.
“Allora perché andare a puttane?” Bill chiese.
Rabbe guardò Bill. “Mi creda, amico, le puttane sono le migliori. O forse lo sa già. Sono oneste. Non bisogna contrattare e barattare per il ‘consenso’. In questi giorni è tutta questione di ‘posso fare questo’ e ‘posso fare quello’. Un uomo può andare in galera solo per aver fatto sesso con la sua stessa moglie.”
“Sesso non consensuale” intervenne Bill.
“Nel matrimonio, non esiste una cosa simile.”
Rabbe pronunciò quelle parole, rivolto a Riley. Ma la donna non trovò alcuna difficoltà a restare calma. Sentiva che adesso era un buon momento per arrivare al punto.
“Ha avuto qualcosa a che fare con la morte di Nanette?” gli chiese.
Riley cercò anche un minimo di reazione ma il viso di Rabbe non mostrava alcuna espressione.
“E’ morta?” l’uomo rispose, con un tono di voce piatto.
“E’ stata uccisa sabato sera” disse Riley.
Bill aggiunse: “La sera che aveva un appuntamento con lei.”
Ora Rabbe apparve davvero annoiato.
“Ecco, sono a pezzi per questo” disse, fingendo di sbadigliare. “Perciò, è di questo che si tratta. Voi pensate che sia stato io. Ma ho un alibi. Ero a casa, all’evento di beneficienza di mia madre. Potete persino trovare delle foto a testimoniarlo, su internet.”
Si poggiò allo schienale della sedia.
“OK, fine dei giochi” lui disse. “Voglio fare la mia telefonata. Voglio il mio avvocato.”
Riley non sapeva se fosse stato il finto sbadiglio o il commento sulla fine dei giochi, ma non era più disposta ad ascoltare. Girò intorno al tavolo e afferrò Rabbe per la sua camicia costosa.
“Bene!” gridò. “Fine dei giochi.”
L’urlo dell’uomo, che si ritrovò scaraventato sul pavimento, fu per lei molto soddisfacente. Si mosse ancora verso di lui e l’uomo scattò sul pavimento, muovendosi con notevole rapidità per essere un uomo ammanettato.
Due agenti più giovani si precipitarono nella stanza ed afferrarono Riley per le braccia, mentre ancora si muoveva in direzione di Rabbe. La donna tentò di scrollarseli di dosso ma si arrese a Bill, quando l’uomo l’abbracciò da dietro, abbassandole le braccia.
“Basta” Bill esclamò. “Verrai di nuovo sospesa” l’ammonì con severità.
“Di nuovo?” uno degli agenti più giovani chiese.
“Benissimo” disse Riley. La sua rabbia stava scemando. Rilassò il suo corpo e Bill lasciò la presa.
In quel momento, Rabbe stava gridando che voleva il suo avvocato e stava minacciando di farle causa. Riley abbassò lo sguardo su di lui, che si calmò.
Aveva compreso che Rabbe era un sospettato raro, di un tipo che non sapeva come interpretare. Si rivolse poi a Bill.
“Vorrei scambiare una parola fuori” lei disse freddamente.
Lei e Bill lasciarono la stanza degli interrogatori.
“Penso che dovremmo lasciarlo andare” gli disse.
Bill sembrava scioccato e sorpreso.
“Non pensi che sia il nostro uomo?” Bill chiese.
“Non lo so.”
“Allora non dovremmo continuare ad interrogarlo?”
Riley emise un sospiro di scoraggiamento. “Possiamo verificare il suo alibi. Ma ora, tutto quello che abbiamo su di lui è un’affrettata accusa per droga. Possesso di una piccola quantità. E con il tipo di avvocato che può permettersi, non saremo nemmeno in grado di attaccarlo. Sarà fuori in men che non si dica. Se lo lasciamo andare ora, almeno possiamo assegnargli degli agenti a tenerlo d’occhio. Forse possiamo indurlo a sbagliare.”
Bill scosse la testa.
“Questo non mi piace” l’uomo disse. “Ma andrò dentro e lo farò. Forse ciò impedirà che ti denunci.”
Riley assistette alla scena attraverso il finto vetro, mentre Bill liberava Rabbe dalle manette, e gli diceva che era libero di andare. L’uomo guardò dritto nel vetro. Ovviamente, sapeva che Riley lo stava osservando. Le rivolse un sorrisetto, ma poi abbassò gli occhi e si precipitò fuori dalla stanza.
Riley non era abituata a sentirsi così insicura di sé. In quel momento le era ritornato in mente quello che aveva detto il capo della squadra di sommozzatori, le aveva detto che non c’era un secondo corpo in fondo al lago. Lei non aveva avuto ancora una possibilità di dirlo a Bill, ma il fatto aveva scosso la sua sicurezza.
Mentre aspettava che Bill finisse di accompagnare Rabbe all’esterno dell’edificio, la sua testa pullulava di domande. Era davvero essere sicura che i sommozzatori si fossero sbagliati? Era possibile che quello, in fin dei conti, non fosse un caso seriale?
Era abituata a seguire il proprio istinto, ma ora questo le stava inviando dei segnali incerti. Forse tutto il trauma degli ultimi mesi, l’essere stata catturata e l’aver dovuto salvare April dalla prigionia, aveva falsato il suo istinto. Forse non era più adeguata ad affrontare quel tipo di lavoro.
In ogni caso, c’era una cosa che voleva fare, anche se questo fosse stato l’ultimo caso a cui avrebbe lavorato come agente sul campo. Voleva catturare il killer di Nancy Holbrook. Ma aveva ragione a sospettare di Rabbe?
O voleva soltanto che lui fosse colpevole?