L’uomo quasi scoppiò a ridere di gusto, quando la puttanella uscì dal bagno indossando solo la collana che lui le aveva appena dato. La vista del suo corpo nudo non lo eccitò. Sapeva che ci sarebbe voluto ben altro per dargli soddisfazione.
Era rimasto ancora completamente vestito, seduto sulla grande sedia tappezzata dall’altro lato del letto. Le sorrise, come un atto di apprezzamento.
“Vieni a letto” le disse.
Senza dire una parola, la donna si mise tra le lussuose lenzuola di raso.
Tirò le coperte intorno a lei, come una ragazza timida.
No, lui pensò. Sembra solo una prostituta che finge di essere una ragazzina timida.
L’uomo sorrise e subito scorse il sollievo sul viso della donna. Evidentemente stava provando a tutti i costi a fargli piacere.
L’uomo si alzò, avvicinandosi al letto, e lei si abbassò il lenzuolo, svelando i suoi grossi seni.
Gli sorrise.
L’uomo fu colpito da quanto gli sforzi della prostituta lo lasciassero indifferente. Le sue piccole bizzarrie non sarebbero servite ad alcunché. Il suo sorriso fiducioso, in realtà, gli stava facendo spegnere l’eccitazione.
“Metti le mani dietro di te” le disse.
Lei si girò sul lato, distogliendo lo sguardo da lui, facendo proprio come le era stato richiesto.
“Ve bene” le disse. “Resta così.”
Il cliente aveva posizionato la sua valigia su un tavolo accanto al letto, e ora estrasse da essa quello che gli serviva. Sedendosi sul letto dietro alla prostituta, legò con maestria una corda intorno ai polsi.
“Oh, accidenti” quella esclamò. Ma non fece alcuna lamentela. Era certo di non essere il primo cliente a cui piacesse legarla. E, dopo questa dimostrazione di generosità, meritava di fare tutto quello che gli piaceva con lei. E avrebbe fatto esattamente ciò che gli piaceva.
“Ora, tirati su” le disse. “Ti aiuto io.”
“Benissimo” lei disse. “Che cosa vuoi fare adesso?” La prostituta stava di nuovo ridacchiando, forse un po’ nervosamente, l’uomo pensò.
“Non girarti” le disse.
In ginocchio dietro di lei sul letto, le accarezzò i capelli.
“Che bello” lei mormorò.
Poi, le mise un sacchetto di plastica sulla testa. Ora non ridacchiava più. Stupita, restò ferma per un momento. Poi, cominciò a ribellarsi. L’uomo tenne il sacchetto fermamente. Agitò le gambe, scalciando tra le lenzuola di raso. Provò ad afferrarlo con le braccia legate. Con le sue mani, lui tenne il sacchetto fermo, impedendole di allontanarsi.
Poi, pochi istanti dopo, sussurrò: “Adesso ti dirò il mio nome.”
Ma sapeva che la donna non poteva più sentirlo, perciò lasciò la presa.
Infine, si sedette sul bordo del letto, guardando il piccolo e patetico corpo nudo di una donna giacere lì. Tutto era avvenuto molto più in fretta di quanto avesse previsto. Inizialmente, aveva avuto intenzione di intrattenersi con lei per ore, fino a dopo il tramonto. Ma aveva dovuto fare più in fretta, quando lei gli aveva detto di non avere molto tempo a disposizione.
Non che ne fosse deluso. Al contrario, l’improvvisazione e il cambio di tattica avevano reso tutto più eccitante. E aveva provato un meraviglioso senso di connessione con lei, prima di entrare in azione. Questo omicidio gli aveva dato più piacere, di quanto non fosse accaduto con le altre.
Ora il piacere continuava, una silenziosa e splendida sensazione di soddisfazione.
Decise di restarsene seduto lì ad assaporare quella fantastica emozione.
Nelle precedenti occasioni, si era affrettato a sbarazzarsi dei corpi. Ma non c’era assolutamente alcun bisogno di farlo questa volta. Poteva limitarsi a restar lì fino a quando non si fosse fatto buio.
E che cosa avrebbe fatto fino ad allora? Avrebbe potuto guardare la televisione. Ma no, non gli sembrava affatto giusto. Chiffon—Gretchen—meritava più rispetto di questo, una piccola consolazione persino nella morte.
L’ultima volta che era stato con lei, l’aveva trovata leggermente sgradevole, e non era ancora sicuro se gli piacesse. Ma ora, le cose erano diverse.
Le accarezzò gentilmente i capelli, ricordando le sue parole …
“Ci sono fin troppe ore in un giorno. Non posso tenermi occupata.” Lui ne ammirava il sentimento. Davvero. Molte persone che conosceva vivevano le proverbiali “vite di serena disperazione” di Thoureau, giorno dopo giorno. Non sapendo che cosa fare delle loro vite, non facevano pressoché nulla.
Non Gretchen. Era stata una vittima dignitosa. Era stato molto sportivo nell’ucciderla.
Il tempo trascorse in una pace rilassata e meditativa. Osservò attentamente le ombre proiettate sul corpo di Gretchen, mentre la notte prendeva il sopravvento. Fu sorpreso della rapidità con cui calò un’oscurità sufficiente a consentirgli di finire il suo operato.
Quello che rimaneva da fare era semplice lavoro noioso rispetto all’atto stesso. Ma, nonostante tutto, doveva essere fatto.
Estrasse un sacco nero per cadavere dalla sua valigia. Aveva usato dei semplici sacchi per l’immondizia in passato, ma ora ci aveva ripensato. Un sacco per cadavere sembrava un contenitore molto più sicuro. Lo depose dall’altra parte del letto, poi sistemò il corpo all’interno, ancora nudo tranne che per la collana d’argento.
Infine, richiuse il sacco. Uscì fuori sul patio, per assicurarsi che nessuno fosse nei dintorni. La sua auto era parcheggiata a pochi metri di distanza.
Tornò in camera, si caricò il leggerissimo peso sulla spalle, e lo portò in auto. Aprì il portabagagli, e lo infilò al suo interno.
Tornò nella camera, e si guardò intorno, per vedere se Gretchen avesse lasciato qualche oggetto che le appartenesse. La sua borsa e i vestiti che indossava erano disposti in una fila ordinata sul pavimento del bagno. All’interno della borsa, trovò il suo cellulare, qualche banconota, delle chiavi e dei fazzoletti di carta. Prese il cellulare e rimase a guardarlo per un istante. Era certo che la donna non avesse avuto il tempo di fare una chiamata, ma, non appena iniziate le ricerche, avrebbero provato a localizzare quel cellulare. Lo mise a terra e lo schiacciò con la punta della scarpa. Il portafoglio della vittima conteneva la sua patente, delle foto dei figli e qualche banconota. Lo rimise nella borsa, poi mise il tutto all’interno di un sacco per l’immondizia e lo gettò in un cassonetto a caso, distante da qualsiasi elemento che potesse essere collegato a lui.
Infine, perlustrò la camera, assicurandosi che non fosse rimasto niente, proprio come un qualsiasi ospite d’albergo faceva, prima di lasciare l’edificio. Appese un cartellino con “NON DISTURBARE” sulla maniglia della porta. Non avrebbe fatto subito il check out. Sarebbe tornato l’indomani mattina e l’avrebbe fatto, facendo sembrare di aver trascorso la notte in albergo da solo. Naturalmente, aveva effettuato il check in mediante carta di credito, fornendo un nome falso.
Infine, uscì attraverso il patio, entrò nella sua auto e si allontanò. Mentre guidava, nella fitta notte, fece il punto dell’attuale situazione. Le cose erano arrivate ad un punto pericoloso. A causa della sua negligenza con il corpo di Nanette, aveva tutta la polizia alle calcagna, ora. Stava davvero rischiando grosso.
Chiffon—Gretchen aveva scelto quel tipo di rischio, vivendo - si poteva dire - per esso. Ma l’approccio dell’uomo alla vita era diverso. Come esperto ed epicureo, non aveva intenzione di vivere la vita al limite. Non voleva diventare famoso. Sarebbe stato solo felice se nessuno avesse mai scoperto quegli omicidi. Tutto ciò che voleva era godere del momento della morte di una donna. Era una questione privata tra lui e le sue vittime.
E’ troppo da chiedere alla vita? si chiese.
Non aveva mai dubitato di meritare quei piaceri.
Questi erano i pensieri che gli frullavano in testa durante il viaggio di due ore verso il lago. Aveva scelto un lago diverso stavolta, naturalmente: uno più distante da Phoenix, in cui nessuno avrebbe pensato di cercare. Anche questo era un lago d’acqua dolce, artificiale, creato dall’inondazione di un profondo canyon. Gli piaceva recarsi in quei laghi per divertirsi e questo lo conosceva bene.
A fari spenti, guidò lungo una strada sterrata, fino a quando non trovò il punto che stava cercando. Stavolta, non commise alcun errore. Si trattava di una sporgenza vicina alla strada, che dava sull’acqua, e sapeva che il cadavere sarebbe finito davvero a fondo.
Parcheggiò, uscì dall’auto e si guardò intorno. La luna splendeva ma era rimasta nascosta da una spessa coltre di nubi. Il tempo era certamente a suo favore.
Estrasse il sacco col cadavere dal portabagagli. Lo aprì e dispose una quantità di pesante rocce intorno al corpo. Poi, richiuse di nuovo il sacco e lo fece rotolare giù, lungo la riva. Sentì un tonfo più grande di quanto si aspettasse.
Improvvisamente, apparve una luce. Sembrava provenire da una barca a poche decine di metri di distanza dalla riva. Immaginò che qualcuno stesse facendo pesca notturna là fuori. Ma perché avevano acceso la luce? Avevano sentito il tonfo?
Ne dubitava. Probabilmente stavano cambiando esca o altro. In ogni caso, persino con la luce, era certo che non avrebbero potuto accorgersi di lui ad una tale distanza. Così, tornò all’auto, entrò e cominciò a guidare, tenendo i fari spenti, finché non si fu allontanato parecchio.
E’ stata una notte meravigliosa, pensò.
Provò una leggera malinconia, ora che era arrivato alla fine di tutto. Ma si promise di rifarlo presto.