Quando il cliente le aprì la porta del motel, Socorro si chiese perché si sentisse così nervosa nei suoi confronti. T.R. aveva molta classe.
Ma forse è questo ad essere strano, pensò mentre entrava nella camera. Che tipo di cliente di classe sceglierebbe una prostituta di strada? Non era più il tipo da accompagnatrice o squillo?
Quando l’aveva fatta salire in auto, in realtà, aveva pensato che volesse i suoi servizi proprio lì, come alcuni clienti facevano. Invece, l’aveva portata fuori Phoenix, dicendo che voleva trovare un po’ di pace e tranquillità. L’aveva portata in quel motel vicino ad una piccola cittadina, affittando una camera nella parte posteriore dell’edificio. Da quello che la donna aveva visto, non c’era che il deserto lì.
Non si sentiva completamente a proprio agio con la sistemazione. Da un lato, non avrebbe potuto prendere un autobus per tornare a casa, come faceva generalmente in città. Avrebbe dovuto aspettare che l’uomo la riaccompagnasse indietro.
Sarebbe tornata a casa più tardi del solito. Ma sua figlia, Mari, era abbastanza grande da occuparsi dei due fratelli minori. Era in grado di preparare loro la cena, ma avrebbe avuto poco da fare stasera. Socorro aveva pianificato di fermarsi sulla via di casa, a prendere dei panini in un fast food per tutti i figli. E patatine fritte. E anche qualcosa di dolce, forse dei frullati.
Molti clienti non sembravano accettare che fosse una madre. Naturalmente, si sforzava molto di non comportarsi come tale. Fuori, sulle strade, interpretava sempre il ruolo dell’esuberante testa calda, stereotipo della latina chola. Gli uomini con cui andava non avrebbero nemmeno riconosciuto la madre che era a casa.
Nel frattempo, si trattava di un motel decente, e T.R. si stava comportando molto bene. Aveva portato con sé una bottiglia di scotch, e ne versò due bicchieri. Ne diede uno alla prostituta.
“Acqua o ghiaccio?” lui chiese. “O qualcosa con cui allungarlo?”
“Va bene così” disse Socorro, sorridendo. Era abbastanza raro che un cliente le offrisse da bere. Non sarebbe stata schizzinosa in merito. Bevve un lungo sorso. Sembrava costoso.
“Togliti la camicetta” le disse.
Socorro era felice di seguire gli ordini. Si tolse la camicetta e si stese sul letto. Non indossava biancheria, ma non aveva alcun problema a stare nuda o mezza nuda. Avrebbe fatto qualunque cosa i clienti le chiedessero, per quanto riguardava l’abbigliamento, e anche per molte attività.
“C’è altro?” gli chiese.
“Non adesso.”
Così, lei avrebbe aspettato fino a quando lui le avrebbe chiesto di togliersi la minigonna, le calze a rete e i tacchi a spillo. o forse, l’avrebbe fatto per lei. Socorro si disse che si sentiva diffidente, perché era più gentile e più lento dei suoi soliti clienti. Non aveva alcuna fretta, a differenza molti altri.
L’uomo si sedette sul letto accanto a lei, e cominciò ad accarezzarle il corpo. Fece scorrere le dita lungo i seni e poi fino alle gambe, tastandola sotto la gonna.
Ma qualcosa sembrava sbagliato. Stava respirando in modo affannoso, ma non era affatto il tipo di respirazione che lei si aspettava si manifestasse con l’eccitazione.
Sta avendo problemi ad eccitarsi, comprese.
Ma poteva occuparsene. Talvolta, i clienti non riuscivano a dare il meglio di sé, ma Socorro riusciva generalmente a farli felici in un modo o nell’altro. Doveva davvero sforzarsi, ma T.R. valeva tale sforzo.
Dopotutto, non si spaventava per nulla. Quelle storie di cui aveva sentito al telegiornale l’avevano agitata, con tutte quelle informazioni relative ad un serial killer che uccideva le prostitute. Non che fossero stati riportati molti dettagli. Socorro aveva supposto che si trattasse di un modo di riempire le pagine dei quotidiani. Ma stava creando confusione per la strada. C’erano più poliziotti del solito e spaventavano clienti e ragazze.
Ma Socorro non poteva permettersi il lusso di non stare sulla strada. Aveva bisogno di denaro e non poteva aspettare, perché aveva dei figli e l’affitto da pagare. E, sebbene nessuno dei soliti clienti si fosse presentato, aveva avuto la fortuna di imbattersi in T.R.
Lo aveva visto prima in quella sua macchina costosa. Aveva persino provato a parlargli una volta, ma l’uomo se n’era andato, quando il suo stupido protettore era apparso sulla scena.
¡Pinche Pablo! lei pensò.
Ad ogni modo, T.R. doveva andare benissimo. Non sembrava che si stesse nascondendo dalla legge o qualcosa del genere.
Dopo pochi istanti di pigro palpeggiamento, l’uomo si alzò dal letto.
“Ti ho portato un regalo” le disse.
Socorro fu sorpresa. Chi mai portava regali alle puttane di strada come lei?
L’uomo tirò fuori una piccola scatola piatta dalla tasca e gliela porse.
Socorro sussultò, quando la aprì. Conteneva una graziosa collanina.
“E’ per me?” la donna gridò.
“E’ proprio per te” le rispose. “L’ho acquistato, avendoti in mente. Il diamante è vero.”
Lei sorrise con gioia. Sapeva che stava mentendo, naturalmente. Non aveva pensato proprio a lei. Com’era possibile? Avrebbe dato la collana a qualunque puttana con cui fosse andato. Ma lei non se ne stava lamentando.
“Non so che cosa dire”.
Lui le sorrise. “Che ne dici di muchísimas gracias?”
La donna scoppiò in una sonora risata.“Muchísimas gracias — e ancora di più!”
L’uomo si guardò intorno, nella stanza. “Indossala” le disse. “Ho dei giochini fuori in auto. Torno subito.”
Non appena l’uomo uscì dalla porta, Socorro si alzò e indossò la collana, guardandosi allo specchio. Si trattava di una sottile catena d’argento con una bella e semplice pietra. Pensò i sembrare affascinante, con indosso solo la collana dalla vita in su.
Sospirò. Meritava questo e molto altro. Spesso pensava che avrebbe dovuto provare un lavoro migliore, come un servizio escort. A quel punto, sarebbe potuta andar via da pinche Pablo. Lavorare con una maîtresse invece di un protettore sarebbe stato un cambiamento gradito.
Nel frattempo, non sarebbe diventata troppo sentimentale per quel costoso gioiello. Non era niente per T.R., e lui non era niente per lei. Avrebbe venduto la collana non appena lo avesse ritenuto possibile. Avrebbe potuto comprare da mangiare, e forse persino prendere una settimana di ferie.
O forse no, pensò.
Se avesse fatto carriera nel mondo, non avrebbe dovuto tenerla? Una squillo o una escort avevano bisogno di gioielli. Forse, questo era un inizio in tale direzione.
Ma, mentre si specchiava, un pensiero cominciò a turbarla. Aveva qualcosa a che fare con una collana e la nudità …
Poi, ricordò. L’aveva visto in TV: una collana molto simile a questa. Una donna morta era stata trovata in un lago, fuori città, nuda e indossava proprio una collana simile.
La donna era stata una delle vittime del killer.
Il panico sopraffece Socorro. Non poteva avere lo stesso destino. Aveva dei figli da nutrire e di cui occuparsi. Che cosa ne sarebbe stato di loro, se non fosse più tornata a casa?
Ma forse si sbagliava. Forse aveva paura per nulla. Forse, tutto sarebbe andato bene.
La donna aprì lentamente la porta della stanza, nulla più di uno spiraglio, in modo da poter guardare fuori, sperando che l’uomo non se ne accorgesse. Era buio e la luce sopra alla porta era spenta. Il parcheggio non era ben illuminato. Ciò nonostante, poteva vederlo, grazie alla luce del bagagliaio della sua auto, a non più di pochi metri di distanza: l’uomo le dava la schiena, e stava cercando qualcosa. In una mano, stringeva una corda.
Ora il suo cuore batteva. Doveva gridare? Qualcuno l’avrebbe sentita? Non c’era nessun altro in vista. Non c’erano neanche molte auto parcheggiate lì fuori. Il motel sembrava piuttosto vuoto.
C’era soltanto una cosa da fare. Si tolse i tacchi a spillo, spalancò la porta e corse. Sentì l’uomo maledirla, mentre lei gli passava davanti.
Socorro non aveva idea di dove correre, perciò lasciò decidere ai suoi piedi. Nell’arco di pochi istanti, il suolo del parcheggio lasciò spazio a roccia polverosa. L’oscurità l’avvolgeva completamente, mentre continuava a correre senza meta. I piedi le dolevano molto a causa della sabbia ruvida e pietrosa, e per le erbacce del deserto. Le gambe e il torso nudo erano sfregate dalle basse piante spinose. Ma i piedi continuarono a trascinarla via.
Presto, non riuscì più ad avere l’idea di quanto si fosse allontanata. Era sotto shock per il dolore, per la perdita di sangue e per la paura. Quanto tempo era passato da quando era fuggita dalla camera di quel motel? Soltanto pochi minuti? Un’ora?
Era come se il cuore volesse esploderle e i polmoni fossero in fiamme. Inciampò e cadde in ginocchio, momentaneamente assordata dal proprio ansimare e dal battito forte del cuore.
Ma, mentre il respiro rallentava, sentì un altro suono. Era il rumore del traffico in lontananza. Si guardò intorno e vide i fanali che si muovevano a una certa distanza.
¡Tonta! pensò.
Presa dal panico, si era diretta verso il deserto, invece che verso la strada principale. Si voltò. Le luci del motel erano molto distanti da lei. Non vide nessuno tra lei e il motel. L’uomo non l’aveva seguita?
Le faceva male dappertutto e non era in grado di fare un altro passo. Ora faceva davvero freddo, era quasi nuda e tremava sia per il freddo sia per la paura.
Ma doveva proseguire. Allora, zoppicò dolorosamente verso la strada principale.
Quando si avvicinò ad essa, un’auto in avvicinamento rallentò. Era un’auto grande e da sogno—si trattava di quella di T.R., ne era sicura. L’auto accostò accanto a lei, e si fermò.
Lo sportello del passeggero si aprì. Lei vide T.R. alla guida.
“Che cosa ti prende?” lui gridò. Aveva in mano la camicetta della donna. “Hai dimenticato questa. Salta su, indossala. Ti accompagno a casa.”
Ma lei non sarebbe entrata nella sua auto per nessun motivo al mondo. Corse oltre l’auto e proseguì per la strada principale. Grossi fanali erano puntati su di lei. Sembrava si trattasse di un camion. Sperava tanto che lo fosse.
Socorro corse verso quelle luci, agitando le braccia. Per la prima volta da quando aveva cominciato a correre, la donna gridò.