L'arte di amare - Come curar l'amore - L'arte del trucco
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- Authors
- Nasone, Publio Ovidio
- Publisher
- Newton Compton
- ISBN
- 9788854143920
- Date
- 2012-06-14T22:00:00+00:00
- Size
- 0.42 MB
- Lang
- it
L’arte di amare, Come curar l’amore, L’arte del trucco; tre poemetti (ma dell’ultimo ci resta solo un frammento di cento versi) collegati gli uni agli altri e quindi rispondenti a un comune piano generale: quello di costituire nell’insieme il breviario della raffinatezza e della frivolezza di una società ormai all’apice della potenza, ormai cosmocentrica. Questa era, di fatto, la società romana dopo l’affermazione di Augusto e il definitivo imporsi della concezione imperiale: una società potente e completa, capace di esprimere grande poesia in tutti i campi, quello dell’epica con Virgilio, della poesia bucolica e didascalica con lo stesso Virgilio, della satira e di una lirica levigatissima, impeccabile con Orazio, dell’elegia con Gallo, Tibullo, Properzio e l’Ovidio degli Amores e delle Heroides, finalmente dell’erotismo elegante e frivolo con l’Ovidio dei tre poemetti qui raccolti. Un erotismo visto, come il lettore constaterà, come «arte», come «stile», con un suo codice di buone maniere valido a prescindere dall’obiettivo da raggiungere (il possesso cioè della donna amata), che si configura essenzialmente come modello di comportamento; non per nulla supportato continuamente da richiami mitologici, dall’autorità dei numi e degli antichi eroi, dalla tradizione e dalla cultura insomma più che dalla religione come avrebbe magari tentato un Virgilio. Poiché sebbene Ovidio non affetti miscredenza lascia comunque trasparire un certo scetticismo nei confronti delle religioni. E non ha importanza, ma anzi rafforza tale scetticismo, il fatto che interamente mitologica sia l’opera maggiore di Ovidio, Le metamorfosi, poema incominciato negli anni successivi alla pubblicazione dell’Arte di amare, al culmine di quel periodo che va dall’1all’8 dopo Cristo in cui l’autore dà il meglio di sé (in età tra i quaranta e i cinquantanni), prima di partirsene per l’esilio nel Ponto.
Il primo dei tre poemetti qui pubblicati, in ordine cronologico è L’arte del trucco; seguono L’arte di amare e finalmente Come curar l’amore. Tanto si deduce dal testo di L’arte di amare e di Come curar l’amore. L’insieme comunque è compatto e trova, dopo il preambolo dell’Arte del trucco (consigli e ricette per prodotti di bellezza), il suo culmine nei tre libri de L’arte di amare, e il suo epilogo nell’ultimo dei tre poemetti, nel quale si spiegano i molti modi e i molti trucchi con i quali si può tentare di guarire da un amore infelice o troppo oneroso. L’arte di amare mima un pochino, scherzosamente, i modi del trattato pedagogico, del poema didascalico quale, ad esempio, le virgiliane Georgiche. Uarte di sedurre una donna e poi di tener la preda, materia del primo e del secondo libro del poema, entrambe svolte dal punto di vista maschile, e viceversa l’arte di accalappiare un uomo, materia svolta nel terzo libro dal punto di vista femminile, sono però essenzialmente il pretesto per una serie vivacissima di scene e scenette maliziose, brillanti, spesso comiche, raramente drammatiche o tristi. Il genio di Ovidio, poeta cerio non profondo ma tenero e assai felice nel cogliere finezze psicologiche e particolari coloratissimi, è proprio qui, anche se talvolta gli nuoce un eccesso di barocchismo nell’insistere su motivi mitologici e nel popolare le sue pagine di decine e decine di amorini tanto graziosi quanto stucchevoli, frivoli come quelli che gremiranno i sonetti degli Arcadi settecenteschi. Gli stessi saranno, in sostanza, i pregi e i difetti delle Metamorfosi, poema alcuni temi del quale sono già anticipati nell’Arte di amare. D’altra parte, lo abbiamo già detto, tra la nostra Arte e Le Metamorfosi si svolge la piena maturità ovidiana, all’incirca tra i quaranta e i cinquanta anni del poeta, sino cioè all’esilio a Tomi, nell’attuale Romania. Esilio che non gli consentirà se non pianti e lamenti interminabili, conditi talvolta da vivaci descrizioni dei costumi e delle usanze dei Geti, nei quattro libri di Epistole dal Ponto e nei cinque di Tristezze. Ma il poeta, a quel punto, è ormai pronto per la morte, che lo coglierà a sessantanni, in qualche modo anticipando il destino di Marziale, anch’egli morto suppergiù a quell’età dopo il volontario esilio in Spagna. Con la differenza, naturalmente, che l’esilio di Marziale era volontario e non imposto dalla corte imperiale, con un arbitrio non si sa se più moralistico o più politico o più dovuto, semplicemente, al capriccio di qualcuno, magari l’imperatore in persona.
L’arte di amare, oltre quanto già detto, oltre cioè essere un manuale di buone maniere, un codice di comportamento, un repertorio di casistica amorosa svolto per exempla mitologico- storici, è qualcosa di ben di più. Un inno alla giovinezza fuggitiva, che per l’ultraquarantenne poeta è anzi già fuggita, piena di teneri sussurri, di grida, di baccano, di confusione, di dolcezza e di amarezze passeggere, un canto di adesione piena alla società gaudente e mondana nella quale egli si trova a vivere, in un’epoca nella quale la rozzezza degli avi ha ceduto il posto alla raffinatezza dei costumi e alla cura della persona, nella quale il far bene l’amore, il saper conquistare e poi trattenere a sé la persona desiderata è una vera e propria arte. Un’arte alla pari di quella oratoria o di quella militare, secondo Ovidio, il quale peraltro - non ben convinto che quanto afferma sia gradito in alto loco - si affanna a proclamare che una tale arte non può applicarsi alle gentildonne, alle matrone, sibbene solo alle donne libere, alle liberte, alle quasi-cortigiane oltre che, naturalmente, ai giovanotti: cosa che, altrettanto naturalmente, non è affatto vera. Sicché, come lo stesso Ovidio ammetterà, quest’Arte non sarà gradita ad Augusto e ai suoi piani di risanamento morale e familiare, e sarà una (se non la sola) causa del suo esilio nella remota Tomi, sulle sponde del Mar Nero, in un punto della costa prossimo a quello dove oggi sorge Costanza. Esilio, comunque, che non comporterà perdita dei diritti civili e confisca dei beni, ma sarà una semplice, per quanto dolorosa, relegazione.
Questo catechismo del corteggiamento, della raffinatezza amorosa, in un certo senso del cicisbeismo che è l’Arte, culmina tuttavia in un approdo ben concreto: l’atto amoroso. Che deve compiersi con la piena soddisfazione di entrambi i partner, il che comporta un sapiente indugiare o viceversa un repentino affrettarsi da parte dell’uomo; cosa che, secondo Ovidio, non è raggiungibile da parte dei giovanissimi ma solo da chi ha più di trentacinque anni (e qui c’è una punta di veleno del quarantenne poeta verso i giovani) e ha una lunga esperienza in cose d’amore e di sesso.