Olocausto americano

- Authors
- David E. Stannard
- Publisher
- Bollati Boringhieri
- Date
- 2020-06-14T21:00:00+00:00
- Size
- 23.95 MB
- Lang
- it
Nel buio delle prime ore di un giorno di luglio del 1945, in un luogo desolato del deserto del New Mexico, il cui nome era dedicato a un sonetto di John Donne che celebrava la Santissima Trinità, esplose la prima bomba atomica. J. Robert Oppenheimer, tempo dopo, ricordò che l’immenso lampo di luce, seguito da un fragoroso boato, provocò il pianto in alcuni osservatori e suscitò il riso in altri. Ma la maggior parte di loro rimase silenziosa. In quel momento a Oppenheimer vennero alla mente i versi della Bhagavadgītā:
Divengo morte,
la distruttrice dei mondi.
Non vi è alcuna ragione per supporre che qualcuno a bordo della Niña, della Pinta o della Santa Maria, durante un’alba ugualmente oscura di quattro secoli e mezzo prima, abbia pensato a questi inquietanti versi dell’antico poema sanscrito, mentre gli equipaggi delle navi spagnole scorgevano in lontananza un barlume di luce sull’isola che avrebbero chiamato con il nome del Salvatore. Ma l’idea, se qualcuno l’avesse avuta, sarebbe stata appropriata allora come quando la prima esplosione atomica fece tremare la sabbia del deserto del New Mexico.
In entrambi i casi – nel 1945 nella zona di Trinity dove furono realizzati i test atomici e nel 1492 sull’isola di San Salvador –* si trattò, per i protagonisti, di momenti di successo che coronarono anni di avventura e di intense battaglie personali e, per i loro paesi, di importanti conquiste tecnologiche. Ma i due avvenimenti furono anche il preludio di orge di distruzione umana che toccarono, ognuna in modo particolare, livelli di devastazione mai raggiunti nell’intera storia del mondo.
Solo ventun giorni dopo il primo test atomico nel deserto, la cittadina industriale giapponese di Hiroshima fu distrutta dall’esplosione atomica; fu la prima volta che così tante persone – almeno centotrentamila, ma probabilmente molte di più – morirono durante un’unica esplosione.1 Appena ventun anni dopo il primo sbarco di Colombo ai Caraibi, l’isola vastamente popolata che l’esploratore aveva rinominato Hispaniola era divenuta una terra desolata; quasi otto milioni di persone – che Colombo aveva scelto di chiamare indiani – erano state uccise dalla violenza, dalle malattie e dalla disperazione.2 Ci volle più tempo, l’arco di una generazione, ma ciò che avvenne sull’isola di Hispaniola equivalse a più di cinquanta Hiroshima. E Hispaniola non fu che l’inizio.