6. Qabbalah popolare, hassidismo
e anteriorità del male

1. Le due tavole del patto (Ha-Shelah) di Yesha‘yahu Horowitz

Le opere prese in esame nelle pagine precedenti sono perlopiù elitarie, indirizzate a un pubblico ristretto e composte in uno stile molto tecnico. Ecco perché, nonostante fossero pubblicate a stampa, non raggiunsero che pochi studiosi della Qabbalah. Dalla seconda metà del Cinquecento vennero alla luce opere più popolari – penso soprattutto a quelle di Cordovero e dei suoi allievi –, nelle quali tuttavia la questione dell’anteriorità del male è trattata di rado e in cui si ricorre perlopiù a immagini usate nelle generazioni precedenti, in particolare quella della scorza che precede il frutto. È nell’opera voluminosa e di grande diffusione Le due tavole del patto che l’autore secentesco Yesha‘yahu Horowitz racchiuse varie discussioni esplicite sul male, riprese dalla tradizione cabbalistica, rendendo in questo modo il tema accessibile a un pubblico più esteso.1035 Riporterò qui solo alcune citazioni. Ad esempio, leggiamo:

 

La questione dell’inclinazione al bene e al male è come Giacobbe ed Esaù. Secondo il senso letterale, Esaù era il primogenito, poiché fu il primo a venire alla luce, ma in realtà il primogenito è Giacobbe che fu la prima goccia [di seme], come commentò Rashi a proposito della pericope Toledot,1036 e Esaù, che venne per primo alla luce, è la scorza che precede il frutto, cioè Giacobbe. Così, in verità, l’anima precede il corpo, dato che le anime sono state create quando fu creato il mondo ... l’inclinazione al male precede quella al bene, proprio come la scorza precede il frutto.1037

 

Il presupposto del testo è che il bene precede il male ma è il secondo a manifestarsi per primo, come nel caso di Esaù e dei mondi, mentre Giacobbe e le anime si manifestano in un secondo momento. L’omileta ha di fatto invertito il significato del detto, già classico ai suoi tempi, «la scorza precede il frutto», considerando che si tratta solo della littera, mentre in verità, secondo l’esegesi cabbalistica, la situazione sarebbe rovesciata. La stretta connessione stabilita tra primogenitura e inclinazione al male è importante perché sembra aver influenzato Yiśra’el Ba‘al Shem Ṭov, di cui parleremo tra breve. Altrove Horowitz usa il detto per descrivere la relazione tra Canaan e Terra d’Israele.1038

Una interessante versione del passo compare anche in un testo cabbalistico senza titolo, citato dall’autore. Il brano ci riconduce alle speculazioni metafisiche trattate nei capitoli precedenti:

 

Ho trovato scritto nel libro della Qabbalah1039 che il versetto [Sal, 105, 8] «[Egli ricorda] la parola data per mille generazioni» [si riferisce al]l’Adamo superno [che] si espanderà per mille generazioni ed è il segreto dei dieci ma’amarot, ognuno dei quali li comprende tutti, cosicché ognuno è cento e ognuno li comprende tutti, che fa mille ... anche Adam Beli‘al, che è come una scimmia rispetto ad Adamo, dato che [Qo, 7, 13] «il Signore li ha fatti uno rispetto all’altro», e così fu l’espansione [emanativa]. Ed ecco che appena fu aperta quella fonte contaminata, a causa dell’esistenza di Caino, il Caino dell’impurità1040 si espanse di necessità in questo mondo per mille generazioni e l’espansione dell’albero della vita fu occultata per tutto quel tempo. Ma dopo la trasmigrazione e la purificazione del primo Adamo da parte dei patriarchi,1041 la Sua misericordia prevalse e l’albero della vita non restò occultato per più di ventisei generazioni e nelle novecentosettantaquattro generazioni che vennero prima del mondo, come la scorza precede il frutto.1042

 

Horowitz sembra influenzato dalle concezioni di Yosef Alcastiel, di cui abbiamo detto precedentemente, ove possiamo trovare anche il nesso esplicito tra Esaù e la visione negativa della primogenitura.1043 Horowitz ebbe il ruolo di mediare dalla Qabbalah spagnola a un pubblico perlopiù ashkenazita la decadologia e l’anteriorità del male. L’anteriorità è evidente sia sul piano metafisico sia su quello storico, rappresentati rispettivamente dalle coppie Adam yashar o Adamo superno (simboleggiato dall’Adamo umano, «storico») e Adam Beli‘al, Caino e Abele e, come abbiamo letto nel primo passo citato, anche Esaù e Giacobbe. Benché si presupponga una specie di simmetria iniziale dal punto di vista del tempo – il regno di mille generazioni – e della forma – l’immagine dell’ombra – tra il bene e il male, al secondo viene in effetti concesso un numero minore di generazioni per l’intervento della misericordia divina. Altrove, l’autore sostiene che negatività, privazione e hyle emersero in principio nel pensiero di Dio, quando Egli meditò di creare il mondo.1044

Nella stessa opera Horowitz adduce un passo dalla fine del trattato Tola‘at Ya‘aqov di Me’ir ibn Gabbay, secondo cui l’anteriorità del male verrà modificata in futuro da Dio. Riporto qui di seguito il passo, per evidenziare ancora una volta il ruolo svolto dall’opera di Horowitz nel mediare la trasmissione di tipologie cabbalistiche non safediche ad autori del Settecento, che trassero ampia ispirazione dall’ampio compendio:

 

Tutto avviene per intenzione e tutto esiste nel paradigma superno, dato che il cervello si trova nella parte più interna e la scorza lo avvolge all’esterno e gli stolti le vanno dietro [alla scorza] e sprecano invano i loro giorni e non meritano di sedere con il re intento alla sua opera ed è come la parabola della noce1045 ... e di vedere il re nella sua bellezza,1046 il loro modo è di guardare il cervello perché questa è la loro parte, e la scorza è tutt’intorno, la parte dei figli di Edom, che abitano Śe‘ir, ed ecco perché si legge [Gn, 36, 31] «questi erano i re che regnarono sulla terra di Edom prima del regno di un re tra i figli d’Israele», poiché la scorza precede il frutto. Ma il Santo, benedetto sia, [in futuro] ha predisposto che il cervello venga prima della scorza.1047

 

Ecco un altro sovvertimento: mentre nel primo passo si sosteneva che il bene precedeva il male – in un passato remoto – ma in realtà la situazione era opposta, ora l’inversione avverrà in futuro, come apprendiamo da un ulteriore passo nell’opera di Horowitz:

 

La scorza di Ismaele uscì da Abramo ... e da Isacco uscì la scorza di Esaù.1048 E la questione della generazione delle scorze dai santi patriarchi è come la precedenza della scorza rispetto al frutto, poiché è impossibile che il frutto [esista] senza la precedenza della scorza1049 ... e Giacobbe è il frutto, ma c’è un segreto in questo, poiché la scorza aderisce nell’alto alla santità per mezzo della sua radice e l’impurità consiste nella sua [della scorza] espansione. Ma in futuro tornerà qui e sarà purificato dai santi giusti che lo sottometteranno ... Isacco ... da cui fu generato Esaù, comprende tutte le scorze.1050

 

La concezione dell’eliminazione delle scorze nel futuro messianico, ricorrente in molti trattati luriani, è ripresa anche da Horowitz, che sostiene che esse hanno avuto la meglio dal momento in cui i luminari sono stati offuscati nel contesto del processo cosmogonico, dato che la scorza precede il frutto, ed è stata la causa del peccato di Adamo ed Eva e del misfatto di Caino, «come ho trovato in un trattato di Luria, con una mia aggiunta».1051 Più avanti in questo capitolo mi concentrerò su un altro passo tratto dall’opera di Horowitz, dove si attribuisce rilievo alla coesistenza e forse alla cooperazione dei due elementi. In ogni caso, la presenza di motivi della Qabbalah spagnola nel libro invalida la storia unilineare delle teorie del male nella Qabbalah, mettendo in luce come concezioni più antiche, non recepite dalla dottrina di Safed, riapparissero nel classico del Seicento e negli autori settecenteschi che ebbero accesso all’opera di Horowitz.

2. Il Beshṭ e i suoi discepoli

Il hassidismo che si affermò in Europa orientale alla metà del Settecento fu un movimento di rinascita popolare,1052 a prima vista del tutto alieno dalla complessità che si evince dalle speculazioni teosofiche che caratterizzano i cabbalisti di Safed, soprattutto quelli luriani. Benché avessero familiarità con molte forme di Qabbalah, soprattutto zohariche e luriane, i maestri hassidici del Settecento trassero parte delle loro conoscenze da forme popolari di letteratura cabbalistica, e l’opera di Horowitz fu senza dubbio una delle fonti più apprezzate.1053 Pertanto anche i ḥasidim ebbero accesso all’interpretazione «naturale» della scorza che precede il frutto e la preferirono sia all’interpretazione metafisico-filosofica, fondata sulla steresi e l’esistenza, sia a quella metafisico-mitica, incentrata sull’anteriorità del male superno. Come i loro predecessori, tentarono di riconciliare le loro fonti, anche se non sempre vi riuscirono.

In genere, si interessarono meno alle questioni relative al male esteriore che a quelle del male interiore. Sembra comunque che alcune tracce significative di discussioni cabbalistiche che abbiamo trattato precedentemente si possano discernere in una tradizione attribuita al fondatore del hassidismo, Yiśra’el Ba‘al Shem Ṭov (ca. 1698-1760). Uno dei suoi più importanti discepoli, Dov Baer, noto come il Grande Maggid di Mezeritch, così cita il maestro:

 

«Consacrerai al Signore tuo Dio ogni primogenito maschio che ti nascerà nel tuo bestiame grosso e minuto» [Dt, 15, 19]. Disse il Beshṭ, di benedetta memoria: «Nessuno si dovrebbe preoccupare di un’emissione notturna di seme, che è impura, se è certo che [sia avvenuta] involontariamente, senza alcun pensiero estraneo1054 e speculazione ... dato che il male è uscito da lui ed egli è stato assolto dalla morte ... anche se si dovrebbe preoccupare solo che il suo pensiero non sia stato puro. Ma se si renderà conto di aver pensato male, Dio ne guardi!, dovrà purificare quel pensiero cattivo, innalzandolo in modo da collegarlo al Creatore, benedetto sia, ed è questo [il significato di] “ogni primogenito maschio che ti nascerà” – cioè ogni pensiero cattivo, dato che la scorza precede il frutto; ed ecco perché si dice “primogenito maschio che nascerà nel tuo bestiame”, che è la visita1055 del pensiero, il maschio ... cosicché tu sia quello che invia l’effluvio positivo al mondo mediante la connessione con il Creatore, sia benedetto,1056 e che purifica il bene dal male».1057

 

L’interpretazione del Beshṭ si configura qui come una allegoresi, una rilettura del materiale interpretato in termini che non hanno niente a che vedere con il significato letterale del testo biblico. Secondo questa «interpretazione», ciò che conta non è il peccato del vano spargimento di seme, ritenuto grave da molte correnti cabbalistiche, ma il pensiero cattivo, che contamina l’organo cognitivo che collega l’uomo a Dio, cioè il pensiero. Di conseguenza è questo il peccato da riparare. Dunque il primogenito è esplicitamente identificato con un pensiero cattivo, anche se qui non è l’effetto di quel pensiero, come nei testi zurvanici, e la connessione esplicita all’anteriorità del male è espressa dal detto «la scorza precede il frutto».1058 L’associazione tra «pensiero cattivo» e primogenito, termine espresso in ebraico dal sostantivo bekhor, che indica un figlio primogenito, e l’uso del vocabolo qelippah per indicare la scorza dimostrano che il Beshṭ reinterpretò in termini psicologici una costellazione di temi precedenti, relativi all’anteriorità del male. In ogni caso, l’esegesi hassidica espunge il contenuto teosofico dalle discussioni cabbalistiche e le trasforma in riflessioni sul processo cognitivo dell’uomo, secondo modalità che ricordano l’interpretazione di Avraham Abulafia della teosofia, come osserveremo dettagliatamente nell’Appendice 2.

Simile concezione è espressa altrove in una discussione attribuita a uno dei discepoli del Beshṭ, il già citato Grande Maggid, da uno dei suoi allievi, Menaḥem Naḥum di Chernobyl, che in precedenza aveva studiato con il Beshṭ. Il maestro di Chernobyl attribuisce al Grande Maggid l’uso del detto «la scorza precede il frutto» per corroborare la visione negativa di Esaù, definito esplicitamente sitra aḥara, «parte malvagia», che venne alla luce prima di Giacobbe.1059 In effetti, secondo un’altra affermazione di Menaḥem Naḥum, apprendiamo in un bell’esempio di esegesi hassidica che

 

Giacobbe ed Esaù ... esistono in ogni uomo, perché ognuno contiene una miscela di bene e di male.1060 Il bene si chiama Giacobbe e il male Esaù ... il bene si deve separare dal male per essere innalzato.1061

 

Si tratta di una concezione che ricorda da vicino il passo del Grande Maggid citato poco sopra. Anche l’altro importante discepolo che trasmise numerosi insegnamenti del Beshṭ, Ya‘aqov Yosef di Polonnoye, ricorre varie volte all’aforisma della scorza che precede il frutto per descrivere la relazione tra giusti e malvagi, un tema a lui particolarmente caro.1062 Un contemporaneo più giovane del Grande Maggid, anch’egli allievo del Beshṭ, Pinḥas di Koretz, usa il detto per spiegare il fatto che esistano villaggi, situati prima delle città, in cui vivono incirconcisi.1063

È difficile pertanto ridurre l’influenza sul hassidismo delle origini del pensiero cabbalistico teosofico relativo al pensiero malvagio, anche se le interpretazioni di questi maestri differiscono talvolta dal significato originale. L’evidente arbitrarietà dell’esegesi del versetto biblico testimonia solo il forte rilievo della teoria del male che precede il bene.

Non è chiaro però da dove abbia avuto origine nel passo del Beshṭ l’affinità tra pensiero cattivo, primogenitura e anteriorità della scorza (simbolo cabbalistico del male estremamente diffuso, come abbiamo visto nel capitolo 3), dato che la categoria della negatività del primogenito non è comune nelle fonti cabbalistiche. Sarei propenso a spiegarla come influsso delle teorie di Horowitz, precedentemente discusse. In ogni caso, a vari secoli di distanza dai primi testi cabbalistici e in un contesto religioso diverso sia dallo zoroastrismo sia dallo zurvanismo, è ancora spiccato l’interesse per la questione della priorità del male associata a un processo che avviene nel pensiero di un individuo.1064

Le discussioni addotte nelle sezioni precedenti ebbero influenza su uno dei più importanti maestri del primo hassidismo, Menaḥem Naḥum di Chernobyl, che scrive:

 

... è necessario che la steresi preceda l’esistenza, come fu necessario, nel caso della creazione del mondo, che il Tohu va-Vohu venisse prima e che «[Dio] crea mondi e li distrugge» e poi i mondi venissero a esistere.1065

 

Questa concezione fu usata per spiegare il principio hassidico secondo cui, nel procedere di grado in grado, è necessario cadere, prima di ascendere a un livello superiore al precedente.1066 Osserviamo qui un’interessante applicazione del principio metafisico della modalità di sviluppo spirituale dello tzaddiq, fondata sull’idea che l’inferiore preceda il superiore. A differenza dell’idea unilineare dell’ascensione dell’anima, che potrebbe in ultimo implicare una caduta, qui la caduta è ritenuta necessaria e naturale ai fini di uno sviluppo positivo. Questo approccio si riflette in una serie di altre discussioni del Rabbi di Chernobyl, nelle quali si osserva che un determinato modo di vita si spiega sempre con l’anteriorità del male.1067 Per la precisione, l’autore si serve anche di usi più classici dell’aforisma, quando giunge a spiegare la nascita di Esaù prima di Giacobbe, il primo dei quali viene definito inequivocabilmente sitra aḥara.1068 È evidente che egli doveva essere venuto a conoscenza dell’affermazione «la steresi precede l’esistenza» non solo dalla bocca del suo maestro, il Grande Maggid, ma anche da «scritti» anonimi.1069

Qui, come nel caso del Beshṭ e del Grande Maggid, è facile individuare un mito che diventa ethos,1070 in maniera analoga alla definizione di Martin Buber del hassidismo come mistica diventata ethos.1071 Comunque, la storia di questo aforisma è ancor più complessa poiché il mito emerse dal logos, di carattere aristotelico, relativo alla steresi e all’esistenza, e solo in seguito fu messo in pratica come ethos.

3. Rabbi Naḥman di Bratzlav (1772-1810)

Uno dei pensatori hassidici più originali fu indubbiamente il pronipote del Beshṭ, Rabbi Naḥman di Bratzlav.1072 Anch’egli ricorse varie volte nei suoi celebri insegnamenti all’immagine della scorza che precede il frutto, che ricorre spesso anche negli scritti dei suoi seguaci. In molti casi si parla di rottura della scorza, combinando in un certo senso l’aforisma con la Qabbalah luriana.1073 Citerò qui solo uno dei suoi insegnamenti, che rivela l’originalità dell’interpretazione dialettica del maestro:

 

Chiunque dovrebbe astrarsi dall’immaginazione e ascendere all’intelletto, poiché seguire l’immaginazione è arbitrarietà del cuore, dato che segue l’immaginazione [che si trova] nel cuore. Ma quando abbandona l’arbitrarietà del cuore e spezza il proprio cuore1074 che è [come] una pietra ... non segue le passioni dell’immaginazione ma l’intelletto ... Sappi che quei pensieri immaginari [dimiyonot] risiedono in ogni singolo mondo e in ogni singolo grado e sono le scorze che precedono il frutto e circondano la santità ... e per passare da un grado all’altro è necessario attraversare quei pensieri immaginari per raggiungere la santità e subito dopo si ascende a un grado le cui scorze si destano e lo circondano ed egli le deve sottomettere, infrangerle e purificare quel luogo dalla loro presenza.1075

 

Rabbi Naḥman combina la polarità filosofica immaginazione/intelletto con la polarità scorze/santità, ammettendo la possibilità di avanzare di grado in grado, distruggendo ogni volta la scorza della tappa precedente.1076 Questo processo fu trasformato dalla sua cerchia in una preghiera, nella quale si chiede a Dio di aiutare chi ascende a oltrepassare le scorze che si incontrano salendo di livello in livello.1077 È plausibile dunque che la santità di un determinato grado possa diventare la scorza di un grado superiore e così di seguito all’infinito.1078 La scorza diventa, dunque, una descrizione relativa dell’entità inferiore che abbraccia la superiore: si offusca così la distinzione ontologica tra scorza e santità. In ogni caso, per il maestro hassidico la scorza si trova probabilmente all’interno dello spazio divino, come apprendiamo dai Liqquṭe halakhot di Natan Sternhartz di Nemirov, opera che tratta della prassi rituale e in cui si coglie un orientamento più metafisico. L’autore riassume la concezione luriana del ‘Etz Ḥayyim sulla contrazione e sulle radici del giudizio, ricorrendo ai termini pesolet [«scorie»], sigim [«scarti»], din [«giudizio»] e qelippot [«scorze»], e afferma che ogni cosa si manifesta sempre come se fosse rivestita di scorie e scorze, tanto da rendere necessario un processo di purificazione.1079 In principio, l’anteriorità della scorza è associata al concetto di contrazione, come se i due elementi fossero quasi la stessa cosa:

 

Il regno idolatra precede il nostro regno ... come nella creazione del mondo prima vi furono le tenebre che si trasformarono [poi] in luce, dato che la creazione del mondo è in questo aspetto della contrazione, che è la quintessenza dell’intero spazio che precedette il mondo intero. Ne consegue che le tenebre precedono la luce, come la scorza precede il frutto.1080

 

Qui appare palese la costellazione di idee luriane: il nesso tra metafisica del male e comportamento umano finalizzato alla riparazione è ancor più inequivocabile che nella Qabbalah luriana.

4. Maestri hassidici successivi

La ricorrenza del principio dell’anteriorità del male negli scritti dei primi maestri hassidici generò una lunga serie di discussioni che appaiono in diverse opere delle generazioni successive. Nella prolifica letteratura hassidica composta a partire dalla fine del Settecento si possono distinguere solo poche interpretazioni innovative sul tema. Mi limito a citare alcuni esempi.

Nell’Or ha-me’ir, opera di un allievo di Dov Baer di Mezeritch, Ze’ev Wolf di Zhitomir, troviamo la seguente omelia:

 

È noto che la creazione è avvenuta solo a beneficio d’Israele, perché [il Signore] possa ricevere ulteriore gioia e piacere da «Israele, la nazione che gli è prossima», quando essa allontana il male e sceglie il bene. In ogni caso è necessario che esista l’aspetto del male nel mondo, il limite della malvagità a confronto di quello della santità, in modo che la perfezione e il bene d’Israele siano distinti; ed è per questo che Giacobbe e Esaù erano gemelli nel «ventre pieno», solo per questo. Poiché infatti, così come Giacobbe è necessario per il mondo, perché l’essenza del mondo esiste per lui, così era necessario Esaù, perché quello [Giacobbe] si potesse confrontare con questo [Esaù]. Tuttavia, l’essenza e il desiderio della volontà era Giacobbe, che ascese al pensiero primordiale [maḥashavah qedumah] con il fratello Esaù al suo fianco,1081 cioè al fianco di Giacobbe, così come è necessario al frutto che sia creata la scorza, cioè Esaù, cosicché per suo mezzo [il Signore] riceva piacere da Giacobbe ... dato che l’essenza del culto dell’uomo in questo mondo terreno è distinguere il bene dal male, cioè l’aspetto del bene che si trova in Esaù, ed è questo che causa l’amore del Santo, benedetto sia, per Giacobbe.1082

 

Quel che mi pare straordinario nel passo è l’idea che sia Giacobbe sia Esaù abbiano avuto origine dal pensiero primordiale di Dio e che il male sia necessario per provocare una scelta che faccia piacere a Dio. L’analogia tra pensiero primordiale e male, qui molto attenuata, ricorda i testi cabbalistici che abbiamo presentato nel capitolo 1, mentre la concezione del male necessario alla perfezione ricorre in una serie di opere di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente.

Nella sintesi di hassidismo e Qabbalah – oggi poco studiata – di Yitzḥaq Aizik ha-Kohen di Koretz, un altro allievo del Grande Maggid, profondo conoscitore della letteratura cabbalistica, leggiamo che Caino era come la scorza che protegge o custodisce il frutto (Abele), concezione che abbiamo già incontrato in Ha-Shelah.1083 Altrove, l’autore parla di steresi e innovazione come fattori necessari e positivi.1084 Citando le parole di un celebre saggio suo contemporaneo – di cui però non menziona il nome – afferma che la steresi si realizza tra due fasi generative.1085

Un’altra elaborazione del detto appare nell’opera di Ḥayyim Tirer di Czernovitz, maestro hassidico dell’inizio dell’Ottocento, interessante figura di erudito, autore assai prolifico.1086 Nel suo influente trattato Be’er mayyim ḥayyim egli si serve del detto della scorza e del frutto per interpretare la relazione tra Esaù e Giacobbe1087 e il significato dello status del primogenito.1088

Nell’enciclopedia universale della Qabbalah dell’autore hassidico Ya‘aqov Tzevi Yalish (1778-1825) troviamo un’affascinante discussione, ben più che una mera interpretazione dell’aforisma:

 

Il segreto del bagno [rituale] è raggiungere il nulla, dato che prima della creazione non c’era che acqua e quando qualcuno scompare nell’acqua si annulla ... Tutto ciò che deve raggiungere una nuova dimensione dovrebbe prima annullarsi e questo perché in tutte le cose del mondo la steresi precede l’esistenza e ogni seme seminato, prima di crescere, deve corrompersi e svanire totalmente per annullarsi e solo allora riceve esistenza dal nulla e questo è il segreto del[l’immersione in un] bagno [rituale].1089

 

La teoria aristotelica della steresi è combinata qui con la celebre parabola del seme piantato1090 per dare un nuovo significato al bagno rituale, nel quale ci si deve immergere totalmente. Il rito, importantissimo per il Beshṭ,1091 è qui inteso come occasione di rinascita spirituale e chi lo pratica deve prima morire – metaforicamente – per riuscire ad acquisire una nuova forma di esistenza.

In effetti, anche altrove Yalish descrive l’acqua come mezzo per raggiungere il nulla, cioè la prima sefirah, Keter.1092 La negazione di sé per rinnovarsi è ben nota nella letteratura mistica, dove tale pratica è descritta come una seconda nascita. Qui però l’esperienza della ricezione di esistenza dal nulla, connessa all’idea dell’anteriorità del nulla, può riferirsi non solo all’ascesa alla sefirah più elevata e a un’ipotetica steresi, ma può anche chiarire la probabile genesi di uno dei concetti più cari al hassidismo, il monito, da me definito mistico-magico, ad annullare l’esistenza per raggiungere il nulla e tornarne infine arricchiti e potenziati.1093 Nelle fonti hassidiche la prima fase include la negazione dell’esistenza, biṭṭul ha-yesh, attraverso il conseguimento o l’adesione al Nihil, perlopiù designato ayin: solo successivamente il mistico torna nel mondo come «esistente», yesh.1094 Anche se con ogni evidenza il simbolismo cabbalistico dello yesh e ayin influenzò i maestri hassidici, ritengo che la connotazione filosofica della steresi che precede l’essere sia ancora evidente, dato che si parte dal presupposto di un annullamento iniziale, necessario per derivare l’esistenza dal mondo superno più elevato, come abbiamo visto nel brano tratto dall’enciclopedia di Yalish. Per capire la nascita della mistica hassidica può essere interessante chiedersi se l’autore sia stato il primo ad associare le concezioni ipostatiche aristoteliche alla teoria dell’abnegazione mistica. Indubbiamente egli fu uno tra i più dotti cabbalisti tra i ḥasidim, certamente in grado di creare da solo la connessione tra le due categorie. Comunque siamo in presenza di ben altro che un pensatore innovativo. È plausibile, a mio avviso – e la concezione di Yitzḥaq Aizik ha-Kohen di Koretz, che scrisse la sua opera molto prima, punta in questa direzione – che egli avesse ereditato il quadro della discussione nel passo citato da fonti precedenti, in cui concezioni aristoteliche venivano impiegate non solo al servizio della metafisica ma anche della mistica hassidica, finalizzata sia all’ingresso nel divino sia al ritorno da tale incontro nullificante.

5. Aharon Horowitz ha-Levi di Starocelye

Uno degli usi più interessanti del concetto di anteriorità del male, di totalità e perfettibilità appare in un maestro hassidico attivo nella prima metà dell’Ottocento nel contesto della scuola Ḥabad.1095 Allievo del fondatore di questa corrente del hassidismo, Shneur Zalman di Liady, e a lui molto vicino, Aharon Horowitz ha-Levi di Starocelye sviluppò il concetto che il male è necessario al completamento della rivelazione della perfezione divina. Le sue idee, presentate nei trattati ‘Avodat ha-Levi e Sha‘ar ha-yiḥud we-ha-emunah, sono state analizzate dettagliatamente da Rachel Elior.1096 Qui tenterò di spiegarle brevemente e di rintracciare la fonte cabbalistica dell’autore. La studiosa ha riassunto la sua interpretazione del problema del male in tre punti di cui mi servirò anch’io, anche se in ordine lievemente diverso:

A) La potenza del male è all’interno dell’essenza divina e la sua natura specifica è compresa solo da chi la riceve e dopo che si è svelata.

B) L’evento che rappresenta il momento in cui la potenza divina diviene, in qualche modo, materiale e il bene si trasforma in male, è la rottura dei vasi.

C) Il male è creazione di Dio, che ha innovato il suo opposto, inteso come mondo materiale, per rivelare la propria essenza, dato che ogni rivelazione deriva dal suo opposto.1097

La creazione è dunque necessaria per generare l’opposto dello spirituale, e consentire così il riconoscimento completo della perfezione divina in un regno limitato, materiale e che contiene il male. Ciò significa che prima della creazione la perfezione divina non è percettibile come tale ed è solo grazie al processo creativo che produce l’opposto che si può riconoscere – e, direi, raggiungere – la perfezione. È come se Aharon descrivesse un processo di perfettibilità della divinità, quando afferma che «la perfezione si rivela dall’imperfezione»1098 In tale contesto ricorre all’immagine della scorza che precede il frutto.1099

Comunque, al di là dell’aspetto cognitivo di sottolineare la perfezione divina per mezzo della preesistenza del male – centrale nella speculazione di Aharon, come di molte opere hassidiche in genere – è la trasformazione del male in bene per mezzo del culto a causarne il ritorno all’origine, così come l’unione di tutti i mondi alla divinità.1100 Qui la partecipazione dell’uomo come agente attivo che favorisce tale ritorno è essenziale ai fini del conseguimento della perfezione divina ultima e non solo del miglioramento del mondo.1101 Il ritorno alla fonte divina costituisce il momento dell’unione degli opposti e il maestro hassidico ricorre esplicitamente all’espressione della combinazione degli opposti in una sola entità.1102

Alcuni aspetti significativi di quest’affascinante teoria compaiono già nel passo del Derekh ’emunah di Me’ir ibn Gabbay, analizzato nel capitolo 4, dove l’esistenza del male e della materialità è ritenuta necessaria per la rivelazione della perfezione del divino. Nonostante Ibn Gabbay ponga ripetutamente l’accento sulla perfezione della creazione, egli la concepisce comunque come necessaria alla rivelazione della gloria divina, analogamente ad Aharon ha-Levi. Ecco un esempio, tratto da Ibn Gabbay, che mi pare adatto a un confronto tra i due autori:

 

... la necessità1103 dell’emanazione [consiste nella] necessità di rivelare la Sua Gloria e la Sua Divinità – e questa è la sua riparazione [tiqquno] – e di dimostrare che Egli è unità armoniosa e assoluta, che Egli e il Suo nome sono una cosa sola.1104

 

È significativo che, sia in Aharon sia nel contesto da cui deriva il passo di Ibn Gabbay, la rivelazione per mezzo della creazione sia associata al ruolo della Torah e del culto.1105 In ogni caso, in una delle sue formulazioni, Aharon descrive la perfezione come integrazione degli opposti e nello stesso contesto si menziona e si include anche il male, così come la visione di Dio come «perfezione del tutto».1106

6. Tzadoq ha-Kohen di Lublino

Un’affascinante formulazione del principio filosofico in termini di bene e male appare alla fine dell’Ottocento nell’opera di una delle personalità hassidiche di maggior rilievo dell’epoca, Tzadoq ha-Kohen di Lublino:

 

Apprendiamo dalla creazione del mondo che, in ogni cosa del mondo, la notte precede il giorno ... dato che in ogni cosa la privazione precede l’esistenza, [Mic, 7, 8] «[se sono caduto, mi rialzerò,] se siedo nell’oscurità il Signore sarà la mia luce», poiché l’intera vita dell’uomo è fatta di tempo, oscurità e luce, giorno e notte, e tale ciclicità si ripete, ma le tenebre vengono prima, perché la scorza precede il frutto.1107

 

Composto alla fine dell’Ottocento, il passo manifesta la vitalità della teoria dell’anteriorità del male rispetto al bene, finalizzata a un’interpretazione della Bibbia al contempo cosmologica e mistica.

7. Rabbi Naḥman di Bratzlav e un passo cripto-sabbatiano sul male

Nel 1791 fu pubblicato a stampa nella città galiziana di Polonnoye, roccaforte del hassidismo, un commento al rotolo di Rut intitolato Har Adonay attribuito a Yitzḥaq Luria, noto anche come Tzaddiq yesod ‘olam. Questo trattato anonimo è profondamente influenzato dalla Qabbalah luriana ma, come provato in maniera convincente da Yehuda Liebes, il reale autore dell’opera è il sabbatiano Leibele da Proznitz, attivo in Moravia all’inizio del Settecento.1108 Proznitz si serve dell’aforisma della scorza in un contesto molto specifico, per il quale non sono riuscito a trovare un parallelo in epoche anteriori:

 

La scorza precedeva il frutto ed è importante rompere la scorza prima che si riveli la luce ... sappi che la rottura della scorza [avviene] per mezzo dell’innalzamento delle acque femminili a Malkhut attraverso i precetti e le buone opere d’Israele, in modo da elevare le scintille sante rimosse, in potere della scorza, ed essa1109 è la loro vitalità e la Shekhinah le innalza all’edificio santo, all’interno della Merkavah santa.1110

 

Vi sono qui due fasi nell’innalzamento delle scintille sante: la prima attraverso le opere d’Israele compiute per mezzo dell’osservanza dei precetti, che porta le scintille alla sefirah inferiore, Malkhut, presumibilmente da identificare con la Shekhinah e poi la loro elevazione da parte della Shekhinah ancor più in alto, alle sette sefirot (ovvero le sette sefirot inferiori) definite «edificio» in numerosi testi cabbalistici.

Vorrei distinguere tre elementi relativi alle scorze: a) le scorze precedono il frutto; b) la scorza dovrebbe essere spezzata;1111 c) alla fine, la rottura della scorza precede una rivelazione della luce. Benché priva di paralleli nella tradizione luriana, questa triplice distinzione, nella forma in cui appare nel passo tradotto, non ha connotazioni sabbatiane significative.

La triplice sequenza corrisponde a un insegnamento di Rabbi Naḥman di Bratzlav:

 

Dato che prima della rivelazione della Torah, essa [l’anima] si trova nell’aspetto della fecondazione,1112 dato che la Torah gli è occultata [Qo, 11, 5] «come ossa in un ventre pieno» ... dato che la scorza precede il frutto e chiunque voglia consumare il frutto dovrebbe prima spezzare la scorza, ecco perché prima della rivelazione è necessario che l’anima sia in esilio, cioè abbia le loro stesse caratteristiche, per spezzarle e giungere poi alla rivelazione. Dovresti anche sapere che la pienezza delle settanta lingue1113 nelle loro caratteristiche negative è la passione per l’adulterio e questo è il tiqqun universale e chiunque infranga tale passione, allora è semplice infrangerne ogni altra. Ed ecco perché Mosheh Rabbenu, per essere lui la pienezza della rivelazione della Torah ... è la Torah nella sua interezza... anche Giuseppe prima di ottenere la rivelazione della Torah ... e prima di meritare la rivelazione della Torah, dovette affrontare la prova1114 ... e poiché egli la superò e spezzò la scorza che precedeva il frutto, meritò il frutto, cioè la rivelazione della Torah.1115

 

Questo insegnamento, espresso in forma di sermone nel 1802, fa parte di una prima fase di uno fenomeno molto più ampio, noto come «tiqqun universale», che in seguito divenne l’insegnamento più influente di Rabbi Naḥman.1116 Yehuda Liebes ha sottolineato il contesto frankista che costituiva il bersaglio del tiqqun di Naḥman, soprattutto l’aspetto scismatico di questo fenomeno religioso.1117 Tuttavia, a differenza della formulazione posteriore e classica del tiqqun, finalizzato alla riparazione di peccati di natura sessuale in genere, in questa prima fase era considerato peccato capitale solo l’adulterio.1118 Penso che questa preoccupazione specifica nell’insegnamento di R Naḥman sia una reazione alle pratiche sessuali particolari di Jacob Frank, che praticava l’adulterio,1119 oltre che l’incesto. Com’è noto, Rabbi Naḥman si preoccupava dei suoi seguaci e considerava la denuncia frankista del Talmud la ferita che aveva ucciso il suo bisnonno, il Beshṭ.1120

Le caratteristiche negative menzionate nel passo sono quelle delle settanta nazioni. Come appare evidente dal contesto, si tratta di un riferimento allegorico alle passioni alle quali può cedere l’uomo, non necessariamente i gentili, nonostante il fatto che qui il personaggio esemplare sia il biblico Giuseppe. In effetti l’implicazione del passo citato è che si dovrebbe affrontare una qualche prova, per essere in grado di superarla e ottenere così la rivelazione della Torah. Questa implicazione è importante perché lo stesso Rabbi Naḥman fu accusato addirittura di aver incoraggiato situazioni in cui si mettevano alla prova delle persone attraverso tentazioni sessuali e sappiamo dell’esistenza di un suo trattato relativo a tali ordalie.1121 Forse quelle tentazioni avevano a che fare con le accuse rivolte a Rabbi Naḥman di essere vicino al sabbatianesimo.1122 In effetti, secondo un’altra affermazione nei suoi insegnamenti,

 

Shabbatay Tzevi, maledetto sia il suo nome, sedusse, come è noto, molti dei più grandi uomini della generazione e [alcuni] studiosi di spicco ... lasciarono il gregge e dissero male dell’intera Torah orale ... e tutte quelle parole [dure] piombarono addosso al grande della generazione, il Beshṭ ... ma se uno tzaddiq mitiga le loro parole le ritrasforma in Torah.1123

 

Nel pensiero di Rabbi Naḥman sono note le trasformazioni dialettiche in Torah di parole che non sono Torah. Dobbiamo considerarne un esempio la prima delle due citazioni, riferita a un autore sabbatiano? Rabbi Naḥman si immaginava nell’atto di spezzare la scorza dell’affermazione sabbatiana e generare una Torah che avrebbe in qualche modo guarito la ferita di suo bisnonno? Dal contesto del passo possiamo apprendere implicitamente che egli era più grande del Beshṭ, della cui morte aveva poco prima affermato che era stata causata dal fallimento dell’impresa di mitigare le malvagità pronunciate dai sabbatiani.1124 In effetti, secondo una leggenda attestata nell’agiografia del Beshṭ, questi tentò di rettificare l’operato di Shabbatai Tzevi senza riuscirvi.1125 Secondo Yehuda Liebes, stando a quanto mi ha espresso in una recente conversazione, Rabbi Naḥman era probabilmente consapevole della natura sabbatiana del testo a stampa attribuito a Luria.

È dunque importante osservare le tre componenti del passo summenzionato per comprendere l’evoluzione di Naḥman. Come ha sottolineato Zvi Mark, la sua fonte è stata l’uso luriano del detto «la scorza precede il frutto».1126 Comunque, l’attestazione degli altri due elementi, cioè la rottura della scorza e la successiva rivelazione, possono contribuire a mettere in luce una fonte precisa, il Commento a Rut di Leibele da Prosnitz, pubblicato poco prima a nome di Luria.1127 Se ho ragione a proposito della triplice interpretazione di Rabbi Naḥman della scorza, si può concludere dunque che sia stato un testo cripto-sabbatiano ad avere ispirato la sua posizione antifrankista.1128 Sebbene non sia plausibile che Naḥman sapesse che anche Jacob Frank si era servito dell’aforisma, è certo che due delle sue interpretazioni, una sull’indulgenza sessuale (incluso forse l’adulterio) e l’altra, espressa in un sermone, sull’astensione ideale dalle tentazioni sessuali, più che riferirsi a singoli individui, riflettano i diversi atteggiamenti dei due movimenti che, nel corso della sua vita, ossessionarono la vita religiosa degli ebrei dell’Europa orientale.

8. Osservazioni conclusive

Per concludere: la letteratura hassidica, che consta di migliaia e migliaia di trattati, non dette grande rilievo alle questioni del male, nonostante la ricorrenza abbastanza frequente dell’aforisma. Seguendo il pensiero di Yiśra’el Ba‘al Shem Ṭov, che promosse un pensiero immanentista, molti maestri hassidici considerarono la realtà sostanzialmente positiva e il male alla stregua di una mera illusione. Meno interessati dei cabbalisti ai processi teosofici, nelle loro opere essi dettero poco risalto alle problematiche connesse al male primordiale e la presenza di speculazioni sul tema si rileva soprattutto nei maestri hassidici che ebbero una propensione più spiccata per la teosofia. L’atteggiamento ottimista del hassidismo, che si esprime in una visione luminosa del mondo, al cui interno si pone la possibilità di trasformare il male in bene, molto più che di separarlo dalle scintille, non lascia grande spazio al male in sé. È nella scia di tali interpretazioni che dovrà essere intesa la concezione della storia di uno dei principali pensatori ebrei del XX secolo, Avraham Yitzḥaq ha-Kohen Kook:

 

Le riparazioni nel mondo sono necessarie, dato che Dio, sia benedetto, ha stabilito che nel Suo mondo la scorza precede il frutto e ha reso il male necessario per indurre a perseguire e a ricercare il bene.1129