[B 7] 630

 [ca. 18 giugno 1888]

 

Mio caro Bernard,

scusami se scrivo molto di fretta, temo che la mia lettera non sarà leggibile, ma voglio risponderti subito.

Sai che siamo stati molto stupidi, Gauguin tu ed io a non andare nello stesso posto. Ma quando Gauguin è partito io non ero ancora sicuro di poter partire, e quando sei partito tu c’era questo maledetto denaro e le cattive notizie che avevo dato sui costi di qui ti hanno trattenuto. Se fossimo partiti tutti insieme per Arles non sarebbe stato poi così stupido, perché in tre avremmo potuto metter su casa per conto nostro. E adesso che mi oriento un po’ meglio comincio a intravedere dei vantaggi. Per quanto mi riguarda sto meglio qui che nel nord. Lavoro anche in pieno mezzogiorno, in pieno sole, senza nessuna ombra, nei campi di grano, ed ecco, ne godo come una cicala. Mio Dio, se a venticinque anni avessi conosciuto questa regione anziché venirci a trentacinque! A quell’epoca mi entusiasmavano il grigio o meglio l’incolore, sognavo sempre soltanto di Millet1 e poi avevo delle conoscenze in Olanda nella categoria dei pittori, Mauve, Israëls etc.2

Ecco uno schizzo* di un seminatore: vasto terreno di zolle di terra arata, in gran parte di un viola deciso.3 Campo di grano maturo, d’un tono ocra giallo con un po’ di carminio. Il cielo, giallo cromo chiaro quasi come il sole che è giallo cromo 1 con un po’ di bianco, mentre il resto del cielo è giallo cromo 1 e 2 mescolati. Quindi molto giallo. La blusa del Seminatore è blu e i pantaloni bianchi.

Tela di 25 quadrata.4 Nel terreno ci sono molti richiami di giallo, dei toni neutri che risultano dalla mescolanza del viola col giallo; ma mi sono infischiato un po’ della verità del colore. Meglio fare delle immagini ingenue da vecchio almanacco, da vecchio almanacco di campagna dove la grandine, la neve, la pioggia, il bel tempo vengono rappresentati in modo del tutto primitivo, come Anquetin che aveva azzeccato così bene la sua Moisson.5 Non ti nascondo che la campagna non la detesto visto che ci sono cresciuto – accessi di ricordi di una volta, aspirazioni verso quell’infinito di cui il seminatore, il covone sono i simboli, mi incantano ancora, come un tempo. Ma quando dunque farò il cielo stellato, il quadro che continuamente mi preoccupa. Ohimè! ohimè! è proprio come dice l’ottimo compagno Cyprien in En ménage di J.-K. Huysmans:6 i quadri più belli sono quelli che si sognano fumando la pipa a letto, ma che non si fanno. Eppure si tratta di mettercisi, per quanto incompetenti ci si senta faccia a faccia delle perfezioni ineffabili degli splendori gloriosi della natura.

Ma come vorrei vedere lo studio che hai fatto al bordello!

Non la finisco mai di rimproverarmi di non aver fatto ancora delle figure qui.

Ecco ancora un paesaggio.* Tramonto? Luna che sorge?

In tutti i casi sole d’estate.7

Città viola, astro giallo, cielo blu-verde. Il grano ha tutti i toni oro antico, rame, oro-verde o rosso, oro-giallo, bronzo-giallo, verde-rosso. Tela da 30, quadrata. L’ho dipinta in pieno mistral, il cavalletto era fissato a terra con dei picchetti di ferro, sistema che ti raccomando. Si conficcano i piedi del cavalletto poi si conficca a fianco un picchetto di ferro lungo 50 centimetri. Si lega il tutto con delle corde. In questo modo si può lavorare col vento.

Ecco quello che ho voluto dire a proposito del bianco e del nero. Prendiamo il Seminatore. Il quadro è diviso in due, una metà è gialla, in alto; il basso è viola. Ebbene, i pantaloni bianchi riposano l’occhio e lo distraggono nel momento in cui sarebbe infastidito dal contrasto simultaneo ed eccessivo del giallo e del viola. È questo che ho voluto dire.

Conosco qui un sottotenente degli zuavi che si chiama Milliet.8 Gli do lezioni di disegno – col mio telaio prospettico – 9 e comincia a fare dei disegni, e parola mia, ho visto di peggio. Ha molta voglia di imparare, è stato nel Tonchino etc… Quello lì partirà in ottobre per l’Africa. Se tu fossi negli zuavi ti prenderebbe con sé e ti assicurerebbe un ampio margine di relativa libertà per dipingere, se però sei disposto ad aiutarlo nelle sue faccende artistiche tutte sue. La cosa ti può essere utile? In caso di sì fammelo sapere il più presto possibile. Una buona ragione per lavorare è che le tele valgono danaro. Mi dirai che innanzitutto questa ragione è prosaica, perché dubiti che sia vero. Eppure è vero. Una buona ragione per non lavorare è che le tele e i colori ci costano dei soldi, nell’attesa. I disegni, però, non ci costano cari.

Anche Gauguin si annoia a Pont-Aven, come te si lamenta dell’isolamento. Se tu andassi a trovarlo! Ma non so per niente se rimarrà; e sono propenso a credere che ha intenzione di andare a Parigi. Dice che credeva che saresti venuto a Pont-Aven. Dio mio, se fossimo qui tutti e tre! Mi dirai che è troppo lontano. Va bene, ma in inverno , visto che qui si può lavorare tutto l’anno. Ecco la ragione per cui mi piace questa regione, non aver da temere troppo il freddo che impedendo al sangue di circolare, mi impedisce di pensare, di fare qualunque cosa.

Potrai fartene un’idea quando sarai soldato. Scomparirà la tua malinconia, che potrebbe dannatamente derivare proprio dal fatto che hai troppo poco sangue o il sangue corrotto, anche se non lo penso. È quel vinaccio maledetto di Parigi e il grasso maledetto delle bistecche che vi fanno questo. Mio Dio, ero arrivato a un punto che il sangue in me non funzionava per nulla, ma proprio per nulla, alla lettera. Tuttavia in capo a quattro settimane di qui, si è rimesso a funzionare; ma, mio caro compagno, in quello stesso periodo ho avuto un attacco di malinconia simile alla tua, della quale avrei sofferto quanto te, se non fosse stato che la salutavo con piacere, come il segnale che ero in via di guarigione – cosa che poi è successa. Quindi invece di tornare a Parigi, rimani in aperta campagna, perché hai bisogno di forze per superare come si deve la prova dell’andata in Africa. Ora quanto più ti rifai il sangue, e sangue buono prima, meglio sarà, perché laggiù, nel caldo, forse uno se lo fabbrica difficilmente.

Dipingere e scopare molto non sono compatibili, il cervello si indebolisce. Ecco una cosa proprio seccante. Il simbolo di San Luca, il patrono dei pittori, è come sai un bue. Bisogna quindi essere pazienti come un bue se si vuole arare nel campo artistico. Ma i tori sono proprio fortunati di non dovere lavorare nella sporca pittura.

Ma quello che volevo dire è questo: dopo il periodo di malinconia sarai più forte di prima, ti riprenderai in salute e troverai talmente bella la natura che ti circonda che non avrai altro desiderio se non di dipingere.

Credo che la tua poesia cambierà ancora sempre nello stesso senso della pittura. Dopo aver fatto delle cose eccentriche, sei arrivato a farne che posseggono una calma egizia10 e una grande semplicità.

 

«Que l’heure est donc brève
Qu’on passe en aimant,
C’est moins qu’un instant,
Un peu plus qu’un rêve
Le temps nous enlève
Notre enchantement.»11

 

Questo non è Baudelaire, non so neppure di chi è; sono le parole di una canzone nel Nabab di Daudet – 12 ecco dove l’ho presa – ma non trovi che dice la cosa con una scrollata di spalle da vera dama?

In questi giorni ho letto Madame Chrysanthème di Loti;13 dà delle osservazioni interessanti sul Giappone. Mio fratello, in questo momento, ha una mostra di Claude Monet,14 mi piacerebbe vederli. Tra gli altri c’è stato Guy de Maupassant15 e ha detto che sarebbe tornato spesso in boulevard Montmartre.16

Devo andare a dipingere, quindi finisco; probabilmente ti scriverò di nuovo tra breve. Ti chiedo mille scuse per aver affrancato male la lettera, eppure l’avevo affrancata alla posta, e non è la prima volta che mi succede qui di essere indotto in errore nell’affrancare chiedendo proprio alla posta perché non ero sicuro. Non hai idea del laisser-aller,17 della noncuranza della gente di qui. Insomma tra poco lo vedrai con i tuoi occhi, in Africa. Grazie per la lettera. Spero di scriverti presto, in un momento quando sarò meno di fretta. Una stretta di mano,

 

Vincent