Una ragazza di sedici anni aveva il colorito roseo eppure si imbellettava.
Polidori1
L’offerta di Fouqué aveva proprio tolto a Julien ogni serenità: non riusciva a prendere una decisione.
“Ahimè, forse manco di carattere! Sarei stato un cattivo soldato di Napoleone. Almeno,” aggiunse “il mio piccolo intrigo con la padrona di casa mi distrarrà un poco.”
Fortunatamente per lui, anche in quella circostanza secondaria, il suo intimo mal si accordava con il suo linguaggio spregiudicato. Aveva paura della signora De Rênal a causa del suo abito così bello. Quel vestito rappresentava ai suoi occhi l’eleganza di Parigi. Il suo orgoglio non volle lasciare nulla al caso e all’ispirazione del momento. In base alle confidenze di Fouqué e a quel poco che, sull’amore, aveva letto nella Bibbia, si fece un piano di battaglia molto preciso. E poiché, senza confessarselo, era molto turbato, lo scrisse.
La mattina seguente la signora De Rênal si trovò sola un istante con lui in salotto: «Non avete altro nome che Julien?» gli chiese.
A quella domanda che lo lusingava, il nostro eroe non seppe che cosa rispondere. Una simile circostanza non era prevista nel suo piano. Senza quella sciocchezza di ipotizzare un piano, il suo spirito pronto lo avrebbe ben servito e la sorpresa avrebbe accresciuto la vivacità delle sue risposte.
Fu goffo, ed esagerò a sé stessola propria goffaggine. La signora De Rênal gliela perdonò subito, perché vide in essa l’effetto di un candore affascinante. E ciò che, ai suoi occhi, mancava a quell’uomo, al quale tutti riconoscevano tanto ingegno, era proprio il candore.
«Il tuo piccolo precettore mi ispira molta diffidenza» le diceva qualche volta la signora Derville. «Ha l’aria di uno che pensa troppo e che agisce come un politico. È un sornione.»
Julien rimase profondamente umiliato di non aver saputo rispondere alla signora De Rênal.
“Un uomo come me ha l’obbligo verso sé stessodi riparare a un simile smacco!”
E, approfittando del momento in cui passavano da una stanza all’altra, si credette in dovere di darle un bacio.
Niente di più sprovveduto, niente di meno piacevole sia per lei sia per lui, nulla di più imprudente. Furono sul punto di essere visti. La signora De Rênal lo credette impazzito. Fu spaventata e soprattutto irritata. Quella sciocchezza le ricordò il signor Valenod.
“Che cosa mi capiterebbe” pensò “se fossi sola con lui?” E tutta la sua virtù riapparve perché si eclissava l’amore. Fece in modo che uno dei figli le rimanesse sempre vicino.
La giornata fu noiosa per Julien, che la trascorse tutta a mettere goffamente in pratica il suo piano di seduzione. Non guardò mai la signora De Rênal senza che il suo sguardo avesse un perché; tuttavia non era così sciocco da non accorgersi che non riusciva a essere amabile, né tantomeno seducente.
La signora De Rênal non si riprendeva dallo stupore di vederlo così maldestro e, al tempo stesso, così ardito. “È la timidezza dell’amore in un uomo intelligente!” pensò alla fine con gioia inesprimibile. “È dunque possibile che la mia rivale non lo abbia mai amato?”
Dopo colazione, lei rientrò in salotto per ricevere la visita del signor Charcot di Maugiron, il sottoprefetto di Bray. Lavorava a un piccolo telaio da ricamo, molto alto. La signora Derville le era accanto. In quella posizione e in piena luce, il nostro eroe trovò conveniente avanzare un piede e toccare quello piccolo e grazioso della signora De Rênal, le cui calze traforate e le belle scarpette di Parigi attiravano evidentemente gli sguardi del galante sottoprefetto.
La signora De Rênal ebbe una paura estrema. Lasciò cadere le forbici, il gomitolo di lana, gli aghi; e il movimento di Julien poté passare per un tentativo maldestro di impedire la caduta delle forbici, che lui forse aveva visto scivolare. Per fortuna quelle forbicine d’acciaio inglese si spezzarono e la signora De Rênal poté per un pezzo rammaricarsi che Julien non si fosse trovato più vicino a lei.
«Vi siete accorto della caduta prima di me e l’avreste impedita. Invece il vostro zelo non è riuscito che a darmi una forte pedata.»
Tutto ciò trasse in inganno il sottoprefetto, ma non la signora Derville. “Questo bel ragazzo ha modi molto sciocchi!” pensò. “Il galateo di una capitale di provincia non perdona errori di tal genere.” La signora De Rênal trovò il momento propizio per dire a Julien:
«Siate prudente: ve lo ordino!».
Il giovane vedeva la propria goffaggine ed era di cattivo umore. Ragionò a lungo con sé stessoper sapere se dovesse offendersi delle parole: ve lo ordino. Fu così sciocco da pensare: “Potrebbe dire: lo ordino, se si trattasse di qualcosa riguardante l’educazione dei figli; ma, rispondendo al mio amore, lei presuppone l’uguaglianza. Non si può amare senza uguaglianza…”. E tutto il suo spirito si smarrì nei luoghi comuni sull’uguaglianza. Ripeteva tra sé con rabbia il verso di Corneille, che la signora Derville gli aveva insegnato alcuni giorni prima:
… L’amore crea le uguaglianze senza cercarle.
E, ostinandosi a sostenere il ruolo di Don Giovanni, lui che non aveva mai avuto un’amante in vita sua, fu mortalmente insulso per tutta la giornata. Ebbe una sola idea giusta: annoiato di sé stessoe della signora De Rênal, vedeva con spavento avvicinarsi la sera, durante la quale sarebbe stato seduto accanto a lei in giardino, nell’oscurità. Disse al signor De Rênal che andava a Verrières per vedere il curato; partì dopo pranzo e tornò a notte fonda.
A Verrières, Julien trovò l’abate Chélan occupato a traslocare. Avevano finito con il destituirlo: il vicario Maslon prendeva il suo posto. Julien aiutò il buon curato ed ebbe l’idea di scrivere a Fouqué che la vocazione irresistibile da lui sentita per il santo ministero gli aveva, sulle prime, impedito di accettare le sue offerte amichevoli; ma che aveva assistito a un esempio di ingiustizia tale da fargli pensare che, forse, sarebbe stato più vantaggioso per la propria salvezza non entrare negli ordini religiosi. Si congratulò con sé stessoper la propria abilità nel trarre profitto dalla destituzione del curato di Verrières, lasciandosi una porta aperta per il commercio, se nel suo spirito la vile prudenza avesse avuto il sopravvento sull’eroismo.
1 – Polidori: John Polidori (1795-1821) fu medico e segretario di George Byron, e autore del romanzo Il vampiro (1819).