O, how this spring of love resembleth
The uncertain glory of an April day:
Which now shows all the beauty of the sun,
And by and by a cloud takes all away!
Two gentlemen of Verona1
Una sera, verso il tramonto, seduto accanto alla sua amica in fondo al frutteto, lontano dagli importuni, Julien era immerso in una profonda meditazione. “Dureranno sempre momenti così dolci?” pensava. La sua anima era preoccupata dalla difficoltà di farsi una posizione e deplorava quella grande crisi di infelicità che chiude l’infanzia e sciupa i primi anni della giovinezza priva di agi.
«Napoleone era davvero l’uomo inviato da Dio per i giovani francesi!» esclamò. «Chi potrà sostituirlo? Che cosa faranno senza di lui i disgraziati, anche più ricchi di me, che però hanno appena i pochi scudi occorrenti per procurarsi una buona educazione e non il denaro che occorre a vent’anni per corrompere qualcuno e buttarsi in una carriera? Qualunque cosa si faccia,» continuò con un profondo sospiro «il suo fatale ricordo ci impedirà per sempre di essere felici!»
ViDe La signora De Rênal aggrottare a un tratto le sopracciglia e assumere un’aria fredda e sdegnosa: a lei sembrava che quel modo di pensare si addicesse a un domestico. Educata nell’idea di essere molto ricca, le sembrava cosa stabilita che lo fosse anche Julien. Lo amava mille volte più della vita e non faceva alcun conto del denaro.
Il giovane era ben lungi dall’indovinare quei pensieri. Quell’espressione corrucciata lo richiamò alla realtà. Ebbe abbastanza prontezza di spirito per sistemare la propria frase in modo da far credere alla nobile signora, seduta così vicina a lui sulla panca ricoperta di muschio, che le parole appena ripetute le aveva udite dal suo amico negoziante di legname, un modo di ragionare da empi.
«Ebbene, non mischiatevi più con gente simile!» disse la signora De Rênal conservando ancora un po’ di quell’aria glaciale che, all’improvviso, aveva sostituito l’espressione della più viva tenerezza.
Quell’aggrottare di sopracciglia, o piuttosto il rimorso per la propria imprudenza, fu il primo colpo dato alle illusioni di Julien. “È buona e mite” pensò. “La sua passione per me è profonda, ma è stata educata nel campo nemico. Questi signori devono temere specialmente quella categoria di uomini di valore che, dopo una buona educazione, non hanno abbastanza denaro per intraprendere una carriera. Che ne sarebbe di loro se ci fosse dato di combatterli ad armi pari? Io, per esempio, sindaco di Verrières, bene intenzionato, onesto come in fondo lo è il signor De Rênal, spazzerei subito via il vicario, il signor Valenod e tutte le loro mascalzonate! Come trionferebbe la giustizia, a Verrières! Non certo la loro intelligenza ci potrebbe ostacolare: vacilla sempre.”
Quel giorno la felicità di Julien fu sul punto di diventare durevole. Mancò al nostro eroe il coraggio di essere sincero. Bisognava che osasse dar battaglia, ma subito. La signora De Rênal era rimasta meravigliata dalle parole di lui, perché quelli che la circondavano solevano ripetere che il ritorno di Robespierre era possibile soprattutto a causa di quei giovani di bassa condizione, ma troppo istruiti. L’atteggiamento freddo della signora De Rênal durò a lungo e a Julien sembrò ostentato. Era invece il timore di avergli detto una cosa spiacevole che subentrava in lei alla ripugnanza per le parole udite. Quel dispiacere si rifletté vivamente sui tratti del suo volto così puri e ingenui quando si sentiva felice e lontano dalla gente noiosa.
Julien non osò più fantasticare con abbandono. Più calmo e meno innamorato, giudicò un’imprudenza andare a trovare la donna nella sua camera. Sarebbe stato meglio che lei andasse da lui. Se un domestico l’avesse vista in giro per le stanze, venti pretesti diversi sarebbero serviti a spiegare la cosa.
Ma anche questa soluzione aveva i suoi inconvenienti. Julien aveva ricevuto da Fouqué dei libri che, lui studente di teologia, non avrebbe mai potuto chiedere a un libraio. Si arrischiava ad aprirli soltanto di notte. Spesso avrebbe avuto piacere di non essere interrotto da una visita, l’attesa della quale, ancora il giorno precedente alla scena nel frutteto, gli avrebbe impedito di leggere.
Doveva alla signora De Rênal se leggeva i libri in una maniera completamente nuova. Aveva osato farle domande su una quantità di piccoli particolari, la cui ignoranza limita nettamente l’intelligenza di un giovane nato fuori dalla buona società, qualunque sia la genialità naturale che si voglia supporre in lui.
Questa educazione dell’amore, impartita da una donna di estremo candore, fu una fortuna. Julien arrivò direttamente a vedere la società qual è oggi. Il suo spirito non fu per nulla offuscato dalla descrizione di quello che essa era stata nel passato, duemila anni or sono oppure soltanto sessant’anni fa, al tempo di Voltaire e di Luigi XV. Con sua inesprimibile gioia, un velo cadde dai suoi occhi: capì finalmente che cosa succedeva a Verrières.
In primo piano gli apparvero gli intrighi complicatissimi orditi, da due anni, intorno al prefetto di Besançon. Erano appoggiati da lettere provenienti da Parigi e scritte dalle più illustri personalità. Si trattava di fare del signor di Moirod, la persona più bigotta del paese, il primo assessore del sindaco di Verrières, e non il secondo.
Aveva come concorrente un industriale ricchissimo che bisognava assolutamente respingere al posto di secondo assessore.
Julien capì, alla fine, il significato delle mezze parole che aveva udito quando i rappresentanti dell’alta società locale andavano a pranzo in casa del signor De Rênal. Quei signori privilegiati erano profondamente occupati dalla scelta del primo assessore, della quale il resto della città, e soprattutto i liberali, non sospettavano neppure la possibilità. L’importanza di una tale elezione derivava dal fatto che, come tutti sanno, la via principale di Verrières deve essere allargata di oltre nove piedi sul lato orientale, essendo diventata strada nazionale.
Ora, se il signor di Moirod, che aveva lì tre case nelle condizioni di essere arretrate, fosse riuscito a diventare primo assessore, e in seguito sindaco, qualora il signor De Rênal fosse stato eletto deputato, avrebbe chiuso gli occhi, e alle case che si affacciano su quella strada si sarebbero potute fare soltanto piccole modifiche impercettibili così da farle durare altri cento anni. Nonostante il profondo sentimento religioso e la riconosciuta probità del signor di Moirod, si era sicuri che avrebbe lasciato correre, perché aveva molti figli. Tra le case che sarebbero state arretrate, nove appartenevano alle migliori famiglie di Verrières.
Agli occhi di Julien, questo intrigo era molto più importante della storia della battaglia di Fontenoy, di cui vedeva per la prima volta il nome in uno dei libri prestatigli da Fouqué. Da cinque anni, da quando cioè aveva cominciato ad andare la sera in casa del curato, molte cose lo stupivano. Ma, poiché la discrezione e l’umiltà di spirito devono essere le prime doti di uno studente di teologia, gli era sempre stato impossibile fare domande.
Un giorno, la signora De Rênal dava un ordine al cameriere del marito, il nemico di Julien.
«Ma signora, oggi è l’ultimo venerdì del mese» le rispose quello con aria strana.
«Ah, allora andate pure» disse la signora.
«Certo!» aggiunse Julien. «Va in quel fienile che una volta era chiesa e che ora è stato riconsacrato; ma per fare cosa? Ecco uno dei misteri che non ho mai potuto svelare.»
«È un’istituzione molto utile, eppure assai strana» rispose la signora De Rênal. «Le donne non vi sono ammesse. So solo che tutti vi si danno del tu. Per esempio, quel domestico vi incontrerà il signor Valenod, e quell’uomo così orgoglioso e così sciocco non si sentirà urtato nel sentirsi dare del tu da Saint Jean, e gli risponderà allo stesso modo. Se vi interessa sapere che cosa fanno là, domanderò spiegazioni al signor Maugiron e al signor Valenod. Noi paghiamo l’iscrizione di venti franchi per ogni domestico, così un giorno non ci sgozzeranno.»
Il tempo volava. Il ricordo delle grazie della sua amante distraeva Julien dalla sua nera ambizione. La necessità di non farle ragionamenti seri, poiché erano di due partiti contrari, accentuava, senza che se ne accorgesse, la felicità che le doveva e il potere che lei andava acquistando su di lui.
Nei momenti in cui la presenza dei ragazzi, troppo perspicaci, li costringeva a usare soltanto il linguaggio della fredda ragione, Julien, con docilità perfetta, ascoltava le spiegazioni di lei su come procede il mondo, guardandola con occhi sfavillanti d’amore. Spesso, a metà del racconto di un sapiente imbroglio in merito a una strada o a una fornitura, lo spirito della signora De Rênal si smarriva fino al delirio. Julien doveva sgridarla, perché la donna si permetteva con lui gli stessi gesti intimi che usava con i figli. Vi erano giorni, infatti, nei quali aveva l’illusione di amarlo come un figlio. Non doveva rispondere continuamente alle sue domande ingenue su mille cose semplici che un ragazzo di buona famiglia non ignora a quindici anni? Un istante dopo, lo ammirava come un maestro. La sua intelligenza arrivava al punto di spaventarla; le pareva di scorgere ogni giorno più chiaramente il futuro grand’uomo in quel giovane abate. Lo vedeva papa, lo vedeva primo ministro come Richelieu.
«Vivrò abbastanza per vederti nella gloria?» gli diceva. «Il posto per un grande uomo è pronto. La monarchia e la religione ne hanno bisogno.»
1 – “Two gentlemen of Verona”: «Oh, come questa primavera d’amore somiglia / all’incerta gloria di un giorno d’aprile: / che ora mostra tutto lo splendore del sole / e ora una nube oscura completamente». (William Shakespeare, I due gentiluomini di Verona, atto I, scena III).