As the blackest sky
Foretells the heaviest tempest.
Don Juan, c. 4, st. 761
In mezzo a questa scena drammatica, Julien era più stupito che felice. Le ingiurie di Mathilde gli mostravano quanto fosse saggia la politica russa. “Parlare poco, agire poco: ecco la mia sola possibilità di successo.”
Sollevò Mathilde e, senza dire una parola, la rimise sul divano. A poco a poco le lacrime la vinsero. Per darsi un contegno, lei prese quelle buste e le aprì lentamente. Ebbe uno scatto nervoso molto marcato nel riconoscere la scrittura della marescialla. Voltava, senza leggerle, le pagine di quelle lettere: molte ne avevano sei.
«Rispondetemi, almeno» disse alla fine con un tono di voce profondamente supplichevole, ma senza avere il coraggio di guardare Julien. «Sapete bene che sono orgogliosa: è la disgrazia della mia posizione e anche del mio carattere, lo confesso. La signora de Fervaques mi ha, dunque, tolto il vostro cuore?… Ha fatto per voi tutti i sacrifici ai quali mi ha trascinato questo fatale amore?»
Un cupo silenzio fu l’unica risposta di Julien.
“Con quale diritto” pensava “mi chiede un’indiscrezione indegna di un uomo onesto?”
Mathilde cercò di leggere le lettere; ma i suoi occhi pieni di lacrime glielo impedivano.
Da un mese si sentiva infelice; tuttavia la sua anima altera era ben lungi dal confessare i propri sentimenti. Solo il caso aveva provocato quell’esplosione. Un attimo, e la gelosia e l’amore avevano avuto la meglio sull’orgoglio.
Lei era seduta vicinissima a Julien, che vedeva i suoi capelli e il suo collo d’alabastro. Per un momento dimenticò ciò che doveva a sé stesso; le circondò la vita con un braccio e se la strinse quasi al petto.
Lei volse il capo verso di lui, lentamente. Julien fu stupito dall’estremo dolore che le si leggeva negli occhi: non vi si riconosceva più la loro espressione abituale.
Sentì che le forze lo abbandonavano, tanto gli era mortalmente penoso l’atto di coraggio che si imponeva.
“Questi occhi” pensò Julien “esprimeranno ben presto il più freddo sdegno, se io mi lascio trascinare dalla felicità di amarla.” Eppure, con voce spenta e con parole che aveva appena la forza di terminare, lei, in quel momento, gli ripeteva ancora tutto il suo rimorso per le azioni che un orgoglio eccessivo le aveva potuto consigliare.
«Anch’io sono orgoglioso» le rispose Julien con voce appena distinta. E i suoi lineamenti esprimevano l’infinita prostrazione fisica.
Mathilde si volse vivacemente verso di lui. Udire la sua voce era una felicità alla quale aveva quasi rinunciato. In quell’istante si ricordava della propria alterigia solo per maledirla. Avrebbe voluto trovare qualche atteggiamento insolito, incredibile, per dimostrargli fino a che punto lo adorava e odiava sé stessa.
«È probabilmente a causa di questo mio orgoglio» continuò Julien «ho attratto per un po’ la vostra attenzione. Certo, in questo momento, mi stimate per la fermezza coraggiosa che si addice a un uomo. Posso provare dell’amore per la marescialla…»
Mathilde trasalì e i suoi occhi assunsero una strana espressione. Stava per udire la propria sentenza. Quel gesto non sfuggì a Julien, che sentì vacillare il suo coraggio.
“Ah!” pensava, ascoltando il suono delle vane parole che pronunciava la sua bocca come fosse un rumore estraneo. “Se potessi coprire di baci queste tue gote così pallide, senza che tu te ne accorgessi!”
«Posso provare dell’amore per la marescialla…» ripeté mentre la voce gli si affievoliva. «Ma certo non ho alcuna prova decisiva del suo interessamento per me.»
Mathilde lo guardò. Lui sostenne lo sguardo o, almeno, sperò che la sua fisionomia non lo avesse tradito. Si sentiva penetrato dall’amore fin nei più intimi recessi del cuore. Mai l’aveva adorata così. Era pazzo quasi quanto lei. Se lei avesse trovato in sé calma e coraggio sufficienti per agire, lui le sarebbe caduto ai piedi rinnegando ogni vana commedia. Julien ebbe la forza di continuare a parlare. “Ah, Korasoff!” pensava. “Perché non siete qui? Che bisogno avrei di una parola per guidare la mia condotta!” E, intanto, la sua voce diceva: «In mancanza di ogni altro sentimento, la riconoscenza basterebbe per avvicinarmi alla marescialla. Lei mi ha dimostrato indulgenza; mi ha consolato quando mi si disprezzava. Non posso avere una fiducia illimitata in talune apparenze, certamente assai lusinghiere, ma forse anche assai poco durevoli».
«Ah, gran Dio!» esclamò Mathilde.
«Ebbene, quale garanzia mi dareste?» riprese Julien con accento vivo e fermo, che pareva abbandonare per un attimo le forme prudenti della diplomazia. «Quali garanzie, quale Dio mi garantiranno che la posizione che sembrate disposta a restituirmi in questo momento durerà più di due giorni?»
«L’intensità del mio amore e della mia infelicità, se non mi amate più» rispose lei afferrandogli le mani e volgendosi verso di lui.
Il movimento brusco che aveva fatto le aveva aperto leggermente la mantellina. Julien scorgeva le sue spalle affascinanti; i capelli un po’ scomposti suscitarono in lui un ricordo delizioso. Stava per cedere. “Una parola imprudente” pensò “e faccio ricominciare la lunga serie dei giorni passati nella disperazione. La signora De Rênal trovava ragioni per compiere ciò che il cuore le dettava. Questa fanciulla dell’alta società non permette al suo cuore di commuoversi se non dopo aver dimostrato a sé stessa, con buone ragioni, che esso deve esser turbato.”
Intravide questa verità in un batter d’occhio e subito riprese coraggio.
Ritrasse le mani che Mathilde stringeva tra le sue e, con un rispetto ostentato, si allontanò un poco da lei. Il coraggio di un uomo non può andare oltre. Raccolse, quindi, tutte le lettere della signora de Fervaques sparse sul divano e, con l’apparenza di una profonda cortesia, crudelissima in quel momento, aggiunse: «La signorina De La Mole si degnerà di permettere che io rifletta su tutto ciò».
Si allontanò rapido e uscì dalla biblioteca. Lei lo udì chiudersi alle spalle tutte le porte, una dopo l’altra.
“Non è turbato, il mostro” pensò… “Ma che dico, mostro? È saggio, prudente, buono. Sono io che ho più torti di quanto si possa immaginare.”
Quello stato d’animo durò. Mathilde fu quasi felice, quel giorno, perché si abbandonò completamente all’amore. Si sarebbe detto che mai quell’anima fosse stata agitata dall’orgoglio, e quale orgoglio!
Trasalì d’orrore quando, la sera, in salotto, un domestico annunciò la signora de Fervaques. La voce di quell’uomo le parve sinistra. Non poté sostenere la vista della marescialla e si allontanò rapidamente. Julien, poco inorgoglito dalla sua penosa vittoria, aveva avuto paura dei propri sguardi e non aveva pranzato in casa La Mole.
Il suo amore e la sua felicità aumentavano rapidamente man mano che si allontanava dal momento della battaglia; era già arrivato a biasimare sé stesso. “Come ho potuto resisterle?” pensava. “E se non dovesse amarmi più? Un attimo può cambiare quell’anima altera. E devo ammettere che l’ho trattata in modo orribile.”
La sera sentì che occorreva assolutamente farsi vedere all’Opera Buffa, nel palco della signora de Fervaques. Lei lo aveva invitato espressamente. Mathilde avrebbe certamente saputo se vi era andato o se, scortesemente, se ne era astenuto. Nonostante la chiarezza evidente di questo ragionamento, lui, all’inizio della serata, non ebbe la forza di mischiarsi alla gente: parlando avrebbe perduto metà della sua gioia.
Suonarono le dieci: doveva assolutamente farsi vedere.
Per fortuna trovò il palco della marescialla pieno di signore e fu relegato presso la porta, completamente nascosto dai cappelli. Quella posizione lo salvò dal ridicolo: i divini accenti della disperazione di Carolina, nel Matrimonio Segreto, lo fecero piangere. La signora de Fervaques vide quelle lacrime: facevano un tale contrasto con la maschia fermezza della sua abituale fisionomia, che l’anima di quella gran dama, satura da molto tempo di quanto l’orgoglio di una parvenue può avere di più corrosivo, ne fu commossa. Quel poco di cuore femminile che le rimaneva la spinse a parlare. Volle godere della sua voce, in quel momento.
«Avete visto le signore De La Mole?» gli chiese. «Sono in terza fila.»
Subito Julien si sporse dal palco, appoggiandosi con grazia al parapetto. Vide Mathilde: aveva gli occhi luccicanti di lacrime.
“Eppure non è il loro turno d’abbonamento” pensò. “Che sollecitudine!”
Mathilde aveva costretto la madre ad andare a teatro nonostante l’inconveniente della posizione di quel palco, offerto dalla premurosa compiacenza di una signora che frequentava la loro casa. Voleva vedere se Julien passava quella serata con la marescialla.
1 – Don Juan: «Così il cielo più nero / preannuncia la più violenta tempesta».(George Byron, Don Giovanni, canto I, strofa 73).