Un’ora dopo, mentre dormiva profondamente, fu svegliato da lacrime che sentiva cadere sulla sua mano. “Ah! È ancora Mathilde” pensò mezzo addormentato. “Fedele al suo programma, viene a combattere la mia decisione con la sua tenerezza.” Annoiato dalla prospettiva di quella nuova scenata di genere patetico, non aprì gli occhi. Gli tornarono alla mente i versi di Belfagor1 che fugge la moglie.
Udì uno strano sospiro: aprì gli occhi. Era la signora De Rênal.
«Ah! Ti rivedo prima di morire. È un’illusione?» esclamò gettandosi ai piedi di lei. «Ma, perdono, signora: ai vostri occhi non sono altro che un assassino» disse subito tornando in sé.
«Signore… vengo a scongiurarvi di ricorrere in appello. So che non volete farlo…»
I singhiozzi la soffocavano. Non poteva parlare.
«Vogliate perdonarmi.»
«Se vuoi che ti perdoni,» gli disse lei alzandosi e gettandogli le braccia al collo «ricorri subito in appello.» Julien la copriva di baci.
«Verrai a vedermi ogni giorno in questi due mesi?»
«Te lo giuro. Ogni giorno, a meno che mio marito non me lo proibisca.»
«Firmo!» esclamò Julien. «Come? Tu mi perdoni? È possibile?»
La stringeva tra le braccia: era pazzo. Lei lanciò un piccolo grido.
«Non è nulla. Mi hai fatto male.»
«Alla spalla!» esclamò Julien scoppiando a piangere.
Si allontanò un po’ da lei e le coprì la mano di baci ardenti. «Chi me lo avrebbe detto l’ultima volta che ti vidi nella tua camera a Verrières?»
«Chi mi avrebbe detto, allora, che avrei scritto quella lettera infame al signor De La Mole?»
«Sappi che ti ho sempre amato, che non ho amato che te.»
«È possibile?» esclamò la signora De Rênal, a sua volta fuori di sé dalla gioia. Si appoggiò a Julien, che era in ginocchio davanti a lei, e piansero a lungo in silenzio. In nessun periodo della sua vita, Julien aveva vissuto una simile emozione.
Molto tempo dopo, quando riuscirono a parlare, la signora De Rênal chiese:
«E quella giovane signora Michelet, o meglio quella signorina De La Mole? In verità, comincio a credere a questa strana storia».
«È vero soltanto apparenza» rispose Julien. «È mia moglie, ma non è la mia amante.»
A grande fatica, interrompendosi cento volte l’un l’altra, riuscirono a raccontarsi ciò che ignoravano. La lettera inviata al marchese era stata scritta dal giovane prete, direttore spirituale della signora De Rênal e copiata da lei. «Che cosa orribile mi ha fatto commettere la religione» diceva. «E pensare che ho attenuato i punti più terribili di quella lettera…»
Gli slanci di passione e la felicità di Julien dimostravano quanto l’adorasse. Mai era stato così pazzo d’amore.
«Eppure mi ritengo religiosa» diceva la signora De Rênal nel corso della conversazione. «Credo sinceramente in Dio; credo ugualmente, e anche questo mi è stato dimostrato, che il delitto da me commesso è atroce, eppure, appena ti rivedo, perfino dopo che mi hai tirato due colpi di pistola…» e qui, nonostante le sue riluttanze, Julien la coprì di baci.
«Lasciami,» continuò «voglio parlare con te, non voglio dimenticare… Appena ti vedo, tutti i doveri scompaiono, sono solo amore per te, o meglio, la parola amore è troppo debole. Sento per te ciò che dovrei sentire unicamente per Dio; un miscuglio di rispetto, di amore e di obbedienza… In verità, non so ciò che mi ispiri… Se mi ordinassi di accoltellare il carceriere, lo farei prima ancora di pensarci. Spiegami questo con molta precisione, prima che io ti lasci; voglio veder chiaro nel mio cuore, perché tra due mesi ci lasciamo… A proposito, ci lasceremo?» aggiunse sorridendo.
«Ritiro la mia parola!» esclamò Julien, alzandosi. «Non ricorro in appello contro la sentenza di morte se, con veleno, ferro, pistola, esalazioni o con qualsiasi altro mezzo tu cerchi di porre fine alla tua vita o di abbreviarla.»
La fisionomia della signora De Rênal cambiò improvvisamente. La tenerezza più viva cedette il posto a una profonda fantasticheria.
«Se morissimo subito?» gli disse alla fine.
«Chi sa che cosa si trova nell’altra vita?» rispose Julien. «Forse tormenti, forse nulla. Non possiamo passare due mesi insieme in maniera deliziosa? Due mesi sono molti giorni. Non sarò mai stato così felice!»
«Non sarai mai stato così felice?»
«Mai» ripeté Julien in estasi. «E ti parlo come parlo a me stesso. Dio mi guardi dall’esagerare.»
«Parlare in questo modo è come darmi un ordine» disse lei con un sorriso timido e malinconico.
«Ebbene! Giuri sull’amore che hai per me di non attentare alla tua vita con alcun mezzo né diretto né indiretto?… Pensa» aggiunse «che devi vivere per mio figlio, che Mathilde abbandonerà a dei domestici appena sarà marchesa de Croisenois.»
«Lo giuro!» rispose freddamente. «Ma voglio portar via il tuo ricorso in appello scritto e firmato di tua mano. Andrò io stessa dal procuratore generale.»
«Fai attenzione, ti comprometti.»
«Dopo essere venuta a trovarti in prigione, io sono diventata ormai per sempre, a Besançon e in tutta la Franca-Contea, un’eroina da pettegolezzi» rispose con aria profondamente afflitta. «I limiti del pudore sono varcati… Il mio onore di donna è perduto; è vero che l’ho fatto per te…»
Il suo tono era così triste che Julien l’abbracciò con una felicità del tutto nuova per lui. Non era più l’ebbrezza della passione, ma estrema riconoscenza. Per la prima volta scorgeva tutta la portata del sacrificio di lei.
Fu certamente qualche anima caritatevole a informare il signor De Rênal delle lunghe visite che la moglie faceva alla prigione di Julien, perché, dopo tre giorni, lui le mandò la carrozza, con l’ordine esplicito di tornare immediatamente a Verrières.
Quella crudele separazione aveva fatto cominciare male la giornata al prigioniero. Due ore dopo lo avvertirono che un prete intrigante, il quale, tuttavia, non era riuscito a farsi strada tra i gesuiti di Besançon, si era messo, fin dalle prime ore del giorno, davanti alla porta della prigione, sulla strada. Pioveva forte e, là, quell’uomo pretendeva di fare il martire. Julien era mal disposto: quella sciocchezza lo turbò profondamente.
La mattina aveva già rifiutato la visita di quel prete; ma costui si era messo in testa di confessarlo e di farsi un nome tra le giovani donne di Besançon con tutte le confidenze che poi avrebbe preteso di aver ricevuto da lui. Dichiarava ad alta voce che avrebbe passato la giornata e la notte alla porta della prigione. «Dio mi manda per toccare il cuore di quest’altro apostata…» E il popolino, sempre curioso di novità, cominciava a raggrupparsi.
«Sì, fratelli miei,» diceva il prete «passerò qui la giornata, la notte e tutti i giorni e le notti che verranno. Lo Spirito Santo mi ha ispirato: ho una missione dall’alto. Sono io che devo salvare l’anima del giovane Sorel. Unitevi alle mie preghiere eccetera.»
Julien aveva orrore dello scandalo e di tutto ciò che poteva attirare la curiosità su di lui. Pensò di cogliere quel momento per andarsene dal mondo in incognito, ma gli rimaneva qualche speranza di rivedere la signora De Rênal: ne era follemente innamorato.
La porta della prigione si apriva su una delle vie più frequentate. Il pensiero di quel prete infangato, che richiamava la folla e faceva scandalo, torturava la sua anima. “E, senza alcun dubbio, ripete il mio nome continuamente!” Quel momento gli fu più penoso della morte.
Julien chiamò due o tre volte, a intervalli di un’ora, un secondino che gli era devoto per mandarlo a vedere se il prete fosse ancora là.
«È inginocchiato nel fango, signore» gli riferiva sempre la guardia. «Prega a voce alta e recita litanie per l’anima vostra…»
“Che impertinente!” pensò Julien. In quel momento, infatti, udì un brusio sordo. Era il popolo che rispondeva alle litanie. Per colmo d’irritazione, osservò che anche il secondino muoveva le labbra ripetendo le parole latine.
«Si comincia a sussurrare» aggiunse la guardia «che dovete avere il cuore molto indurito per rifiutare il soccorso di quel sant’uomo.»
«O patria mia! Come sei ancora barbara!» esclamò Julien fuori di sé per la collera. E continuò ad alta voce il suo ragionamento, non curandosi della presenza del custode.
“Quell’uomo vuole un articolo sul giornale e così è sicuro di averlo. Ah! Maledetti provinciali! A Parigi non sarei sottoposto a tutte queste vessazioni. Là sono più esperti in ciarlataneria.”
«Fate entrare quel santo prete» disse alla fine Julien, e il sudore gli inondava la fronte. Il custode si fece il segno della croce e uscì tutto contento.
Quel santo prete era orribilmente brutto e ancora più infangato. Il tempo piovoso e freddo aumentava l’umidità della segreta. Il sacerdote volle abbracciare Julien e, parlando, cominciò a intenerirsi. Era evidente la più bassa ipocrisia. In vita sua, Julien non si era mai adirato tanto.
Un quarto d’ora dopo l’ingresso del prete, lui si sentiva un vigliacco. Per la prima volta la morte gli parve orrenda. Pensava allo stato di putrefazione in cui si sarebbe trovato il suo corpo due giorni dopo l’esecuzione…
Stava per tradirsi con qualche segno di debolezza o per lanciarsi sul prete e strangolarlo con la catena, quando gli venne l’idea di pregare il sant’uomo di andare a celebrare per lui una buona messa da quaranta franchi, quel giorno stesso.
Era quasi mezzogiorno e il prete se ne andò.
1 – Belfagor: protagonista della favola di La Fontaine pubblicata nel 1682, Belfagor l’arcidiavolo, ispirata a una novella di Machiavelli.