1. Epicureismo

di James Warren

1.1 Epicuro e le origini dell’epicureismo

Epicuro, fondatore di una delle più importanti scuole filosofiche dell’età ellenistica, nasce a Samo nel 341 a.C. da genitori ateniesi. Dopo aver viaggiato a lungo, dando vita a gruppi locali di seguaci a Lampsaco e a Mitilene, si trasferisce ad Atene intorno al 306 a.C. Lì fonda una vera e propria scuola filosofica e attrae numerosi discepoli nel Giardino, una proprietà appena fuori città dove sono soliti incontrarsi gli epicurei. Muore nel 271 a.C. Lascia i suoi beni a due amici ateniesi, alla condizione che continuino ad occuparsi della scuola sotto la direzione di Ermarco, poiché costui, non essendo cittadino ateniese, non ha la possibilità di diventarne il legittimo proprietario. Comunità epicuree continuano a prosperare in tutto il Mediterraneo anche secoli dopo la morte del fondatore della scuola: epicurei, infatti, sono considerati personaggi di spicco della società romana come Attico, l’amico di Cicerone, e il tirannicida Cassio.

ESERCIZIO

E1: Epicureismo

Fonti e documenti

Molti dettagli della vita e del carattere di Epicuro ci sono noti grazie alle lettere e alle opere filosofiche conservate dai suoi discepoli oppure perché trascritte e incluse in opere come le Vite dei filosofi di Diogene Laerzio; numerosi testi epicurei, inoltre, erano conservati nella ricca biblioteca di una villa di Ercolano, sepolta dalle ceneri dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Altra fonte è il poema latino in esametri De rerum natura (Sulla natura delle cose) di Lucrezio, scritto nel I secolo a.C. con l’intento di presentare le opere di Epicuro al pubblico romano. L’influsso di Lucrezio sulla letteratura latina (lo stesso Virgilio ne è testimonianza) è notevole, come pure l’importanza del poema per la nostra comprensione della filosofia naturale di Epicuro e del modo in cui essa viene recepita a Roma in età ellenistica.

Tutte queste informazioni, quindi, sono filtrate da diverse mani e devono essere collocate all’interno di quel vasto movimento agiografico che, nei diversi circoli epicurei, contribuisce a creare un’immagine idealizzata del fondatore.

Ci sono pervenuti dall’antichità anche numerosi busti e statue di Epicuro. Invece della consueta posa filosofica intesa a esprimere una profonda concentrazione, vediamo un uomo con la barba che, con la sua figura severa e tranquilla, incarna alla perfezione l’ideale epicureo di una vita serena, che non conosce né dolore, né affanni.

In base alle testimonianze in nostro possesso, l’influenza dell’epicureismo continua almeno fino all’inizio del III secolo d.C. Non sopravvive all’affermarsi del cristianesimo in ambito politico e intellettuale, dato che in quasi tutte le questioni filosofiche importanti epicurei e cristiani si trovano praticamente agli antipodi.

1.2 Il metodo e la visione del mondo

Epicuro fornisce un’interpretazione filosofica del mondo, e del posto in esso occupato dagli uomini, che nelle sue intenzioni deve poter dare delle risposte all’obiettivo del raggiungimento di una vita stabile e felice. L’approccio metodologico è fondamentalmente empirista: Epicuro rigetta i dubbi degli scettici sulla capacità dei nostri sensi di fornire informazioni utili sulla realtà: ogni sensazione è un’esatta rappresentazione di come appare in verità il mondo.

ESERCIZIO

E2: Epicureismo

TESTO

T3: Epicuro, Esortazione a filosofare

La conoscenza

Bisogna però evitare, secondo Epicuro, di trarre conclusioni affrettate sulla realtà materiale basandosi unicamente sulle sensazioni. Se da un lato sarebbe sicuramente sbagliato crearsi un’opinione che è contraddetta dalle impressioni dei sensi, dall’altro non ci si può affidare totalmente ad esse. Anche se è vero, ad esempio, che un remo immerso nell’acqua ci apparirà curvo e il senso della vista ci trasmetterà in modo attendibile tale immagine, non dovremmo dedurne che il remo è piegato. È quindi di fondamentale importanza verificare le sensazioni ricavate dall’osservazione del remo. A tal fine è necessario vederlo in circostanze diverse e usare altri sensi, come il tatto, per farsi un’opinione che sia coerente con tutte le impressioni ricevute. Il procedimento non cambia nemmeno quando si tratta di cose che non possono essere percepite per via diretta: anche in questo caso dovremmo formarci delle opinioni che non siano contraddette da alcuna sensazione. Secondo Epicuro, ad esempio, dovremmo credere che l’universo sia composto da particelle di materia indivisibile e invisibile, gli atomi, che si muovono costantemente nel vuoto e a volte si uniscono per formare oggetti visibili e macroscopici.

La teoria atomistica viene presentata come la necessaria conclusione da trarre dalla combinazione tra quello che noi percepiamo nella realtà e diverse premesse fondamentali indipendenti dai sensi.

Atomismo e caso

Secondo la cosmologia atomistica, l’universo è infinito in estensione e durata e il nostro mondo (o cosmo) è solo uno tra gli infiniti mondi possibili. Non c’è ragione, dopotutto, perché debba esistere un limite all’universo in un dato punto piuttosto che in un altro e, ammesso che ci sia, resterebbe comunque il problema di cosa rimane al di fuori dell’universo.

TESTO

T1: Epicuro, Teoria della natura

Da queste considerazioni derivano anche importanti conclusioni etiche. Il nostro mondo è il prodotto della collisione casuale di diversi atomi e non è stato creato o pensato per uno scopo preciso. Anche se tutte le cose che ci circondano sembrano create tenendo conto delle loro attitudini e necessità, esse in realtà sono semplicemente il risultato di diversi tentativi ed errori casuali da cui potevano sopravvivere soltanto gli esemplari più efficienti e riusciti. Questo non significa, naturalmente, che la nostra vita debba essere priva di senso o di uno scopo. Epicuro intende semplicemente liberarci dall’idea (considerata opprimente) che gli esseri umani debbano la loro vita e il mondo in cui vivono a uno o più creatori divini.

Gli atomi

La concezione atomistica di Epicuro richiama sotto molti aspetti quella già proposta da Leucippo e Democrito, ma con alcune modifiche di minore importanza. In primo luogo gli epicurei precisano che gli atomi, anche se fisicamente indivisibili, sono a loro volta composti di parti minime (minima, secondo la terminologia lucreziana) in linea teorica indivisibili. Questi minima, paradossalmente, sono sia compatti che estesi, e dato che le combinazioni di tali minima fanno sì che gli atomi assumano forme diverse, gli epicurei talvolta spiegano le differenze nell’aspetto esteriore degli oggetti macroscopici in termini di forme degli atomi che li compongono. In secondo luogo, in aggiunta al peso e all’impatto, gli epicurei ritengono che il moto degli atomi a volte comporti deviazioni dal percorso previsto. Questa deviazione – che successivamente verrà definita da Lucrezio clinamen – , anche se minima, viene ridicolizzata dai loro critici, essendo un moto senza causa, ma probabilmente è ipotizzata dagli epicurei al fine di spiegare la possibilità degli uomini di autodeterminarsi: la visione di un mondo composto da atomi che si muovono a caso (vedi Democrito) rischia di sfociare nel determinismo fisico. Dal momento che il determinismo è incompatibile con la libera responsabilità umana, che però esiste a tutti gli effetti, allora ne consegue che i movimenti degli atomi non possono essere del tutto casuali.

1.3 La visione del divino e della vita ultraterrena

Gli epicurei affermano con forza il carattere antropomorfico degli dèi. All’interno della loro cosmologia non c’è posto per creatori divini, ma, considerando che la fede nell’esistenza di esseri divini è pressoché universale nelle società umane, essi ne concludono che tale credenza debba avere un qualche fondamento nella realtà. Ai loro occhi, comunque, la maggior parte degli esseri umani attribuisce erroneamente agli dèi preoccupazioni e caratteristiche che non solo non sono necessarie, ma nemmeno compatibili con la loro natura divina. Se esistono delle divinità, esse devono necessariamente condurre vite ideali e per questo motivo, secondo gli epicurei, non ha alcun senso credere che gli dèi mostrino interesse per consuetudini o credenze che sono esclusivamente umane. Un dio non può, infatti, vivere un’esistenza ideale se si preoccupa di aiutare alcuni mortali da lui prediletti o di punire chi non esegue correttamente i rituali.

TESTO

T2: Epicuro, “Come un dio fra gli uomini”

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E3: Epicureismo

Atarassía

Allo stesso modo le divinità avrebbero un’esistenza peggiore di quella che spetta al loro essere divine se sentissero addirittura il bisogno di creare un mondo o dovessero preoccuparsi di intervenire nel suo funzionamento: quindi è più corretto pensare che gli dèi vivano il tipo di esistenza priva di affanni cui anche i mortali dovrebbero aspirare. In conseguenza di ciò, un epicureo può dichiarare di essere pio, ma nel senso che la sua devozione agli dèi consiste nel riconoscere che essi sono totalmente indifferenti alle cose umane; un dio rappresenta il modello di vita a cui egli aspira e qualsiasi epicureo che raggiunga una condizione di assenza di ogni turbamento, o atarassía, può a buon diritto essere ritenuto una divinità.

La morte

Questo ideale di vita divina è basato anche sulla consapevolezza che un epicureo, come ogni altro composto di atomi, è mortale e un giorno cesserà di esistere. Gli epicurei respingono l’idea di una vita dopo la morte e, anche se ritengono che gli esseri umani siano una combinazione di corpo e anima, affermano che l’anima, alla stregua del corpo, è un composto di determinati tipi di atomi e come tale si disperde e va distrutta alla morte della persona. La paura della morte è uno dei principali fattori dell’infelicità umana e, per esorcizzarla, gli epicurei fanno notare che la morte comporta l’annichilimento finale della persona: considerato questo fatto, diventa irrazionale essere preoccupati per un’eventuale punizione o ricompensa in una presunta esistenza ultraterrena e tutti i disagi e gli affanni degli esseri umani, che pensano erroneamente di dover faticare per assicurarsi un qualche tipo di ricompensa nell’aldilà, a questo punto, non hanno ragione di essere. Dal momento che nulla di noi stessi sopravvive dopo la morte, non abbiamo nulla da temere.

TESTO

T5: Epicuro, Cosa significa avere paura della morte? I

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E5: Epicureismo

1.4 La natura del piacere

Edonismo

Per quanto concerne l’etica, gli epicurei ritengono che la nostra esperienza di piacere e di dolore debba essere criterio di verità quando si tratta di stabilire cosa è buono e cosa è male. L’esperienza del piacere è evidentemente buona, stando agli epicurei, mentre l’esperienza del dolore è evidentemente male.

Essi sottolineano che i bambini molto piccoli e gli animali, non dotati di ragione, perseguono il piacere e evitano il dolore e, dato che agiscono in questo modo senza credere nella bontà del piacere e nella malvagità del dolore, la loro ricerca dell’uno e il rifiuto dell’altro deve essere del tutto naturale. Per gli epicurei, però, non tutti i piaceri devono essere necessariamente perseguiti, visto che la ricerca di un determinato piacere può impedire un piacere successivo e maggiore oppure causare un dolore più grande. Nello stesso modo in cui teniamo conto della prova dei sensi, così la ragione e il calcolo giocano un ruolo importante se intendiamo trarre il massimo piacere possibile dalle nostre vite.

Gli epicurei hanno una visione particolare della natura del piacere stesso. A differenza della maggior parte degli altri filosofi dell’antichità, essi negano l’esistenza di uno stadio intermedio tra il piacere e il dolore: il massimo piacere viene raggiunto non appena tutto il dolore viene rimosso. Essi sostengono inoltre che una volta raggiunto uno stato di totale assenza di dolore, sia nel corpo (aponía, secondo la loro definizione) che nell’anima (atarassía) il piacere può solo essere variato e non aumentato.

Dominio dei desideri

Una vita piacevole, per gli epicurei, non include né lussi né stravaganze. Se lo scopo della vita è la rimozione di tutto il dolore, il modo più efficiente per assicurarsi una vita il più possibile priva di dolore consiste nel rimuovere tutti i desideri che non sono assolutamente naturali e necessari. Visto che il desiderio di potere politico, ad esempio, è difficile da realizzare e può anzi essere fonte di molti dolori, gli epicurei lo considerano del tutto innaturale. Il potere politico non soddisfa alcun bisogno umano, quindi un buon epicureo semplicemente non lo desidererà; allo stesso modo non desidererà nulla di troppo specifico o difficile da ottenere. Ad esempio, considerato che non esiste un bisogno naturale per nessun cibo in particolare, oltre a quello di soddisfare semplicemente i propri appetiti di base e le necessità fisiologiche, un buon epicureo desidererà soltanto di non essere affamato o assetato: in che modo esattamente questi bisogni verranno soddisfatti gli sarà in realtà indifferente. Epicuro stesso si vanta di poter pranzare bene con pane e acqua.

TESTO

T4: Epicuro, Forme del desiderio

Liberarsi del superfluo

La strategia generale della dottrina epicurea è improntata all’avversione al rischio: dato che l’eliminazione del dolore coincide con il perseguimento del piacere, chi riesce ad eliminare le cause di dispiacere e di malessere godrà conseguentemente della più piacevole vita possibile. La maggior parte dei critici dell’antichità (e anche molti moderni) trovano troppo difficile conciliare questa apparente austerità con la promessa iniziale di una bella vita in senso edonistico, ma gli epicurei insistono che tale concezione della natura del piacere, sfrondata di ogni elemento superfluo, permette a ogni essere umano di vivere nel migliore modo possibile. Sarebbe sbagliato, d’altra parte, supporre che gli epicurei conducano una vita piena di rinunce. Semplicemente riconoscono che non sempre ciò che desideriamo ci è indispensabile per una vita felice e, anzi, il desiderio smodato di alcune cose rende impossibile un’esistenza priva di affanni.

1.5 Il ruolo dell’amicizia e della società

Gli epicurei ritengono che l’amicizia e la società svolgano un ruolo fondamentale per un’esistenza felice. Gli esseri umani, infatti, sono contraddistinti da una naturale socievolezza e gli amici possono avere un influsso positivo sulla qualità della vita, offrendo sicurezza e varie occasioni di conforto e di aiuto. Gli epicurei sembrano dunque pensare che l’amicizia sia una specie di mutuo scambio di aiuti e di piaceri, basato sulla stima reciproca.

I gruppi epicurei sono certamente caratterizzati da una socialità assai intima: i discepoli di Epicuro si incontrano regolarmente per pranzare insieme e si preoccupano del benessere reciproco. In parte questa è considerata anche una condizione indispensabile per un insegnamento efficace: uno studente può avere bisogno di chiedere consigli e chiarimenti al suo maestro, e l’insegnante deve a sua volta imparare a consigliarlo nel modo più appropriato, tenendo conto dei suoi bisogni personali e delle sue inclinazioni.

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E6: Epicureismo

La giustizia

Per quanto riguarda la teoria politica, gli epicurei sostengono che la giustizia nasca dal bisogno di assicurarsi contro l’aggressione e il dolore provocato da altri, e quindi una buona legge sarà quella che permette a ogni cittadino di vivere una vita serena e libera dagli affanni. La giustizia non ha valore di per se stessa al di là di questo scopo generale e, anche se tutti i sistemi giuridici validi si prefiggono lo stesso fine, le leggi promulgate possono variare a seconda dei contesti e delle condizioni delle diverse società.

I critici dell’epicureismo hanno contestato questa posizione con il seguente argomento: se la legge non ha valore di per sé, allora infrangerla non è male e se un epicureo può infrangere la legge, certo della sua impunità, allora non c’è ragione per lui di non farlo e, ancora peggio, se infrangere la legge favorisce il suo benessere generale allora si potrebbe dedurne che infrangere la legge sia altamente raccomandabile. In risposta a questa obiezione Epicuro sostiene che sarebbe comunque meglio non infrangere la legge dal momento che la sola possibilità di essere arrestati a seguito di un crimine produce ansietà (e quindi dolore).

Al di fuori del circolo intimo di amici, i rapporti degli epicurei con il resto della società sono talvolta tesi. Coloro che godono dello status di cittadino di solito partecipano attivamente alla vita pubblica: quindi si trovava sospetto il disinteresse degli epicurei per la politica, arrivando alla conclusione che il loro cripto-ateismo rappresentasse un pericolo per la struttura della società.