Imām

(Guida)

L’Imām è l’uomo cui spetta il dovere di guidare la preghiera comunitaria e di pronunciare, nella ricorrenza del venerdì (ṣalāt al jum‘a), il discorso (khuṭba) che, sulla scorta dell’esempio del Profeta Muḥammad, la precede. Egli viene indicato in virtù della sua maggiore anzianità e sapienza. Sono queste infatti le caratteristiche principali che debbono muovere alla sua designazione, per quanto in via di principio, non esistendo nella tradizione islamica una gerarchia se non di natura intellettuale, ogni uomo adulto può adempiere a questa funzione. L’assenza di un clero nell’Islām fa di ogni individuo un sacerdote consacrato al ricordo perenne del Signore in ogni momento della vita. Questa responsabilità incombe a ciascun essere umano che dovrà renderne direttamente conto al Signore nel Giorno del Giudizio, seguendo le stesse parole del Corano: “Nessun uomo porterà il fardello di un altro” (Corano, VI, al-Am‘ām, 164). In fondo è proprio questo sacerdozio che conferisce all’uomo la sua reale dignità. Nella sua creazione a immagine di Dio, secondo la tradizione islamica, l’uomo è stato assunto come vicario (khalīfa) del Signore sulla terra. L’umanità ha accettato il deposito della fede, vincolandosi nel patto (mithāq) primordiale al perenne riconoscimento della Signoria onnipotente del Creatore:

E quando il Signore trasse dai lombi dei figli di Adamo tutti i loro discendenti e li fece testimoniare contro loro stessi: “Non sono il vostro Signore?” essi risposero: “Si, lo attestiamo”. Lo facemmo perché nel Giorno della Resurrezione non diciate: “Veramente eravamo inconsapevoli di ciò” (Corano, VII, al-A‘rāf, 172).

Il sacerdozio, inteso come adempimento sollecito degli atti di adorazione e ricordo costante di Dio, costituisce dunque, in una prospettiva tradizionale islamica, la stessa ragion d’essere dell’uomo sulla terra.

Vi è qualcosa in questa funzione intrinsecamente propria dell’uomo, in quanto creatura plasmata dall’amore divino, che lo collega in un vincolo necessario alla sorte degli altri uomini, destinati a condividere il peso di un deposito spirituale di grande responsabilità. Non a caso il termine imām viene dalla radice ’-m-m, che indica lo stare davanti, il guidare sulla retta via che è poi simbolicamente la qibla, ovvero la direzione che conduce al centro.

Alla fine dei tempi, ha ricordato ancora una volta in un ḥadīth il Profeta Muḥammad, la comunità sarà confusa e divisa proprio per la mancanza di guide salde, e molti verranno fuorviati da quelle che il Vangelo chiama le guide cieche” (MT, ٢٣, ١٦). In questa comunità in cui gli Arabi si troveranno in minoranza, l’ultimo Imām sarà il Mahdī (il ben guidato), che avrà la funzione di radunare a Gerusalemme l’ultimo gruppo di credenti nell’attesa del ritorno del Cristo190:

Quel giorno gli Arabi saranno poco numerosi; la maggior parte di loro si troverà a Gerusalemme con il loro Imām che sarà un uomo giusto, il Mahdī. Quando questi avanzerà per recitare la preghiera del mattino tra i fedeli convocati, Gesù, figlio di Maria, discenderà tra di loro. L’Imām, vedendolo, indietreggerà per fargli posto, ma Gesù poserà la sua mano sulla sua spalla e lo inviterà a condurre la preghiera.191

L’ultimo Imām, il Mahdī, avendo riconosciuto il Messia, Gesù, indietreggerà per fargli posto convenientemente al rispetto di una gerarchia di ordine spirituale, ma il Messia lo esorterà, legittimandolo così nel ruolo di Imām degli ultimi credenti, a svolgere il suo compito fino alla fine.

190 Cfr. Imam Suyuti, Le retour de Jesus a la fin du temps selon la tradition musulmane, Editions Iqra, Paris, 2000.

191 Ibn Māja, Sunan, II, 226-267.