Īmān

(Fede)

Quando il Profeta Muḥammad, interpellato dall’Arcangelo Gabriele, offrì la sua risposta relativamente alla fede, ne fissò in maniera precisa i cardini, quasi a definire i pilastri di un ulteriore elemento delle virtù del credente: ‘Parlami della fede (īmān)”. Rispose: “è che tu creda in Allāh, nei Suoi Angeli, nei Suoi Libri, nei Suoi Inviati e nell’ultimo giorno, e che tu creda nel divino decretare, sia nel bene sia nel male’.

Dunque, la fede sincera è, per la gran parte dei riferimenti indicati dal Profeta, riposta in ciò che non è verificabile in una sua concretezza materiale. È per questo che, in apertura alla sūra della Giovenca, si dice con chiarezza che la fede di coloro che hanno timore di Dio si contraddistingue per la capacità di essere saldi proprio laddove le certezze degli uomini, bisognosi continuamente di prove, crollano. È detto in questa sūra che gli uomini timorati sono “coloro che credono nell’Invisibile”192.

Per questi uomini, la fede è una Grazia ma anche una responsabilità, un fardello quasi impossibile da sostenere:

In verità abbiamo offerto il deposito della fede ai cieli e alla terra e alle montagne, ma hanno rifiutato di portarlo e ne hanno avuto paura, e se ne fatto carico l’uomo, in verità egli si comporta da ingiusto e da ignorante.193

Giacché, come si vedrà, la fiducia nel “divino decretare, sia nel bene che nel male” implica una confidenza provata sino all’estremo limite, se la sottomissione (l’Islām) è un passo decisivo nella trasformazione capace di manifestarsi in chi vi faccia professione, è proprio quando la vita di questo basso mondo sembra accanirsi con le sue offese e i suoi soprusi che la fede interviene con il suo sostegno decisivo:

Se subite una ferita, simile ferita è toccata anche agli altri. Così alterniamo questi giorni per gli uomini, sicché Allāh riconosca quelli che hanno creduto e che scelga i testimoni tra voi – Allāh non ama gli empi.194

L’abbandono fiducioso alla bontà della predestinazione divina è una bussola infallibile per determinare la differenza tra coloro che sanno andare oltre l’apparenza anche ingiusta della sorte di questo mondo e coloro che ne rimangono vittima pieni di risentimento e frustrazione.

C’è uno scarto decisivo tra l’Islām e l’Imān, e questo scarto opera dentro il cuore che, in quanto sede dell’intelletto, permette di concepire una visione della realtà più profonda. È per questo che nel Corano s’invita il Profeta a correggere la convinzione di alcuni neofiti che non erano andati al di là di una rigida accettazione della religione:

I Beduini hanno detto: “Crediamo”. Di’: “Voi non credete. Dite piuttosto “Ci sottomettiamo”, poiché la fede non è ancora penetrata nei vostri cuori. Se obbedirete ad Allāh e al Suo Inviato, Egli non trascurerà nessuna delle vostre [buone] azioni. In verità Allāh è Perdonatore, Misericordioso.195

La fede, dunque, su un piano di progressione e di realizzazione spirituale viene dopo la sottomissione e prima del raggiungimento dell’eccellenza più completa. Essa implica il respiro più ampio di una fiducia luminosa nell’invisibilità dei mondi che convivono, su un piano sottile accanto al nostro, dei messaggi trasmessi da Dio e dagli Inviati che sono stati incaricati di trasmetterli nel corso del tempo.

192 Corano, II, Al-Baqara, 3.

193 Corano, XXXIII, Al-Aĥzāb, 72. È chiaro che, in questo passaggio coranico, si fa riferimento all’“invisibile” in un senso molto preciso e ascrivibile alla dimensione trascendente, del “sovraumano”, e non di quel che ricade nel dominio psichico dei sensi, come ha chiarito Guénon: “Qualcuno spinge ancor più lontano la confusione, e del termine “spirituale” fa più o meno un sinonimo di “invisibile”, vale a dire che ritiene tale, indistintamente, tutto quel che non cade sotto i sensi ordinari e “normali’”, R Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, Luni, Milano, 1996, p. 27.

194 Corano, III, Al-‘Imrān, 140.

195 Corano, XLIX, Al-Ĥujurāt, 14