Laqab

(Soprannome onorifico)

O credenti, non scherniscano alcuni di voi gli altri, ché forse questi sono migliori di loro. E le donne non scherniscano altre donne, ché forse queste sono migliori di loro. Non diffamatevi a vicenda e non datevi nomignoli. Com’è infame l’accusa di iniquità rivolta a chi è credente! Coloro che non si pentono sono gli iniqui.244

Quando nel Corano si fa riferimento ai nomignoli (alqāb) assegnati reciprocamente tra credenti, è per stigmatizzarne l’uso dispregiativo o derisorio. Tuttavia, il laqab è stato per secoli il titolo o soprannome onorifico destinato a consegnare ai posteri la caratteristica valenza di chi ne veniva omaggiato. Dal punto di vista delle celebrazioni del potere, molti califfi e sultani si sono visti ritratti da un epiteto capace di magnificarne la virtù nei secoli a venire. È il caso, per esempio, del primo Califfo: Abū Bakr, chiamato dal Profeta Ṣiddīq per la sua capacità innata di riconoscere la Verità; ma è anche il caso di Hārūn al-Rashīd, quinto califfo abbaside, e di numerosi altri condottieri come Ṣalāḥ al-Dīn (ovvero l’integrità della Tradizione), il conquistatore di Gerusalemme nel 1187 o di al-Mālik al-Kāmil (ovvero, il Sovrano perfetto) che incontrò pacificamente San Francesco d’Assisi e Federico II di Svevia.

Il laqab, insomma, può esprimere un auspicio che in qualche episodio storico si è mostrato vaticinio veritiero o conferma legittima di una premessa benaugurante. Tuttavia, esso può, e deve, assumere di necessità (come si vede anche negli esempi citati) il titolo destinato a rendere riconoscibile una funzione salvifica o santificante: “Ogni Santo appartenente a una determinata categoria possiede inoltre un titolo esoterico (laqab) che esprime esattamente la sua peculiare funzione in relazione agli altri membri dello stesso grado gerarchico. Tale nome iniziatico è costante e unico, a prescindere dal nome proprio dell’individuo che occupa quella posizione nella gerarchia in un dato momento”245. A proposito della distinzione tra nomi profani e nomi iniziatici, ha affermato René Guénon:

Se un’organizzazione iniziatica è realmente quel che deve essere, l’indicazione di uno qualunque dei suoi membri con un nome profano, quand’anche sia “materialmente” esatta, sarà sempre intaccata da falsità, più o meno come lo sarebbe la confusione tra un attore e un personaggio di cui questi reciti la parte e del quale ci si ostinasse ad attribuirgli il nome in tutte le circostanze dell’esistenza.246

244 Corano, XLIX, Al-Ĥujurāt, 11.

245 C. Casseler, Introduzione, in Ibn ‘Arabī, Il mistero dei custodi del mondo, p. 15.

246 R. Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, p. 217.