Qur’ān

(Corano)

Dalla radice q-r-’, che contempla l’idea del recitare, trasmettere qualcosa, ma anche sintetizzare e soffiare con regolarità (con evidente riferimento all’azione trascendente e concettualmente sintetica dello Spirito). Il Corano è, secondo la Tradizione, Parola di Dio rivelata al Profeta Muḥammad nella notte del Destino, tra il ventiseiesimo e il ventisettesimo giorno del mese di Ramaḍān. Il momento della Rivelazione coincide, quindi, secondo quanto affermato dallo stesso Corano, con una possibilità di palingenesi, di rinnovamento del ciclo del mondo che culmina nella discesa del Corano. Il termine adoperato per esprimere il concetto di rivelazione (tanzīl, dalla radice n-z-l) esplicita il carattere increato del Corano306.

La dottrina del Corano increato, definitivamente sancita, come si è visto, da al-Ash‘arī, poggia secondo Ibn Ḥanbal sulla distinzione coranica tra il khalq, l’attività creatrice di Dio, e l’amr, l’Ordine divino, identico alla Sua volontà legiferante, poiché nel Corano si dice: “A Dio appartengono la creazione e l’Ordine” (Corano, VII, al-A‘rāf, 54), e il Corano – secondo il versetto: Tale è l’Ordine che Dio ha fatto discendere su di voi (Corano, LXV, al-Ṭalāq, 5).

La Parola di Dio, protetta nei Cieli in una Tavola ben custodita (al-lawḥ al-maḥfūẓ), essendo un attributo divino non è creata. Essa allora è stata fatta discendere sul cuore del Profeta Muḥammad che, in quanto predestinato alla profezia, ha in sé la luce del Verbo. Vi è quindi una corrispondenza tra il carattere profetico e la Parola divina che deve tradursi provvidenzialmente, in epoche e luoghi diversi, in Libri sacri che regolino la retta conduzione spirituale delle diverse comunità.

Il Corano si divide in 114 sure. Il termine sūra (pl. suwar), dalla radice s-w-r, indica la configurazione formale, il dare forma a qualcosa (occorre ricordare, a tal riguardo, che uno dei novantanove bellissimi Nomi di Dio è al-Muṣawwir, “ Colui che forgia, che dà forma”). In questo caso, esso allude all’organizzazione formale della Rivelazione coranica che si è trasmessa, in forma prevalentemente orale, per molti anni e, nonostante l’opera rapsodica di trascrizione, ha trovato una compiuta sistemazione scritta soltanto all’epoca del terzo califfo ‘Uthmān Ibn ‘Affān.

Le sure, sistemate in ordine decrescente, a loro volta, possono, a seconda della scansione cronologica, essere divise in meccane e medinesi. Le sure meccane si riferiscono al periodo precedente l’Egira (622), mentre le medinesi appartengono alla stagione in cui la comunità delle origini cominciava ad organizzarsi secondo le forme istituzionali e giurisprudenziali, suggerite dalla Sharī‘a, che sarebbero poi state patrimonio dello stato califfale.

Il testo coranico non obbedisce ad una coerenza cronologica della narrazione: le diverse sure conservano una propria autonomia, poiché ciascuna corrisponde ad un momento della Rivelazione ed esprime una propria episodicità esaustiva. Certo, uno dei problemi offerti dall’esegesi coranica è il medium linguistico rappresentato dall’arabo che, in quanto lingua della Rivelazione, ha un carattere sacro e il Corano stesso ricorda, come si è visto (infra Lisan) che Iddio ha scelto la temperie cristallina della lingua araba per consegnare agli uomini la sua definitiva Rivelazione.

Una lingua, pertanto, al riparo da ogni possibile contaminazione e inimitabile nei suoi tratti peculiari. L’inimitabilità del Corano (i’jāz al-Qur’ān) è d’altronde emblematicamente ricordata nel Libro:

Di’: “se gli uomini e i jinn si unissero per portare un corano come questo non vi riuscirebbero, nemmeno se si aiutassero l’un l’altro” (Corano XVII, al-Isrā’, 88).

Il valore sacro del Corano e della sua lingua è evidenziato peraltro dalla vocazione alla bellezza, segnalata come un oceano senza sponde da molti Maestri307 e perseguita sin nell’impulso eccezionale offerto alla decorazione calligrafica in cui la parola, in una dimensione sostanzialmente aniconica come quella islamica, diviene immagine pregnante. Sul versante dell’oralità e della trasmissione orale del testo coranico, non possono altresì essere trascurate le scienze del tajwīd, ossia la tecnica della recitazione salmodiante dei versetti308, come l’ha codificata, secondo dodici diverse modalità, un’antica e complessa consuetudine309.

In un ambito differente si colloca la scienza dell’esegesi: ‘ilm al-tafsīr. Tra i riferimenti principali di questo impegnativo intento esegetico, c’è sicuramente al-Ṭabarī, autore di un tafsīr in trenta volumi: Jāmiʿ al-bayān ‘an ta’wīl al-Qur’ān. Esso è particolarmente prezioso per la sterminata mole di materiali che contiene.

Su un versante di diversa intelligenza del testo coranico, va rilevato invece il commentario, solitamente attribuito a Ibn ‘Arabī, di ‘Abd al-Razzāq al-Qāshānī (m. 1330), maestro persiano del Taṣawwuf.

Un’appendice alla scienza esegetica è costituita dalle altre numerose scienze, quali quella dell’abrogante e dell’abrogato (al-nāsikh wal-mansūkh), che studia quale versetto ne abroghi un altro e secondo quali modalità.

306 “È una delle tesi fondamentali dell’ortodossia sunnita. Il dibattito sulla natura del Corano sorse al tempo del califfo Hārūn al-Rashīd (١٧٠/٧٨٦-١٩٣/٨٠٩), ma il primo ad aver sostenuto la natura “creata” del Corano (al Qur’ān makhlūq) è stato Ga’d ibn Dirham, messo a morte nel 124 o 125/742-43, che negava anche che Dio avesse parlato a Mosé […] Tale dottrina, diffusa a partire dal suo discepolo Gahm ibn Safwan, divenne in seguito uno dei tratti distintivi dei Mu‘taziliti, ma influenzò diverse scuole […] quando Ma’mun salì al potere appoggiò le loro tesi e istituì nel 218/833 la mihna, o “inquisizione”, per ottenere la sottomissione dei dottori della Legge. All’epoca uno dei principali fautori del Corano increato (al Qur’ān ghayr makhlūq), fu l’Imām Aḥmad Ibn Ḥanbal che, per non essersi sottomesso, subì la flagellazione e l’arresto” (P. Urizzi, Note a Kalābādhī, Il sufismo nelle parole degli antichi, p. 76).

307 “Ti scuoto dal sonno, o tu che perseveri nella recitazione del Corano, seriamente ne hai intrapreso lo studio e avidamente ti impregni dei tuoi sensi esteriori e delle sue sentenze! Quanto a lungo andrai aggirandoti sulle rive di un mare di cui i tuoi occhi non sanno cogliere le meraviglie? Forse che non dovevi raggiungere il mezzo delle sue profondità, onde ammirarne lo spettacolo stupendo, e viaggiare verso le sue isole, onde raccoglierne i beni, e tuffarti nei suoi abissi, onde arricchirti con la raccolta delle perle? Non dovevi forse biasimarti per il fatto di essere escluso dal possesso delle pietre preziose e delle perle a causa della tua perseveranza a guardare alle rive e all’esteriorità? Non ti è dunque chiaro che il Corano è come un immenso oceano da cui proviene tutto il sapere degli antichi e dei moderni, così come dal mare si ramificano tanto i grandi fiumi quanto i ruscelli?”, Al-Ghazālī, Le perle del Corano, Rizzoli, Milano, 2000, p. 79.

308 “Come riferisce Abū Lubāba Bashīr Ibn al-Mundhir (che Dio sia soddisfatto di lui) il Profeta ha detto: “Colui che non salmodia il Corano facendo del suo meglio non è dei nostri” (Riportato da Abū Dāwūd)” (Quaranta detti del Profeta Muḥammad, p. 41).

309 Da una narrazione di ‘Umar Ibn al-Khaṭṭāb: “Durante la vita dell’Inviato di Dio – Iddio lo benedica e gli dia eterna salute – udii Hishām figlio di Ḥākim recitare la Sūra del Furqān (XXV) in molte maniere che non erano quelle insegnate a me dal Profeta – Iddio lo benedica e gli dia eterna salute. Poco mancò che non lo aggredissi durante la preghiera, ma ebbi pazienza sino alla fine, poi lo afferrai per il mantello e gli domandai: “Chi ti ha insegnato a recitare questa Sūra”? “Me l’ha insegnata l’Inviato di Dio – Iddio lo benedica e gli dia eterna salute”. “Menti! L’Inviato di Dio – Iddio lo benedica e gli dia eterna salute – l’ha insegnata a me in modo diverso”. Lo condussi dall’Inviato di Dio – Iddio lo benedica e gli dia eterna salute –, che informai del caso. Egli fece recitare quella sūra a Hisham, che la recitò come io l’avevo udita prima, e gli disse: “Così è stata rivelata”. Poi la fece recitare a me; recitai come lui mi aveva insegnato. Allora l’Inviato di Dio – Iddio lo benedica e gli dia eterna salute – disse: “Così è stata rivelata, perché in verità questo Corano fu rivelato in sette modi. Recitatelo come vi riesce più facile”; K. Nelson, The Art of Reciting the Qur’an, The American University in Cairo Press, Cairo-New York, 2001; C. Crescenti, La ricerca della perfezione nella recitazione coranica. Trattato sulla scienza del Tajwid, Olschki, Firenze, 2005.