(Comunità)
Umma, dalla radice ’-m-m, indica la comunità dei musulmani, ummat al-muslimūn. Non c’è comunità senza una guida (Imām) e le responsabilità e i diritti che attengono ad entrambi deriva dalla misericordia di Dio. La misericordia divina (raḥma) ha un carattere materno, insito nella radice r-ḥ-m. Non sarà quindi un caso che dalla radice ’-m-m, destinata a indicare emblematicamente i beneficiari dell’amore di Dio, derivino le parole: umm, madre, e ummī, che si riferisce a chi permanga nella condizione pura e virginale della propria nascita. In particolare quest’ultimo termine è attribuito al Profeta Muḥammad, il quale è dotato della purezza incontaminata atta a ricevere la rivelazione; nello stesso tempo, quando il Corano gli attribuisce questa qualità, vi include il suo compito di esemplare modello da seguire nell’itinerario verso la salvezza:
Credete in Dio e nel Suo Inviato, il Profeta illetterato (al-nabī al-ummī) che crede in Dio e nelle Sue parole. Seguitelo, affinché possiate rimanere sulla retta via (Corano, VII, al-Ar‘af, 158).
Se per eccellenza la guida di coloro che temono il Signore è il Profeta Muḥammad, la comunità religiosa dei musulmani, rivestita dell’attributo divino della misericordia, deve avere un ruolo di protezione e di testimonianza vigile e protettiva nei confronti dell’umanità:
E così facemmo di voi una comunità del giusto mezzo, affinché siate testimoni di fronte ai popoli e il Messaggero sia testimone di fronte a voi. Non ti abbiamo prescritto l’orientamento se non al fine di distinguere coloro che seguono l’Inviato da coloro che se ne sarebbero allontanati (Corano II, al-Baqara, 143).
In questo denso versetto si evidenzia in che modo il ruolo profetico di guida sia direttamente collegato alla comunità, secondo l’assunto che, come si è visto, stringe in una reciprocità indissolubile l’Imām e la sua Umma. Nello stesso tempo la comunità musulmana, che ha un carattere muḥammadiano, svolge nei confronti di tutti gli uomini un ruolo inequivocabile di richiamo costante al riconoscimento della Signoria divina. In conformità col carattere del suo paradigmatico Imām, cioè di Muḥammad, la Umma ha ereditato questo dovere, che si esprime nell’equilibrio (“e così facemmo di voi una comunità del giusto mezzo”). Così, anche altrove, quando nel Corano ricorre il riferimento alla radice w-s-t, che connota la medietas e la moderazione, esso precede l’ineludibile anelito umano alla glorificazione dell’Altissimo:
Il più equilibrato tra di loro disse: “Non vi avevo forse avvertito di rendere gloria a Dio?” (Corano LXVIII, al-Qalam, 28).
L’equilibrio dovrà quindi essere inteso come capacità di porsi nel giusto mezzo, di occupare, nell’infinito spazio della compassione divina, il centro, il punto d’equilibrio tra cielo e terra dal quale tendere a Dio, non dimenticandosi di alcun fratello e di alcuna sorella, di nessuna creatura che condivida il nostro transito nella vita di questo mondo. In quest’ottica il Profeta diviene per la Comunità l’esempio di ciò che essa dovrà continuare ad essere fino alla fine dei tempi:
Ci raccogliemmo presso l’Inviato di Dio che disse: “Non c’è stato nessun Profeta prima di me che non avesse il dovere di indicare ai membri della sua comunità quello che egli sapesse essere il loro bene, e di metterli in guardia contro quello che egli sapesse esser male per loro”.367
Questo ḥadīth suggerisce l’idea che l’equilibrio necessario alla sussistenza spirituale del mondo è offerto dalla presenza della Umma, di una comunità che si faccia garante e depositaria della Tradizione.
E nel Corano si dice: “Voi siete la migliore comunità che sia stata suscitata tra gli uomini, raccomandate le buone consuetudini e proibite ciò che è riprovevole e credete in Allāh” (Corano III, āl-‘Imrān, 110).
367 Da Ibn ‘Umar, trasmesso da Muslim in An-Nawawī, I Giardini dei devoti, p. 212.