Dopo tante riflessioni sul problema delle fonti del diritto, che è nodale – oggi – in una esperienza appartenente al pianeta di civil law; dopo avere tante volte accennato – in modo particolare, negli anni della mia presenza nella Corte costituzionale – agli espedienti tutti moderni della loro scansione gerarchica, della ipervalutazione del potere legislativo, del mantello mitico con cui si è voluto avvolgere la legge; giunto – come sono – all’età in cui si redigono bilanci e si traggono delle conclusioni, ho ritenuto di non potermi esimere da una compiuta osservazione – serenamente critica – su alcuni pilastri portanti del vecchio ‘Stato di diritto’, ponendo in stretta comparazione le nostre attuali condizioni e le nostre reali esigenze rispetto a un passato che pretende di imporci dogmaticamente le sue soluzioni, soluzioni che, passivamente (per pigrizia culturale o per convinzioni ideologicamente fondate), la maggioranza odierna dei giuristi italiani fa tranquillamente sue.
Come storico del diritto, mi sento di essere tra i pochi (con, accanto, il comparatista, e il filosofo del diritto quando smette di acchiappar nuvole e fa il suo mestiere) che sono in grado di scompigliare fecondamente una assuefazione collettiva adagiata su delle pretese degnità ormai ridotte a dei veri luoghi comuni. Questo è espresso a inchiostro forte nel titolo che sovrasta l’intiero libro, consegnatario di una carica che taluno riterrà provocatoria se non demolitrice, ma che io ho inteso unicamente stimolatrice, come si dirà nel corso delle prossime pagine.
Il titolo intende sottolineare un problema che oggi si impone alla scienza giuridica italiana, e intende soprattutto sottolineare che i cinque saggi che compongono il volume sono sorretti da esigenze culturali assolutamente unitarie e perseguono uno stesso fine (che vorrei chiamare) di affrancazione culturale per l’odierno giurista.
Il primo, quale riflessione maturata nell’estate/autunno del 2019, raccoglie e fonde parecchie riflessioni precedenti e dà l’avvìo in grazia di questa sua compiutezza; compiutezza che gli consente una generale visione critica con alcune proposte finali1. Gli altri quattro saggi, i primi tre dei quali definiti in precedenza2, si aggiungono perché approfondiscono aspetti particolari e sono, quindi, in grado di offrire delle proficue integrazioni alla sintesi contenuta nel saggio primo e principale.
Ho, in esergo, tenuto a riprodurre anche qui una penetrantissima considerazione (da me già altre volte menzionata) di Alexis de Tocqueville, un personaggio che continua ad offrire preziosi spunti riflessivi anche al giurista3. In essa il grande pensatore francese, in premessa a una sua indagine sull’evento rivoluzionario di fine Settecento nei suoi rapporti con l’antico regime, afferma il proprio canone metodologico: lungi dal mettersi a contare i granelli di polvere depositati dal tempo sugli scaffali della storia, vuole instaurare un dialogo arricchente tra passato e presente. In un siffatto dialogo si innervano anche le presenti pagine, che vengono a costituire di per sé, proprio per l’identica scelta metodologica, un contributo a recuperare le tipicità dell’ieri e dell’oggi; anzi, a esaltare le rispettive tipicità nei loro specifici messaggi.
Questa pubblicazione appartiene alle mie ‘ultime’ soste di raccoglimento, frutto cioè di questo ultimo frammento di vita, che raccoglie e ulteriormente dispiega tutto un lungo itinerario. È dedicata ai miei allievi di sempre, con un sentimento di sincera gratitudine: la costante e intensa familiarità con essi ha dato al mio sguardo una giovinezza che il trascorrere del tempo non è riuscito ad attenuare.
Citille in Chianti, Ognissanti del 2019
1 È doveroso segnare qui un duplice caloroso ringraziamento: ai docenti del «Collegio del dottorato di ricerca in discipline giuridiche» dell’Ateneo Roma Tre, che mi hanno invitato a tenere la prima lezione di un ciclo intitolato Sulla legalità; ai docenti del «Dottorato in scienze giuridiche – Curriculum in Teoria dei diritti fondamentali, Giustizia costituzionale, Comparazione giuridica» dell’Ateneo di Pisa, che hanno organizzato una giornata di studio in ricordo di Alessandro Pizzorusso su Il diritto giurisprudenziale, invitàndomi a tenere la «Introduzione ai lavori». La preparazione congiunta dei due interventi, temporalmente distanziati assai poco l’uno dall’altro, dedicati a temi fra di loro strettamente connessi, mi ha fornito l’occasione preziosa per consolidare riflessioni finora sparse e disorganiche.
2 Il primo di essi, con il titolo Die Botschaft des europäischen Rechts und ihre Vitalität: gestern, heute, morgen, fu pubblicato in «Rechtsgeschichte. Legal History», 22, 2014; il secondo, con il titolo Dalle ‘clausole’ ai ‘principii’: a proposito dell’interpretazione come invenzione, in «Giustizia civile», 1, 2017; il terzo, con lo stesso titolo che serba in questo volume, in «Rivista internazionale di filosofia del diritto», aprile-giugno 2018; il quarto è inedito.
3 A. de Tocqueville, L’antico regime e la rivoluzione, a cura di G. Candeloro, Rizzoli, Milano 1989, p. 32.