Subito dopo aver lasciato il City-As-School, Basquiat iniziò a bazzicare la School of Visual Arts. Non aveva dove vivere e si imbucava ovunque in città. Ma se ne riuscivano comunque a seguire le tracce dalle scritte sui muri. Keith Haring lo ha ricordato così:
Ero una specie di fan dei graffiti di SAMO. Se ne stavano lì, diversi tra loro e tutti quanti importanti, piccole interessanti considerazioni filosofiche, come poesie concentrate e potenti. La prima volta che vidi Jean-Michel fu alla School of Visual Arts. Feci in modo che la guardia all'ingresso lo facesse entrare. Poi, più tardi, vidi tutti quei tag SAMO appena fatti, e capii che lui era SAMO4-1.
Anche Kenny Scharf s'imbatté in Basquiat alla School of Visual Arts:
Lo vidi un giorno che girovagava per la caffetteria. Poi, il giorno dopo, voleva che lo facessi entrare dentro la scuola, e mi disse che l'avevano buttato fuori perché aveva scritto sui muri. Così gli falsificai una nota di uno degli insegnanti che lui diede alla guardia. Poi ce ne andammo in giro per strada, e lui fece il suo SAMO e poi mi fece provare il suo pennarello. Per me era tutto nuovo. E non avevo capito che era una gran cosa lasciare usare il proprio pennarello a qualcuno. Disegnavo sempre i Jetson e un televisore. Da lì in avanti cominciammo ad andarcene tutti e tre in giro, io, lui e Keith Haring. Ma questo fu prima che frequentassimo l'ambiente dei club4-2.
I tre vennero presto visti come una sorta di triumvirato all'avanguardia rispetto al movimento dei graffiti che stava ricoprendo Manhattan con disegnini fatti con uno spray fluorescente. Haring era diventato famoso per i suoi geroglifici di gesso bianco che creava sulle superfici nero opaco degli spogli cartelloni pubblicitari della metropolitana. I suoi cani che abbaiano, i neonati che piangono e i delfini che saltano erano spesso accompagnati da una più inquietante simbologia, tipo navicelle spaziali o nubi atomiche.
Scharf rielaborava i personaggi Looney Tunes e gli elettrodomestici futuristici della sua infanzia suburbana: i Flintstone, le Cadillac e il televisore erano le sue icone preferite. In seguito estese le sue tematiche a oggetti e installazioni, ricoprendo cabine telefoniche e stanze intere con figure ispirate a fantasie televisive.
Il lavoro di Basquiat, come le targhe riempite di slogan di Jenny Holzer che, sempre a quei tempi, spuntavano dappertutto, era un elementare gioco di parole. Il testo, come motivo dominante di numerosi movimenti artistici dal Cubismo, Surrealismo e Dadaismo fino alla Pop Art (Rauschenberg, Larry Rivers), godette di una rinascita in quanto soggetto con l'avvento del Postmodernismo, e acquisì fascino con il Decostruttivismo, come nelle opere di Paul de Man e Jacques Derrida. Uno dei più celebri concetti di Jacques Derrida era quello del sous rature4-3, o «sotto cancellatura», che divenne uno dei Leitmotiv di Basquiat. Mentre SAMO appariva sui muri, Barbara Kruger inseriva sardonici commenti nelle sue fotografie didattiche.
Scrisse Haring su «Vogue» qualche mese dopo la morte di Basquiat:
A Jean-Michel fu affibbiata l'etichetta di graffitista. Il totale travisamento e la manipolazione di questo ipotetico «gruppo» è un esempio perfetto del mondo dell'arte dei primi anni Ottanta. La gente era più interessata al fenomeno che all'arte in sé. Cosa che, unita al crescente interesse per il collezionismo d'arte come investimento e al conseguente boom del mercato dell'arte, lo rese un periodo in cui per un giovane artista era difficile restare puro e non diventare cinico4-4.
Attraente e criptico, il graffito SAMO consentì a Jean-Michel Basquiat di accedere in via non ufficiale al mondo dell'arte. «A fine anni Settanta non potevi andare in nessuno dei posti interessanti della Lower Manhattan senza accorgerti che da lì era già passato qualcuno che si chiamava SAMO», scrisse Jeffrey Deitch su «Flash Art». «La sua irregolare poesia da strada fece da apripista agli adepti della cultura sotterranea dell'arte e del Rock»4-5.
I giochi di parole di Basquiat, più avanti incorporati nei quadri, sarebbero diventati il suo marchio. Mettevano in ridicolo quei valori tanto preziosi per il padre. «La città è infestata di rigidi pseudo-borghesi che ostentano soldi che non hanno e status symbol. E la cosa mi distrugge. È come se se ne andassero in giro con i cartellini del prezzo attaccati alla testa. La gente dovrebbe vivere in modo più spirituale, amico», disse al «Voice»4-6.
Al di là dei sentimenti espressi, il poetico vandalismo di Basquiat era un tipica forma di ribellione al padre. In un articolo sulla proliferazione dei graffiti pubblicato sul «New York Times», diversi psicologi sostennero che quello sollevato dai giovani artisti era un problema semplicissimo, e osservarono che «i loro pazienti, potenzialmente tutti quelli che avevano un rapporto poco meno che perfetto con il proprio padre, avevano come obiettivo quello di distruggerne l'auto, l'auto dell'autorità»4-7. I writings di SAMO ne erano un ottimo esempio.
Qualche mese dopo l'uscita dell'articolo sul «Voice», Basquiat e Diaz si separarono, SAMO aveva raggiunto il suo obiettivo: l'artista aveva iniziato il suo cammino. Racconta Mary Ellen Lewis:
Al pensò che Jean lo stesse tradendo. Ma è solo che Jean-Michel non era capace di tenere in piedi le relazioni, anche se si trattava di persone che lo amavano. Jean aveva del talento nel farti entrare nella sua vita e poi prenderti a calci in faccia. Non era una cosa voluta, era al di fuori del suo controllo. E non riusciva a capire perché la gente ne fosse ferita4-8.
Ma fu chiaro che i due amici avessero piani inconciliabili. Per quanto fossero d'accordo nel volere parlare con la stampa, Diaz avrebbe preferito che i graffiti restassero anonimi. Basquiat, invece, era determinato nel volere ottenere il riconoscimento che era convinto di meritare. E questo fu il primo tentativo che Basquiat fece di conquistare l'opinione pubblica. Aveva creato un alter ego solo per sfruttarlo a scopi promozionali ed economici.
Basquiat mise ufficialmente fine alla sua amicizia con Diaz facendo morire SAMO. Al posto delle vecchie asserzioni filosofiche apparve un epitaffio, «SAMO è morto», scrisse Basquiat sui muri, inclusi quelli dell'atrio del laboratorio di Patricia Field sull'Ottava, dove adesso s'era messo a dipingere magliette, camici e tute da paracadutista usa e getta. La Field gli allestì una delle prime mostre nel suo negozio, in cui vennero esposti otto pezzi multimediali fatti di vestiti, gommapiuma, telai di finestre e macchine da scrivere trovate per strada su cui aveva dipinto a spruzzo espressionistiche goccioline e parole tipo «Manmade»4-9.
Basquiat non scrisse mai SAMO dentro la metropolitana. Ma la popolarità che avevano acquisito i graffiti a metà anni Settanta e per tutti i primi Ottanta diede ai writings SAMO un significato artistico-storico che non avrebbero avuto in epoche diverse. La sua fama come autore di SAMO, inoltre, lo mise in contatto con un gruppo di persone che avrebbero fortemente condizionato la sua trasformazione in un personaggio di Downtown. E malgrado odiasse essere etichettato un graffitista (in effetti pensava che considerare il suo lavoro fondato sul Graffitismo fosse una forma di razzismo), fece amicizia e sostenne una serie di giovani graffitisti, tra cui Toxic e A-1.
Il mercato del Graffitismo4-10 è paradigmatico della mercificazione dei giovani artisti che avvenne negli anni Settanta e Ottanta, e in qualche modo presagiva il vertiginoso altalenare della carriera di Basquiat.
Si può dire che i graffiti siano antichi come i dipinti nelle caverne. La loro esistenza in bagni pubblici e mezzi di trasporto di massa ha sempre fatto parte del paesaggio urbano. Già nel secolo Diciannovesimo i graffiti venivano considerati da un punto di vista estetico e storico. I vittoriani studiavano i graffiti fatti dentro le prigioni come esempio della criminalità congenita elogiandone al tempo stesso l'inconscia genialità. A inizio Novecento diversi artisti inserirono consapevolmente i graffiti nelle loro opere: da Apollinaire alle superfici graffiate di Dubuffet. L'appropriazione fatta da un'élite di intellettuali di quella che potrebbe essere considerata una forma di scrittura automatica della vox populi, in realtà è una veneranda tradizione artistica. Ma dall'inizio alla metà degli anni Settanta, quando la pittura ad acrilico e a spruzzo era una cosa alla portata di tutti, a New York e a Los Angeles ci fu un'esplosione del Graffitismo. A New York il movimento iniziò con l'onnipresente avvistamento della scritta «Taki 183», e presto venne dirottato sui vagoni della metropolitana. Non erano scarabocchi casuali di singole persone, ma gli sforzi coordinati di tutta una sottocultura. Era una forma d'arte talmente onnipresente che nel 1974 Norman Mailer scrisse un intero libro sul Graffitismo. Il titolo era The Faith of Graffiti. Le armate della notte di illustratori attaccavano il sistema dei mezzi di trasporto di massa, trasformandolo in una striscia a fumetti su larga scala con tanto di personaggi a colori e loghi. I writer firmavano le loro opere con i tag.
Le prime gang, con sede a Brooklyn o nel Bronx, autrici della maggior parte dei lavori, erano sistemi a struttura gerarchica. Gli artisti facevano il loro tirocinio con maestri riconosciuti dei graffiti finché non acquisivano sufficiente esperienza da firmare con il proprio tag. Il movimento fu strettamente territoriale e differenti writer rivendicavano fieramente le diverse linee della metropolitana come proprio territorio.
Non passò molto tempo prima che questa valanga di lavori in esterni e spazi pubblici venisse firmata e portata in luoghi chiusi. La prima mostra di graffiti allestita in una galleria fu la United Graffiti Artists, nel 1975 al New York Artists' Space. Nel catalogo della mostra c'era un saggio del critico Peter Schjeldahl. Fashion Moda, collettivo fondato dall'artista austriaco Stefan Eins nel 1978 in una galleria del South Bronx «come concetto culturale internazionale»4-11, finì per diventare uno dei punti di riferimento del Graffitismo.
Il collettivo artistico fornì ai graffitisti locali un centro e anche nuovi spazi: murali approvati dalla città. Il sindaco Koch aveva avviato una violenta campagna da sei milioni e mezzo di dollari per cancellare i graffiti dalla metropolitana, e i writer dovevano costantemente evitare la Polizia sotterranea. «Cancellarono la storia», dice Lee Quinones, famoso per le sue creazioni color caramella che firmava con il tag Zorro. «Fu uno dei più orrendi crimini d'arte del decennio»4-12. La linea dura adottata dalle autorità in materia di graffiti sarebbe finita poi in tragedia: nel 1983 il graffitista nero Michael Stewart venne arrestato e morì in seguito alle percosse inflittegli dalla Polizia4-13.
All'inizio molti dei writer, inclusi i ragazzi di Fashion Moda, non erano interessati a SoHo. Erano felici di bombardare i treni e le saracinesche dei negozi. Disse a un certo punto Futura 2000:
Mi dispiacerebbe finire in una di quelle grandi gallerie in cui cercherebbero di fare soldi con il mio lavoro… Gente che nemmeno usa la metropolitana! La mia arte non è per le élite. Gli artisti di SoHo vengono pagati per continuare a rifare sempre le stesse cose… Preferisco avere io il controllo della situazione, così le cose andranno avanti con calma4-14.
Nel 1980 Fab 5 Freddy si rivelò geniale nel presagire il passaggio che si sarebbe verificato dal sistema dei trasporti al sistema dell'arte. Realizzò un omaggio a Warhol utilizzando la pittura a spruzzo: gigantesche lattine di zuppa Campbell sulla linea Irt4-15. Disse Fab 5, che prese il nome dal treno Lexington Avenue numero cinque: «Se disegni sulla Irt è come dire: "Ecco uno veramente cattivo". Ed era lì che molti dei migliori writer andavano». «A metà anni Settanta quella linea sembrava il Museum of Modern Art, un MoMA che se ne andava giro»4-16, dice Lee Quinones.
Nel 1980 i graffiti ebbero la copertina del «Village Voice»4-17. Ma la svolta si ebbe nel giugno di quello stesso anno: Colab (un collettivo di artisti fondato nel 1977 da alcuni artisti squattrinati dell'East Village con l'idea che potesse aiutarli a fare qualche soldo) e Fashion Moda unirono le proprie forze per produrre il Times Square Show con cui i graffiti fecero il loro ingresso ufficiale nel mondo dell'arte. Nello spettacolo, allestito dentro un ex-salone di massaggi, c'era di tutto: dai sex toys alla Punk Art, ai graffiti. Il malandato edificio nel quartiere a luci rosse era il luogo perfetto per quell'arte rude e aggressiva. La nascita del movimento artistico anni Ottanta non poteva trovare presepio migliore per la sua immacolata concezione.
«Andavo al Times Square Show tutti i giorni», dichiarò Jeffrey Deitch agli autori di New, Used & Improved:
Se andate a ricostruire il percorso dell'arte degli anni Ottanta troverete che in quella mostra c'era tutto. Mise insieme graffitisti, artiste femministe politicizzate e tutte le facce nuove, tipo Keith Haring e Kenny Scharf, che non facevano parte del gruppo. Fu letteralmente l'evento in grado di saldare quell'unione periferia-centro che, a detta di molti, generò i più importanti sviluppi dell'arte contemporanea4-18.
In «Art in America» Deitch definisce lo spettacolo un «luna park dell'arte», e parla del contributo di Basquiat come di «una combinazione perfetta di de Kooning e degli scarabocchi fatti sulla metropolitana con la pittura a spruzzo»4-19.
Altre forze stavano intanto convergendo per portare i graffiti alla luce del sole. Nell'aprile del 1981 Fab 5 Freddy curò una mostra alla galleria al quarto piano del Mudd Club. La mostra si chiamava Beyond Words4-20 e includeva le opere ispirate alle radici del Graffitismo di Lady Pink, Dondi, Futura 2000, Fab 5, Phase II, Rammellzee, Zephir, Daze, Crash e SAMO (l'unico tag con copyright). Fab 5 invitò la star dell'underground Patti Astor al party di inaugurazione e le parlò di Wild Style, un film di Charles Ahearn sui graffiti che stava andando in produzione proprio in quel momento.
Girato nel 1983, Wild Style4-21 aveva per protagonisti, oltre a Fab 5, i maestri del graffito Lee Quinones, Crash, Futura 2000, Daze e Lady Pink. La Astor interpretava l'insolito ruolo di un'ingenua giornalista che faceva un'inchiesta sull'ambiente dei graffiti. Il film documentava anche altre forme di arte hip hop: la Break Dance e la musica rap, che vennero rapidamente imitate dai discotecari new wave bianchi. (Graffito alla lettera significa 'graffio', in inglese scratch, parola che indica la tecnica di campionamento che i dj utilizzano nell'Hip Hop e nel Rap).
Subito dopo la fine delle riprese, la Astor aprì insieme a Bill Stelling la Fun House. Fu la prima galleria dell'East Village, e divenne presto una vetrina per l'arte dei graffiti. Dice Ahearn:
Credo che il movimento del Graffitismo e il movimento di Downtown fossero come due correnti elettriche che unite facevano scintille. C'erano da un lato questi artisti di strada locali e dall'altro questi artisti borghesi che cercavano di tirarsi fuori dal sistema dell'arte. Non sapevano granché gli uni degli altri, e quando si incontrarono diedero vita a una quantità pazzesca di energia4-22.
I graffiti iniziarono ad essere esposti ovunque: come fondale di una performance di Twyla Tharp, su una pagina pubblicitaria del «New Yorker», sulle copertine dei dischi, sulle magliette, sulle pubblicità Absolute Vodka. Le superstar dell'arte Dolores e Hubert Neumann furono tra i primi a creare dei contatti tra Graffitismo e Radical-chic. Collezionavano arte e coltivavano artisti. Nel giugno del 1983 Dolores Neumann organizzò un simposio alla Sidney Janis Gallery. Era zeppo di collezionisti, galleristi e writer, che in quattro e quattr'otto ricoprirono una tela bianca di undici metri con opere a spruzzo sotto gli occhi sbalorditi degli habitué della galleria.
L'evento ebbe un tale successo che Janis chiese alla Neumann di curare una mostra a dicembre. La mostra post-graffitista riunì opere di due dozzine dei più brillanti bombers della metropolitana, come Daze e Crash, così come opere di Keith Haring, Kenny Scharf e Basquiat. Jean-Michel espose un quadro che si chiamava Esophagus e in cui c'erano una serie di teste e una serie di riferimenti sia anatomici sia scientifici.
Non a tutti piacque. Kim Levin in una recensione della mostra criticò aspramente i post-graffitisti definendo il lavoro di Basquiat «noioso»4-23. Il critico Arthur Danto scrisse:
Daze e Crash, malgrado l'intensità del loro immaginario e la fosforescenza dei loro colori, sono alquanto deboli […]. Il loro problema è che quel poco che sanno è sapere come fare a fare poco. Avrebbero bisogno di una buona scuola d'arte. L'energia da sola non può farti avanzare più di tanto4-24.
Entrambi gli eventi vennero videoregistrati da Art/New York4-25. «Alcuni degli artisti vennero a chiedermi di vendere i loro lavori. Cosa che feci senza chiedere commissioni», spiegò la Neumann nella videointervista rilasciata a Marc Miller. «Ne nacque un laboratorio, continuarono a sviluppare la loro arte in casa nostra. Una cosa estremamente eccitante». «Il Graffitismo non è solo uno stile», disse Lady Pink, «ma è tutta una sottocultura». E Janis aggiunse: «Sono riusciti a passare dalle superfici delle metropolitane a quelle delle tele. Per le prime venivano arrestati, e adesso per le seconde vengono pagati».
Venne intervistato anche il gallerista Tony Shafrazi, un veterano del Graffitismo: tutti i giornali avevano parlato di lui quando con una bomboletta aveva spruzzato su Guernica di Picasso la gocciolante scritta rossa a stampatello «Kill Lies All»4-26. Anche se disse al custode di essere un artista, venne buttato fuori dal MoMA4-27. Non sorprende quindi che la sua galleria a SoHo fosse una delle prime a ospitare graffiti. Con un cappellino con sopra scritto «Radiant Baby», spiegò tranquillamente che l'arte «fornisce un nuovo linguaggio, un nuovo modo di esprimere un segno».
Nella colonna sonora rap del video si sentiva: «L'arte che facciamo materializza un'immagine astratta che tutti disprezziamo. I graffiti scuotono la casa… i graffiti scioccano la casa… i graffiti sono quello che sono». Ad ascoltare meglio si riuscivano a sentire diversi tag dire cose come: «Ehi, Jean-Michel, stai diventando un pezzo grosso, abbiamo sentito che adesso hai dei clienti veri…»4-28.
Le gallerie europee saltarono sul treno dei graffiti, facendo viaggiare gli artisti in giro per il mondo fra party, inaugurazioni e personali. Ma c'era una differenza tra essere sostenuti e avere un mecenate. «Non avevo bisogno di una madre. Sapevo mettere la sveglia e alzarmi al mattino. A loro piaceva credere di influenzare il nostro lavoro», disse Daze parlando dei Neumann, «ma non era così»4-29. Malgrado la loro onestà professionale (nel 1987 erano ancora dei collezionisti), alcuni artisti pensavano che i Neumann si comportassero come assistenti sociali. Dice Toxic, un graffitista che in seguito avrebbe passato molto tempo con Basquiat:
Comunque è un'inculata, perché prendi un ragazzino di diciassette anni che non ha un soldo – nel senso che gli unici soldi che riusciamo a guadagnare li tiriamo su vendendo erba o acidi – e gli dai tipo 75mila dollari senza che abbia un amministratore né niente. Io me li sono spesi andandomi a schiantare con le Bmw, portando la mia ragazza in giro per il mondo, tipo a Parigi per una settimana, andando a Disneyland ogni settimana. Mi sembra che abbiamo vissuto una specie di seconda infanzia con un sacco di soldi e nessuno che ci dicesse che cosa fare. Tutti erano lì ai tuoi piedi4-30.
Toxic frequentava casa Neumann, e per un po' uscì anche con la loro figlia, Belinda:
Non riuscivamo a immaginare perché questa signora permettesse a quattordici bastardi del Bronx di aggirarsi nel suo presepio a ogni fottuta ora, con tre figlie che andavano correndo qua e là nelle minigonne della divisa di scuola cattolica. Dolores è una tipa fica. Lo faceva perché amava i graffiti. Ma era così ingenua. Ingenua e miliardari a4-31.
Robert Hughes ridicolizzò tutto il dibattito con una poesia epico-satirica pubblicata nel 1984 dal «New York Review of Books»:
Da Disco-Proprietari a Buoni Intenditori / Storici delle urine volano sottoterra / A scribacchiar teorie sull'«Occhio Spray» / Da Kutztown al Bronx graffitisti s'affollano / Per trovar con poca Arte lunghe Recensioni / Keith Annoiato e Jean-Michel Bastonato / Le bombolette fischiano, i ghetto-guerrieri urlano / E sopra il fracasso, Dolores l'Orrenda parla: «…Miei Nobili Selvaggi, con piedi da ginnastica / Radunati alle porte della Cinquantasettesima Strada / L'infante imbrattatele, che il Maggiore Koch spaventa / Non spruzza più sui muri ma su Lino del Belgio / Le matrone cinguettano e la Cassa batte moneta / Io sono a servizio del Punch Hawaiano e delle Ali-di-Pollo…»4-32.
Ma l'inflazione dei graffiti sulla Cinquantasettesima Strada fu rapida come l'esplosione di una «nuvoletta» dei fumetti. Quelli che erano stati i primi promotori furono i primi a stancarsene. Nel 1983 Shafrazi aveva strombazzato ai quattro venti che: «I nuovi artisti sono gli eredi di un'incessante tradizione di ribellione, gioco e avventura insiti nella natura dell'arte. Sono loro i campioni»4-33.
Oggi Shafrazi continua a esporre lavori di Haring, Scharf e Basquiat, ma da anni non appende più una sola tela firmata con un tag alle pareti della sua galleria. «Il vero Graffitismo è fatto dai ragazzini dagli undici ai quattordici anni in spazi pubblici», dichiarò Shafrazi alla giornalista del 'Village Voice» Elizabeth Hess nel 1987. «Ci sono artisti che inseriscono graffiti nel loro lavoro così come gli artisti ambientali utilizzano la spazzatura… Non mi interessa»4-34. Solo due anni prima Shafrazi aveva allestito una personale di Futura 2000. «Mettemmo la prima pietra in nome del Graffitismo, e poi ci relegarono nel cofano», dichiarò Futura al «Voice». I ragazzini del centro che erano stati ubriacati, nutriti e limousinati per tutta la città venivano lasciati assetati e affamati. Erano sempre considerati radicai, ma avevano smesso di essere chic.
Il critico Suzi Gablik, nel suo libro Has Modernism Failed?, scrisse dello sfruttamento del Graffitismo avvenuto nel 1984:
Ci ritroviamo di fronte a un nuovo caso di economia capitalista del consumo di massa che si espande in un territorio tabù per trasformare la condotta privata in comodità? Parte del Sistema dell'arte sta forse dando nuovo senso e nuovi obiettivi alle vite degli artisti, o ha solo messo sul mercato un nuovo giocattolo fabbricasoldi per i suoi membri, e che intanto debilita l'energia soul del Graffitismo inteso come arte marginale4-35?
La Gablik intervistò una serie di artisti, inclusi Futura 2000, Keith Haring e Fab 5 Freddy. Fab 5 disse:
Un sacco della gente che viene a cercarci pensa che non siamo abbastanza fichi per il loro mondo. Non è tra i miei obiettivi quello di starmene con il culo sulla sedia per il resto dei miei giorni a fare il cavallo da corsa di qualcun altro. Quello che faccio è motivato da tutt'altro che diventare una star dell'arte4-36.
Ma Basquiat preferì non parlare affatto dei graffiti. «Adesso la gente ottiene un qualche riconoscimento perché si pensa che i graffiti siano una novità, ma è roba di quinta o decima generazione»4-37, disse alla Gablik. Marc Miller, in una videointervista, chiese all'autore di SAMO:
Fu un sacco di tempo fa… con dei miei amici del liceo. Stavamo sempre a ubriacarci di Ballantine e a scrivere cose sui muri, e a tirare bottiglie… le cose che fanno i ragazzini… Non c'era nessuna ambizione in quello che facevamo.
Miller gli chiese di citargli qualche frase di SAMO. Basquiat si rifiutò. «Sarebbe imbarazzante tirarle fuori adesso. Era tutta roba pensata da un ragazzino… Non so se mi spiego». «Venendo dall'ambiente dei graffiti…», continuò Miller, «dovresti sapere…». Basquiat lo interruppe. «Tutta quella gente? Ne conosco anche dell'altra che viene dall'Accademia»4-38. Basquiat fu più disponibile nell'intervista con la Davis e la Johnston:
JMB: Era una cosa che avevo fatto insieme a Diaz. Avevo tipo sedici anni, o diciassette.
D&J: Sapevi già che avresti smesso di scrivere sui muri e che avresti iniziato a dipingere sulle tele? O che saresti arrivato al giro delle gallerie?
JMB: NO, a quel tempo ero più uno che attaccava quel giro. Pensavo più a prenderne in giro gli artisti che a diventare uno di loro. Il mondo dell'arte era interessato più che altro al Minimalismo a quel tempo. E pensavo fosse una cosa che allontanava la gente dall'arte. Sembrava così accademico… tutto questo parlare dei graffiti. Io non mi considero affatto un graffitista. Capisci che voglio dire? E loro hanno quest'immagine di me [come] selvaggio, un selvaggio uomo scimmia, o non so cos'altro4-39.
Alla prima mostra di Basquiat alla Annina Nosei Gallery venne esposta una pagina stampata con i testi delle sue «poesie disegnate». La lista comprendeva una serie di frasi di SAMO: «Plush safe… he think», «Pay for soup. Built a Fort. Set that on Fire», «The whole livery line bow like this with big money all crushed into these feet»4-40. Scrisse il critico Greg Tate su un pezzo per il «Village Voice» lodando l'artista:
Torniamo alla post-punk Lower Manhattan della no-wave New York […] e il mito hip hop del treno ricoperto di graffiti entra in stazione portando il ritorno alla rappresentazione, al Figurativismo, all'Espressionismo, al Pop-artismo, all'investimento nella pittura su tela e all'idea di capolavoro. Se i writer abbiano presagito o ispirato le forze di mercato ad andare verso tutta questa produzione di oggetti d'arte feticisti e di roba anti-Concettualista è una questione da prendere con le pinze. Ma proprio come i ragazzi del Blues, del Rock e del Soul furono quelle figure romanticizzate che resero Hendrix attraente agli occhi dei Mods, fu la rinvigorita cultura del Folk dei graffitisti, che operavano sottoterra e distanti dal mondo dell'arte a renderli misteriosi, maneggiabili e necessari, e resero i teatrini da salotto e i sexy-soggiorni dei Post-mods vulnerabili al fascino di Basquiat4-41.
Non c'è da stupirsi che i promotori commerciali di Basquiat fossero prevalentemente bianchi. E i suoi ammiratori afroamericani, incluso lo stesso Greg Tate, iniziarono ad essere affascinati dall'artista solo dopo che morì: fintanto che era in vita ebbe pochissimo, se non alcun aiuto da parte dei neri. Dice Quinones:
Credo che la cosa che Jean e il Graffitismo avevano in comune fosse il fatto che la gente voleva in qualche modo domarli. Non riuscivano a controllare lui, e non riuscivano a controllare il Graffitismo. Il mondo dell'arte era insipido e voleva qualcosa da appendere al muro. Il lavoro di Jean-Michel è contro il mondo dell'arte. Quasi lo insulta. Ed è questo che la gente ama: essere insultata4-42.