Epilogo. Zapping di pittura

Basquiat era un consumatore onnivoro di fonti: veniva, vedeva, dipingeva. Che si trattasse di copiare i disegni di un bambino, come fece quando copiò il disegno di un'automobile fatto da Theo Sedlmayr28-1, il figlio di un amico, o di prendere un simbolo hobo dell'Era della Depressione, Basquiat aveva un talento innato per incorporare – per quanto curiose fossero le affinità – materiali nella sua arte.

Il lavoro di Basquiat, come quello di molti suoi contemporanei, era basato più sull'appropriazione che sull'elaborazione originale. A differenza della maggioranza dei suoi contemporanei, le immagini di cui si appropriava – che fossero prese dalla Bibbia o da un libro di Chimica – divenivano parte del suo originale vocabolario, lettere dell'alfabeto di un linguaggio inventato, come note di un riff di Jazz, o fonemi di una canzone scat. Per tutta la sua carriera Basquiat combinò e ricombinò questi simboli stravaganti: le ricorrenti citazioni di Anatomia, cultura nera, televisione e Storia sono i suoi geroglifici personali.

Prima e più di ogni altra cosa Basquiat era un prolifico scrittore, per alcuni un poeta. Le scritte SAMO erano un distillato dei temi a cui sarebbe ripetutamente tornato nei suoi lavori successivi: razzismo, materialismo, capitalismo, cultura pop, mortalità. In ogni fase della sua vita tenne dei taccuini che riempiva di versi liberi: usava con abilità i quaderni di esercizi dalla copertina marmorizzata dei normali studenti. Nel 1993 l'editore Larry Warsh pubblicò una raccolta di quattro dei taccuini28-2. Lasciati a casa di un amico e poi venduti a Warsh, sono pieni di poesie, idee e, di tanto in tanto, disegni. «Rintanato in un letto in affitto aspettando una nuova parola», comincia una pagina. Anche in questi lavori che non hanno alcun linguaggio, Basquiat usa le immagini più come icone ironiche che come semplici effetti visivi: la sua forza visiva sta nello stile compositivo, spesso simile, in termini pittorici, a sincopi musicali.

Alcune riprese fatte da Stephen Torton nel 1983 illustrano chiaramente l'amore di Basquiat per i giochi di parole. Il fotografo Hans Namuth è riuscito a catturare Jackson Pollock intento a schizzare il colore sulla tela in eroiche e gestuali gocce, manifestazione virile del genio all'opera. Il video di Torton, con tutti i suoi limiti, crea un documento rivelatorio dello stile proprio di Basquiat. Con indosso una di quelle maglie a righe da marinaio tanto amate da Picasso (nel 1984 Basquiat fece un ritratto di Picasso con indosso una maglia di quel genere28-3), Basquiat salta per assicurare una tela appesa alla parete con dei lacci. Poi, in piedi davanti a diverse grandi tele, inizia a lavorare, a dipingere senza alcuna apparente esitazione o dubbio – come in Harold and the Purple Crayon28-4 – creando un universo infantile di parole senza senso che rianima incessantemente con pochi semplici tratti.

Prima Basquiat dipinge la parola «VERSUS», attardandosi sulla prima s, come se stesse per completare la parola con una E. Poi dipinge la parola «POP», trasformando poi la P in una R per scrivere «PORK». Si ferma a ogni trasformazione, assaporando la parola prima che diventi un'altra. Quando ha finito di dipingere, solo allora capisce che «POP» è stata fagocitata da un «PORK». Com'è nel suo stile, Basquiat crea diversi doppi sensi. All'epoca il suo amico Toxic lo incoraggiava, da bravo musulmano, a eliminare la carne di maiale dalla sua alimentazione, ma la pancetta di maiale è anche un bene di consumo. La parola «VERSUS» riassume inoltre l'atteggiamento antagonistico di Basquiat nei confronti del mondo.

Utilizza lo stesso procedimento per la seconda tela: la parola «ON» diventa «ONE», completata poi dalla frase «MILLION YEN». Aggiunge una data in numeri romani, poi una croce con il simbolo del copyright, e una corona. Il dipinto potrebbe essere considerato uno schema dell'opera di Basquiat.

Sull'ultima tela dipinge la sua mano sinistra con un unico tratto, seguita da un teschio stilizzato con i denti in vista. Poi torna alla tela con «ONE MILLION YEN» e sottolinea le parole, aggiungendo «2 PER CENT». Poi disegna una linea intorno alla percentuale. Aggiunge le parole «LEGAL TNDR.», e poi «SPARERIBES». Torna a «VERSUS PORK» e aggiunge una sottile linea rossa tra una X e una croce, e poi un paio di occhi.

Basquiat stendeva spesso le tele sul pavimento e ci camminava sopra mentre dipingeva. A volte si accucciava al centro del disegno, guardando la Tv mentre scarabocchiava. Raramente ha dipinto in silenzio: c'erano sempre o la musica o il ronzio della televisione come colonna sonora che andava a sfociare direttamente nella sua arte.

L'opera di Basquiat è divisibile in una serie di periodi, con più di qualche di sovrapposizione. Uno dei suoi punti forti fu l'abilità artistica di assorbire costantemente i materiali – e le tecniche – all'apparenza più disparati rendendoli inconfondibilmente suoi. La critica ha paragonato la sua estetica alla campionatura, come se questo figlio dei media avesse un'antenna iperricettiva, e poi riproducesse dei frammenti necessari del suo messaggio, ad alto volume, in modo chiaro e spesso con rabbia.

Nel suo saggio The Ecstasy of Communication, Jean Baudrillard, scrivendo della frammentazione del Sé nel mondo postmoderno, coglie in pieno l'essenza dell'iperattiva energia artistica di Basquiat. Una quasi schizofrenica risposta all'ambiente immediato:

[…] questo stato di terrore proprio del soggetto schizofrenico: troppo grande la vicinanza di tutto, l'irregolare vicinanza di tutto quello che tocca, travolge e penetra senza resistenza, senza alcun alone che protegga il privato, e nemmeno un corpo che protegga quantomeno lui. Lo schizofrenico è privo di un suo spazio, è suo malgrado aperto a tutto, vivendo nel caos più totale. È di per sé osceno, l'oscena preda dell'oscenità del mondo. Ciò che lo caratterizza non è tanto la perdita della realtà, gli anni luce che lo separano dalla realtà […], quanto il contrario di ciò, l'assoluta vicinanza, la totale immediatezza delle cose, la sensazione di non avere difese né rifugi. È la fine dell'interiorità e dell'intimità, la sopraesposizione e trasparenza del mondo che lo attraversa senza incontrare ostacoli. Non riesce più a stabilire i confini del proprio essere, non riesce più a mettere se stesso in scena, non riesce più a concepirsi come specchio. Lui adesso è solo schermo, un centro di smistamento per qualsivoglia autorevole rete di comunicazione28-5.

Molti dipinti di Basquiat ne sono un efficace esempio, alcuni in modo anche abbastanza esplicito. Come Steven Henry Madoff evidenziò in un articolo pubblicato nell'ottobre del 1985 sulla rivista «Arts»:

In Masonic Lodge di Jean-Michel Basquiat, un acrilico, olio e carboncino su tela del 1983, una testa umana è scomposta nei diversi elementi che la compongono, tutti sotto la generica scritta «Paranoid Schizophrenic», malgrado diverse lettere siano state cancellate, rendendo l'immagine delle due parole simile al loro significato di esaurimento nervoso permanente28-6.

In un altro dipinto Basquiat ha scritto, semplicemente, «Disease Culture»28-7.

Parliamo dei problemi dell'essere un artista di successo a New York.

Problemi? Quali in particolare… Quelli che mi creo da solo, o quelli che creano gli altri?28-8 

Intervista con Anthony Haden-Guest

L'opera di Basquiat traccia la sua mappa del mondo interiore ed esteriore, dai suoi giorni da artista di strada a quelli da pittore di galleria di fama internazionale. Dal momento in cui, letteralmente, si vendette ai media, quando nel 1978 fece il gesto simbolico di prendere cento dollari dal «Village Voice» per essersi lasciato identificare insieme ad Al Diaz con SAMO, Basquiat iniziò la sua accelerata metamorfosi.

I suoi primi lavori su tela, fatti per la mostra New York/New Wave, erano in sostanza pensieri di SAMO con qualche icona aggiunta. Diradate ed espressionistiche, sono tra le sue opere più spontanee. Uno scontro tra un'automobile e un camioncino del latte, ad esempio, sostiene la scritta «Catalyst» parzialmente cancellata. La lastra di metallo del 1981 con spruzzata sopra la frase «Jimmy Best on His Back to the Suckerpunch of His Childhood Files» e dentro un riquadro con lo stesso incidente automobilistico e le scritte «Boom, for Real» e «Plush Safe, He Think», è una sintesi convincente della reazione di Basquiat alla sua infanzia traumatica.

Sempre in quel periodo Basquiat cominciò a creare dei manufatti, dalle cartoline e i collage stile Rauschenberg con le figurine del baseball, ai vestiti con sopra lo slogan «Manmade». La copisteria Todd's su Mott Street fu una delle sue fonti principali. Basquiat fotocopiava disegni per comporli a mo' di collage sulle cartoline che poi vendeva per strada, e in seguito sulle tele, incluso il suo grande murale al Palladium. La corona, che risale ai tempi di SAMO, resta un suo segno distintivo.

Nel periodo in cui lavorò nello scantinato della Nosei ebbe soldi a sufficienza per comprare materiali artistici e libri, e il suo repertorio si allargò. Le opere di quel periodo rispecchiano il suo interesse per gli artisti di ogni tempo, da Leonardo a Twombly, così come un'accurata conoscenza dei suoi contemporanei, come Julian Schnabel e David Salle. In aggiunta ai riferimenti anatomici, teschi e scheletri in particolare, corti di scheletri, ossature di case, atleti neri, vari beni di consumo (carne di maiale, sale) o disegni di banconote iniziarono a diventare immagini sempre più ricorrenti. Certe volte Basquiat faceva prima dei disegni che poi allargava in dipinti. Certe volte incollava i disegni direttamente sulle tele. Il suo sodalizio con Stephen Torton diede vita a una serie di intelaiature a forma di croce e di telai con i cardini, così come opere realizzate dipingendo su oggetti trovati, altro tratto distintivo di quel periodo. Da lì al 1983 tra le tecniche che utilizzava per dipingere aveva aggiunto gli acetati su schermi di seta.

Brian Gormley, pittore contemporaneo che a metà anni Ottanta strinse amicizia con Basquiat, ha passato anni a cercare di ricostruire una lista delle fonti da lui usate, inclusi singoli numeri della rivista «Mad», fumetti vari, Picasso del periodo più tardo e, di grande importanza, un libro di simboli. Gormley conobbe Basquiat quando nel 1986 passò dal suo loft su Great Jones Street e fu invitato a entrare. Pressoché coetaneo di Basquiat, Gormley rimase affascinato dalle sue opere. A quel tempo lui realizzava delle maschere in ceramica. Adesso che si ritrovava nello studio di Basquiat lo vide che si rollava una grande canna. Il libro che stava utilizzando come piano era un grosso volume di un famoso designer industriale, Henry Dreyfuss: Symbol Sourcebook. An Authoritative Guide to International Graphic Symbols, con una prefazione di R. Buckminster Fuller28-9.

Sfogliando il libro dopo la morte di Basquiat, Gormley riconobbe molti dei suoi simboli e parole preferiti. Non è un caso che Basquiat avesse scelto il linguaggio hobo per esprimere le proprie idee: come i vagabondi che citava, Basquiat si considerava un eterno outsider. In un'intervista pubblicata disse a Henry Geldzahler che i temi dei suoi soggetti erano «la regalità, la strada, l'eroismo»28-10. Per lui erano sinonimi.

Il simbolo hobo di un cerchio, ad esempio, significa «Nothing to be gained here»28-11. Basquiat usò tanto l'icona quanto la sua definizione in tutta una serie di dipinti. Una X significa ok', 'va bene'. Due linee verticali e parallele significano 'il cielo è il confine'. Una griglia significa 'prigione'. In un solo disegno, Arsenic, Gormley è riuscito a individuare oltre due dozzine di simboli hobo, e i loro precisi significati, da «Men fight» a «Dangerous neighborhood» a «Ill-tempered man lives here» a «Child dies»28-12.

Scartabellando dentro lo studio di Basquiat, Gormley scoprì anche una serie di altri libri che consultava spesso per le immagini e l'ispirazione, tra cui African Rock Art di Burchard Brentjes28-13 e Prehistoric Art di P.M. Grand28-14, che inizialmente gli erano stati regalati da Lorraine O'Grady, una curatrice nera che sperava di includerlo nella sua mostra Black and White organizzata nel 1983 alla Kenkeleba Gallery. Basquiat aveva copiato l'immagine di un «Re luna» dal libro sulla Rock Art in diversi dipinti, inclusi due in cui c'era la scritta «The Kangaroo Woman That Makes The Rain To Cleanse Sick Souls»28-15. Scrisse la O'Grady su «Artforum»:

Andai a trovarlo più di una volta al suo loft di Crosby Street per dare un'occhiata ai pezzi che diceva avrebbe realizzato per me. Parlammo di arte, di performance e dei posti in cui era stato, in particolare di Roma, e del bisogno di avere la sua opera migliore, e mentre parlavamo si mise a sedere al centro di una tela scrivendo con un pastello a olio. «Io non sto facendo dipinti», disse, «sto facendo tavolette»28-16.

Il lavoro di Basquiat iniziò come una tattica di guerriglia: attaccare il mondo dell'arte mettendone in ridicolo i valori – come quelli di suo padre – su muri pubblici in posti estremamente visibili. Per tutto il 1982 e per la mostra alla Fun Gallery, continuò a fare un tipo di arte che rifiutava palesemente il Sistema bianco e patriarcale. Anche dopo avere conquistato il successo nel giro di una notte, il lavoro di Basquiat sembrava saturo di conflitti e di rabbia.

Ma fin dall'inizio Basquiat fu iperprolifico, e ci furono dei periodi, inclusa una constatata caduta e risalita che ebbe nel 1984, in cui i suoi lavori erano visibilmente a perdere. Alcune delle opere più sciatte le fece per le mostre alla Mary Boone Gallery, quando sembrava essere diventato una semplice fonte di approvvigionamento per il mondo che lo aveva consacrato al successo: consapevole e fatale simbiosi. Le sue collaborazioni con Clemente e Warhol, e in seguito quelle con il solo Warhol, sono sempre tra le sue opere meno forti.

Nel giro di cinque anni l'opera di Basquiat attraversò diverse fasi che spaziarono dal testuale all'Espressionismo e a una sorta di falso Neoespressionismo, pur mantenendo costantemente intatta la propria natura. Anche alla fine, Basquiat era in grado di creare accostamenti sorprendentemente opportuni, in cui ogni linea è esattamente dritta, e ogni elemento sembra cadere nel posto giusto all'interno di un universo singolare. Nella sua fase migliore Basquiat improvvisò dei riff straordinari su potenti tematiche. In quella peggiore si impappinò in mezzo a flaccidi nomi scarabocchiati e pastiche alla moda dall'aspetto selvaggio.

Potenzialmente ogni singola opera di Basquiat potrebbe essere decifrata, tipo tavola Rorschach, nei termini della percezione psicologica che l'artista ha, e di cui è alla ricerca, di sé (per certi versi sono tutti degli autoritratti), ma i suoi veri e propri autoritratti offrono un'altra prospettiva dalla quale guardare alla sua evoluzione. Il 1982 si rivela un anno fondamentale, in cui Basquiat dipinge e disegna ripetutamente se stesso, come se si fosse appena scoperto come artista.

In Self-Portrait28-17 del 1982 ha dipinto un uomo nero con i dreadlocks e i denti in vista che brandisce una freccia. C'è anche una griglia che si ripete: il simbolo hobo della prigione. Il quadro è stato fatto nel periodo in cui era nello scantinato di Annina Nosei. Sulla tela non ci sono parole: un'unica figura nera è dipinta su uno sfondo astratto.

In Self-Portrait as a Heel del 1982 Basquiat si ritrae come nero dagli occhi dilatati, con dei numeri stile carcerato scritti sul petto, e accanto un pettine etichettato con la scritta «Ace»28-18.

In Self-Portrait as a Heel – Part Two, sempre del 1982, Basquiat si è dipinto con una faccia un po' più particolareggiata, con occhi alla Picasso. Alle sue spalle due mani senza corpo penzolano sopra e accanto la figura monca, su cui, forse per orientare chi guarda, ha scritto: «Back view and composite»28-19.

Portrait of the Artist as a Young Derelict del 1982 mette insieme una serie di temi tipici e una buona illustrazione della sua ironia letteraria. Il trittico con cardini include un autoritratto stile maschera, un pannello con disegnato sopra lo Stanhope Hotel, dove morì Charlie Parker, con su una croce e la parola «Morte», un pannello con una caviglia contrassegnata da etichetta, delle corone e la parola «Salt»28-20.

In Self-Portrait with Suzanne28-21 del 1982 ha disegnato due figure con aureola, un uomo e una donna, su uno sfondo pieno di parole, lettere e scarabocchi.

Dipinto al centro esatto di un pezzo di carta incollato su un largo pezzo di tela montata su una rozza intelaiatura in legno, il Self-Portrait28-22 di Basquiat del 1982 è uno dei pochi in cui si dipinge sorridente, malgrado ostenti un'aureola dentellata a mo' di corona di spine.

Un altro dipinto del 1982, una tremante e stilizzata faccia in stile Edvard Munch impietrita dal terrore sotto la sua aureola, è senza titolo ma è un evidente autoritratto, così come lo sono i guerrieri dipinti in quello stesso periodo, uno nero e uno rosso che brandiscono le loro spade.

Nell'Untitled (1960)28-23 del 1983, che allude all'anno della sua nascita, Basquiat si è dipinto come un'ombra piatta, una sorta di sagoma nera, con dei buchi per occhi e bocca.

In Hollywood Africans del 1983 ci sono sia Basquiat sia la sua data di compleanno (e la scritta «Self-Portrait as a Heel #3»28-24) insieme a Rammellzee e Toxic, in un dipinto che ha per tema l'istituzionalizzazione del razzismo nell'industria del cinema. Un'altra versione del quadro dipinge Rammellzee e Basquiat come «Hollywood Africans In Front of the Chinese Theater with Footprints»28-25.

Un Untitled del 1984 usa lo stesso stampino con cui nella versione del 1983 aveva citato la sua data di nascita, ma questa volta ha usato un pezzo di legno frastagliato, e la bocca irregolare e gli occhi strabici dell'ombra di sé sembrano arrabbiati e tristi allo stesso tempo. Due dipinti dello stesso periodo, sempre su legno – in uno dei due ci sono solo dei teschi che mostrano i denti, nell'altro una figura stile cartone animato con un occhio solo e una croce sul petto – sembrano sempre una sorta di suoi alter ego.

Le innumerevoli teste urlanti – a volte simili a maschere primitive, altre volte teschi complicati – possono essere considerate tutte autoritratti. In tutta la sua carriera Basquiat dipinse su una serie di oggetti casuali: porte, la culla di un bambino, scatole, pannelli di legno. La culla del bambino, con sopra dipinto un teschio urlante, la regalò a Warhol: è una delle sue più efficaci auto-rappresentazioni. Heaven28-26, una porta dipinta nel 1985, è disegnata con una sagoma nera stilizzata dal titolo «Auto-portrait©», e la testa di un uccello con la spiegazione «Dead Bird»28-27 affiancata dal simbolo del copyright. Qui Basquiat sembra annunciare la propria morte paragonandosi al tempo stesso a Charlie Parker.

Poi c'è Embittered, dipinto nel 1986, in cui l'emblema dell'artista è un semplice profilo in bianco e nero: una frangetta di capelli e un occhio di ciclope dipinti su una macchia nera ovoidale.

In Self-Portrait del 1986 Basquiat si ritrae su uno sfondo brillante e senza parole, un uomo primitivo nero con i capelli da selvaggio, che tiene una falce con una mano e una mazza con l'altra. Sembra tanto minacciato quanto minaccioso: è l'immagine di qualcuno che è stato attaccato.

Un trittico del 1987 che si chiama Gravestone28-28 si spiega da sé. Su una porta c'è solo una croce e una rosa nera, su quella di centro c'è la doppia scritta imbrattata «Perishable»28-29, sulla terza c'è uno scheletro e un cuore fusi insieme in una sorta di simbolo voodoo.

L'ultimo autoritratto di Basquiat, Riding with Death, è una tragica ode alla propria mortalità. Privo di giochi di parole, liste o elementi pop, ridotto a una spoglia e poetica linea, ritrae l'artista come uno scheletro su uno scheletrico cavallo, completamente solo sulla tela. Il quadro è fortemente somigliante sia a un celebre disegno di Leonardo da Vinci, sia, e ancor di più, a un dipinto del 1980 di Julian Schnabel intitolato Death, che ritrae sempre uno scheletrico cavaliere su uno scheletrico cavallo.

Gli alter ego dipinti da Basquiat erano tutti eroi neri presi dal mondo dello sport e da quello della musica: il giocatore di baseball Hank Aaron, l'atleta olimpico Jesse Owens, i pugili Sugar Ray Robinson, Joe Louis, Jersey Joe Walcott e Jack Johnson, i geni del Jazz Miles Davis, Dizzy Gillespie, Max Roach e, più di ogni altro, Charlie Parker, con il quale, per evidenti ragioni, Basquiat si identificava moltissimo.

Bird Lives! la biografia di Charlie Parker scritta da Ross Russell, era uno dei suoi libri preferiti, e il Be-bop era la musica che più amava. Come Parker, Basquiat andò via di casa a quindici anni. Come Parker, era un tossico estremo e un sesso-dipendente. Come Parker, venne presto conosciuto negli ambienti artistici più alla moda, diventando una leggenda prima ancora di compiere i ventun'anni. Come Parker, era un ragazzo intelligente e volutamente cattivo. Basquiat deve aver trovato alcuni passaggi del libro fortemente affini:

Iconoclasta, violatore di regole, maestro della finzione, Bird fu il primo musicista jazz a muovere battaglia al nemico. […] Il gesto di buttare giù il sassofono dalla finestra di una stanza d'albergo, di entrare in mare indossando un abito nuovo di zecca, di piantare in asso l'organizzatore di un concerto jazz a Parigi, di bere sedici doppi whiskey in due ore, di mangiare venti hamburger di fila […]. L'aria di sufficienza che si dava nello spassarsela con qualunque ragazza bianca gli si offrisse – ogni singolo episodio della complessa leggenda di Bird, per quanto inutile e infantile, è stato visto come un colpo inferto alle forze dell'oppressione […]28-30.

Charlie Parker è stato il primo nero arrabbiato nel mondo della musica. Avanti rispetto ai suoi tempi, portò il peso della solitudine e della frustrazione. La futilità dei colpi inferti al Sistema incrementò la sua dipendenza dall'eroina e dall'alcool, rendendolo ancora più solo e accelerando la sua deriva interna verso l'autodistruzione […]. Malgrado il successo e il crescente prestigio Charlie non vedeva futuro per la musica che suonava, né ne vedeva per la sua razza in America. Vivere una sola volta, e fino all'estremo – fu questo il suo piano d'azione28-31.

Un piano che Basquiat fece impudentemente proprio. Parker e Basquiat avevano in comune la prodigiosa rabbia e la fame da outsider costretti con disperazione a lasciare una traccia permanente su un mondo per la gran parte ostile. Dopo la morte di Parker, il graffito «Bird Lives!» spuntò in tutta New York City. Ma anche se, così come Basquiat idealizzò lo stile di vita di Parker, all'indomani della sua morte ci furono dei critici che idealizzarono lui, il loro talento non può essere realisticamente comparato. Parker era un autentico genio e anche lui aveva messo a frutto il proprio talento. Aveva una tecnica straordinaria e, quantomeno per quel che riguarda la musica, un'incredibile disciplina. Ancora adolescente, molto prima di diventare un maestro del Be-bop, imparò diligentemente tutte le dodici scale maggiori in tutte le dodici chiavi minori del Blues, esercitandosi per ore quotidianamente. Parker non fu solo il precoce e brillante membro di un gruppo, fu un seminale innovatore la cui opera continua a influenzare massicciamente i jazzisti contemporanei.

Se non dipingessi, che cosa pensi che faresti?

Dirigerei film, credo.

Che genere di film?

Film in cui i neri venissero rappresentati come esseri umani, sai com'è, della razza umana. Sai com'è, non alieni, non solo negativi, né ladri, spacciatori e tutto. Solo vere, vere storie28-32.

Videointervista di Tamra Davis e Becky Johnston

I nomi di molte opere di Basquiat – Irony of Black Policeman, Jim Crow, History of Black People, Nothing to Be Gained Here, Most Young Kings Get Thier Head Cut Off, Origin of Cotton, Famous Negro Athletes, Slave Auction, Oreo – così come i loro soggetti, indicano chiaramente che Basquiat non perse mai il senso del come inserirsi nel bianco mondo dell'arte. In realtà Basquiat era tristemente consapevole del suo patto faustiano.

Parlando con l'amica Arden Scott, Basquiat le disse chiaramente che la celebrità per lui era più importante del fatto che la propria arte fosse realmente di qualità. Le disse che in seguito avrebbe avuto tutto il tempo per imparare a disegnare e che la cosa più importante era diventare ricco e famoso28-33. Nei primi lavori riuscivi a vederne il talento: un naturale senso del colore, della forma e della linea, un'ironia allegra e poetica, un trionfo di immagini esplosive. Ma i dipinti diventarono rapidamente e spudoratamente ripetitivi. Basquiat non era capace di editare se stesso, e nessun altro si premurò di farlo per lui: negli anni Ottanta «go-go» non sarebbe stata una buona mossa affaristica.

Malgrado Basquiat abbia cominciato presto ad essere acclamato come il Rimbaud della strada o il Picasso afroamericano, le sue opere non continuarono a evolversi. Quando espose alla Mary Boone Gallery il pittore stava consapevolmente parodiando se stesso. Non perse mai del tutto il suo stile, e negli ultimi anni di vita alcuni suoi lavori riconquistarono l'energia degli esordi. Basquiat sapeva, come spiegò a Tamra Davis e Becky Johnston, che la gente voleva delle opere che fosse in grado di riconoscere, che l'artista era una specie di marca. Capì che i collezionisti erano motivati da tutto tranne che dall'estetica. Diventò complice del suo stesso mercato, e fu lui a pagare il prezzo più alto. Uno dei suoi primi lavori – due porte fatte nel 1982 con due grossi teschi neri, uno che storce la bocca e l'altro che ghigna, su uno sfondo fitto di scarabocchi e parole – è intitolato semplicemente Famous.

«Mi ricordo della prima volta che vidi i suoi lavori», dice Robert Hughes, le cui incessanti critiche nei confronti di Basquiat furono a modo loro in linea con gli anni Ottanta. (Dopo la morte di Basquiat scrisse un pezzo sul «New Republic» dal titolo Requiem for a Featherweight28-34):

Io e Bruce Chatwin andammo alla P.S.1. Un paio di piccoli Basquiat erano veramente notevoli. Sembrava avere una sorta di forza grafica. Ma la sua roba cominciò a diventare incredibilmente ripetitiva, come accade quando dipingi troppo. Aveva pochissime risorse a cui attingere, povero piccolo bastardo. Non aveva avuto alcuna formazione. Penso avesse del talento. Ma lo scarto tra un ragazzino che ha del talento e quella sorta di feticcio in cui venne trasformato dal mondo dell'arte è lampante. Era una sorta di oggetto del desiderio, una bambola gonfiabile in cui la gente proiettava quello che voleva28-35.

Il critico Stanley Crouch considerò Basquiat anche un sintomo della cultura di quel tempo, i suoi dipinti erano il corrispettivo visivo delle canzoni rap:

Il suo problema principale non erano i soggetti che dipingeva, ma il fatto che fosse un esempio dell'espansione nell'ambito pittorico di quelle che erano le caratteristiche del Rock'n'Roll: intensità, shock e irriverenza per la tecnica. Non so se uno riesce a dire veramente qualcosa se non ha gli strumenti necessari a dare un senso a quanto sta dicendo. Non c'è modo di sostituire il talento, ma non riesci a fargli fronte se continui a comportarti da adolescente. Un comportamento del genere ha come unica conseguenza quella di bloccare lo sviluppo28-36.

È indiscutibile il fatto che le reazioni di Basquiat e della sua arte scaturissero anche da un quasi endemico antirazzismo, che lo trasformò in eroe multiculturale fintanto che era in vita e in agnello sacrificale dopo la morte. Dice Marcia Tucker del New Museum:

La sua opera è inestricabilmente legata all'appartenenza di razza e di classe, e questa è una cosa che distorce terribilmente tutto. Fu sempre valutato in quanto «altro esotico», e molto raramente per il suo lavoro in sé28-37.

Ma per molti altri l'opera di Basquiat, al suo meglio, ha apportato un contributo unico e duraturo all'arte moderna. Dice Arthur Danto:

Pensavo che il modo in cui metteva il colore sulle tele fosse una sorta di dono. Basquiat non aveva soltanto occhio, ma anche stile. Se guardi alla fisicità della pittura, Basquiat è un artista assai valido. È precipitato come una sorta di Rimbaud del suo tempo, ma s'è lasciato dietro un consistente corpo di opere, ed è diventato un pittore significativo per qualsivoglia era28-38.

Per Ingrid Sischy il valore duraturo dell'opera Basquiat è di per sé evidente:

Jean-Michel aveva un immediato talento duchampiano per individuare la cosa giusta, un'istintiva abilità poetica nello scegliere le frasi che fossero all'altezza di immagini potenti e di leggerle poi con incredibile risonanza. M'è rimasta in mente l'immagine di Jean-Michel in piedi all'aria aperta con le braccia alzate che acchiappa qualsiasi cosa arrivi dal cielo. Da un punto di vista artistico fu un vero talento in grado di capire seriamente non solo il potere della pittura, ma il modo in cui le parole possano essere immagini, e il modo in cui le immagini possano avere un loro linguaggio. Riportò il Jazz a una dimensione astratta28-39.

Mentre la giusta collocazione di Basquiat nella Storia dell'Arte – pittore seminale o trascurabile nota a margine – continua ad essere oggetto di dibattito, la sua carriera ha lasciato un'altra, meno tangibile eredità: tutta una generazione di studenti lo ha trasformato in eroe dell'arte, in qualcuno da ammirare, emulare, studiare. Morto da quasi una decina di anni, Basquiat è diventato oggetto di numerose tesi di laurea: idolo per i più giovani così come Charlie Parker lo era stato per lui. Se la verità è che la fama era il suo scopo principale, Basquiat lo ha raggiunto.