Fortuna, fui cosí chiamata un tempo,

ma tu, François, mi chiami l’Assassina1,

tu che sei uomo senza alcuna fama.

È migliore di te chi alla fornace

faccio sudare, o scavare in miniera!

Se nobile non sei, se non sei ricco,

non lamentarti, mica sei il solo!

Se guardi indietro ai fatti del passato,

vedrai che ho ammazzato tanti grandi,

che tu al confronto sei un garzonetto.

Tieniti calmo, smetti d’inveire,

dammi retta, Villon, non te la prendere!

Nei tempi andati della nostra storia

contro gran re mi son data da fare:

ho ucciso Priamo e tutta la sua gente,

che mura e torri non gli son servite.

E forse Annibale è rimasto indietro?

No, che l’ho fatto morire a Cartagine!

E come lui Scipione l’Africano.

Al Senato ho venduto Giulio Cesare,

e in Egitto Pompeo l’ho rovinato.

Giasone in mare l’ho fatto annegare,

e una volta bruciai Roma e i Romani.

Dammi retta, Villon, non te la prendere!

Alessandro, che fece tante stragi

e volle in cielo conoscer le Pleiadi,

per colpa mia morí avvelenato2.

Il re Alfasar3 lo stesi morto in campo

nel suo stendardo: è la regola, questa,

sempre ho fatto cosí e continuerò,

e spiegazioni non ne devo dare.

L’idolatra Oloferne ho condannato

quando nella sua tenda, che dormiva,

da Giuditta l’ho fatto pugnalare.

E Assalonne fuggiva e l’ho impiccato4!

Dammi retta, Villon, non te la prendere!

Per ciò, François, quel che ti dico ascoltalo:

se non ci fosse il Dio del Paradiso,

né a te né ad altri resterebbe un bene,

ma per un male cento io ne farei.

Dammi retta, Villon, non te la prendere!

1 Cfr. la Canzonetta del lascito a Jacques Cardon (T CLXVI): «Se Fortuna si vuole mia nemica».

2 Secondo una tradizione ripresa anche da Eustache Deschamps. Simili confusioni piú sopra riguardano Annibale, che non è morto a Cartagine, e la sorte di Giasone.

3 Re dei Medi, vinto da Nabucodonosor.

4 Assalonne, figlio di Davide, si era impigliato con i capelli in un albero mentre fuggiva, cosí fu ucciso.