L’operatività di breve termine
L’andamento dei mercati finanziari è influenzato sia da alcuni fattori esterni (la situazione macroeconomica generale, le decisioni delle Banche Centrali, le politiche fiscali seguite dai governi), sia da altri fattori endogeni (in particolare dai flussi finanziari che si muovono continuamente alla ricerca delle migliori opportunità di investimento). Il trader che lavora su orizzonti temporali di breve/brevissimo termine deve costruire quotidianamente le sue strategie operative, valutando la situazione presente sui diversi mercati (quella che in gergo tecnico viene chiamata analisi intermarket).
In particolare, se si opera sul mercato azionario italiano è possibile suddividere la giornata di trading in tre diverse fasce orarie:
1. Dalle 08:00 alle 12:00 del mattino.
2. Dalle 14:00 alle 16:00 del pomeriggio.
3. Dalle 16:00 alle 17:30 del pomeriggio.
Prima dell’apertura di Piazza Affari (prevista per le 09:00 del mattino) è necessario valutare:
a. La chiusura serale di Wall Street e l’eventuale diffusione di eventuali risultati societari sui titoli americani. Il finale di seduta della borsa americana assume particolare rilevanza, in quanto è condizionato dall’operatività degli investitori istituzionali (Smart Money). L’ultima ora di contrattazioni in alcuni casi può confermare l’andamento della prima parte di giornata, mentre in altri casi si possono verificare brusche e improvvise inversioni di tendenza. Per quanto riguarda i principali indici azionari USA (S&P500, Nasdaq e Dow Jones), si possono avere quattro diverse situazioni:
1. Apertura positiva e chiusura positiva. I prezzi aprono in territorio positivo e terminano la giornata su valori più elevati (in prossimità dei massimi di giornata). Il segnale che viene fornito è quindi positivo e può creare le premesse per un rialzo dei mercati asiatici e per un’apertura al rialzo delle borse europee la mattina successiva (risk on).
2. Apertura negativa e chiusura negativa. I prezzi aprono in territorio negativo e terminano la giornata su valori più bassi (in prossimità dei minimi di giornata). Il segnale che viene fornito è quindi negativo e può influenzare negativamente l’apertura delle borse europee la mattina successiva (risk off).
3. Apertura negativa e chiusura positiva. I prezzi aprono in territorio positivo, ma terminano la giornata su valori più elevati (in prossimità dei massimi di giornata). Il segnale che viene fornito è quindi rialzista e può avere un impatto positivo sia sui mercati asiatici, sia sull’apertura delle borse europee la mattina successiva (risk on).
4. Apertura positiva e chiusura negativa. I prezzi aprono in territorio positivo, ma terminano la giornata su valori più bassi (in prossimità dei minimi di giornata). Il segnale che viene fornito è quindi ribassista e può avere un impatto negativo sia sui mercati asiatici, sia sull’apertura delle borse europee la mattina successiva (risk off).
Tra i vari fattori che possono condizionare il finale di seduta di Wall Street, c’è sicuramente la riunione della FED. ll FOMC (Federal Open Market Committee) tiene infatti otto riunioni ordinarie nel corso dell’anno (con facoltà di convocare delle riunioni straordinarie in caso di necessità). Tre settimane dopo vengono rilasciate le minute, ossia il rapporto in cui sono elencati i vari punti all’ordine del giorno e l’esito delle votazioni. Negli ultimi anni l’importanza di queste riunioni è, se possibile, ulteriormente aumentato, con la FED che, oltre alla gestione dei tassi di interesse, ha svolto un ruolo chiave nella gestione della crisi finanziaria mondiale, utilizzando politiche monetarie non convenzionali (LTRO, OMT, QE).
In alcuni periodi dell’anno, poi, si deve controllare la diffusione di dati societari (trimestrali/semestrali) da parte di società americane di particolare rilievo (in particolare dei titoli bancari e di quelli del settore high-tech, per esempio i FAANG, ossia Facebook, Amazon, Apple, Netflix, Google). Tale diffusione avviene dopo la chiusura della borsa americana e può creare movimenti importanti sui relativi future (visto che S&P500 future e Nasdaq 100 future sono quotati praticamente 24 ore su 24 sul circuito Globex) e impattare in modo significativo sulla riapertura dei mercati azionari europei.
b. L’andamento notturno delle borse asiatiche e la chiusura della borsa cinese. Il comportamento dei mercati asiatici (in particolare dei due indici più importanti, ossia il Nikkei giapponese e l’Hang Seng di Hong Kong) assume particolare rilevanza, in quanto deve confermare i segnali positivi o negativi provenienti da Wall Street. Nel corso degli ultimi anni, poi, ha assunto sempre maggiore rilevanza l’andamento dell’indice della borsa cinese Shanghai Composite (che chiude alle ore 08:00 italiane). In questa fascia oraria gli occhi degli operatori sono spesso puntati anche sul cambio dollaro/yuan: in passato, infatti, la PBOC (People Bank of China, ossia la Banca Centrale cinese) è intervenuta in modo consistente sul mercato dei cambi, al fine di svalutare la moneta e favorire in questo modo una ripresa economica tramite un aumento delle esportazioni.
c. L’andamento dei principali cross valutari. I segnali forniti dai mercati azionari devono essere confermati dall’andamento dei cambi più importanti: euro/dollaro, euro/yen, dollaro/yen, sterlina/dollaro. Il Forex, essendo un mercato “dollaro-centrico”, risente in particolare della forza o della debolezza del biglietto verde USA. Per valutarlo è necessario effettuare una triangolazione, ossia osservare in contemporanea il comportamento di tre cambi: euro/dollaro, euro/yen, dollaro/yen. In questo modo è possibile determinare se, per esempio, un’eventuale discesa dell’euro/dollaro è provocata più da una debolezza dell’euro che dalla forza del dollaro. Per saperlo è necessario effettuare un confronto con una terza valuta, lo yen. Se il cambio euro/yen si sta rafforzando, è molto probabile che anche il dollaro/yen registri una salita (in termini percentuali superiore alla salita dell’euro/yen). Se invece il cambio euro/yen sta scendendo, è possibile che la discesa dell’euro/dollaro sia alimentata soprattutto dalla debolezza dell’euro. È opportuno evidenziare che il mercato dei cambi influenza anche il mercato delle materie prime (essendo quotate in dollari): oro e petrolio, in particolare, hanno storicamente una correlazione negativa con il biglietto verde.
d. L’apertura dei primi future europei (Dax, EuroStoxx, Bund). Tutto questo contesto intermarket si scarica sull’apertura della 08:00 dei primi future europei (Figura 6.1). In situazioni di risk on i flussi finanziari si dirigono verso le attività finanziarie che offrono un alto rendimento (azioni a beta elevato, bond high-yield), a scapito di quelle difensive (tipicamente il Bund). In situazioni di risk-off, al contrario, i flussi finanziari escono dalle attività finanziarie più rischiose e si dirigono verso quelle più sicure. Si possono pertanto creare:
Gap-up o lap-up sul Dax/EuroStoxx 50 future associati a gap-down o lap-down sul Bund future.
Gap-down o lap-down sul Dax/EuroStoxx 50 future associati a gap-up o lap-up sul Bund future.
Sulla base di queste informazioni il trader deve prepararsi all’apertura delle 09:00 del mercato azionario italiano. Per la costruzione delle strategie operative si rimanda al paragrafo successivo, relativo all’analisi del prezzo di apertura e ai necessari approfondimenti legati ad alcune tecniche intraday di ingresso13 sul mercato (per esempio l’Opening Range Breakout-ORB e l’Oops di Larry Williams).
L’apertura delle contrattazioni è sempre un momento particolare della giornata borsistica. Tutte le tensioni che vengono accumulate tra la chiusura del giorno precedente e la riapertura del mercato impattano infatti in modo significativo sulle fasi iniziali di contrattazione. Abbiamo già sottolineato come le borse europee, e quindi anche Piazza Affari, risentano:
• Del comportamento serale di Wall Street.
• Dell’andamento notturno del Forex, delle materie prime e dei vari mercati asiatici.
• Dei segnali che arrivano dal Globex (sui quali sono quotati, in particolare, l’S&P500 future e il Nasdaq 100 future, che anticipano la riapertura pomeridiana della borsa USA).
Nella prima mezz’ora/ora di contrattazioni (dalle 09:00 alle 09:30/10:00) si assiste spesso a movimenti rapidi e veloci, dettati dell’emotività e dal sentiment presente sul mercato. In situazioni di risk on (“appetito per il rischio”) si assiste spesso ad aperture positive dei mercati azionari e dei bond ad alto rendimento (per esempio il BTP), spesso associate a discese dei bond di breve termine e delle obbligazioni a basso rendimento (tipicamente il Bund tedesco). In situazione di risk off (“fuga dal rischio”) si verificano invece (Figura 6.2) aperture negative dei mercati azionari e dei bond ad alto rendimento (BTP), associate a salite dei bond di breve termine e delle obbligazioni a basso rendimento (Bund). Il trader dovrebbe sempre contestualizzare l’apertura di ogni seduta, collegandola sia al prezzo di chiusura del giorno precedente, sia al posizionamento delle più recenti Value Area (ossia le aree di prezzo sulle quali si sono sviluppati volumi significativi). In rapporto alla chiusura del giorno precedente, si possono verificare quattro situazioni:
FIGURA 6.1 – Una schermata che consente di visualizzare l’andamento delle principali attività finanziarie (fonte Visual Trader).
FIGURA 6.2 – Una tipica situazione di risk off, ossia di fuga dal rischio, caratterizzata da una discesa dei mercati azionari e da una salita delle obbligazioni considerate sicure (Bund tedesco).
a. Apertura superiore al prezzo di chiusura del giorno, ma inferiore al massimo del giorno prima (si parla di lap-up).
b. Apertura superiore sia al prezzo di chiusura del giorno, sia al massimo del giorno prima (si parla di gap-up).
c. Apertura inferiore al prezzo di chiusura del giorno, ma superiore al minimo del giorno prima (si parla di lap-down).
d. Apertura inferiore sia al prezzo di chiusura del giorno, sia al minimo del giorno prima (si parla di gap-down).
Se si tratta di gap-up o gap-down, occorre contestualizzarli per capire se si tratta di un breakaway-gap (gap che dà il via a un movimento direzionale), di un gap di continuazione (gap che conferma il trend in essere) o un gap di esaurimento (gap che si verifica invece alla fine di movimento impulsivo).
Se si tratta di lap-up o lap-down, assume maggiore importanza la posizione delle ultime Value Area (VA), in particolare della VA della giornata precedente.
Sotto questo punto di vista (Figura 6.3):
• In caso di apertura in lap-up con VA situata su valori più bassi, quest’ultima diventa un’importante area di supporto.
FIGURA 6.3 – Le quattro tipiche aperture del mercato (rapportate al prezzo di chiusura, al prezzo massimo/minimo e alla VA di ieri).
• In caso di apertura in lap-up con VA situata su valori più alti (posizionata quindi a ridosso dei massimi del giorno precedente), quest’ultima diventa un’importante area di resistenza.
• In caso di apertura in lap-down con VA situata su valori più alti, quest’ultima diventa una valida area di resistenza.
• In caso di apertura in lap-down con VA situata su valori più bassi (posizionata quindi a ridosso dei minimi del giorno precedente), quest’ultima diventa una valida area di supporto.
In generale, i comportamenti più frequenti (che vanno sempre e comunque contestualizzati all’interno della struttura tecnica presente sul grafico giornaliero) che si possono verificare nella prima parte della seduta (dalle 09:00 alle 11:00/11:30 circa) sono sostanzialmente quattro (Figura 6.4):
1. Apertura in territorio positivo, formazione del minimo di giornata e allungo su valori più elevati. È la migliore dimostrazione di forza rialzista da parte del mercato, in particolare se, all’interno della zona compresa tra il prezzo di apertura e il minimo, si registrano volumi elevati. Questo comportamento segnala che la pressione ribassista iniziale è stata assorbita e che i compratori hanno preso il controllo del mercato. È la tipica situazione che si verifica quando il mercato già si trova all’interno di una tendenza positiva o quando si sta verificando un rimbalzo tecnico all’interno di un trend primario ribassista.
FIGURA 6.4 – I quattro tipici sviluppi intraday del mercato.
2. Apertura in territorio positivo, formazione del massimo di giornata e inizio di una discesa intraday. È la tipica giornata di Reversal Short, dove il rialzo iniziale non è stato convincente ed è stato utilizzato dai venditori/ribassisti per uscire dal mercato o per aprire nuove posizioni short. È una situazione che spesso si verifica all’interno di un trend primario ribassista.
3. Apertura in territorio negativo, formazione del massimo di giornata e discesa su valori più bassi. Il mercato fornisce un chiaro segnale ribassista, in particolare se, all’interno della zona compresa tra il prezzo di apertura e il massimo, si sono registrati volumi elevati. Questo comportamento indica che il rimbalzo iniziale ha avuto vita breve ed è stato utilizzato dai venditori per liquidare eventuali posizioni long o aprire nuove posizioni short. È la tipica situazione che si verifica quando il mercato si trova all’interno di una tendenza negativa o nel corso di una fase di correzione, che si sviluppa all’interno di un trend primario rialzista.
4. Apertura in territorio negativo, formazione del minimo di giornata e tentativo di recupero intraday. È la tipica giornata di Reversal Long, dove la discesa iniziale viene utilizzata dai compratori/rialzisti per aprire nuove posizioni long. È una situazione che spesso si verifica nel corso di un trend primario rialzista.
In alcune giornate la mattinata sui mercati azionari europei può essere influenzata anche dalla diffusione di importanti dati macro (per esempio gli indici IFO o ZEW tedeschi, diramati una volta al mese alle ore 10:00) o dalle riunioni della BCE o della BoE (in cui, oltre alle decisioni relative al livello dei tassi di interesse, assumono particolare importanza gli statement rilasciati a margine della conferenza stampa, da cui spesso emergono importanti indicazioni operative relative alle modalità con cui le Banche Centrali intendono perseguire i loro obiettivi di politica monetaria).
Il pomeriggio americano e il prezzo di chiusura
Si arriva alla seconda fascia oraria di riferimento, quella che va dalle 14:00 alle 16:00 e che spesso viene condizionata dai dati macro americani (pressoché giornalieri), che vengono rilasciati alle 14:30. Tra i più importanti, oltre al PIL e all’inflazione, c’è sicuramente il dato relativo al mercato del lavoro, dal quale emerge non soltanto il tasso percentuale di disoccupazione, ma soprattutto il numero di posti di lavoro creati/persi nel corso del periodo analizzato. Questi dati possono creare forte volatilità intraday sui future USA, condizionando in modo significativo l’apertura di Wall Street. L’andamento della borsa americana viene poi influenzato anche dai successivi dati macro diffusi alle ore 15:45/16:00. A quest’ora vengono infatti rilasciati gli indici PMI e ISM, che consentono di valutare l’andamento del settore manifatturiero e di quello dei servizi.
A risentire di questi dati sono ovviamente i principali cross valutari legati al dollaro e tutte le altre borse europee, compresa Piazza Affari. Si arriva in questo modo all’ultima ora/ora e mezza di contrattazioni sui listini del “Vecchio Continente”, dove gli operatori di tipo istituzionale devono gestire le loro posizioni. In particolare, devono decidere se:
a. Mantenere le posizioni esistenti.
b. Liquidare (in tutto o in parte) le loro posizioni.
c. Aprire nuove posizioni long o short.
Dalle loro decisioni dipenderà, in particolare, il posizionamento del prezzo di chiusura del nostro mercato (e della maggior parte dei titoli azionari).
Da questo punto di vista (Figura 6.5):
a. Se il mercato è salito e i grandi operatori decidono di rimanere con le loro posizioni (long), è molto probabile che il prezzo di chiusura si collochi in prossimità dei massimi di giornata (proprio perché sul mercato manca una pressione ribassista in grado di arrestare la salita e innescare una correzione intraday).
FIGURA 6.5 – I tre tipici comportamenti intraday che si verificano alla fine di una seduta positiva.
b. Se il mercato sta salendo, ma i grandi operatori decidono di liquidare parte delle loro posizioni o di coprirsi aprendo nuove posizioni short, è possibile che il prezzo di chiusura si allontani dai massimi e scenda verso una zona intermedia del range giornaliero. L’entità dei volumi che si sviluppa nel corso dell’ultima ora può aiutare a comprendere il tipo di pressione ribassista che si è sviluppato: pochi volumi possono indicare fisiologiche prese di profitto; alti volumi possono invece segnalare una liquidazione consistente, che contribuisce a formare una resistenza significativa (confermata da una distribuzione a forma di “P” dei volumi) sotto i massimi di seduta.
c. Se il mercato sta salendo e i grandi operatori incrementano le loro posizioni (long), è possibile che i prezzi strappino ulteriormente al rialzo (superando in alcuni casi importanti livelli di resistenza). Spesso questa accelerazione è alimentata dalla copertura di posizioni short (si parla di short squeeze), con i ribassisti che sono costretti a richiudere in stop-loss le loro posizioni, alimentando in questo modo il rialzo del mercato.
In modo simmetrico (Figura 6.6):
a. Se il mercato è sceso e i grandi operatori decidono di rimanere con le loro posizioni (short), è molto probabile che il prezzo di chiusura si collochi in prossimità dei minimi di giornata (proprio perché sul mercato manca una pressione rialzista in grado di arrestare la discesa e innescare un recupero intraday).
b. Se il mercato sta scendendo, ma i grandi operatori decidono di liquidare parte delle loro posizioni short o di coprirsi aprendo nuove posizioni long, è possibile che il prezzo di chiusura si allontani dai minimi e risalga verso una zona intermedia del range giornaliero. L’entità dei volumi che si sviluppa nel corso dell’ultima ora può aiutare a comprendere il tipo di pressione rialzista che si è sviluppata: pochi volumi possono indicare solo la chiusura di posizioni short; alti volumi possono invece segnalare acquisti di una certa consistenza, che contribuiscono a formare un supporto significativo (confermato da una distribuzione a forma di “b” dei volumi) al di sopra dei minimi di giornata.
c. Se il mercato sta scendendo e i grandi operatori incrementano le loro pozioni (short), è possibile che i prezzi accelerino ulteriormente al ribasso. Spesso questa caduta è alimentata dalla chiusura di posizioni in stop-loss di posizioni long (innescata dal cedimento di importanti livelli di supporto).
FIGURA 6.6 – I tre tipici comportamenti intraday che si verificano alla fine di una seduta negativa.
COME IMPOSTARE LA GIORNATA OPERATIVA
Abbiamo già evidenziato che il trader che vuole operare in modo professionale sui mercati finanziari deve costruirsi una metodologia operativa che sia il più possibile oggettiva. Ciò evita di farsi condizionare dall’emotività del momento (legata all’andamento di breve termine del mercato) e di ottenere risultati che nel corso del tempo siano il più possibile stabili e costanti. Nel capitolo precedente abbiamo visto come costruire, tramite gli screening di fine giornata, una tabella operativa che individui le migliori opportunità presenti sul mercato. Il trader di posizione (position trader), che è alla ricerca di movimenti di swing della durata di 10/15 gg, dovrebbe analizzare il trend primario seguito dai prezzi (utilizzando per esempio alcuni indicatori trend-following come il MACD e il Parabolic SAR) e cercare di sfruttare eventuali pattern di breve/brevissimo termine per ottimizzare l’ingresso sul mercato.
Il day trader, invece, deve necessariamente concentrarsi sull’analisi daily/intraday del mercato, cercando di sfruttare sia le fasi di compressione di volatilità (che consentono solitamente di costruire con un basso profilo di rischio e che spesso anticipano l’inizio di un movimento impulsivo), sia le fasi di accelerazione (entrando quindi sul mercato quando il momentum rialzista o ribassista è in fase crescente).
In entrambi i casi, tuttavia, gli screening di fine giornata consentono di ottenere uno sguardo d’insieme sul mercato e di concentrare poi l’attenzione (esaminando l’andamento intraday dei prezzi e dei volumi) soltanto su quei 5/7 titoli che presentano una situazione tecnica particolarmente interessante.
Per ognuno di questi titoli dovranno essere individuati i più importanti livelli di prezzo, da utilizzare poi per costruire eventuali strategie operative.
I trader che non possono seguire il mercato in tempo reale, inseriranno nella loro piattaforma di trading i livelli di entrata, di stop-loss e di take-profit prima dell’apertura del mercato. In questo modo si opera:
• In base a un segnale oggettivo (il setup).
• Su livelli di prezzo che sono stati giudicati come significativi.
• Rispettando il livello di rischio che si è deciso di correre.
I trader che hanno invece la possibilità di controllare l’andamento del mercato (e il contesto intermarket), possono gestire in modo discrezionale la loro operatività, utilizzando i livelli di prezzo che sono stati individuati nell’analisi compiuta a bocce ferme.
LE DIVERSE STRATEGIE DI TRADING
Abbiamo visto che le strategie operative che si possono utilizzare sui mercati finanziari si fondano sullo studio dei prezzi (pattern trading), sulle indicazioni fornite dai principali indicatori tecnici (quantitative trading) e sull’analisi dei volumi (volume trading). La combinazione di questi tre aspetti conduce all’individuazione di otto possibili segnali operativi (quattro di tipo long e quattro di tipo short).
Nel caso di un’apertura di una posizione long (Figura 6.7):
1. La strategia di Breakout. È una strategia che prevede di entrare in acquisto sul mercato quando i prezzi superano una resistenza grafica o un precedente massimo significativo (per esempio i massimi degli ultimi 20 giorni). Anche in questo si tratta di una strategia di breve/brevissimo termine, che sfrutta l’entrata sul mercato di nuovi compratori che alimentano il rialzo dei prezzi.
2. La strategia di Momentum. È una strategia che prevede di acquistare sulla forza (buying strength). In pratica, si cerca di entrare al rialzo nel corso di un veloce movimento al rialzo. È una strategia di brevissimo termine, che mira a sfruttare la fase di accelerazione che sta interessando il titolo (che per esempio sta uscendo da una fase di accumulazione) e a uscire con un rapido e veloce guadagno.
3. La strategia di Trend-following. È una strategia che mira a sfruttare la tendenza rialzista presente sul mercato (confermata, per esempio, dalla posizione dei prezzi sopra le principali medie di riferimento). In questo caso è possibile sfruttare eventuali pause di consolidamento/correzioni (pullback) per aprire nuove posizioni long.
4. La strategia Reversal Long. È una strategia che prevede che i prezzi abbiano subito una flessione di una certa consistenza. Questa discesa potrebbe aver generato una momentanea situazione di ipervenduto che, associata alla presenza di un segnale di inversione rialzista (per esempio un pattern di reversal long, come un Hammer o una Morning Star), può fornire l’opportunità per aprire una posizione long.
FIGURA 6.7 – Alcuni segnali operativi di tipo long visibili sul grafico del titolo Mediobanca.
Nel caso di apertura di una posizione short:
1. La strategia di Breakout. È una strategia che prevede di entrare short quando i prezzi scendono al di sotto di un supporto grafico o di un precedente minimo significativo (per esempio i minimi degli ultimi 20 giorni). Anche in questo caso si tratta di una strategia di breve/brevissimo termine, che mira a sfruttare un’ulteriore discesa dei prezzi generata sia dalla chiusura in stop-loss di posizioni long sia dall’apertura di nuove posizioni short.
2. La strategia di Momentum. È una strategia che prevede di vendere (short) sulla debolezza (sell weakness). In pratica si cerca di entrare short nel corso di un veloce movimento al ribasso. È una strategia di brevissimo termine, che mira a sfruttare l’accelerazione che sta interessando il titolo (che per esempio sta uscendo da una fase di distribuzione) e a chiudere poi la posizione (short covering) quando i prezzi hanno accusato una flessione di una certa consistenza.
3. La strategia di Trend-following. È una strategia che mira a sfruttare la tendenza ribassista presente sul mercato (confermata, per esempio, dalla posizione dei prezzi sotto le principali medie di riferimento). In questo caso è possibile sfruttare eventuali pause di consolidamento/rimbalzo (pullback) per aprire nuove posizioni short.
4. La strategia Reversal Short. È una strategia che sfrutta il fatto che i prezzi abbiano compiuto un rimbalzo di una certa consistenza. Questo recupero può aver generato una momentanea situazione di ipercomprato che, associata alla presenza di un segnale di inversione ribassista (per esempio un pattern di reversal short, come una Shooting Star o una Evening Star), può fornire l’opportunità per aprire una posizione short.
La costruzione di valide strategie operative per il trading di breve termine si fonda sull’individuazione di quelle situazioni che, sotto un profilo rischio/rendimento, appaiono favorevoli. Alcune metodologie operative sostengono che, per una corretta operatività, è opportuno che ci sia almeno un rapporto di 1:2 tra il livello di rischio e il rendimento teorico che una certa operazione potrebbe generare.
Visto che la determinazione del profitto che si pensa di ottenere può essere estremamente soggettiva, è necessario focalizzarsi sul controllo del rischio iniziale, che diventa pertanto un elemento fondamentale per individuare e selezionare le migliori opportunità operative.
Ciò che va sottolineato è che, una volta costruita la propria strategia, l’obiettivo principale deve essere quello di sfruttare la parte centrale del successivo movimento impulsivo. La parte iniziale e quella finale di ogni movimento, infatti, difficilmente possono essere sfruttate per aprire/chiudere eventuali posizioni. Soprattutto se si utilizzano strategie di tipo trend-following (che mirano appunto a sfruttare la tendenza principale presente sul mercato), la parte che precede e prepara un movimento al rialzo (fase accumulativa) e quella che lo fa terminare (fase distributiva) devono servire soprattutto per individuare i livelli operativi da utilizzare per costruire e gestire le proprie posizioni. Ipotizziamo per esempio (Figura 6.8) che il mercato, dopo una discesa di una certa consistenza, disegni un tipico 123 Low con un minimo 1 a quota 15,30 euro, un massimo 2 a 15,75 e un minimo 3 a 15,45. L’entrata long (in breakout) avviene al superamento di 15,75 e ha un rischio iniziale del 2% circa (i 30 tick ottenuti come differenza tra il livello d’ingresso a 15,75 e lo stop-loss iniziale a 15,45).
FIGURA 6.8 – Una semplice strategia operativa, che sfrutta un’inversione rialzista di tendenza.
Il mercato strappa poi al rialzo e sale velocemente fino a un picco di 16,60 euro. Da quest’ultimo livello inizia una fisiologica correzione, che termina a 16,25 euro. Questo minimo (di swing) va utilizzato per posizionare il trailing-stop, visto che il mercato rimane all’interno di un trend rialzista e, una volta esaurita questa discesa, potrebbe strappare ancora verso l’alto. I prezzi non riescono però a proseguire nella loro salita e, scendendo sotto 16,25, fanno scattare il trailing-stop (ossia la chiusura della posizione). Il trade si chiude pertanto con un utile del 3% circa (i 50 tick dati come differenza tra 16,25 e 15,75). Questo semplice esempio mostra in modo abbastanza evidente che, nonostante il mercato sia salito tra il minimo (15,35) e il massimo (16,60) di circa l’8%, il trader che utilizza una solida metodologia operativa per individuare i vari setup grafici (e non va quindi alla ricerca casuale di possibili minimi e massimi di mercato) deve:
• Attendere conferme circa la direzione che il mercato intende seguire (in questo caso il superamento del punto 2 di un 123 Low).
• Posizionare i propri stop-loss su livelli grafici che siano significativi (in questo caso il punto 3 dell’123 Low) e compatibili con il proprio livello di rischio.
• Utilizzare tecniche di trailing-stop che, per forza di cose, erodono una parte dei guadagni ottenuti.
Questo modo di procedere, che a prima vista sembra penalizzante, costituisce l’unico modo per ottenere risultati positivi in modo stabile e continuativo sui mercati finanziari.
La gestione del rischio è l’aspetto più importante per la costruzione di strategie operative che possano durare nel corso del tempo. La funzione principale di quello che in gergo tecnico viene chiamato money management, è evitare che una o più posizioni possano sfuggire al controllo del trader e generare una perdita la cui entità potrebbe incidere in modo significativo sul capitale a disposizione. Chi opera sui mercati finanziari deve sapere, infatti, che le perdite sono inevitabili e fanno parte delle “regole del gioco”. I risultati di un buon trader sono caratterizzati da diverse operazioni che producono delle piccole perdite e da altre che generano piccoli utili. I veri guadagni arrivano da alcune operazioni che vanno nella direzione ipotizzata e che producono un utile consistente. Questa analisi (assai semplicistica) conferma la validità del celebre detto “taglia le perdite e lascia correre i profitti”. In particolare:
• Occorre prestabilire e rispettare in modo rigoroso e disciplinato gli stop-loss che vengono fissati. Gli stop-loss costituiscono infatti una parte rilevante (per non dire fondamentale) di ogni strategia operativa: a ogni ingresso sul mercato deve essere sempre associato uno stop-loss iniziale, che va pertanto inserito all’interno della piattaforma di trading simultaneamente al prezzo d’entrata. Lo stop-loss deve essere fissato in modo oggettivo e non può più essere spostato. In questo modo si evita che l’emotività legata all’andamento del trade possa indurre il trader a modificare in modo soggettivo la propria operatività. Quando viene costruita una strategia operativa a tavolino (per esempio studiando i grafici giornalieri di fine giornata), si ha molto più tempo a propria disposizione per analizzare la situazione rispetto a quando si opera in real time e si è quindi in grado di individuare con maggiore calma, precisione e oggettività i livelli operativi sui quali intervenire. L’andamento del mercato in tempo reale introduce spesso diverse tensioni emotive e può indurre il trader a modificare la sua operatività, con effetti spesso negativi (per esempio allontanando il livello di stop-loss, assumendo quindi un livello di rischio maggiore rispetto a quello che si era prefissato, piuttosto che un’uscita anticipata dalla posizione per la voglia di monetizzare il guadagno fin lì ottenuto). Un eventuale spostamento dello stop-loss o del prezzo di ingresso, modifica in modo sostanziale la strategia operativa e impedisce ex post di poter giudicare in modo oggettivo il risultato ottenuto. Solo una metodologia che rispetta costantemente alcuni parametri fondamentali (per esempio non rischiare più del 2% del capitale a disposizione, uscire da metà posizione quando si è guadagnato il doppio rispetto allo stop-loss iniziale) può essere valutata in modo completo, al fine di individuarne pregi e difetti.
• Le posizioni che producono degli utili vanno conservate fino a quando non viene fornito un segnale di uscita. In particolare, le strategie direzionali (che utilizzano indicatori di tipo trend-following, spesso basati su medie mobili) si focalizzano sulla tendenza primaria che i prezzi stanno esprimendo. Da un lato mirano a eliminare il rumore di fondo (noise) presente sul mercato, dall’altro cercano di sfruttare la parte centrale di ogni movimento. Con questo tipo di strategie, infatti:
L’apertura di una posizione long avviene con un certo ritardo rispetto alla formazione del minimo finale della precedente discesa, mentre la chiusura della posizione avviene in un momento successivo alla formazione di un massimo sul mercato.
L’apertura di una posizione short avviene con un certo ritardo rispetto alla formazione del massimo finale della precedente salita, mentre la chiusura della posizione avviene in un momento successivo alla formazione di un minimo significativo sul mercato.
UNA SEMPLICE TECNICA OPERATIVA
Una strategia che può essere utilizzata per gestire le posizioni prevede di liquidare metà posizione quando si ottiene un profitto pari al doppio del rischio iniziale (se il trader ha rischiato il 2%, per esempio, si deve ottenere un guadagno del 4%). Sull’altra metà posizione si alza lo stop-loss a pareggio (ossia al livello al quale è stata aperta la posizione) e si segue il successivo sviluppo dei prezzi, tramite adeguati livelli di trailing-stop (posizionati su base grafica o tramite opportuni indicatori tecnici). L’obiettivo è far correre il più possibile questa metà posizione, sulla quale non si corre ormai più nessun rischio. In questo modo anche una strategia operativa che ha il 50% di trade in utile e il 50% di trade in perdita, riesce comunque ad avere un saldo finale positivo (visto che le perdite subite vengono compensate dagli utili prodotti dalla metà posizione che si chiude in guadagno e il profitto finale è generato dalla metà posizione che si lascia correre in direzione del trend primario e sulla quale non si corre alcun rischio).
Lo stop-loss iniziale costituisce la perdita massima che si è disposti ad accettare quando si apre una nuova posizione. Gli stop-loss possono essere di vario tipo:
1. Lo stop a percentuale fissa prevede l’uscita dal mercato quando si verifica una perdita superiore a una certa variazione percentuale predeterminata dall’investitore. Questo tipo di stop, quindi, costituisce il massimo movimento avverso che si è disposti a subire ed è strettamente collegato al proprio profilo di rischio.
2. Lo stop monetario richiede di uscire da una posizione quando quest’ultima provoca una perdita che supera un certo ammontare di denaro. Se, per esempio, si decide di fissare uno stop monetario di 200 euro, ogni volta che la perdita supera questa cifra, indipendentemente dal capitale utilizzato, l’operazione viene chiusa. Questo tipo di stop ha il grosso limite di non essere costante da un punto di vista percentuale: un conto infatti è subire una perdita di 200 euro quando si investono 20.000 euro (e quindi l’incidenza dello stop-loss, rispetto al capitale che si ha a disposizione, è dell’1%), un altro è subire una perdita di 200 euro quando si investono 2.000 euro (con lo stop-loss che è quindi del 10% rispetto al capitale che si ha a disposizione).
3. Lo stop a punti fissi viene usato principalmente sui future e prevede di chiudere una posizione quando il mercato si muove in modo contrario alla direzione ipotizzata di un certo numero di punti (per esempio i 100 punti del Ftse Mib future, piuttosto che 50 punti del Dax future).
4. Con lo stop di tipo grafico (Figura 6.9) il trader posiziona lo stop-loss poco al di sotto o poco al di sopra di importanti livello di supporto e di resistenza.
Per le posizioni long (al rialzo), lo stop-loss va collocato poco al di sotto di importanti livelli di minimo/supporto (swing low).
Per le posizioni short (al ribasso), lo stop-loss va posizionato poco al di sopra di importanti livelli di massimo/resistenza (swing high).
Per posizionare correttamente questo tipo di stop-loss occorre rispondere alla seguente domanda: dove non dove andare il mercato per annullare il segnale rialzista/ribassista che si vuole sfruttare?
FIGURA 6.9 – Alcune strategie operative che, sfruttando le tipiche fasi laterali di consolidamento, consentono di utilizzare stop-loss di tipo grafico.
5. Gli stop-loss legati alla volatilità utilizzano degli indicatori (per esempio il Supertrend) che misurano la volatilità presente sul mercato. In questo modo, se il mercato si muove in direzione opposta rispetto al trend principale, ma la correzione (all’interno di un up-trend) o il rimbalzo (all’interno di un down-trend) sono di entità inferiore rispetto alla volatilità media, il movimento viene considerato normale/fisiologico e non provoca la chiusura delle posizioni in essere. Se invece la correzione o il rimbalzo hanno un’estensione superiore alla volatilità media, significa che non sono semplici rimbalzi o correzioni, ma sono movimenti di inversione ed è quindi necessario chiudere le posizioni in essere.
Con il termine position sizing si fa riferimento a tutte quelle metodologie operative che consentono di determinare quanta parte del capitale che si ha a disposizione dev’essere utilizzata in una singola operazione. Su questo tema, spesso trascurato da trader e investitori, sono stati scritti alcuni libri assai interessanti (l’ultimo è intitolato Trattato di Money Management, di Andrea Unger, Hoepli, 2018). La corretta determinazione dell’ammontare di capitale da utilizzare costituisce un aspetto fondamentale nella costruzione di una solida metodologia operativa, che possa durare nel corso del tempo. È opportuno evidenziare che le varie tecniche che si possono utilizzare (formula di Kelly, Optimal f, fixed fractional trading, fixed ratio, formula di Larry Williams) consentono di migliorare i risultati ottenibili soltanto se si parte da un’aspettativa matematica positiva sui risultati ottenuti. Ossia se:
(probabilità di successo × utile medio) >
(probabilità di insuccesso × perdita media)
I due fattori chiave sono quindi:
1. Il guadagno/perdita media in ogni operazione.
2. La probabilità di successo (misurata da un punto di vista statistico).
Questi due elementi possono essere calcolati tramite un adeguato backtesting dei risultati ottenuti nel passato (evidenziato dai system report forniti dalle varie piattaforme di analisi/trading), la cui finalità principale è quella di evidenziare pregi e difetti della propria operatività.
Anche per questo motivo il periodo di paper trading, di cui parleremo nei paragrafi successivi, assume particolare importanza, in quanto costituisce una prima fonte di dati in grado di evidenziare la bontà dei risultati che si sono ottenuti nella fase di simulazione della propria strategia e che si spera poi di ottenere quando si opererà con denaro reale.
Ciò che va evidenziato, tuttavia, è che non esiste un sistema di money management “perfetto”: ogni trader dovrà scegliere e utilizzare quello che meglio si adatta alla sua operatività (in particolare, alla sua propensione al rischio).
La Tabella 6.1 mostra in modo evidente come il rapporto rischio/rendimento sia collegato al numero delle operazioni chiuse in profitto/perdita. Come si può notare, più aumenta il rendimento che si riesce a ottenere, più diminuisce il numero di trade positivi che è necessario realizzare per mantenere il proprio capitale. Con un rapporto rischio/rendimento di 1:2, per esempio, si può anche perdere nel 66% delle operazioni per riuscire a chiudere in sostanziale pareggio. Con un rapporto rischio/rendimento di 1:3 si ottiene un risultato nullo anche se si subiscono delle perdite 3 volte su 4 (ossia con il 75% dei trade in perdita).
TABELLA 6.1 – Il legame esistente tra il rapporto rischio/rendimento e il numero delle operazioni chiuse in utile/perdita.
Rapporto rischio/rendimento |
% di trade in perdita che portano al pareggio |
Win rate |
1:1 |
50% |
50% |
1:2 |
66% |
33% |
1:3 |
75% |
25% |
1:4 |
80% |
20% |
Per quanto riguarda il trading sul mercato azionario, una possibile soluzione può essere quella di suddividere il capitale a disposizione (per esempio 25.000 euro) in cinque parti uguali (ipotizzando quindi di investire 5.000 euro in ogni trade).
Una volta decisa la perdita massima che ogni giorno si è disposti a subire (per esempio il 2% e quindi 500 euro sul totale del capitale e 100 euro per ogni trade), si costruiscono cinque strategie operative, il cui rapporto rischio/rendimento deve essere almeno di 1,5 (e quindi ottenere un profitto giornaliero potenziale di 750 euro sul capitale totale e di 150 euro su ogni trade). Le strategie vengono inserite nella propria piattaforma di trading prima dell’apertura del mercato e, poiché è difficile ipotizzare che nel corso della seduta tutte e cinque si attivino, ogni giorno si avrà una media di 2/3 posizioni aperte sul mercato.
Ipotizzando di avere il 65/70% come rapporto tra trade positivi e trade negativi, questa metodologia consente, da un punto di vista statistico, di fare crescere costantemente il proprio capitale.
In questi ultimi due paragrafi voglio tornare su alcuni aspetti che sono stati affrontati nella prima parte del volume, ma che forse adesso, dopo aver definito i principali aspetti operativi, possono essere visti dal lettore sotto una luce un po’ diversa.
In particolare, ho cercato di mettere in evidenza come, per poter ottenere risultati positivi con il trading, sia necessario rispettare alcuni principi sanciti da quei trader che hanno ottenuto risultati di tutto rispetto sui mercati finanziari (si pensi, per esempio, a Richard Dennis, Paul Tudor Jones, Ed Seykota). Sulla base di queste informazioni, l’investitore che si affaccia al mondo del trading deve sapere che:
1. Lo aspettano molte ore di studio e di ricerche. Spesso gli investitori si concentrano troppo sulla parte operativa/esecutiva e poco sulla parte di analisi, di ricerca e di test delle proprie strategie. Soltanto uno studio meticoloso di questi aspetti, tuttavia, può consentire la costruzione di una solida metodologia operativa.
2. All’inizio è molto probabile che si subiscano delle perdite. Il trader che inizia a operare deve sapere che le fasi iniziali sono difficili. La parte emotiva gioca infatti brutti scherzi e il pericolo è di chiudere anticipatamente le operazioni giuste e di lasciare aperte quelle sbagliate. In pratica si fa l’opposto di quello che si dovrebbe fare, ossia lasciar correre i profitti e tagliare le perdite. Per questo motivo è opportuno iniziare con estrema cautela, riducendo il più possibile l’esposizione sul mercato (ossia la dimensione delle varie posizioni). Nella fase iniziale, quindi, è necessario fare esperienza e non bisogna correre il rischio di perdere tutto il denaro che si ha a disposizione.
3. Il trading deve essere considerato un’attività imprenditoriale. Questo significa che ci si deve dotare di tutti gli strumenti tecnici necessari per farla funzionare. È necessario quindi investire una somma adeguata per PC, piattaforma di analisi e di trading, banche dati, connessione Internet, servizi informativi e così via. Se non ci si dota di queste funzionalità diventa quasi impossibile poter competere con gli altri operatori che intervengono sul mercato con le nostre stesse finalità (ossia guadagnare denaro).
4. Il trading, come ogni altra attività economica, ha un profilo di rischio medio/alto e non garantisce guadagni costanti. È necessario sapere che i risultati che si potranno ottenere dipenderanno soprattutto dall’andamento del mercato. Nel corso di fasi direzionali al rialzo/al ribasso, in particolare, sarà più facile infatti ottenere rendimenti elevati, mentre nelle fasi di consolidamento gli utili che si potranno ottenere saranno inevitabilmente inferiori.
5. Fare trading non significa scommettere sull’andamento dei mercati. Spesso si pensa che per guadagnare sui mercati sia necessario prevederne l’andamento. Lo studio e l’analisi sono assolutamente importanti, ma in molti casi il trader vincente non è quello che “indovina” sempre dove andranno i prezzi, bensì quello che reagisce al comportamento dei mercati e riesce a costruire adeguate strategie operative sotto il profilo rischio/rendimento.
I trader di successo (Figura 6.10):
a. Sfruttano il trend principale (trend is your friend) utilizzando strategie direzionali di tipo trend-following.
b. Tagliano le perdite (cut losses quickly).
c. Lasciano correre i profitti (let profits run).
LE TIPOLOGIE DI STOP-LOSS
FIGURA 6.10 – Le tre regole auree del trading.
6. È necessario dotarsi di un adeguato money/risk management. Ogni posizione deve essere valutata preventivamente in base al livello di rischio che si è disposti a correre. L’aspetto fondamentale è costituito dal rischio iniziale e quindi dalla distanza tra il prezzo di ingresso e lo stop-loss. Assumere rischi troppi elevati può portare a subire perdite consistenti, che potrebbero incidere in modo consistente sia sul capitale finanziario a disposizione (in alcuni casi arrivando addirittura a perderlo interamente), sia sul capitale psicologico (minando le sicurezze del trader sulla sua metodologia).
7. Il trader deve saper gestire forti emozioni (paura, euforia, avidità). Per quanto si possa essere disciplinati e ordinati, infatti, è inevitabile che l’andamento della propria operatività generi ottimismo (in seguito ai buoni risultati ottenuti) o pessimismo (a causa di una o più operazioni terminate in perdita). Quello che si deve evitare, tuttavia, è di farsi condizionare eccessivamente dai risultati delle ultime operazioni e di considerare ogni nuovo trade come se fosse il primo.
8. La gestione delle perdite assume un ruolo fondamentale, così come la capacità di saper gestire in modo corretto le posizioni che generano un utile. I trader di successo sanno bene che “le perdite fanno parte del gioco” e che “le perdite ci sono e ci saranno sempre”. Per questo motivo devono essere gestite in modo professionale, individuando adeguati stop-loss inizali (posizionati su livelli grafici/volumetrici particolarmente importanti). L’obiettivo primario deve essere quello di preservare il capitale iniziale, che non deve essere in nessun modo pregiudicato o messo in pericolo. Il fine ultimo è quello di fare crescere in modo costante il capitale, rimanendo esposti solo su quelle posizioni che hanno un “motivo” per rimanere aperte (ossia i trade che stanno andando nella direzione ipotizzata e che sono coperti da un adeguato trailing-stop, in grado di proteggere gli utili che si stanno realizzando).
9. È necessario essere sufficientemente capitalizzati. Uno dei motivi per cui spesso i trader falliscono (oltre alla mancanza di competenze e di disciplina) è la sottocapitalizzazione. Si pensa che con alcune centinaia di euro (500/1.000) sia possibile guadagnare (grazie alla leva finanziaria) decine di migliaia di euro. La verità è che per poter operare in modo adeguato è necessario disporre di un’adeguata liquidità (stimabile in almeno 20.000/25.000 euro).
10. Il trading non è una gara di 100 metri, ma una maratona. Si deve essere consapevoli che un trading profittevole è fatto di piccoli guadagni, di piccole perdite e di pochi grossi guadagni. Occorrono pertanto costanza e pazienza. Come sosteneva Jesse Livermore, “le persone che pensano di diventare ricche velocemente con il trading, è molto probabile che diventino povere in poco tempo”.
I trader neofiti spesso iniziano a operare con denaro reale, senza aver in precedenza testato la propria operatività. Spesso apprendono il funzionamento di un pattern grafico o di un indicatore e, sulla base di queste poche conoscenze, entrano sul mercato scommettendo sul fatto che fin da subito potranno ottenere dei risultati positivi.
La verità è che, per poter sopravvivere sui mercati finanziari, è necessario individuare una metodologia operativa che sia compatibile con la propria propensione al rischio.
Da questo punto di vista è opportuno evidenziare che:
• Il trader di posizione, che intende sfruttare movimenti di prezzo della durata di 5/10 giorni, può costruire strategie operative che hanno un rischio iniziale più alto rispetto a quello dei day trader. Questi ultimi, infatti, devono ottimizzare il più possibile la loro operatività, perché devono sfruttare micro-movimenti di brevissimo termine.
• Oltre ai setup operativi (ossia le varie condizioni che creano le premesse per l’apertura di una posizione), va definita in modo rigoroso anche la gestione della posizione. Non solo dovrà essere individuato e rispettato in modo categorico lo stop-loss iniziale, ma dovrà essere stabilito come chiudere in profitto la posizione (dovrà essere chiusa integralmente al raggiungimento di un target stabilito o, al raggiungimento del target, se ne liquiderà solo una parte, mentre quella restante verrà gestita con un trailing-stop?).
Tutti questi elementi vanno definiti a priori e implementati all’interno di software di analisi. In questo modo è possibile effettuare un backtesting, ossia una simulazione teorica in grado di evidenziare i risultati che si sarebbero ottenuti se la strategia fosse già stata applicata in passato.
Il trader che lavora in modo discrezionale deve effettuare un periodo di paper trading, ossia un periodo di prova (da 1 a 3 mesi) in cui simula la sua operatività (utilizzando per esempio i conti demo offerti dai vari broker online) e verifica i risultati che ottiene. In questo modo crea una sorta di registro, dove vanno inseriti i dati più importanti di ogni operazione: la data, l’ora, il titolo sul quale ha operato, il livello di ingresso, lo stop iniziale, il take-profit, la motivazione per cui l’operazione viene effettuata. Questa fase di test consente di valutare i risultati ottenuti e individuare le situazioni sulle quali si lavora meglio e quelle invece sulle quali si lavora peggio. Alcuni trader, per esempio, riescono a ottenere risultati positivi sfruttando le fasi di inversione; altri invece ottengono i risultati migliori nel corso delle fasi accelerazione del trend o durante le fasi di tendenza.
Questo periodo di test e di verifica deve servire per prendere:
• Consapevolezza della propria metodologia.
• Confidenza con l’andamento del mercato.
• Conoscenza della piattaforma operativa che si utilizza.
Soltanto se i risultati del paper trading sono positivi e ci si sente pronti per affrontare la sfida con i mercati, si può iniziare a operare con denaro reale.
Se non si ottengono risultati positivi sulla carta, è altamente improbabile (per non dire impossibile) che si riesca a ottenere degli utili quando si passerà al trading con denaro reale e si proverranno le varie emozioni provocate dal trading. Non si deve pertanto improvvisare, ma occorre stabilire preventivamente con quanto capitale si intende operare (rapportato al capitale totale che si ha a disposizione), qual è il livello di prezzo al quale entrare sul mercato, dove posizionare lo stop-loss iniziale, dove collocare il take-profit, come gestire la posizione con un’eventuale trailing-stop. Il segreto, quindi, è stabilire e rispettare delle regole predefinite, evitando di decidere cosa fare soltanto dopo che è stata aperta una posizione sul mercato.
13. Per approfondimenti si veda il mio volume Strategie operative per i mercati finanziari, Hoepli, 2018.