“Rimettere mano alla spazzola” è la definizione che Molly dà delle nostre Milkman’s Matinee24: e cioè sigarette e caffè a mezzanotte e capelli sparsi un po’ dappertutto.
Mi chiedo come faremmo senza caffè e sigarette, noi ragazze in carriera della nostra generazione. In pratica il lattaio non trae grandi profitti dalla sua matinée, perché le ragazze il caffè lo prendono nero. Niente panna, non è che una complicazione in più; e niente zucchero perché ingrassa. Qualcosa del forte aroma del caffè nero si è insinuato nei nostri pensieri.
Non c’è nulla che mi abbia fatto capire in che razza di caos sia finito il mondo quanto un vecchio articolo di giornale di un po’ di tempo fa. Pare che alle donne tedesche sia stato negato il caffè, e che se cercavano di procurarselo il governo le chiamava le “iene del caffè”.
Molly diceva: «Immagino che se una donna non riuscisse a ottenere ciò di cui ogni donna ha bisogno, e cercasse lo stesso di procurarselo, verrebbe chiamata “iena dell’amore”, o no?».
C’è tanto di quel divertimento nel mondo! Ma con chi goderselo? Il divertimento non è realmente tale quando si è sole. O perlomeno, non lo è per le donne e gli irlandesi. Quando sentiva parlare di una risoluzione del dissidio fra Irlanda e Inghilterra, papà diceva sempre: «Che cosa faranno gli irlandesi se non avranno nessuno con cui essere irlandesi?». Questo vale anche per le donne. Ogni donna di questo mondo ha qualcosa d’irlandese.
Papà c’entra con la Milkman’s Matinee perché uso ancora i vecchi cucchiaini da caffè di Dooner. Quando Dooner chiuse, regalò parte del suo servizio ai suoi più vecchi clienti. A papà andarono coltelli, forchette, cucchiai e cucchiaini e un piatto di portata d’argento, per il finnan haddie25 del venerdì. Doveva essere stato un gran buon cliente, papà, perché ebbe in regalo anche il quadro a olio di un bull terrier che era sempre stato appeso dietro il bancone. Quando papà morì, il quadro passò a Denny. Non credo che piacesse molto alla moglie di Denny, perché quando andai a trovarli a Cincinnati vidi che mio fratello l’aveva appeso in cantina.
Mac chiese perché non ci avessero regalato un bel nudo, ma papà rispose che Dooner era l’unico bar in America senza quel genere di dipinti. Ci entravano troppi preti, diceva.
Io e Molly non ci vediamo molto spesso. Ogni tanto mi manda una lettera a cui allega tutte le cose buffe che trova nei giornali, e io faccio lo stesso. Le pubblicità sono la cosa che la diverte di più. Una volta mi mandò la pubblicità di un reggipetto multifunzione che “tiene il seno fieramente eretto e abilmente diviso”. Come noi, disse lei. È un po’ troppo legato alla realtà dei fatti per divertirmi. Certo, io sono stata abilmente divisa, ma non sempre ne vado così fiera.
Prendere in giro il mondo è un passatempo piuttosto solitario, e non mi sembra che le donne ci siano granché tagliate.
Molly dice che, visto che dobbiamo già darla a intendere ai clienti, non c’è bisogno di prenderci gioco l’una dell’altra. Molly vende le ultimissime novità nel settore dell’arredamento d’interni; divani e poltrone fatti di tubi di nichel e sgabelli imbottiti da bar. Ogni volta che riesce ad affibbiare un salotto aerodinamico a qualche ricca signora pensa che un altro uomo è stato infinocchiato. Quando tornerà a casa dalle sue pagliacciate in centro, nel quartiere degli affari, si accorgerà di non avere una sedia su cui sedersi. Questo la diverte immensamente, soprattutto per la fattura più che salata che vede profilarsi all’orizzonte.
Molly sostiene che il suo lavoro sia più pulito del mio, perché lei si limita a infinocchiare l’uomo, mentre io opero direttamente sulle donne. «Ciò che tu, piccolo demonio, vendi loro, è l’idea di “restare giovani”. E questo non è onesto».
Io le spiego quale grande chimico sia il signor Detaille, come la nostra cipria sia così sottile e impalpabile da poter essere filtrata con un soffio attraverso un velo di seta, e lei allora scoppia a ridere come Little Audrey26.
Io non tento di giustificare nulla. Sto solo pensando. D’accordo, so che il mio è un tentativo di rendere le cose tanto complicate da farvi dimenticare quanto possano essere semplici. Se una qualsiasi delle mie clienti entrasse nel mio bagno, s’indignerebbe nel constatare che non uso ciò che le vendo. Sono tutte parole magnifiche: creme e prodotti astringenti, rinfrescanti, purificatori, per nutrire i tessuti e disintossicare la pelle, e poi c’è la ginnastica contro il doppio mento, i massaggi con succhi di piante lattiginose e il Bathsheba Shampoo. E sono anche confezionate in un modo superbo. Posso riempire la toeletta di una signora con tanti di quei ritrovati e prodotti di bellezza da non farle più muovere lo specchio per paura di buttare tutto all’aria. Quanto a me, una bottiglia di sali per il bagno, un’altra di acqua di Colonia e un vasetto di crema; con uno spazzolino da denti, una spazzola per i capelli e un po’ di rossetto, di che altro posso avere bisogno?
Quello che mi è successo con Wyn mi è sembrato simile all’uso dei sali per i gargarismi. Ottimi per i denti, per il mal di gola, lasciano un senso di freschezza e di pulizia. Mi piacerebbe lavorare nei sali. Ne parla anche la Bibbia, perciò dovrebbe essere un commercio pulito.
«Spero che tu non dica cose del genere alle tue clienti» dice Molly.
Ogni tanto lo faccio, e allora succede che le clienti vogliono comprare tutta la linea di prodotti perché si convincono che io sia incredibilmente onesta. Bisogna stare molto attenti, però. Ci sono certe cose che non vanno dette. Ce la vedemmo brutta quando annunciammo una nuova cipria con una gamma “dalla bionda di porcellana alla moretta orientale”. La clientela ebraica prese quell’“orientale” come un colpo basso rivolto a loro. Dovemmo far ricorso a tutte le nostre doti linguistiche, e lo cambiammo in “languida”. Quando si ha paura di sbagliare, la parola migliore da usare è “esotico”.
«E assicurati che non ci siano refusi» disse Molly in quell’occasione.
Un’altra tazza di caffè. Anche solo muoversi qua e là in una cucinetta aiuta. Molly dice che, per quanto riguarda lei, il gin è la migliore medicina. L’aver imparato a bere gin è stato per lei un nuovo inizio, l’ha aiutata più di quanto non possa fare un’aspirina per l’emicrania. Io non me ne sono mai interessata molto, forse perché Wyn non lo faceva. Ma da quando io e Molly ci lasciamo andare, lei si dedica al gin e io allo scotch, e più o meno con gli stessi risultati. Ma io preferisco il caffè.
Il caffè definisce ogni cosa. Anziché farsi buffo o confuso, tutto diventa più chiaro. Anche troppo. Quando molte persone cercano di farmi pensare a qualcosa in particolare, allora divento irritabile e non penso più a niente. Questa storia del patriottismo, ad esempio. Molly e io abbiamo cercato di chiarirla. Gli Stati Uniti d’America non sono affatto la sede di tutte le virtù e gli altri paesi quella di tutte le follie. Non è convincente. Tutti i popoli si assomigliano. Io lavoro per una straniera. Delphine è in America da più di quindici anni e ha accumulato una fortuna con i prodotti D.D.
Ma, dice Molly, tu parli sempre di come sia diversa da noi. Non ha assolutamente nulla di americano.
Questo è vero. Non riesco proprio a immaginare a cosa pensi al di fuori del lavoro. Porta la maschera più perfetta che abbia mai visto. Dev’esserci pur qualcosa dietro quella maschera. Non la si indossa proprio per questo, una maschera, perché si ha qualcosa da nascondere?
Molly dice che forse non è così, che portare una maschera può essere un lavoro fine a se stesso. Nel toglierla, ci si può accorgere che sotto non c’è nulla. Che strana idea!
Non posso pensare a nulla, in Delphine, che sia men che perfetto. La sua figura, i capelli, gli abiti, il trucco, tutto farebbe impazzire d’invidia qualsiasi altra donna. Ma a che scopo? Per quel suo buffo maritino un po’ sordo? Il suo fascino non ha nessun mistero per lui, che è il suo chimico e conosce la formula di tutti i prodotti D.D. Chissà di cosa parlano quando sono soli. Immagino che abbiano una passione tutta francese per il bilancio perfetto. Ogni volta che sono stata a cena da lei e dal signor Detaille, non appena mettevo piede nel loro appartamento di Park Avenue, sentivo di essere entrata in un mondo speciale. Non sono mai stata a Parigi, ma credo che sia proprio come il loro appartamento. Un po’ scintillante, un po’ fragile e inconsistente, un po’ fragrante, belle gambe e educazione impeccabile. Anche nel suo più succinto e intimo straccetto, non posso immaginare Delphine con un atteggiamento informale. Perfino Pfui, sempre così ben lavato e rasato, lo si può immaginare soltanto vestito con pantaloncini a strisce e scarpine con i bottoni.
Per l’amor del cielo, spero che la Francia combaci con l’idea che me ne sono fatta sfogliando le riviste! Che qualcosa a questo mondo sia come me la sono immaginata!
Delphine deve aver superato i cinquant’anni ma, a vederla, potrebbe benissimo averne trentacinque. A meno che non le si vada molto vicino, ma nessuno può farlo.
Secondo Molly, questa è la conquista più perfetta: sapersi costruire una facciata che diventi tutta la nostra vita. Chissà come ci disprezzerebbe Delphine se vedesse che confusionarie siamo io e Molly, se sapesse quanto siamo disorientate. E se ci sentisse quando scoppiamo a ridere?
Ci siamo chieste se gli stranieri parlino tra loro come fanno gli americani. Non riesco a immaginare Delphine occupata a rivelare i suoi più intimi segreti a qualcuno. Oppure il fatto è che gli stranieri sono più esperti di noi e troppi intelligenti per portare avanti delle discussioni inutili su problemi irrisolvibili?
Alcuni degli aggeggi più intimi del bagno di Delphine mi fecero capire che, se anche non sono riusciti a risolvere ogni cosa, i francesi ci hanno riflettuto parecchio. Se le donne francesi sono davvero così pratiche, dovrebbero avere molti più incarichi nel governo.
A lasciarla libera, la mente conduce in molti luoghi. Non voglio più insistere sulle donne. Forse è perché il mio lavoro nei cosmetici mi fa stare vicina alle donne e al loro punto di vista per la quasi totalità del mio tempo. Ne ho abbastanza del modo caotico in cui procedono le cose, e lo stesso vale per le donne in carriera. Prima sorridevo nel vedere le suore mentre se ne andavano in giro nei loro strani abiti. Soffrivo per loro, pensando che dovessero sentirsi infelici; speravo che, sotto, portassero qualcosa di semplice e di civettuolo che ricordasse loro che erano delle donne. Ma forse è proprio questo che vogliono dimenticare. Forse soffrono per tutte noi, che non siamo come loro. Hanno smesso di pensare e hanno cominciato a credere. Forse hanno trovato qualcosa nella loro vita.
Wyn sapeva sempre come aiutarmi quando scivolavo in questo stato d’animo. Ora capisco: Wyn è felice perché crede. Lui non pensa. È anche lui una specie di suora, o meglio di monaco, e obbedisce alle regole del suo ordine. Ha preso i voti della Main Line o di Rittenhouse Square. Non discute; accetta, semplicemente.
Sul giornale ho letto di una banca che è fallita a Jersey. In qualche modo, i principali correntisti sono stati avvertiti in tempo e sono riusciti a ritirare i loro conti. Se la “banca della civiltà” dovesse fallire, potrei ritirare il mio misero deposito prima che accada? Non è molto, ma è tutto quello che ho. Si tratta di me, della mia felicità, della mia fede in tante cose. Una volta era Wyn.
Dio benedica Molly. Il suo buon senso e la sua abilità mi aiutano molto più di quanto lei stessa non creda. Mi dice di non prendere la frenesia di New York troppo sul serio; New York piomba in preda al panico per un nonnulla. Ricordati, mi dice, del vecchio Midwest, che ha i piedi saldamente piantati nei campi di grano e nel concime. Lei legge ancora, la domenica, il Tribune di Chicago; nessuno che sia capace di farlo può davvero dubitare delle cose. Riuscite a immaginare il vecchio Trib incerto su qualcosa? Marshall Field è ancora in fervente attività, e c’è un’esposizione di mobili a Merchandise Mart. Molly si ricorda di quella domenica in cui andammo allo Shedd Aquarium. C’era una vetrina con l’etichetta: “Common sucker (Catostomidae) frequente nella zona orientale degli U.S.”. «È come te» mi aveva detto Molly.
Era felice che avessi trovato casa a Riverside. In un primo momento era rimasta un po’ perplessa per via dei suoi pregiudizi razziali, mentre a me il posto era piaciuto subito moltissimo. Gli abitanti di Riverside sono così diversi da quelli della Main Line. Santo Dio, sarei anche capace di sposarne uno. Pensano al futuro e sono espertissimi in materie fiscali. A volte vorrei che non fossero così villosi.
Dissi a Marcus Eisen: «Sappia che sarà l’uomo più infelice di questo mondo se non sposerà una ragazza chiamata Shirley». E lui mi ha risposto: «Non posso sposare tutto l’Upper West Side!».
Sinceramente preferirei una finestra rivolta verso l’Hudson, verso l’America, che un intero attico sull’East River, dove la gente deve vivere ricordandosi continuamente di quanto sia raffinata la sua educazione. Quando torno a casa, al tramonto, mi piace pensare a Molly che sgambetta per Michigan Avenue lungo il vecchio ponte, accanto ai venditori di pelli e al Wrigley Building. So che, se anche si lascia prendere dalla frenesia, sa benissimo come liberarsene. Non ha mai perso la testa per qualcuno come ho fatto io.
Avevo pensato di regalarle un abbonamento al New York Times per il suo compleanno. Sarebbe un buon alibi contro il Trib di Chicago. Non voglio dire che il N.Y. Times non perda mai la testa, ma almeno ha una testa da perdere.
Alla fine non l’ho più fatto. Molly, i tuoi piedi sono saldamente piantati nel concime e nei campi di grano.