Wyn diceva sempre: «È giusto farlo ancora e ancora?», come a dire: “È giusto pensare a noi almeno per qualche minuto?”; oppure “È giusto che io ammiri quella piccola cavità che hai dietro le ginocchia?”. Lo amavo terribilmente quando diceva: «È proprio giusto». Ma non serve a nulla ripetersi che non si deve pensare a qualcosa, perché poi ci si pensa di più. Probabilmente Delphine lo sapeva. Capiva come mi sentissi vuota dentro, proprio come quei granchi che si trovano sulle spiagge. Festeggiò il mio ventunesimo compleanno dandomi un aumento e mandandomi a fare delle dimostrazioni pratiche a Chicago.
Credo che non fossero in molti a ottenere un aumento nel gennaio del 1932. Era il periodo in cui si diceva che l’erba sarebbe cresciuta per le strade, anche se in realtà non era probabile, vista la quantità di gente che la calpestava in cerca di lavoro. Ma non esistono crisi in un business che fa sentire le donne bene con se stesse. Ho notato che si prendono più facilmente consigli medici dal parrucchiere che dalla maggior parte dei dottori, perché lui sa che una donna che si sente attraente, si sente automaticamente in salute.
Quei due anni passati a Chicago furono un periodo felice. Un po’ di allegria mi ci voleva proprio, benché fosse tutta intrisa di mal di stomaco, e non parlo di quel genere di dolore che mi veniva ogni volta dopo aver mangiato l’antipasto da Enrico. Fu allora che cominciammo a chiamare il nostro appartamentino la “Scuola delle mogli”, quando Molly tirò fuori da un vecchio baule il mio abito di lamé dorato. Lo aveva conservato per tutto quel tempo, il vestito dell’Assembly. Ci servì per ricoprire alcuni cuscini. Non volevo che nessun’altra lo indossasse.
Molly disse che avrei dovuto assolutamente abitare con lei e Pat Kenzie nel loro appartamentino a Tuscan Court, un quartiere nei pressi di Michigan Avenue fatto di studi ammobiliati per artisti e con gli spaghetti di Enrico pronti a tutte le ore al pianterreno. Fu una buona occasione per me di aiutarle un po’; ormai prendevo 28 dollari alla settimana senza contare gli extra, e un po’ mi vergognavo di guadagnare tanto più di loro. Eravamo tutte e tre da Palmer, io nel reparto cosmetici, Molly negli arredi e Pat era stata trasferita alle calze. Avevamo la sveglia in comune e chiamavamo Molly “la signora” perché era lei che si occupava dell’amministrazione. Molly diceva sempre di non capire chi fosse il suo secondo comico, se io o Pat, ma naturalmente era Pat. Non si ride mai tanto come quando ci sono degli uomini sullo sfondo, e Pat ne aveva un’intera corte. Occuparsi di lei significava fare quella che si potrebbe chiamare strategia, benché ogni tanto fosse piuttosto noioso dover andare al cinema solo perché Pat doveva intrattenere un amico in un’atmosfera domestica. Naturalmente, avevamo sviluppato delle tipiche forme di tatto femminile; se Pat aveva un appuntamento speciale, io e Molly entravamo in salotto in vestaglia, o con i bigodini nei capelli, o con la faccia impiastricciata di crema, facendo qualsiasi cosa pur di apparire brutte e insignificanti. Se una di noi era fuori la sera, aveva abbastanza criterio per telefonare prima di rincasare; non si sa mai. Ci dedicavamo a turno alla cucina, alla spesa, al ferro da stiro e al reparto letti. Dormivamo a rotazione, due nel lettone matrimoniale e una sul divano. Molly diceva che il suo capo, il signor Krebs, avrebbe capito i vantaggi della camera “due più uno” se avesse passato una notte da noi. Non c’erano molte probabilità che un simile avvenimento si realizzasse, ma Molly vendette più tardi l’idea a Modernage Interiors, che la sfruttò nella Fiera di Chicago; a giudicare dalla situazione di Palmer nel 1932-33, credo che il signor Krebs si sarebbe accontentato di dormire sul pavimento.
Pat si svegliava parlando a macchinetta, ma le cose più pratiche le diceva quando crollava, la sera. L’ultimo discorso della giornata, quando finalmente toccava il letto, era una specie di riassunto quotidiano, come quella volta che disse: «Oh, mi sono dimenticata di avvertire Jeff che non intendo vederlo più».
Non riuscii a vedere la strizzatina d’occhi di Molly, perché avevamo spento la luce, ma potei sentirla nella sua voce: «Non essere ridicola, Jeff è parte del tuo addestramento».
E Pat: «Non riesco a capire come un uomo felicemente sposato possa fare una cosa del genere».
Prima che avessero potuto risolvere il problema, io mi ero già addormentata.
Mi ero appena trasferita a Tuscan Court quando ci fu la grande bufera di neve. Ero sul divano, perciò ero lontana dalla finestra, ma dal loro lato della stanza la neve arrivò a venti centimetri. La prima cosa che vidi quando mi svegliai fu Molly che correva di qua e di là in accappatoio e con le galosce ai piedi, cercando di ripulire in giro, e Pat, ancora mezza addormentata, che provava a spalare la neve con un grosso cucchiaio, senza pensare che avevamo una pala nel camino. Provammo a uscire per andare al lavoro, ma il vento era troppo forte. Mi fece cadere distesa appena mi affacciai sul marciapiede, e spinse Pat fuori strada. Provammo a combattere per un paio di isolati ma alla fine ci arrendemmo. Quando provammo a telefonare al negozio, non rispose nessuno prima delle dieci. C’era una commessa, disse di essere dietro il bancone a piedi nudi, in attesa che le sue scarpe e le calze si asciugassero. Quello fu un giorno di vacanza per l’epidermide. Non avevo mai visto Chicago sotto una vera bufera, così uscii, più tardi, indossando certi pantaloni da sci di Pat, solo per vedere come fosse. Avevano messo delle corde di sicurezza, sui marciapiedi, e guadai fino alla Tribune Tower e al ponte. Quando tornai a casa, Molly aveva ordinato da Enrico un pentolone di spaghetti caldi, e uno dei vicini portò del Chianti e della legna per il camino. Fu molto divertente. Questo mi fece venire in mente di comprare un carico di legna, su cui invece le ragazze tendevano sempre a economizzare, e anche una scorta di sigarette, se Pat avesse imparato a fare un buco nella confezione con delle forbicine per le unghie, e a non squarciarla completamente. I pomeriggi migliori di quell’inverno li trascorsi seduta davanti al fuoco con Molly a lavorare a maglia, mentre Pat era, il più delle volte, a ballare all’Ivanhoe, il suo posto preferito per mantenere in allenamento i suoi corteggiatori. Anche io amavo quel posto, per via delle decorazioni di Walter Scott che mi facevano pensare alla Donna del lago, ma io e Molly eravamo in uno stato d’animo casalingo. Era piacevole poter parlare di Wyn con qualcuno, ma non mi sarei spinta troppo oltre nemmeno con Molly.
Mi presi un’influenza che si stava diffondendo in giro, e mi ricordai di un rimedio di papà: whisky caldo e acqua con zucchero e un pezzetto di burro. Diceva sempre: «Ciò che burro e whisky non possono curare non ha rimedi». Molly viveva ancora seguendo il motto liceale del corrugare la fronte per il dolore e l’angoscia, e non le ci volle molto tempo per mischiare gli ingredienti. Mi diede una bevanda piccantissima, mi avvolse in una coperta e mi riportò ai tempi di Manitou.
Era buffo pensare che la classe del 1932 era ancora all’università, al Prairie College, mentre noi avevamo già vissuto così tante esperienze. Durante le vacanze di primavera vennero a trovarci molte delle nostre vecchie compagne, per vedere se avremmo potuto aiutarle a trovare un lavoro; venne anche Peg Ramsauer, che ci disse che eravamo obbligate dal giuramento alla Gammagam ad aiutarla, se avessimo potuto. In realtà il giuramento si scioglieva non appena si commettevano degli atti di scarsa levatura morale, così pensai in segreto che i miei obblighi erano ormai esauriti. Molly le trovò, tramite un annuncio, un posto da un gioielliere agli acquisti per corrispondenza. Durò solo una settimana. Era uno di quei lavori in cui si è stenografi e receptionist e centralinisti insieme, e probabilmente bisognava essere capaci di far accettare un no come risposta all’inserviente delle fatturazioni. Il primo giorno, pensando di trasferire una telefonata, spinse un bottone di cui nessuno le aveva parlato, e due minuti dopo, tra urli di sirene e un gran tramestio, tutto il palazzo, che era pieno di gioiellieri, pullulava di poliziotti. Aveva premuto il campanello d’allarme e tutto lo stabile fu perquisito da cima a fondo, e nessuno poté uscire per non so più quanto tempo. Nessuno riusciva a capire dove si era svolta la rapina o chi aveva rubato cosa, e la povera Peg non aveva ancora collegato tutto quel caos col bottone che aveva premuto. «A ogni modo» disse poi «ho risparmiato 25 cents per il pranzo. Nessuno poteva lasciare l’edificio, e il signor Gorsuch ha dovuto ordinare dei sandwich».
Forse ci stavamo comportando come la volpe con l’uva, ma io, Pat e Molly eravamo convinte che essere tre donne in carriera e vivere insieme ci stesse istruendo tanto quanto il college. Una volta, da Palmer, arrivò la preside Bascom per dare un’occhiata ai prodotti Delphine Detaille. Naturalmente non mi riconobbe e io non dissi nulla, avrebbe ammazzato la vendita. Stava andando a un qualche incontro di presidi – sicuramente da crepare dal ridere – e stava cercando qualcosa per essere incantevole. Chiese dell’Olympia, ma faceva un po’ troppo “Charles of the Ritz”40 per il suo fascino a onde corte. Eravamo stati molto attenti a non nominarlo mai nelle pubblicità ma a farlo girare tramite il passaparola, o meglio tramite il “passaprofumo”. L’idea era che l’Olympia fosse qualcosa di troppo delicato per essere sulla bocca di tutti, e che non volevamo finire in situazioni spiacevoli dovendo far fronte alle richieste del tipo sbagliato di persona. Fingemmo addirittura di essere infastiditi quando la patinatissima Vogue ci chiese di inserirlo in una delle sue rubriche. Fu dura convincere la preside Bascom che il Killarney era più spirituale e che non avrebbe fatto fuggire un branco di presidi. Oltretutto, era convintissima che la vita accademica facesse seccare la pelle, così le raccomandai una crema a base di estratti vegetali. Questo mi fece venire in mente una cosa, e dopo che ebbe completato l’acquisto le chiesi «Alla fine sono riusciti a togliere la verdura da Selfridge Hall?». Lei rimase molto sorpresa, e ci facemmo una bella chiacchierata. Quella signora era veramente un amore. È impossibile conoscere qualcuno finché non lo si incontra al di fuori del suo posto di lavoro. Esisterà un lavoro che consenta di restare umani mentre lo si svolge?
Molly, Pat e io ci divertivamo talmente tanto, la sera, che non ci dispiaceva troppo di non poter uscire spesso. A volte andavamo a cena nella trattoria italiana sotto casa, nonostante i bruciori di stomaco causati dagli antipasti di mare e dalle piccantissime polpette. Io sostengo una cosa che fa sussultare Mark Eisen, e cioè che la politica a cui si dedicano gli italiani sia in realtà un’indigestione. Una buona dose di bicarbonato farebbe esalare il fascismo nel vento. La faccenda del nazismo è invece più pericolosa, perché è una specie di religione distorta, che non si può curare con nessuna medicina. A Mark non dispiace quest’idea. Non dispiace a nessuno, quando ci pensa.
A ogni modo, scoprimmo che chi mangiava le polpette avrebbe fatto bene a dormire sul divano. Almeno, se poi si svegliava verso le due del mattino con tutta una prateria in fiamme nel fegato, poteva sedersi sull’orlo del letto a fumare una sigaretta senza disturbare le altre. L’organizzazione notturna era “Scienza domestica n. 1” alla Scuola delle mogli. Pat non si fidanzò per parecchio tempo, perché la sua famiglia non poteva garantirle un corredo completo, che è ciò che fa sentire, a una giovane sposa, di avere almeno un piede sulla terraferma. Quando poi cominciò a vacillare in questa sua determinazione, noi ribadimmo una ferrea disciplina intorno alla sua persona, e la guarimmo dall’abitudine di dormire di traverso sul letto, cosa che certamente non si può fare per tutta la vita. Questo è nazismo, è ciò che i tedeschi vogliono fare in Europa.
Mac mi mandò un ritaglio del Ledger quando Wyn, quella primavera, si sposò. Avrei potuto continuare a tirare avanti senza sapere la data precisa. Non c’è dubbio che Ronnie avesse il suo corredo completo. Ma era confortante sapere che lei e la preside Bascom profumavano allo stesso modo. Dopo aver visto quei graziosi bimbetti nel furgoncino, mi chiesi se una ragazza a modo come Ronnie non avrebbe rallentato la famiglia Strafford per almeno un paio di generazioni, visto che era semplicemente una ragazza di buona famiglia e nient’altro. Mark mi ha detto qualcosa a proposito degli incroci genetici. Suonava un po’ come la conta dei punti da mettere al momento di girare il tallone di un calzino da rammendare. In ogni caso, se fossi una famiglia vorrei che nel mio corredo venissero introdotti i geni di qualcuno che vuole arrivare da qualche parte. I geni di Wyn ne avevano una voglia matta, ma non sarei affatto sorpresa se mi dicessero che dovranno aspettare fino a Wynnewood Strafford XII. Nel frattempo, andranno avanti a cappotti rosa e pantaloni alla cavallerizza.
Quando si è amato davvero qualcuno, intendo quel tipo di amore totalizzante, in cui ci si sente parte del tutto e si ha la sensazione che non ci sia niente di cui preoccuparsi o di cui temere, allora si sviluppa una buona capacità di comprendere il prossimo. Ci si può mettere nei panni degli altri e capire quanto sia doloroso sentire un piccolo vuoto scuro dentro di sé. C’era qualcosa di davvero dolce in Pat. Le sere in cui io e Molly restavamo da sole facevamo le pulizie dopo di lei e sistemavamo il cassetto della biancheria, e quasi ci commuovevamo perché c’era qualcosa di dolce e infantile nelle sue cosette lasciate in giro senza criterio. C’era il suo reggiseno da lavoro su una sedia, con un’aria più piatta del solito, dei guanti bianchi caduti nella vasca da bagno, una collana di perline di vetro che si era rotta in mille pezzi sul pavimento, e della cipria su un fazzoletto. Tutti insieme erano la prova tangibile dello stato di grazia in cui si trovava quando era uscita, probabilmente per un appuntamento all’Ivanhoe, impaziente di arrivarci. Molly è tutta l’opposto: è ordinata e le piace prendere tempo per pensare alle cose. Nicolai una volta mi disse che non sarebbe sorpreso se saltasse fuori che ha la tiroide un po’ lenta. Come invidiavo la sua attenzione per il sonno! Contava sempre le ore che dormiva, e non importava quanto si sentisse riposata, se saltava fuori che erano meno di otto si sentiva automaticamente esausta. In quei giorni, non c’era benzedrina che riuscisse a tenerla in piedi. Moltissime donne in carriera si alimentano con l’ambizione, un vero e proprio eccitante.
Sarebbe stato un ottimo momento per la benzedrina, visto come andavano gli affari. Ovviamente, io non presi mai sul serio la Depressione, visto che i prodotti D.D. andavano benissimo. È un fatto che i tempi duri riempiano la bocca dei bravi venditori. Occorre essere più che mai attraenti e sottili per tirare su di morale un marito ansioso quando torna a casa dopo una giornata con il mercato in calo. Questo era ciò che io e Pearl dicevamo sempre alle clienti, e in qualche modo le toccava. “La bellezza nella sua totalità” era uno degli slogan di Palmer nelle pubblicità dei cosmetici, e non c’era tavolo al Drake o giardino d’inverno a Gold Coast dove non si potesse avvertire uno sbuffo di Olympia, se solo si sapeva dove puntare il naso. Chez Pierre, il Tavern Club e Saddle & Cycle erano più posti da Cinq-à-Sept. Chicago resta sempre stordita da qualsiasi nome francese se non si insiste nel farglielo pronunciare. Delphine era deliziata dall’andamento degli affari, e mi diceva sempre di non stancarmi troppo. Non dovevano venirmi le occhiaie, dovevo sembrare la Regina di Saba quando entravo nel salone di bellezza. Molly invece non se la passava troppo bene, perché in quel periodo la gente non comprava molti mobili. “Bacco, Tabacco e Venere” si erano trasformati in “Birra, Radio e Mammina”. Molly era abbastanza sveglia da prefigurarsi il mercato dei mobili da bar, ora che il Proibizionismo stava finendo. Non ci sarebbe stato più gusto a bere negli spacci se l’alcol fosse tornato legale. Pat se la passava abbastanza bene nel reparto calze perché le donne ne avevano sempre bisogno, e sosteneva che un buon paio di calze era necessario quanto una bella pelle per tirar su di morale il proprio uomo. Una volta venne a comprare da lei nientedimeno che Jess Cornish. Pat partì col suo discorsetto standard su quanto le nuove calze avrebbero reso sfolgoranti le sue gambe. Lei rispose: «Sarà meglio che non esagerino, queste gambe mi hanno già cacciata in un mare di guai».
Un momento significativo fu quando Molly e io ottenemmo un giorno di permesso per andare a Manitou alla consegna delle lauree. Erano una folla dannatamente solenne, sembrava un funerale se paragonato alla cerimonia dei diplomi. Io mi sentivo in uno stato d’animo misto; in parte orgogliosa di essere una donna in carriera, sofisticata, e in parte con un senso di inferiorità, perché immaginavo che quei ragazzi avessero qualcosa che non avrei mai avuto. Volevo assistere alla cerimonia perché pensavo che avrebbe riassunto l’educazione universitaria nella sua totalità, e io avrei potuto capire il luogo in cui avevo passato un periodo così breve. Immagino che i ragazzi fossero talmente presi dal discorso iniziale da non riuscire a pensare ad altro, ma io e Molly ci eravamo riposate durante il viaggio in treno e le nostre menti erano spalancate. L’università aveva ingaggiato un governatore di Stato per quella tiritera, il quale probabilmente era nel bel mezzo del malcontento agrario e preoccupato dalle vicine elezioni. Tirò in ballo l’Onnipotente talmente tanto che mi sembrava di sentir parlare di cricket. I ragazzi avevano un aspetto così giovane, pulito e dignitoso, e anche se non sapevano cosa aspettarsi dal futuro era una vergogna trattarli in quel modo. Sono convinta che l’Onnipotente non conosca nemmeno la data esatta del discorso dei diplomi del Prairie College. Tutte quelle parole sembravano vere ma nello stesso tempo poco realistiche. Suonavano come parole già pronunciate prima di allora e pronte a essere pronunciate di nuovo, a Wheaton o a Rockford. Molly diceva che era una buona anteprima della vita vera, ma non credo che il governatore lo avesse fatto intenzionalmente. In ogni modo, quel giorno accaddero due cose magnifiche: Fedor Vassilly ottenne la summa cum laude e la preside Bascom aveva un’aria radiosa grazie al modo in cui le avevo detto di truccarsi. Molti professori avevano una cera così smorta, nelle loro toghe colorate, che dovetti lottare contro l’impulso di dare un colpo di cipria anche a loro. Chissà perché gli uomini di scienza diventano tanto timidi non appena si allontanano dalla lavagna.
Mark si chiedeva che fine avessero fatto quel gruppo di professori della Columbia che erano subentrati al governo per un breve periodo.
Per me andavano bene. Perfino i loro sbagli erano interessanti. Quantomeno avevano tenuto svegli i membri della Union League.
Un discorso del diploma come si deve avrebbe dovuto indicare dove cercare, nella vita vera, le cose di cui si avesse avuto bisogno. Niente a proposito dell’Onnipotente che affina le spade dei giovani crociati. La maggior parte di loro non erano giovani crociati e non avrebbero usato alcuna spada affilata, ma molto probabilmente degli schiacciamosche scalcagnati. Quando sento i discorsi ufficiali, mi chiedo sempre che cosa l’oratore pensi ma eviti di dire. Immagino che sia una cattiva abitudine.
Lo zio e la zia invitarono per l’occasione parecchi del nostro vecchio gruppo a uno spuntino all’aperto. Fu triste non vedere il caro Pastafrolla, che batteva sempre la coda sul pavimento quando la gente rideva. Lo zio era molto allegro perché aveva falciato il suo praticello a meraviglia. Anche quando qualcuno, di sicuro Trudy Weissenkorn, gli rovesciò della maionese sul vestito, lo zio non batté ciglio. Il pollo fritto di Lena non era mai stato più gustoso, e noi ricorremmo ancora una volta al vecchio scherzo di dare a Fedor una gamba del pollo. C’era perfino Bernie Janssen. Dovetti ridere ricordando che era stato il mio “cavaliere svedese”. Aveva abbandonato l’idea di diventare un generale dell’esercito e lavorava alla State Dairy School. Era tutto preso da non so che idea di centrifugare il latte fino a farlo diventare omeopatico, o omogeneo, o qualcosa del genere. Questo procedimento avrebbe fatto sì che durante il tragitto non si formasse la panna in cima alla bottiglia. Ma io gli chiesi come mai volessero eliminarla, visto che era la parte più divertente. Caro, vecchio Bernie! Mi rispose di non averci pensato, e immagino che durante tutto questo tempo abbia accumulato una tremenda quantità di cose a cui non ha pensato prima di farle. A livello sociale, ci sarà sempre la cima della bottiglia, e il povero Bernie difficilmente entrerà a farne parte.
Chi era veramente destinato a fare strada era Fedor. Non me la sento di demolire il sistema scolastico quando penso a cosa ha prodotto con lui. Fu bello trovare finalmente qualcuno dei vecchi amici con cui poter parlare. Mi disse d’aver cambiato direzione ai suoi studi e di essere in procinto di partire per Chicago per la pratica di medico. La sua gamba di alluminio non gli avrebbe permesso di fare una pratica regolare, come tutti gli altri, ma aveva la possibilità di fare ricerche nel campo della paralisi infantile. Mi rivelò molte cose interessanti sulla mortalità relativa e sulle cure a base di onde radio, massaggi e così via. Mi disse anche una cosa che mi colpì e mi rimase impressa: «Kitty, hai delle mani magnifiche per i massaggi». Non ci avevo mai pensato prima, ma credo che il mio lavoro dimostrativo alle clienti avesse educato non poco le mie mani.
Naturalmente Fedor non poteva sapere perché certe cose che mi disse durante quella nostra conversazione avessero tanto valore per me. Aveva avuto un’infanzia infelice, data la sua disgrazia, e ciò lo aveva portato a occuparsi in modo particolare dei bambini. È cattolico e ha molti degli scrupoli dei cattolici sul controllo delle nascite, benché io sinceramente non riesca a capire che cos’abbia a che vedere una cosa del genere con la religione. A ogni modo, Fedor mi parlò del cardinale di Chicago, il quale, anziché cicalare dal pulpito contro l’aborto e così via, aveva fondato e avviato un ospedale della maternità semigratuito. Naturalmente, bisognava essere legalmente sposate prima di potersene servire, e questo era uno svantaggio, ma il punto è che per 50 dollari si poteva partorire, e chi non poteva spendere neppure quella somma veniva assistito gratis.
Questo è quello che chiamo saper essere dei veri cittadini. Spesso mi capita di pensare a come avrei allevato il bambino che non ho avuto. Dissi a Fedor: «Diventerei anche io cattolica per un bel bambino a soli 50 dollari. Il problema del vincolo del matrimonio è che c’è troppo poco matrimonio e troppo vincolo». Pensò che lo stessi prendendo in giro.
Io e Molly parlammo di moltissime cose sul treno per Chicago. Molly ha l’abitudine, piuttosto molesta a volte, di capovolgere una data frase per vedere se acquista un senso più interessante. A volte ci riesce. Ad esempio, in treno parlavo del mettere al mondo un bambino, e Molly rispose che c’era almeno una cosa altrettanto importante, ed era quella di mettere il mondo in un bambino.
Quando Fedor venne a Chicago, mi portò a visitare la clinica dove si cura la paralisi dei bambini: fu così che presi l’abitudine di andare lì ad aiutarlo, la domenica.
Mac mi disse una volta, in uno dei suoi periodi sfortunati, che non avrebbe potuto farsi curare da un dentista per molto tempo. Aveva un dente che doveva considerarsi perduto da un pezzo, il nervo era quasi scoperto, ma dopo averlo osservato il dentista aveva detto ch’era stato salvato dalla “dentina secondaria”, che è una specie di avorio che si forma intorno al nervo per proteggerlo. Credo che qualcosa di simile sia successo a me con Wyn, voglio dire che il nervo è vivo e vicino ad affiorare, ma sono così presa dal mio lavoro che il mio “io secondario” lo ha ricoperto, impedendogli di fare troppo male.
Anche prima che iniziassi a occuparmi dei bambini paralitici, c’era sempre molto da fare. L’estate è la stagione perfetta per spaventare le donne sul loro aspetto, e il clima del Midwest è una manna per l’industria dei cosmetici. Era meraviglioso il modo in cui Delphine e Pearl Velour riuscirono a piazzare, con i direttori delle pagine femminili, una pubblicità discreta a proposito di ciò che il sole, il vento, la polvere e la fuliggine potevano fare al nobile mondo femminile dell’Illinois; le signore venivano nel nostro reparto quasi scusandosi d’essere ancora in città. Era davvero buffo vedere quelle signore tutte prese dalla febbre di proteggersi dalle screpolature da vento, dalle rughe per aver guardato il sole, dalle unghie fragili e molte altre calamità. Le riempimmo di copri-unghie di cotone lubrificato per il giardinaggio, e unguenti da pedicure che avrebbero protetto dall’acqua ricca di cloro di Chicago i loro piedoni, e un prodotto depilatorio che avrebbe spazzato via i loro peli sulle gambe. Pregammo anche il negozio di inserire una “u” extra in glamorous, perché Delphine lo voleva scritto così. Poi io e Molly andammo alle Dune per il weekend. Bisogna prendere l’Illinois Central attraverso i Tin Cat Gardens e le casette degli immigrati italiani, in ognuna delle quali c’era una capra, che noi chiamavamo “il cane poliziotto italiano”. Portammo con noi solamente del sapone di Marsiglia e una limetta per le unghie, e le raccontai di certe signore che non riescono a partire a meno che non siano cariche di pinzette, maschere di bellezza, smalti di vari colori e una lattina portatile di fanghi altrimenti la loro pelle, appena uscita da Palmer, si trasformerebbe in pelle di cavallo.
Quell’anno mi venne l’idea del kit di bellezza a forma di piccola cappelliera, del tipo portato dalle modelle. Le vedevo sempre, a Tuscan Court, mentre trottavano verso lo studio di qualche fotografo, portando le loro cose nelle cappelliere. Se la borsa era una Lilly Daché o qualcosa del genere, vi prestavano molta attenzione; se invece era una cappelliera di Chicago ci incollavano sopra un’etichetta di New York. Molly, che era molto brava nei lavori manuali, creò una cappelliera molto semplice per me, e Delphine ne andò subito pazza. La stagione successiva erano ovunque, a Park Avenue.
Credo di non essere una donna normale, perché quando vedo la vetrina di un negozio io non penso a cosa potrei comprare per me, ma a cosa potrei metterci dentro per farlo comprare agli altri.
Quando Pat Kenzie si sposò, Peg Ramsauer prese il suo posto alla Scuola delle mogli. Aveva trovato un lavoro in banca ma avevamo dei dubbi che fosse un’allieva adatta, soprattutto perché si era imbarcata in una storia con un giovane cassiere molto evoluto che non credeva nel matrimonio. «Scommetto che neppure i suoi genitori ci credevano» commentò Molly. Non le era simpatico, perché doveva continuamente allontanarsi i capelli dagli occhi con uno scatto del capo. Nella sua vita privata era un musicista. Alla fine ci convincemmo che la povera Peg avrebbe dovuto sudare sette camicie per portare quel bohémien bancario al suo livello, o forse avevamo semplicemente imparato a non fare la morale agli altri. Cane da pastore, come lo chiamavamo noi per via di quei capelli sugli occhi, invitò Peg alle Dune un sabato, ma qualcosa delle vecchie inibizioni di Manitou doveva esserle rimasta dentro perché volle che Molly e io la accompagnassimo in veste di chaperon. Doveva avere una strana idea dell’accompagnamento, perché il cottage aveva solo due camere da letto; io e Molly ne occupammo una, e immagino che Peg e Cane da pastore usassero l’altra. A ogni modo, Molly e io passammo un delizioso weekend di quiete. Le Dune sono l’unico posto, oltre a Griscom Street, dove io sia riuscita ad avere quello che si potrebbe chiamare il mio cortile sul retro dove sostare, anche se è soltanto il fianco di una collina di sabbia. Quando si avvicinava l’ora dei pasti, Cane da pastore si sedeva al piano e suonava, e Peg rimaneva ad ascoltarlo rapita, cosicché alla fine il nostro accompagnamento consistette soprattutto nel preparare da mangiare per loro. Peg asciugava i piatti, perché, disse, i musicisti devono stare attenti a non rovinarsi le mani. Molly finì con l’arrabbiarsi, dopo un po’, e disse a Peg: «È proprio un peccato che non creda nel matrimonio, perché saresti stata certamente un’ottima Frau all’antica».
Quella sera, io e Molly ci stendemmo sulla sabbia in cima alla duna, a dirci quanto erano belle le stelle sulla nostra testa. Il buffo fu che Peg e Cane, in una delle loro passeggiate, finirono con l’impigliarsi tra non so quali erbe velenose. Ne avevano traccia su tutto il corpo, molto più che se le avessero soltanto calpestate. Quando tornarono tutti e due in banca, segnati come due gemelli, tutti capirono al volo. I banchieri avevano troppe preoccupazioni in quel periodo per pensare ai divertimenti, e Cane da pastore perse il posto. Dopodiché, lui smise di credere anche nelle banche.
Quando fu abolito il Proibizionismo impiantarono un bar girevole nella Sala Pompeiana del vecchio Congress, una specie di piccola giostra. Mi era sempre piaciuto quel locale, anche perché il profumo dell’atrio risvegliava in me molti ricordi. Ci andavamo ogni tanto, Molly e io, a girare, girare lentamente in tondo. Un solo scotch, preso girando, vi fa lo stesso effetto di tre presi stando saldamente seduti in un angolo. Forse fu per questo che abolirono il bar girevole dopo poco tempo. Sembra che tutto fosse un po’ così in quegli anni, che tutti noi girassimo su una giostra. Molly sostiene che non sapevamo che cosa sarebbe successo, e che non avremmo comunque saputo che cosa pensare anche se lo avessimo saputo.
Non mi stupirei se mi dicessero che è l’unico modo per essere felici. In certe notti d’estate andavamo a Ravinia a sentire la musica, e ogni tanto andavamo a qualche conferenza alla Northwestern. Peg tornò a Manitou, a casa sua. Fedor ogni tanto veniva a trovarci, e si sentiva la sua gamba artificiale battere sonora sulle scale; bevevamo birra, e io avrei tanto voluto che Molly si innamorasse di lui. Mi aveva fatto avvicinare al lavoro ospedaliero, e questo curò un po’ del mio cinismo. Quindi Delphine mi mandò di nuovo in viaggio, per completare il nostro ciclo dimostrativo giù fino alla costa, e poi ancora nell’entroterra. Avrebbe dovuto essere compito di Pearl Velour, ma Pearl stava per sposarsi. Sembrava esserci molta gente che ci credeva, nel matrimonio, anche se Cane non era tra questi.