VI. Il concetto di «vita»

Può essere interessante completare lo studio precedente con uno studio correlativo sulla nozione che i fanciulli indicano con la parola «vita». Nulla infatti prova che i concetti di «vita» e di «coscienza» coincidano perfettamente, tanto piú che ciò non accade neppure nell’adulto. Ma, soprattutto, la nozione di «vita» è, per certi riguardi, piú familiare al fanciullo che le nozioni espresse dai verbi «sapere» e «sentire». Abbiamo dunque qualche probabilità, studiandola, di trovare delle sistematizzazioni piú precise delle precedenti, e, a proposito di ognuna delle risposte del fanciullo, argomentazioni e giustificazioni logiche piú ricche. Se poi i risultati del presente capitolo concorderanno con quelli del precedente, questa convergenza ci darà una garanzia trascurabile. Preghiamo dunque il lettore di scusare le inevitabili ripetizioni alle quali lo studio della nozione di «vita» condurrà.

La tecnica che useremo è analoga a quella usata fin qui, consistendo nel chiedere se un certo numero di oggetti via via indicati sono vivi e perché. Le stesse precauzioni vanno prese per evitare la suggestione semplice e l’insistenza.

I risultati ottenuti ci hanno permesso di ritrovare esattamente i quattro stadi definiti piú sopra a proposito della coscienza attribuita alle cose. Durante un primo stadio, è considerato vivo tutto ciò che ha un’attività o anche una funzione o un’utilità, quali che siano. In un secondo stadio, la vita è definita dal moto, essendo ogni moto considerato come contenente una parte di spontaneità. In un terzo stadio, il fanciullo distingue il movimento proprio e il movimento ricevuto; la vita è identificata al primo. Infine, durante un quarto stadio, la vita è riservata agli animali, o agli animali e alle piante. Va da sé che gli stessi fanciulli non appartengono necessariamente agli stessi stadi in questa serie e nella serie relativa alla nozione di coscienza (a parte alcuni fanciulli del secondo stadio che non hanno distinto il movimento proprio dal movimento in genere). Esistono, invece, grandi divergenze in ogni fanciullo singolo fra l’estensione attribuita al concetto di vita e l’estensione attribuita al concetto di coscienza. Non è dunque di una correlazione tra i casi singoli che qui parliamo, ma di un parallelismo fra i rispettivi processi di sviluppo della nozione di «vita» e della nozione di «coscienza». Il che, del resto, è molto piú interessante, poiché esclude l’ipotesi della perseverazione, dando cosí al parallelismo tutto il suo valore. Questo parallelismo mostra quanto costante e spontaneo resti il pensiero del fanciullo, nonostante le suggestioni dell’ambiente adulto e le difficoltà del nostro interrogatorio.

Nel fanciullo, però, la nozione di vita è piú sistematizzata che la nozione di coscienza; sicché ne derivano, per la nostra inchiesta, alcuni svantaggi inevitabili. Il fanciullo aggregherà alle proprie idee spontanee diverse definizioni avventizie (vivere è parlare, o esser caldo, o aver sangue ecc.). Ma, in tutti i fanciulli che presentano queste definizioni secondarie, abbiamo trovato anche risposte abituali, semplicemente agglomerate alle altre, cosicché possiamo omettere le poche nozioni secondarie il cui carattere del tutto personale mostra chiaramente che si tratta di fanciulli influenzati fortuitamente dalle conversazioni ascoltate ecc.

Inoltre, nella misura in cui la sistematizzazione del concetto è portata innanzi, si produrranno inversioni di significato paragonabili a quelle che abbiamo descritto a proposito della nozione di coscienza: fatto che rende difficile classificare alcuni casi. Ma, a parte questi due svantaggi, l’inchiesta è risultata piú facile di quella di cui abbiamo riferito i risultati nel capitolo precedente.

  1.Il primo stadio: la vita è assimilata all’attività in generale

Nonostante una certa diversità, le risposte di questo primo stadio hanno tutte un fondo comune, che consiste nel definire la vita mediante l’attività e, cosa interessante, un’attività generalmente utile all’uomo e, in ogni caso, nettamente antropocentrica.

VEL (8½): «Il sole è vivo? – Si. – Perché? – Perché illumina. – Una candela è viva? – No. – Perché? – [Si] perché rischiara. È viva quando rischiara, ma non è viva quando non rischiara. – Una bicicletta è viva? – No, quando non cammina non è viva, è viva quando cammina. – Una montagna è viva? – No. – Perché? – Perché non fa nulla [!]. – Un albero è vivo? – No, quando ha frutti è vivo, quando non ne ha non è vivo». «L’orologio è vivo? – Si. – Perché? – Perché cammina. – Un banco è vivo? – No, non serve che a sedersi. – Un fornello è vivo? – Si, serve a far colazione, merenda, cena. – Un cannone è vivo? – Si, spara». «La campana della ricreazione è viva? – Si, suona». Vel dirà anche che il veleno è vivo «perché uccide».

TANN (8 anni): «Un vetro è vivo? – È come vivo, ma non come noi. Il vetro impedisce all’aria di entrare, [ma] resta immobile. – Ma è vivo o no? – E vivo…» «Un sasso vive? – [Vive] se lo si lancia, se gli si dànno delle spinte per farlo camminare». «Una nuvola è viva? – Sí, è viva e quando scende in pioggia, questa risale». Per precisare il pensiero di Tann usiamo il seguente procedimento, molto artificiale, ma ottimo al fine di scoprire l’orientamento di spirito del fanciullo: «Che cos’è piú vivo, un sasso o una lucertola? – Una lucertola, perché il sasso non può muoversi. – Il sole o un sasso? – Il sole, perché serve a qualcosa e il sasso non serve a gran che. – Una mosca o una nuvola? – Una mosca, perché è un animale; una nuvola è una cosa. – Che cos’è un animale? – Qualcosa che non è come noi. Qualcosa di utile. Un cavallo è utile. Non può andare a scuola. Non è come noi. – Che cosa è piú vivo: la pioggia o il fuoco? – La pioggia. – Perché? – La pioggia è piú forte del fuoco, perché può spegnerlo, mentre il fuoco non può accendere la pioggia».

REYB (8;7): «Tu sei vivo? – Sí, perché non son morto. – Una mosca è viva? – Sí, perché non è morta. – Il sole è vivo? – Sí, perché fa luce. – La candela è viva? – Si, perché possiamo accenderla. – Il vento è vivo? – Si, perché fa il freddo, perché porta il freddo. – Le nubi sono vive? – Si, perché fanno piovere».

PER (11;7): «Il tuono è vivo? – Credo di no. – Perché? – Non è come tutte le altre cose, gli esseri, gli alberi, queste cose qui. – Un lampo è vivo? – No. – Perché? – Non ce ne serviamo [!]. – Che cos’è un essere? – Un uomo che vive. – Il sole è vivo? – Si. – Perché? – Ci illumina. – Il fuoco vive? – Si, serve a fare molte cose».

Si vede da ciò cosa significhi la parola «vivere» per questi fanciulli. Significa «far qualcosa», di preferenza «essere in moto» (Vel, Tann: una montagna non fa nulla, un banco non serve che a sedersi), ma significa anche agire senza cambiar di posto: il fornello, la candela ecc. sono vivi. Anche nozioni come l’animalità sono definite in funzione dell’utilità (Tann). Altre volte, la vita è semplicemente forza: il veleno, la pioggia sono vivi ecc.

Alcuni di questi fanciulli dànno alla vita la medesima estensione che alla coscienza (cosi Vel e Reyb che appartengono al primo stadio per quanto concerne la coscienza prestata alle cose). Altri dànno alla vita un’estensione maggiore (cosi Tann e Per: terzo stadio).

Nonostante tutte queste divergenze, le risposte di questo primo stadio hanno un fondo comune: l’affermazione di una finalità fondamentale della natura e di un continuo di forze destinate a realizzare quei fini. Questa nozione è lungi dall’essere caratteristica delle risposte ottenute grazie alla presente tecnica, ma sembra una delle nozioni fondamentali del pensiero infantile. Questo primo stadio dura infatti fin verso i 6-7 anni. È risaputo che a questa stessa età le definizioni dei fanciulli presentano un carattere simile a quello che noi abbiamo riscontrato. Secondo Binet e molti altri, verso i 6 anni i fanciulli definiscono «secondo l’uso», e non secondo il genere e la differenza specifica. Cosí, una montagna è fatta «per andarci su» o «per circondare» [per limitare l’orizzonte], un paese «per viaggiarci», il sole «per riscaldarci» o «per rischiarare», ecc.64 Che questo finalismo presupponga un fabbricatore che abbia costruito tutto per un certo fine, è ciò che il seguito dimostrerà, e non è oggetto qui di trattazione. Inoltre, il finalismo integrale suppone che ogni corpo abbia un’attività, una forza, destinate a permettergli di compiere il suo ufficio. Cosi per esempio il sole (il vento, le nubi, la notte ecc.), di fronte a eventuali ostacoli che ne intralcino il cammino, deve avere tutto ciò che occorre per lottare e riuscire comunque ad adempiere alla sua missione nel tempo voluto. La causalità finale presuppone una causalità efficiente, sotto forma di una forza immanente all’oggetto e tendente verso il fine. La nozione di «vita», nel fanciullo, adempie a questa funzione.

Ritroviamo qui, sotto nuova forma, una conclusione già stabilita a proposito dello studio dei «perché» dei fanciulli. Il modo stesso come il fanciullo avanza le sue domande mostra che per lui vi è ancora indifferenziazione fra causalità fisica e connessione psicologica e intenzionale. Abbiamo «precausalità». Si vede come prossima a questo concetto sia la nozione di «vita» che stiamo illustrando, e che caratterizza una forza insieme materiale e intenzionale. I «perché» dei fanciulli chiedono dunque, in fondo, una spiegazione biologica: «Perché il Rodano scorre cosí velocemente» è paragonabile a «perché questa formica va cosí in fretta», essendo stabilito che ogni animale, pur essendo automotore, è, come ha detto Tann, «utile» all’uomo.

Tale nozione è primitiva o derivata? In altre parole, esiste già nei fanciulli di 3-4 anni, cioè nei bimbi troppo piccoli perché si possano porre loro queste domande, non conoscendo essi la parola «vita»? È probabile. È, perlomeno, ciò che lo studio del linguaggio e del comportamento del fanciullo di queste età sembra mostrare. In ogni caso, da quando al suo apparire la parola «vita» dà luogo alla sistematizzazione del concetto corrispondente, tale concetto sembra assumere subito la forma che si presenta durante lo stadio che abbiamo ora analizzato.

  2.Il secondo stadio: la vita è assimilata al moto

Come lo stadio corrispondente della serie relativa alla coscienza attribuita alle cose, questo stadio è anzitutto uno stadio di transizione. Abbiamo tuttavia potuto raccogliere esempi sufficientemente espliciti per non considerare questo stadio come una falsa finestra messa per simmetria.

ZIMM (7;9 e 8;1) è stato esaminato nel marzo e nel giugno dello stesso anno. In marzo, si trovava in una posizione intermedia fra primo e secondo stadio. In giugno, definí nettamente la vita mediante il moto in generale.

In marzo: «Sai che cos’è un “essere vivente”? – È quando si può far qualcosa, [Questa definizione sembra appartenere al primo stadio, ma, come vedremo, Zimm pensa soprattutto al moto.] – Un gatto è vivo? – Si. – Una lumaca? – Si. – Una tavola? – No. – Perché? – Perché non si muove. – Una bicicletta è viva? – . – Perché? – Perché gira. – Una nuvola è viva? – Si. – Perché? – Talvolta cammina. – L’acqua è viva? – Si, si muove. – Quando non si muove, è viva? – . – Una bicicletta, quando non si muove, è viva? – Si, è viva anche quando non si muove». «Un lampo è vivo? – Si, perché accende [brilla]. – La luna è viva? – Sí, talvolta si nasconde dietro le montagne».

In giugno: «Un sasso è vivo? – . – Perché? – Perché cammina. – Quando cammina? – Talvolta, dei giorni. – In che modo cammina? – Rotolando. – La tavola è viva? – No, non si muove. – Il Salève è vivo? – No, non si muove. – Il Rodano è vivo? – . – Perché? – Si muove. – Il lago è vivo? – Sí, sí muove. – Sempre? – . – Una bicicletta è viva? – Sí, perché cammina».

JUILL (7½): «Una lucertola è viva? – . – Un chiodo? – No. – Un fiore? – No. – Un albero? – No. – Il sole è vivo? – . – Perché? – Perché quand’è necessario [!] cammina. – Le nubi sono vive? – Sí, perché camminano e poi battono. – Battono che cosa? – Quando piove, fan tuonare. – La luna è viva? – Sí, perché cammina. – Il fuoco? – Sí, perché crepita. – Il vento è vivo? – Si, perchè quando fa tramontana, c’è freddo; è vivo perché si muove. – Un ruscello? – Si, perché cammina sempre piú in fretta. – Una montagna? – No, perché resta sempre in piedi. – Un’automobile? – Sí, perché si muove» ecc.

KENN (7½): e L’acqua è viva? – . – Perché? – Perché si muove. – Il fuoco è vivo? – Sí, sí muove. – Il sole è vivo? – Si, cammina».

VOG (8½): «Tu sei viva? – . – Perché? – Posso camminare e giocare. – Un pesce è vivo? – Sí, perché nuota. – Una bicicletta è viva? – . – Perchè? – Perchè può camminare. – Una nuvola è viva? – . – Perché? – Perchè può muoversi. – La luna è viva? – Si. – Perché? – Perché ci guida, di sera».

CESS (8 anni): «Un cavallo è vivo? – Si. – Una tavola è viva? – No. – Perché? – Perché l’hanno fabbricata». «La luna è viva? – No, perchè resta sempre al suo posto. – Non si muove mai? – Talvolta. – Quando? – Quando si cammina. – Allora, è viva o no? – È viva. – Perché? – Quando sí cammina». «Il vento è vivo? – . – Perché? – Perché cammina e poi corre».

KEUT (9;3) risponde subito: «Sai che cos’è un essere vivente? – Sí, che si muove [!]».

GRIES (9;1), fin dall’inizio dell’interrogatorio: «Sai che cos’è un essere vivente? – Sí, è quando ci sí può muovere». «Il lago è vivo? – Non sempre. – Perché? – A volte ci sono onde, a volte no». «Una nube è viva? – Sí, è come se camminasse. – Una bicicletta è viva? – Sí, rotola».

KAEN (11 anni): «Un ruscello è vivo? – Si, scorre. – Il lago è vivo? – Sí, c’è sempre qualcosa che si muove. – Una nube è viva? – Sí, la si vede camminare. – Un’erba? – Sí, può crescere».

L’impressione che lasciano questi fanciulli è, evidentemente, che l’assimilazione della vita al moto è del tutto verbale. In altre parole, la parola «vita» designerebbe semplicemente il moto, ma il moto non avrebbe i caratteri che per noi definiscono la vita, cioè le proprietà automotrici, l’intenzionalità ecc. Il fanciullo direbbe che un ruscello è vivo allo stesso modo che il fisico dice che è «animato di moto» accelerato, ecc.

Ma, secondo noi, c’è di piú: per il fanciullo, il moto in generale ha effettivamente i caratteri della vita. Tre buone ragioni ci portano a questa interpretazione. La prima è che nelle domande spontanee dei fanciulli abbiamo la prova che il problema della definizione di vita preoccupa realmente il loro spirito, e che l’assimilazione della vita al moto ha effettivamente, ai loro occhi, un significato preciso. Cosí Del, a 6 anni e ½ domanda:65 «Sono morte [queste foglie]? – Sí. – Ma se si muovono col vento!» La seconda ragione è che questo secondo stadio è anteriore a quello durante il quale il fanciullo distingue il moto proprio dal moto ricevuto dall’esterno (terzo stadio). Infatti, la media dei fanciulli appartenenti al presente stadio è di 6-8 anni, mentre il terzo stadio va, in media, dagli 8-9 agli 11-12 anni. Orbene, è solo durante quest’ultimo stadio, a parte alcune eccezioni, che il movimento proprio si distingue dal movimento ricevuto: fin allora, ogni moto è proprio, e l’assimilazione della vita al moto non è puramente verbale. La terza ragione, infine, è che tutto lo studio della fisica infantile (studio che intraprenderemo in seguito66) conferma la realtà della confusione fra ciò ch’è meccanico e ciò ch’è biologico.

  3.Il terzo e il quarto stadio: la vita è assimilata prima al movimento proprio, ed è riservata in seguito agli animali e alle piante

La miglior prova della autenticità delle credenze del primo e seconda stadio è la sistematizzazione e persistenza delle nozioni caratteristiche del terzo stadio. Infatti, l’assimilazione della vita al movimento proprio segna il periodo piú importante e fecondo di applicazioni dell’animismo infantile. Ora, prima di giungere a questa sistematizzazione, è pur necessario che il fanciullo abbia proceduto a tastoni, assimilando la vita sia all’attività in genere, sia al movimento, qualunque esso sia.

Ecco alcuni casi, scelti fra i fanciulli piú riflessivi di questo stadio:

SART (12½): «Sai che cos’è un essere vivente? – . – Una mosca è viva? – . – Perché? – Perché se non vivesse non potrebbe volare». «Una bicicletta è viva? – No. – Perché? – Perché siamo noi a farla andare. – Un cavallo è vivo? – . – Perché? – Perché aiuta l’uomo». «Le nubi sono vive? – . – Perché? – No, no. – Perché? – Non vivono, le nubi. Se vivessero sarebbero in viaggio [partirebbero quando loro piacesse]. È il vento che le spinge [!] – Il vento è vivo? – . – Perché? – Perché è lui a spingere le nubi. – I ruscelli vivono? – Sí, perché vi scorre l’acqua. – Un’automobile? – No, è il motore che la fa camminare. – Il motore è vivo? – No, è l’uomo che lo fa andare. – Il sole è vivo? – Sí, è il sole che fa [sole], che illumina il giorno». «Il lago è vivo? – No, perché resta solo e non si muove mai [non si muove mai da solo]».

FRAN (15;5): «Un verme è vivo? – Si, può camminare. – Una nuvola è viva? – No, è il vento che la spinge. – Una bicicletta è viva? – No, è mossa da noi. – Il vento è vivo? – No, cammina, ma è un’altra cosa che lo spinge [!]». «Il fuoco è vivo? – Si, si muove da solo. – Un ruscello? – Sí, scorre da solo. – Il vento è vivo? – Si. – Ma mi hai detto di no. Che cosa pensi? Che è vivo. – Perché? – Perché si muove da solo. – Perché? – Si spinge da sé [!] – Una nuvola è viva? – No, è il vento che la spinge».

BARB (6 anni) è molto esplicito, nonostante la sua giovane età: «Che cos’è un essere vivente? – Le farfalle, gli elefanti, le persone, il sole. – E la luna? – Anche. – I sassi vivono? – No. – Perché? – Non so. – Perché? – Ma perché non vivono. – Le automobili sono vive? – No. – Perché? – Non so. – Che cosa vuol dire essere vivente? – Camminare da solo [!]. – L’acqua è viva? – No. – Si muove da sola? – Allora è viva [!]. – Il vento è vivo? – Si». Però, in seguito, Barb, data la giovane età, ricade nel secondo stadio: «I sassi sono vivi? – No. – E quando rotolano? – Si, quando rotolano sono vivi. Quando invece sono fermi non sono vivi».

EUG (8½) «Le nubi sono vive? – No, è il vento che le spinge. – L’acqua è viva? – No, è il vento che la spinge. – Una bicicletta? – No, è quando ci si va sopra, che si muove. – Che cos’è piú vivo: il vento o una bicicletta? – Il vento, perché cammina finché vuole, la bicicletta talvolta si ferma».

POIS (7;2): «Le nubi sono vive? – No, perché non si muovono, perché è il vento che le spinge,» Il vento, il sole, la terra vivono «perché si muovono».

NIC (10;3): Una nube non è viva «perché non può camminare. Non é viva. È il vento che la spinge». Il vento invece vive «perché fa camminare le altre cose e cammina esso stesso».

CHANT (8;11) dà vita agli astri, alle nubi, al vento e all’acqua «perché possono andare dove vogliono», ma la rifiuta al lago «perché non può andare da un lago all’altro», ecc.

MOS (11;6) rifiuta la vita alle macchine, all’acqua, ecc. «perché non possono muoversi», ma l’accorda al fuoco, agli astri, alle nubi «perché si muovono». Evidentemente, pensa al moto proprio.

È ovvio che, data la difficoltà dei fanciulli a prender coscienza del proprio pensiero, la maggior parte dei casi son meno decisi dei precedenti. Abbiamo del resto discusso67 i casi di Grand, Schnei, Horn, che appartengono a questo stadio senza che peraltro riescano a trovare la definizione di vita corrispondente agli esempi che portano.

È inutile insistere sul quarto stadio, durante il quale la vita è riservata soltanto agli animali, o agli animali e alle piante. Solo verso gli 11-12 anni questo stadio sembra esser raggiunto dai tre quarti dei fanciulli. Prima, gli astri e il vento sono sistematicamente dotati di vita e di coscienza.

La maggior parte dei fanciulli di questi ultimi due stadi attribuiscono alla vita e alla coscienza la stessa estensione, ma se ne trovano alcuni, come Sart, che ne attribuiscono una maggiore alla coscienza. Vedremo presto la ragione di questi fatti.

  4.Conclusione: la nozione di vita nel fanciullo

Non si può non essere colpiti dalla concordanza fra i quattro stadi che abbiamo analizzato e i corrispondenti quattro stadi relativi alla coscienza attribuita alle cose. Quantunque solo i ⅖ dei fanciulli appartengano agli stessi stadi nelle due serie, l’evoluzione delle due nozioni obbedisce alle stesse leggi e si svolge nella medesima direzione. Naturalmente, come abbiamo già notato, molte idee avventizie vengono a confondere alcuni dei nostri fanciulli; ma se ne abbiamo visto diversi far intervenire la parola o il fatto di avere del sangue ecc. per definire la vita, non ne abbiamo visto nessuno (fra quelli che conoscevano il vocabolo, s’intende) dimenticare di far intervenire anche l’attività e il moto. Possiamo dunque considerare il nostro schema come generale.

Ci troviamo ora di fronte allo stesso problema visto a proposito della coscienza attribuita alle cose: v’è progressione lineare da uno stadio all’altro, o esistono inversioni di senso che riconducono provvisoriamente alcuni fanciulli a stadi anteriori? È chiaro che avverrà la stessa cosa in tutti e due i casi, e che i tre fattori di regressione apparente che siamo stati indotti a distinguere a proposito della coscienza attribuita alle cose saranno altrettanto validi per quanto concerne la nozione di «vita».

La cosa piú interessante è definire i rapporti esatti fra nozione di vita e nozione di coscienza. Per quanto concerne l’estensione di questi concetti, abbiamo un risultato molto chiaro: ⅖ dei fanciulli esaminati risultano dello stesso stadio nelle due serie parallele; ⅖ risultano in progresso per quanto concerne la nozione di vita, cioè riconoscono la vita a un numero di oggetti minore di quelli a cui riconoscono la coscienza; infine, solo ⅕ dei fanciulli presentano il rapporto inverso, cioè considerano vivi certi corpi ai quali essi hanno rifiutato la coscienza. In conclusione, la nozione di vita sembra avere nel fanciullo un’estensione minore che la nozione di coscienza.

Questo risultato colpisce maggiormente nei piú piccoli. In altre parole, i fanciulli che appartengono al primo o al secondo stadio per quanto concerne la coscienza, rientrano in genere in uno stadio piú avanzato per quanto riguarda la vita. I piú grandi, invece, cioè i fanciulli del terzo e del quarto stadio, appartengono in genere allo stesso stadio nelle due serie parallele.

È ovvio che, per redigere questa statistica, abbiamo preso le precauzioni necessarie, non abbiamo cioè interrogato tutti i fanciulli nello stesso ordine. Alcuni sono stati interrogati sulla vita prima di esserlo sulla coscienza, altri nell’ordine inverso; alcuni sono stati interrogati prima sul sapere, poi sulla vita, infine sul sentire, ecc. Abbiamo esaminato tutti questi casi per controllare se esistesse perseverazione. Il risultato ci sembra pertanto esente da «errori sistematici».

Che cosa concludere di questi fatti? Ci sembra di essere autorizzati ad ammettere che l’evoluzione della nozione di vita sia determinata dall’evoluzione della coscienza attribuita alle cose. In altri termini, il fanciullo si comporta secondo la sua classificazione in esseri viventi e non viventi per sapere come assegnare a questa o quella cosa una coscienza. Certo, non v’è in ciò alcun ragionamento, né alcuna intenzione, almeno nei piú piccoli. È proprio per questo che c’è uno scarto fra le due evoluzioni. Ma la riflessione sulla «vita» abituerebbe il fanciullo a suddividere i movimenti della natura in diversi tipi e, a poco a poco, la considerazione di questi tipi (movimento proprio) influirebbe sulla coscienza prestata alle cose.

Ne deriva l’enorme importanza che per il pensiero del fanciullo deve avere la spiegazione del moto. Nel nostro libro La causalité physique chez l’enfant tentiamo appunto l’analisi di questa spiegazione. Per ora diciamo solo che l’estensione della nozione di «vita» sembra indicare la presenza, nell’universo infantile, di un continuo di forze libere, di attività, di intenzionalità. Fra la causalità magica, per la quale tutte le cose girano intorno all’io, e il dinamismo della forza sostanziale, la nozione di vita crea un anello intermedio: nata dall’idea che le cose hanno un fine e che questo fine presuppone una attività libera per esser raggiunto, la nozione di vita si riduce a poco a poco a quella di forza, e di causa del movimento proprio.