10.       Uno stronzo come pochi
Mirta
«Nonna, non voglio andare! Hai sentito cosa mi ha detto? Voleva scusarsi, ma mi ha offesa e…»
Sua nonna la guardò, alzando la testa dal lavoro a maglia che aveva iniziato qualche giorno prima. «L’importante è che abbia chiamato, no?»
«Non puoi averlo detto davvero! Mi ha detto che sono una frana…»
«Tesoro, tu lo sai che ti voglio bene, vero?» e quando lei annuì, sua nonna continuò: «Beh, è vero che sei come un piccolo tsunami!»
«Ma nonna!»
«Posso dirti almeno tre figuracce che hai fatto nell’ultima settimana!» ribatté la donna sorridendo. «Perciò, perché non vai al ristorante e prendi la seconda occasione che quell’uomo così burbero ti ha dato? Non capisco perché tu non voglia andare…»
«Perché mi voglio bene, ecco perché!»
«E allora perché sei rimasta tutto quel tempo con Filomena?»
«Touché!»
«Vai, Mirta, e fagli cambiare idea!» e lei, che fino a quel momento non avrebbe mai pensato sarebbe tornata in quel posto, si ritrovò ad afferrare un jeans nero e una camicia dello stesso colore da usare come divisa durante il suo turno.
Quando arrivò al ristorante, la prima cosa che vide fu il ragazzo che era arrivato al Morgana insieme a Philippe chiacchierare amabilmente con Jacopo, il capocameriere.
E fu proprio quest’ultimo ad accorgersi di lei, perché si voltò verso la porta, probabilmente, per aprire il locale al pubblico.
«Ehi, sei tornata…»
Mirta annuì. «Mi ha chiamata lui!»
Il ragazzo, che doveva avere all’incirca la sua età, le sorrise prima di dire: «Mio fratello?»
«Se tuo fratello è lo Chef stronzo, sì, è stato lui…»
«Sì, lui. Piacere, mi chiamo Julian Tonetti!» esclamò a quel punto lui tendendogli la mano.
«Piacere mio…»
«Bene, Mirta, sai dov’è il bagno dei dipendenti: cambiati e raggiungici! Non sarà una giornata intensa come quella di ieri, ma siamo comunque al completo…»
«Bene, corro!» disse lei, ma prima di andare a cambiarsi, sorrise ancora una volta a Julian, che ricambiò entusiasta.
***
Come aveva detto Jacopo un’ora e mezza prima, quel giorno non c’era moltissima gente: erano per lo più coppie e famiglie a occupare i tavoli e a godere del buon cibo che portavano loro.
Il menu era tutto a base di pesce, ma non erano i soliti abbinamenti che aveva visto in altri locali.
Philippe proponeva tonno e fragole come antipasto, un tortino di riso venere con salmone affumicato per portata principale, una crema di funghi con seppie saltate in padella come contorno e, per finire, un bicchiere di cioccolato e ripieno di una mousse al cappuccino.
Erano a metà del servizio, ma aveva ben presto capito che sapere cosa c’era nei piatti, e soprattutto cosa sarebbe venuto dopo, le permetteva di rispondere alle domande entusiaste dei commensali.
Aveva appena servito il tortino, quando un cliente la chiamò: «Scusi, cameriera?»
Mirta si avvicinò tranquillamente e rispose con gentilezza: «Sì? Mi dica…»
«So che con questo menu vi è stato detto di portare questo Vermentino Toscano, ma gradirei un calice di Chianti rosso, se possibile…»
«Ma certamente!» asserì lei e poi cercò con gli occhi Jacopo al quale chiese con un cenno di raggiungerla.
«Mirta, tutto bene?»
«Sì! Il cliente con cui parlavo…»
«Il signor Rocca, lo conosco, è un nostro cliente fisso!»
«Beh, ha chiesto un calice di Chianti rosso: si può fare?»
Jacopo storse il naso. «Sì, anche se la cosa a Philippe non andrà giù! Sceglie personalmente ogni menu e il vino da abbinare…»
Jacopo, nel frattempo, la scortò davanti al frigo dove tenevano alcune bottiglie e iniziò a cercare ciò che quell’uomo aveva loro chiesto.
«Posso farti una domanda?» esordì lei, mentre Jacopo apriva la bottiglia usando un cavatappi.
«Ovvio».
«Beh, ma per quale motivo non avete una carta con tutti i piatti? Un qualcosa di stampato che la gente possa usare per ordinare…»
Jacopo sorrise. «Philippe non vuole, dice che il menu alla carta è superato, che preferisce dare ai suoi clienti qualcosa di nuovo ogni giorno!» e quando lei fece una faccia strana, lui aggiunse: «Lo so, anche noi pensavamo fosse da pazzi! Invece, funziona! Siamo sempre pieni e lavoriamo bene con questo sistema…»
«Ma non è complicato per lui?»
«Credo di sì, ma gli piace quello che fa! Ogni giorno arriva con un’idea precisa e gli ingredienti per realizzarla. Va al mercato, compra personalmente la carne, il pesce e le verdure… Non spreca nulla e, se avanza qualcosa, porta tutto a una casa famiglia qui vicino!»
«Non l’avrei mai detto…»
«Lo so, sembra uno stronzo, ma sotto sotto ha un cuore buono. D’altronde, ti ha richiamata, no?»
Mirta si ritrovò ad annuire. «Sì, vero…»
«Tieni» esclamò Jacopo porgendole il calice col vino riempito per metà. «Portalo a Rocca…»
«Perfetto e grazie!»
«Di nulla. Ora sai dove trovare i vini, ma se hai bisogno, sai dove trovarmi!»
Mirta gli fece un piccolo inchino che lo fece sorridere, poi prese il bicchiere e tornò in sala, dove Carmen aveva iniziato a servire il piatto con le seppie.
Era quasi arrivata al tavolo, quando uno degli altri clienti si alzò dalla sua sedia, che si trovava proprio fra lei e il signor Rocca, e lei si ritrovò costretta a fare una mossa brusca per evitare di scontrarsi con lui.
Mirta si voltò, tirando un sospiro di sollievo per non aver creato un altro dei suoi pasticci, ma fu costretta a ritirarlo perché voltandosi non si rese conto di essere a due centimetri dalla sedia sulla quale sedeva la moglie di Rocca, perciò ci sbatté contro e perse la presa sul bicchiere col vino rosso.
Il calice, come posseduto, volò per un breve istante compiendo un’elegante parabola e, mentre lei lo fissava senza alcuna idea su cosa fare per fermarlo, quello interruppe il suo viaggio schiantandosi sul tavolo e rovesciando il suo contenuto sulla bianchissima camicia del signor Rocca.
Gli altri commensali, che avevano osservato la scena in religioso silenzio, si spaventarono tanto quanto lei, quando il povero cliente, colpito dalla bomba al vino, si alzò in piedi e cominciò a gridare come un pazzo.
«Non ci credo! Assurdo! La mia camicia…»
«Mi dispiace».
«Ci faccio poco con le sue scuse! Dov’è il proprietario?»
«No, scusi, non serve, sono sicura che con un buon smacchiatore la macchia andrà via…»
L’uomo la fulminò con lo sguardo e poi proruppe: «Senta, signorina, stia zitta! Tonetti? Dov’è Tonetti? Esigo la sua presenza! Voglio almeno uno sconto per questo increscioso evento!»
Mirta stava per rispondergli, quando sentì le porte della cucina spalancarsi. Dio, di nuovo…
«Che succede qui?» esclamò Philippe, dietro di lei. «Signor Rocca, mi cercava?»
L’uomo, il cui sguardo era rosso di rabbia, si indicò la camicia con il l’indice destro e poi lo puntò verso di lei. «Questa ragazzina mi ha tirato un calice di Chianti sulla camicia! Spero lei farà qualcosa a riguardo!»
Mirta sentì Philippe tirare aria come un toro arrabbiato, prima di rispondere: «Ma certo, non si preoccupi. Jacopo?»
«Sì, Chef?»
«Porta al signore una bottiglia di Chianti, scalandola dal conto, come anche il dessert. Buona continuazione…» poi afferrò Mirta per un braccio e se la trascinò dietro con poca grazia.
Quando le porte della cucina si richiusero dietro di loro, Philippe le fece segno di seguirlo e solo quando si ritrovarono dentro quello che probabilmente era il suo ufficio, lui sbottò: «Ti ho dato una seconda occasione, Mirta, ed è questo il modo in cui mi ripaghi? Rovesciando un bicchiere di rosso su uno dei miei migliori clienti?»
«Io…»
«Ti ho detto che potevi parlare?»
«No, ma…»
«Tais-toi, Mirta!»
«Non parlo francese, stronzo!»
«Ti ho detto di stare zitta!»
Si stavano praticamente urlando addosso, erano entrambi rossi in viso e qualcosa le diceva che, se avessero continuato così, probabilmente, lei lo avrebbe schiaffeggiato.
«Parla, sto aspettando…»
«Sei tornata qui e la prima cosa che hai fatto è stata mostrare di nuovo la tua incompetenza! Ma quanto ci vuole a portare un piatto o un bicchiere senza fare un macello? Anche una scimmia riuscirebbe a farlo! Invece tu, ragazzina, non ci riesci!»
«Allora, prenditi una scimmia, no?»
«Mi prendi in giro? Credi di poterlo fare? Questo posto è mio, Mirta, e comando io! E se pensi di non potercela fare, vattene! Je n’ai rien à perdre! [8] »
Mirta stava per rispondere, ma la porta di quello spartano ufficio in cui c’erano a malapena una scrivania e una sedia si spalancò.
«Fratellone, adesso basta! Stai urlando così tanto che ti si sente da fuori…»
«E lasciali sentire!»
«Philippe… Almeno smettila di gridarle contro!»
«Questo posto è la mia casa e se lei non lo capisce può andarsene! E se sei dalla sua parte, per quanto mi riguarda, puoi andartene anche tu!»
Julian rimase per un attimo sgomento, poi la prese per mano e la portò via da quella stanza.
«Bravi, andate via! Io sto bene da solo!»
«Crétin!» [9] e dopo quella parolaccia in francese, Mirta seguì il fratello di Philippe prima fuori dalla sala e poi in strada.
«E ora che facciamo?»
«Un caffè?» gli rispose Julian. «Ti va?»
Mirta annuì, pensando forse di aver trovato un alleato nella sua guerra contro Philippe Tonetti.
Una guerra che aveva tutte le intenzioni di vincere.