19.       Quando il gatto non c’è…
Philippe
Quando aprì gli occhi, la prima cosa di cui si rese conto fu l’aroma di caffè che permeava l’aria di casa sua.
Strano…
La seconda, fu la mancanza di Tache sul suo stomaco.
Ancora più strano…
Philippe, preso in contropiede da quelle stranezze, si alzò in piedi, scostando il lenzuolo bianco e domandandosi chi ci fosse in casa sua, anche se aveva già una mezza idea.
Camminò in punta di piedi fino a raggiungere la sua cucina, dove trovò Julian intento a preparare la colazione mentre la sua gatta, traditrice, gli camminava fra le gambe alla ricerca di attenzioni e coccole.
«’Giorno!» esclamò suo fratello sorridente, posando sull’isola la macchinetta del caffè e due tazzine. «Aspetta a berlo, ho preparato anche i croissant!»
Philippe non parlò, si sedette e prese ad osservarlo mentre si muoveva, completamente a suo agio, all’interno della stanza.
Julian non era un bravo cuoco, ma i suoi croissant erano buonissimi ed era solito prepararli solo quando aveva qualcosa per cui farsi perdonare.
«Eccoli qua! Senti che profumino…» disse posando davanti ai suoi occhi un piatto con due dei dieci dolci che aveva appena estratto dal suo forno di ultima generazione.
«Mi va bene che non mi parli, anche perché hai detto che mi odi e forse anche dopo aver ascoltato ciò che ho da dirti vorrai che io torni in Francia, proprio come mi hai chiesto ieri notte…»
Philippe alzò gli occhi dalla tazzina nella quale aveva versato il caffè e messo due cucchiaini di zucchero, e lo fissò senza capire dove suo fratello volesse andare a parare.
In realtà, si era già pentito di ciò che gli aveva detto, perché non era colpa sua se la sua vita era andata a puttane.
Era colpa di una serie di sfortunati eventi, proprio come il titolo della serie che aveva iniziato a vedere la sera prima su Netflix.
Julian prese un respiro: «Bene, forse dovrei partire dall’inizio, non credi?»
Philippe annuì. «Direi di sì».
Il fratello sorrise a quelle parole e riprese a parlare: «Quando sono venuto qui, non avevo intenzione di sconvolgerti la vita, anche perché l’avevo già stravolta ai nostri genitori. Sono arrivato pieno di speranze e di buona volontà, ma tu, come al solito, hai tratto le tue conclusioni ancor prima che io riuscissi a dire anche solo una parola…»
«Julian…»
«No, fammi parlare, ti prego! Ne ho bisogno, devo dirti ogni cosa e, solo quando avrò finito, potrai dirmi le tue considerazioni».
Philippe annuì e, preoccupato dalla troppa serietà del fratello, non aprì la bocca, in attesa di quello che lui avrebbe svelato.
«Sei una delle persone più importanti della mia vita, sai? Quando sono nato, avresti potuto essere geloso delle attenzioni che papà mi rivolgeva o che mamma donava a me e non a te, invece non ho un solo ricordo di una cosa simile. Tu mi hai subito voluto bene e crescendo mi hai protetto da tutto e tutti…»
«Sei mio fratello, è normale».
Julian scosse la testa. «No, non lo è e lo sai anche tu. Quanti fratelli litigano per ogni cosa? Quanti smettono di vedersi, una volta cresciuti? Invece, tu sei sempre stato il mio punto di riferimento e credimi, capirei se ciò che ti dirò ti farà pensare di aver riposto nella persona sbagliata il tuo amore…»
«Ma cosa dici, Jul? Io ti voglio bene e niente potrebbe farmi cambiare idea…»
«Sono gay».
Due parole che bastarono a zittire Philippe.
«Lo so, è uno shock, ma non è colpa mia, okay? Ho provato a farmi piacere anche le ragazze, Phil, ma non è possibile… Io… Io…»
E fu in quel momento che lui si alzò, girò attorno all’isola da lavoro e lo attirò a sé per abbracciarlo.
Dopo un attimo, anche Julian posò le sue braccia attorno a lui e, solo in quel momento, tirò un sospiro di sollievo.
«Sei un idiota!» sbottò Philippe, facendolo sobbalzare e interrompendo il bel momento fra loro. «Pensi che sapere questo mi farà smettere di volerti bene? Dio santo, Julian, ma che mostro pensi io sia? Ti voglio bene, idiot [24] , e te ne vorrei anche se domani decidessi di amare una foglia! Chi amiamo non ci definisce, perché non possiamo scegliere di chi innamorarci, anche se spesso vorrei fosse così! Sei un ragazzo unico, e non posso pensare di allontanarti perché ami qualcuno in un modo che qualcuno pensa sia sbagliato! La gente può credere quello che vuole, io so solo che chiunque sarà al tuo fianco sarà fortunato».
Julian lo strinse ancora di più a sé. «Ti voglio bene e ti ringrazio per avermi capito…»
«Lo farò sempre! Sei il mio fratellino e sono pronto a difenderti da chiunque avrà da ridire!» poi, d’un tratto, ricordò la sua complicità con Mirta e gli domandò: «Perciò tu e Mirta non state assieme?»
«No, cretino!»
«Ma lei ha detto…»
«Lo so, ma l’ha fatto solo perché tu stavi facendo lo stronzo. A proposito, si può sapere cos’hai contro di lei? Sono convinto che, se ti prendessi la briga di conoscerla, la apprezzeresti. È una brava ragazza…»
«È una piaga!»
«È bellissima!»
«Vero, ma è un disastro!»
«Ma è divertente».
«Cosa? Per chi?»
«Per chiunque altro se non te?» rispose lui, addentando finalmente uno dei suoi croissant. «L’unico con cui non va d’accordo sei tu! Anche Mirko la adora…»
«Mirko? Che c’entra adesso? Lo nomini sempre…» e poi fu tutto così chiaro nella sua mente che si domandò come avesse potuto non capirlo. «Esci con lui?»
Julian arrossì come uno scolaretto. «Sì, ti dà fastidio?»
Philippe chiuse per un attimo gli occhi, poi sospirò: «Immagino sia meglio lui di chiunque altro, lo conosco da tempo e so che è una brava persona».
«Lo è. Ci stiamo conoscendo meglio e le cose procedono bene».
«Immagino che entrambi meritiate qualcosa di bello».
«Grazie».
«Ma devo farmi perdonare, adesso: ti ho trattato di merda per tutto il tempo e non lo meritavi, perciò ora mi prenderò la mattinata libera per passarla con te. Anche perché, a questo punto, voglio capire per quale motivo appena arrivato qui tu mi abbia portato al Morgana».
Julian scoppiò a ridere. «Oh, quello è facile: ti ho portato lì per farti sciogliere un po’» poi tornò serio e aggiunse: «E poi perché, quando ti ho rivisto, ho pensato di rivedere il Philippe che aveva lasciato la Francia dopo il disastro del matrimonio… E volevo vedere di nuovo il tuo sorriso, okay? Rivolevo il mio fratellone, quello che mi faceva ridere quando cadevo e mi sbucciavo un ginocchio, quello che mi ha insegnato ad allacciare le scarpe e a giocare a calcio. Questo tipo musone che sei diventato mi sta antipatico!»
Philippe annuì. «Anche a me, ma non so come tornare ad essere quella persona. Non so se ne sarò mai capace, Jul…»
Suo fratello si avvicinò, gli posò una mano sulla spalla e poi la strinse un paio di volte, prima di dirgli: «Io credo che invece tu sia sulla strada giusta».
«Dici?»
«Beh, già la cotta che ti sei preso per Rosa Blu è un grande passo avanti, non credi?»
Philippe scosse la testa. «Peccato che sia a senso unico».
«Ti sei già arreso?»
«Non dovrei?»
«Gli altri si arrendono, noi Tonetti combattiamo per ciò che vogliamo. Ora chiama il locale e lascia tutto nelle mani di Mirko: mi devi un giro per Firenze!»
Philippe sorrise e afferrò il telefono che suo fratello gli stava porgendo, compose il numero del suo Sous Chef e poi attese che quello rispondesse: «Amore? Com’è andata?»
«Non sono Julian» rispose lui, sorridendo, ma esprimendosi con la voce più greve che potesse usare. «Esci col mio fratellino, Mirko?»
Julian scosse la testa e ridendo lasciò il salotto per andarsi a preparare per la giornata fuori.
«Eh? Io…» balbettò il suo collega, che per la prima volta, a quanto pareva, era rimasto senza parole. «Posso spiegarti!»
«Non ce n’è bisogno, Mirko: so tutto! E ti stavo prendendo in giro… Mi va più che bene, ma sappi che se mai gli spezzassi il cuore, io ti spezzerò le gambe!»
«Non c’è pericolo, Phil, tuo fratello mi piace!»
«Sono felice di sentirlo!»
«Perché mi stai chiamando dal suo cellulare?»
«Perché il mio è in camera e avevo necessità di sentirti subito!»
«Ma lui sta bene?»
«Sì».
«Allora, che c’è?»
«C’è che oggi lo porto in giro per Firenze e non vengo al ristorante! Mi prendo la giornata libera…»
Dall’altra parte si sentì un rumore, un’imprecazione e poi alcuni fruscii. «Cazzo, mi hai così preso alla sprovvista che mi è caduto il telefono…»
Philippe ridacchiò. «Scusami!»
«Tranquillo!»
«Allora, puoi sostituirmi?»
«Certo! Stasera ci sarai?»
«Sì, certo. Tornerò per il turno serale, tu cerca solo di non farmi distruggere il locale da Mirta…»
«Ti stupirà saperlo, ma quando tu non sei presente, non è così sbadata come quando ci sei!»
«Perciò anche tu la pensi così?»
«Così come?»
«Su Mirta…»
« Certo, sei tu che la fai impazzire e distrarre! Lei è così carina, simpatica e affabile…»
«Sarà!» disse lui, e cercando di interrompere il discorso aggiunse: «Comunque, ci vediamo stasera. A dopo!»
«Sì, sì, cambiare discorso ti aiuterà a essere meno stronzo…»
«Io non sono stronzo!»
«No, infatti…» esclamò il suo amico e collega ridendo. «Sei solo cieco!»
«Io ci vedo benissimo! Vedo anche troppo, credimi! Fate come se ci fossi…» poi quando vide suo fratello già pronto, si affrettò a terminare la chiamata visto che lui, invece, era ancora in pigiama. «Ora devo andare! Non fate cazzate!»
«A dopo, capo!»
Philippe chiuse la chiamata e riconsegnò il telefono a Julian. «Vado a prepararmi, tu tranquillizza il tuo ragazzo; pensava ti fosse successo qualcosa dato che lo chiamavo dal tuo cellulare!»
Julian annuì. «Va bene, comunque grazie per non aver dato di matto».
«Non dirlo nemmeno per scherzo, e poi se c’è qualcuno con cui devo incazzarmi non sei tu…»
«Mirko?»
«No» affermò scuotendo la testa. «Mirta. Quella piccola bugiarda».
Julian scoppiò a ridere. «Questo tuo modo di fare, comunque, mi ricorda troppo l’atteggiamento che avevi con le tue fidanzatine del liceo prima che ti ci mettessi assieme! Prima scontroso e poi tutto vezzeggiativi!»
«Ti sbagli! Quella ragazza non la sopporto…» disse ad alta voce anche se, effettivamente, nell’ultimo periodo, si era ritrovato spesso a osservarla mentre serviva ai tavoli ciò che lui cucinava.
All’inizio, aveva cominciato perché voleva essere sicuro che la gente ricevesse i piatti integri, ma dopo un po’ aveva iniziato a notare il suo modo di camminare e il sorriso che rivolgeva ai clienti prima di posare le pietanze davanti a loro.
Perché se era vero che era la donna più sbadata sulla faccia della terra, era anche vero che Mirta Damiani era stupenda, con quei capelli rossi intrecciati nell’elegante chignon e quegli occhi che non mancavano mai di fissarlo come se volesse ucciderlo col potere della mente.
Ma di donne bellissime lui ne aveva viste e avute a bizzeffe, e non erano quelle che ora lui voleva.
Philippe era sempre più che deciso: voleva conquistare Rosa Blu, e ci sarebbe riuscito.
Una Rosa Blu batteva una qualsiasi Mirta, mille a zero.
E lui, quella partita, la voleva vincere.
A tutti i costi.