20.
… I topi ballano!
Mirta
Era stata una mattinata splendida.
Philippe era stato assente e lei si era goduta un turno senza screzi e senza parolacce in francese agli ordini di Mirko, sorridente e di buon umore.
Aveva scoperto poi che il motivo di tutti quei sorrisi era stata la buona riuscita del coming out di Julian e del fatto che Philippe non volesse ucciderlo perché usciva col fratello.
Era stato tutto perfetto.
Avevano lavorato in sintonia e lei, con sua estrema sorpresa, non aveva fatto danni, o almeno nessun danno consistente. Insomma, era caduta, ma era riuscita a tenere in alto il piatto senza rovesciarlo; un notevole passo in avanti, per lei.
Ma come tutte le cose belle, anche quella pace aveva trovato ben presto fine perché, precisa come un orologio, alle tre del pomeriggio, la porta del locale si era aperta e Philippe era rientrato.
Aveva sorriso a tutti, poi l’aveva vista e sul suo bel viso era comparso di nuovo quel cipiglio che lo rendeva scontroso ai suoi occhi.
L’aveva guardata malissimo, prima di dare tre ore libere a tutti e rintanarsi nella sua cucina.
Mirta era così ritornata a casa e passò quel tempo a chiacchierare con sua nonna e Julian, che aveva deciso di raggiungerla per ragguagliarla su ciò che Philippe gli aveva detto su di lei.
«Perciò…» esclamò proprio lui finendo di bere il caffè dopo il pasto che sua nonna aveva preparato per loro «lui ha detto che non sopporta il fatto che tu gli abbia mentito. Ho provato a farlo ragionare, ma non ha voluto sapere ragioni…»
«Dio santo, che ottuso!» esplose Mirta, beccandosi un’occhiataccia da sua nonna che non amava lei alzasse la voce. «Ma come fa a essere così… così…» e finì la frase con un grugnito d’esasperazione.
«Da quanto ho capito, il fratello di Julian, ovvero il tuo capo, non ha gradito ciò che tu gli hai fatto credere? È così?»
«Sì, nonna, ma non è stata una bugia fine a sé! Lui stava facendo il gradasso e…»
«Gradasso o meno, le bugie, qualsiasi fine abbiano, non sono mai una buona scelta! Ricordi cosa ti raccomandavo a proposito quando eri piccola?»
Mirta abbassò gli occhi. «Che hanno le gambe corte…»
«Bene! Mi fa piacere che lo ricordi. Oltretutto, quell’uomo, scorbutico che sia, è il tuo capo! Hai sopportato per anni Filomena, perché con lui non ci riesci?»
«Non lo so» si ritrovò a dire lei, perché effettivamente non ne aveva idea.
Era come se Philippe riuscisse a scatenare il suo lato peggiore, come se avesse la giusta combinazione per liberare ciò che di sbagliato c’era in lei.
Mirta non era bugiarda, scontrosa, ribelle o prepotente, ma quando c’era lui nei paraggi si trasformava in quella versione di se stessa. E non si piaceva per niente.
Aveva provato a controllarsi, ma non riusciva a fermarsi: quando lui l’attaccava, lei rispondeva.
Erano come due composti che divisi erano innocui e insieme ne formavano uno esplosivo.
Non potevano farne a meno di dirsene di ogni quando si trovavano nella stessa stanza, cosa che purtroppo accadeva ogni giorno.
E poi, se c’era una cosa che la mandava in bestia, era l’uso che Philippe faceva del francese, perché le aveva affibbiato, senza che lei lo sapesse, i nomi più assurdi.
Miss Catastrofe. Mia sciagura. Mio disastro.
Dio, come lo odiava!
«Non credo riusciranno mai ad andare d’accordo…» disse Julian, posando la tazzina vuota e guardando prima lei e poi sua nonna. «In realtà, sono simili!»
Mirta uscì dal suo monologo interiore e si rabbuiò: «Io e quello là non siamo simili e non lo saremo mai!»
«Io credo che lui abbia ragione. Siete entrambi testardi e…»
«Nonna, io non sono testarda!»
«Disse la ragazza che ha lasciato gli studi indicati dai suoi genitori
per frequentare il Dams, che fa due lavori impegnativi perché, testardamente
, non permette a sua nonna di pagare le tasse o le spese!»
Mirta si abbandonò sulla sedia con uno sbuffo. «Questo non significa niente».
«Significherebbe qualcosa se ti dicessi che il locale dove oggi si trova il ristorante, all’inizio, era una catapecchia?» se ne uscì Julian sorridendo. «Phil l’ha rimodernato da solo, senza chiedere soldi o aiuto a nessuno: ogni cosa lì dentro porta la sua firma…»
«Okay, va bene, ammetto che potremmo essere simili sotto quest’aspetto, ma non c’è nient’altro che ci…»
«Lui, come te, è stato tradito» aggiunse Julian, tornando serio, ma scoppiando a ridere quando sua nonna batté sul tavolo urlando: «Edoardo!»
E Mirta si pentì di aver raccontato al ragazzo della sua sfortuna con gli uomini e soprattutto del tradimento di Edoardo.
«Non mi ha proprio tradita, lui!»
«Come lo chiami uno che ti sta vicino fino a quando hai la possibilità di attingere ai soldi di famiglia e che, quando decidi di farne a meno, sparisce nell’ombra?»
«Traditore» rispose Julian per lei alla domanda di sua nonna. «Anche se fisicamente non l’ha mai fatto, lui ha tradito la tua fiducia e ti ha resa meno incline a lasciarti andare con i ragazzi, non è così?»
Mirta, suo malgrado, si trovò ad annuire. «Diciamo che adesso ci vado coi piedi di piombo…»
«Per Philippe è lo stesso! Sai che mi ha detto di trovarti bellissima?»
Sua nonna scoppiò a ridere. «E se fosse attratto da te e facesse così solo perché non sa più come trattare una donna?»
«Nonna, tu guardi troppa roba trash, in tv. Lui mi tratta così perché mi odia…» rispose, ma nella sua testa continuava a volteggiare la sua frase, come accadeva quando stava imparando un nuovo passo e continuava a ripeterlo in mente fino a quando non riusciva a eseguirlo alla perfezione.
«Io credo che se solo si dessero una possibilità…»
«Non accadrà mai
!» esclamò Mirta, alzandosi in piedi e facendo il verso al biglietto che lei aveva consegnato a Philippe quando era nei
panni di Rosa Blu.
«Mai. Che parolone!» rispose sua nonna sorridendo. «Lo dicevo sempre a tuo nonno quando mi corteggiava da giovane e guarda com’è finita! Ci siamo sposati e abbiamo avuto tre figli!»
«Non c’è questo pericolo, credimi. Comunque, noi dobbiamo andare, c’è la sala da preparare per il servizio serale e non posso fare tardi».
Julian la raggiunse, poi tutti e due si mossero verso la porta, ma prima che uscissero sua nonna domandò: «Devi andare anche al pub?»
Mirta annuì. «Penso di sì, ma ti faccio sapere».
«Sta’ attenta quando esci di lì: quella zona non mi piace!»
«Lo sono sempre…»
Julian salutò sua nonna con un bacio e poi entrambi lasciarono la casa in cui avevano passato metà del pomeriggio.
Quando furono in strada, Julian la fermò: «Dovresti dirle che lavoro fai! Non dovresti vergognarti, sai? Sei una ballerina bravissima e non fai nulla di volgare…»
«Lo so, ma non è per quello che non le dico nulla. Mia nonna amava guardarmi danzare a teatro, diceva che ero la ballerina più brava di Firenze!» esclamò prendendolo per mano e invitandolo a camminare con lei.
«E allora?»
«Ho paura di deluderla, Julian, non vorrei mai darle un dispiacere!»
Lui si fermò, strattonandole un braccio. «Non potresti deluderla nemmeno se ballassi per strada per pochi spiccioli. Ti adora, Mirta, e sono sicuro che amerebbe vederti ballare al Morgana…»
Lei scosse la testa. «Non lo so, è comunque una donna di una certa età e il Burlesque è un genere praticamente erotico…»
«Io credo che amerebbe ciò che fai e sai perché? Perché ama te. Pensaci…»
«Lo farò!» poi per un po’ nessuno parlò, camminarono uno accanto all’altra, le mani strette e i passi veloci sotto il sole toscano, davanti ai molti negozi del centro storico che stavano aprendo proprio in quel momento.
«Questa mattina Philippe mi ha portato al Duomo…» esclamò d’un
tratto Julian, rompendo il silenzio in cui erano finiti.
«Bellissimo, non è vero?»
«Sì, ma non è per quello che te l’ho detto…»
«Allora perché?»
«Lui mi ha parlato di te…»
«Di me, perché? Ti ha detto come vuole uccidermi?» asserì lei sorridendo. «Se è così dimmelo, così sarò preparata per l’evenienza».
Julian scosse la testa divertito, poi le confidò: «Non di te come Mirta, di te come Rosa Blu».
«Oddio, che cos’ha detto?» domandò lei, ringraziando il cielo per averle mandato un buon amico come Julian. «Devo preoccuparmi?»
«Mi ha detto che vuole conquistarti, anche se gli hai detto che ciò che vuole non accadrà mai! Vuole giocarsi ogni freccia disponibile nel suo arco perché l’hai stregato e non succedeva da tempo».
«Santo cielo, mi sono cacciata in un vicolo cieco, eh?»
«Io credo che, semplicemente, tutti e due dovreste tenere presente che tu sei sempre la stessa persona».
Mirta, notando l’insegna del ristorante, si bloccò e lo fronteggiò: «Che vuoi dire?»
«Niente, solo che Philippe non sa che lei sei tu, ma tu sai chi è lui e dovresti chiederti perché lì dentro lo odi…» e indicò il locale «e invece al Morgana fai di tutto per farti desiderare!»
«Io non faccio un bel niente!» e mentre persino lei stessa non credeva alle parole che aveva detto, osservò lo sguardo di Julian cambiare e quasi non dovette voltarsi per intuire che, sulla soglia del Sur la rive gauche, c’era Mirko.
«Vai! Corri da lui…» gli disse, dandogli una leggera pacca sulla spalla.
«Non dovrai dirmelo due volte, Ma Chérie!» e poi lo fece, corse verso il suo ragazzo e lo baciò lì, in mezzo alla strada, festeggiando la libertà di dimostrare in pubblico il loro legame.
Ma se fuori si respirava amore, dentro il locale c’era tutt’altro sentimento.
Jacopo, non appena la vide, le fece segno di raggiungerlo, ma lei non fece in tempo perché Philippe uscì come una furia dalla cucina e le si fermò ad un centimetro dal naso.
«Bienvenue, Catastrophe!
[25]
» esordì sorridendo come lei era sicura avrebbe fatto Mefistofele e tirando su il braccio al quale teneva il suo orologio. «Sai di essere in ritardo? No? Bene, lo sei…»
«Stai facendo tutto da solo, Philippe! Non mi hai neanche lasciato rispondere e oltretutto non è vero!»
«Ed è qui che sbagli! Jacopo è arrivato dieci minuti fa insieme a Carmen…»
«Se loro erano in anticipo non è colpa mia! Io sono arrivata in orario!»
«Per oggi passi, ma sappi che ti terrò d’occhio!»
«Come se già non lo facessi, cazzone!» mormorò, ma forse sbagliò il tono, perché lui la sentì e le si avvicinò ancora di più, tanto che Mirta respirò l’odore del suo dopobarba e ne rimase, stranamente, affascinata.
«Spero tu stasera non abbia un altro finto appuntamento col mio fratellino gay, perché dovrai sistemare di nuovo il locale. Mon Dieu! Nous manquions d’insubordination!
[26]
» poi tornò da dov’era venuto, probabilmente l’Inferno, e la lasciò lì in mezzo alla sala, incredula e incredibilmente incazzata.
Jacopo le si avvicinò e con voce calma le disse: «Ho provato ad avvertiti, ma lui è stato più veloce! Mi dispiace…»
«Non preoccuparti, non potevi fare nulla per impedirglielo! Mi odia!»
Julian entrò proprio in quel momento, abbracciato stretto a Mirko e con un sorriso sulle labbra che morì non appena si rese conto della sua espressione stravolta.
«Che cos’è successo?»
«Chiedilo a quel cretino che chiami fratello» lasciò la sala per andare a cambiarsi nel piccolo spogliatoio, cercando di calmarsi per affrontare prima il servizio e soprattutto il riassetto del locale sotto la supervisione di quello stronzo. Che Dio mi aiuti!
***
Philippe aveva praticamente avuto da ridire su ogni cosa che Mirta aveva fatto.
Il cliente trovava spiacevole il gusto della salsa? Colpa sua.
Il piatto arrivava freddo? Colpa sua.
In bagno era finito il sapone? Colpa sua.
E lei, dopo il decimo assurdo rimprovero, aveva smesso di rispondere, se non altro per evitare di ucciderlo, perdendo così il lavoro e la libertà.
«Dopo questo noi abbiamo finito, tu invece rimarrai qui…» dichiarò, dandole l’ultimo piatto col dolce che avrebbe servito quella sera. «Devi riordinare tutto, anche la cucina».
«Va bene» rispose lei senza battere ciglio, ma dimostrando con la sua voce la stizza per quella situazione «Ai tuoi ordini, capo».
«Non mi piace il tuo tono…» pronunciò Philippe irritato quanto lei.
«Fattelo piacere».
«Mirta!» esclamò lui con la voce piena di rabbia e le mani sui fianchi come una maestra arrabbiata coi suoi alunni.
«Philippe!» ripeté imitando la sua posa plastica e sorridendo beffarda.
Lui la guardò male, ma non rispose alla sua provocazione, anzi, le sorrise iniziando a togliersi la giacca, segno che stava per lasciare la cucina per andare a cambiarsi.
«Non resti qui a controllarmi?»
«Scherzi? Ho altro da fare e sinceramente preferirei non ricevere un altro dei tuoi assurdi consigli…»
Philippe, detto ciò, lasciò davvero la stanza lasciandola lì, col dolce in mano, a pensare se rincorrerlo per tirarglielo addosso o se finire il turno e fare ciò che doveva più in fretta possibile.
E alla fine decise di stare al suo gioco, perché quella sera avrebbe avuto la sua rivincita al Morgana.
Philippe, spero tu sia pronto a me in versione Jessica Rabbit…