31.
Un nuovo giorno
Mirta
Avevano passato la notte a godere uno del corpo dell’altra, addormentandosi fra un round e l’altro, ma sempre pronti a ricominciare.
Philippe si era dimostrato un amante abile e instancabile, cosa che aveva lasciato senza fiato Mirta, più volte.
In realtà, la cosa non l’aveva sorpresa più di tanto perché un cuoco, con le sue abilità e con la sua passione, non poteva essere troppo diverso in camera da letto.
Sempre di passione si trattava.
E a lui, certamente, non mancava.
Ora erano lì, il sole era sorto da un po’ ed erano stesi uno al fianco dell’altra, occhi negli occhi a guardarsi intensamente e a respirare forte dopo l’ultimo amplesso mentre le mani di lui, come se non ne avessero mai abbastanza, avevano preso ad accarezzarle un fianco.
Era pensieroso, anche se i suoi occhi erano ancora brillanti.
«Che hai?»
Lui batté le ciglia una volta in più, prima di risponderle cautamente: «Prima, mentre ero dentro di te, ho posato le mani sul tuo fianco e ho visto il tatuaggio…»
«La rosa?»
Philippe annuì, poi spostò le dita proprio sul disegno che le decorava la pelle. «Se ti dicessi dove l’ho già visto, credo mi prenderesti per pazzo».
«Provaci» rispose, cosciente del fatto che, quella conversazione, avrebbe potuto far terminare ogni cosa fra loro, perché se c’era una cosa che aveva capito in quel periodo in cui aveva lavorato per lui era che Philippe poteva essere molto geloso delle sue cose.
E ora, sebbene la definizione non fosse propriamente femminista, lei lo era.
Era sua e non sapeva quanto potesse andargli a genio il suo secondo lavoro.
Philippe, inconsapevole del discorso che lei si stava facendo nella testa, ridacchiò prima di cominciare a parlare: «Ricordi quando ti ho
detto del Morgana?»
Mirta annuì. «Sì, molto bene».
«Una delle ballerine aveva il tuo stesso tatuaggio. Non trovi sia strano? Oltretutto, forse dovrei dirti che avevo perso la testa per lei…»
«Davvero?»
«Sì, è così bella, Mirta, ma anche così lontana, irreale, come un’attrice famosa della quale non puoi fare altro che avere poster in camera».
«Inarrivabile?»
«Sì, come la Luna…»
«Quindi io sarei un ripiego?» domandò lei, celando un sorriso, quando lui saltò su per fronteggiarla.
«Cosa?» Philippe scosse la testa «Tu? Un ripiego? Mai. Lei era come la Luna, ma tu, Mon Sucre, sei come il Sole. Tu sei la cosa più bella che mi sia successa. Tu mi hai riportato a vivere, dopo anni in cui sopravvivevo…»
«Philippe».
«No, devi capire che non sei qui solo perché non sono riuscito ad arrivare a…»
«Rosa Blu?»
Philippe rimase interdetto. «Ricordi il suo nome?»
«La conosco».
«Sì?»
Mirta annuì. «Benissimo».
«Incredibile».
«Non mi chiedi chi è?»
«Non voglio saperlo».
«Sul serio?» gli domandò accarezzandogli la guancia. «Hai questa informazione a portata di mano e non vuoi saperla?»
«Perché dovrei? Io ho te…»
Mirta gli sorrise. «Allora non cambierà nulla il fatto che sia io».
«Lo so che sei tu» rispose lui, senza capire ciò che lei aveva appena rivelato. «Mon Sucre, ci sei tu qui con me, chi altro dovrebbe…»
«No, non hai capito, Chef. La ragazza del Morgana? La ballerina di Burlesque? Rosa Blu? Sono io… sono sempre stata io» sganciò la
bomba, diretta stavolta, pensando a tutti i possibili risvolti della sua rivelazione, tranne a quella che effettivamente accadde, perché Philippe rimase per un attimo basito, poi scoppiò a ridere, stupendola.
«Perché ridi? Pensavo saresti impazzito…»
«Perché solo io, dopo anni di scappatelle e storie senza senso, potevo cambiare idea a causa di due donne diverse solo per scoprire poi che, in realtà, erano la stessa meravigliosa creatura che adesso ho fra le braccia…»
Stavano per baciarsi di nuovo, quando delle imprecazioni in francese arrivarono alle loro orecchie dal salotto.
«
Bo
n
Dieu d'un frère en désordre!»
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Philippe nascose il viso nell’incavo della sua spalla e ridacchiò. «Non siamo più andati a togliere i nostri vestiti dall’entrata, vero?»
«Mi sa di no…»
«Trébucher dans une paire de boxeurs! C'est le summum!»
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Philippe rise ancora, poi disse con voce dispiaciuta: «Dobbiamo alzarci, Mon Sucre. Ma, tanto, mi sarei mosso comunque a breve, sai, per farti la colazione più buona della tua vita».
«Anche la cena non è stata male!»
«Hai mangiato solo il soufflé…» le ricordò lui, mordendole un labbro e baciandola subito dopo.
«Infatti, era buonissimo!»
«Lo so».
«Presuntuoso…»
«No, sono solo sicuro delle mie abilità. Di tutte le mie abilità!»
«Tutte?»
Philippe annuì. «Se non ne fossi stato certo, me l’avrebbero comunque confermato tutti gli orgasmi che ti ho procurato in una sola notte».
«Philippe!» urlò Julian che, nel frattempo, doveva essere riuscito a districarsi fuori dal cimitero di vestiti, fino ad arrivare fuori dalla porta della camera in cui erano. «Muovi quel culo e vieni a riordinare questo casino!»
«Calmati, Julian!» esclamò la voce di Mirko, vicinissima anche quella alla porta. «C’è anche Mirta, ricordi? Fa’ il bravo…»
«Merde! Scusa tesoro, ma sono inciampato e…»
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Ma l’attenzione di Mirta passò immediatamente a Philippe, perché mentre suo fratello continuava a blaterare sui boxer e sul disastro in salotto, lui si era alzato in piedi.
Nudo e bellissimo.
Era uno di quegli uomini di cui aveva solo letto nei romanzi, quelli con la schiena muscolosa quasi quanto il petto. Philippe era tonico ovunque, per non parlare del sedere scolpito che ora le stava mostrando inconsapevolmente.
Mirta si lasciò scappare un sospiro, cosa che ebbe due reazioni; lui si girò e a lei il respiro andò via del tutto.
«Ma abbiamo fatto sesso dieci minuti fa, com’è possibile che sei ancora in quelle condizioni?» esclamò pensando a quando, nell’impeto della passione, si erano lasciati trasportare e erano finiti di nuovo a togliersi gli indumenti intimi in salotto, lasciando ancora più vestiti di quanti non ce ne fossero prima in mezzo alla stanza.
«A parte che non era dieci minuti fa, ma forse un’ora, ma puoi biasimarmi? Sei bellissima e sei tutta nuda sul mio letto: sarebbe strano se fosse…»
«Ti prego non dire moscio».
Philippe scosse la testa. «Avrei detto al contrario!»
«Meglio» disse lei, alzandosi dal letto per raggiungerlo. «Comunque, mi presteresti qualcosa? Sai, il mio vestito è di là…»
Philippe la attirò a sé, facendo mancare per un attimo il respiro a entrambi, poi le depositò un bacio sul collo prima di mostrarle le sue camicie appese ordinatamente e per colore dentro il suo armadio. «Scegli quella che preferisci…»
«Una camicia? Non hai una maglia? Qualcosa di meno… di meno… elegante?»
Philippe scosse la testa. «Lo avrei, ma non appena me l’hai chiesto, ho pensato a te con una delle mie camicie addosso, perciò…»
«Tu hai esaudito la mia fantasia e io farò lo stesso con la tua, Monsieur Tonetti!»
«Dillo ancora».
«Cosa?»
«Monsieur, dillo…» le disse lui dolcemente, avvicinandosi e
prendendo dalle sue mani la gruccia con la camicia blu che aveva scelto per se stessa.
«Perché?»
«Perché il francese sulla tua lingua sta benissimo, Ma Princesse!»
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«Ci sono altre cose francesi che stanno bene sulla mia lingua…» ribatté lei prontamente.
«Se solo mio fratello non fosse di là, Ma Douceur
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» borbottò roco, osservandola mentre infilava il corpo nudo dentro la sua camicia, lasciando i bottoni volutamente aperti.
«Ma c’è e dobbiamo raggiungerlo, perciò...»
«Dio! Vestiti, Mirta!» esclamò lui, iniziando ad abbottonargliela. «Santo cielo, ne avrò mai abbastanza di te?»
«Spero di no, Chef, altrimenti avremo un problema!»
Philippe terminò il suo lavoro, si allontanò da lei e, dopo aver detto in francese qualcosa che alle sue orecchie era sembrato riferito alle sue gambe, la prese per mano e la fece uscire dalla camera.
La prima cosa che notò Mirta appena messo piede in salotto, fu lo sguardo divertito di Mirko rivolto a Julian, che era seduto sul divano e aveva un sacchetto di piselli surgelati sul ginocchio destro.
«Stai bene?» gli domandò suo fratello avvicinandosi. «È caduto?» si rivolse poi a Mirko, visto che da Julian aveva ricevuto solo un’occhiataccia.
«Sì» rispose il Sous Chef. «Ha fatto un volo memorabile, inciampando nei tuoi boxer… Pensavo fossi un tipo da slip, in ogni caso!»
Philippe rise. «Volevamo sistemare, ma sai ci siamo leggermente distratti…»
«Buongiorno» disse Mirta, uscendo da dietro Philippe. «Stai bene, tesoro?»
Julian e Mirko, che fino a quel momento avevano prestato attenzione solo a Philippe, mossero lo sguardo e l’inquadrarono.
«Dopo questa visione» affermò sicuro Mirko «Sono sicuro di essere gay…»
Mirta ridacchiò. «Sono così brutta?»
«Au contraire, mon amie!
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Sei così bella che ci hai un attimo
presi in contropiede, ma credo che Mirko volesse dire che se dopo averti vista mi desidera ancora, è un buon segno! Per me, ovviamente…»
«Allora, vi ringrazio. Volete fare colazione?» domandò lei, come se fosse a casa sua.
«Volevo fare delle omelette» disse Philippe abbracciandola da dietro. «Ci fate compagnia?»
«Volentieri» rispose Julian, alzandosi in piedi e zoppicando un po’.
«Sta fermo tu» lo sgridò Mirko. «Te la porto io qui, okay?»
Julian gli sorrise, sedendosi di nuovo, mentre Philippe, ricordandosi del commento di Mirko di poco prima, gli domandò: «Un momento: perché pensavi a che tipo di biancheria indossassi?»
«Scherzi capo? Con un sedere come il tuo? All’inizio bruciavo tutto, perché stavo sempre a fantasticare…»
«Io vi sento!» cantilenò Julian dal salotto.
«Lo sappiamo…» risposero in coro quei due mentre Mirta, seguendo le istruzioni, impostò la macchina del caffè.
«E comunque» riprese il discorso Mirko «avevamo scommesso con Carmen e io dovrò darle cinque euro! Quella strega ha detto che eri da boxer!»
Mirta ridacchiò. «Questo discorso dovrebbe infastidirmi, lo so, ma immaginarvi a scommettere su di lui mi fa sbellicare!»
Julian rise, mentre lei gli portava una tazza di caffè. «Grazie».
«Prego. Ti dispiace se mi siedo qui con te?»
«Certo che no, Mirta.» poi abbassò il tono della voce e le domandò: «Quindi avevo ragione? Vi siete saltati addosso dopo quanto, due settimane?»
«Meno».
«Ci prendo sempre, je suis un phénomène
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!»
«Eh?»
«Scusa, dimentico sempre che non sai il francese! Ho detto che sono un fenomeno…»
«Non darti delle arie!» rispose lei dandogli un colpetto con la spalla sulla sua, poi aggiunse: «Vorrei impararlo!»
«Il francese?»
Annuì. «Sì. Mi piacerebbe capire le porcherie che mi dice…»
Julian scoppiò a ridere. «Si lascia andare, eh?»
«Diciamo che perde la sua compostezza e procede a briglia sciolta!»
«Immagina quando scoprirà che lavoro fai!» sussurrò Julian complice. «Ti farà ballare per lui? Che dici?»
«Lo sa».
«Ah sì? Si è ingelosito?»
«Stranamente, no».
Julian stava per rispondere, quando Philippe e Mirko li raggiunsero con quattro piatti fumanti. «Fatti in là, moribondo, mangiamo qui con te…»
«Quanto sei caro, fratellone!»
Philippe gli sorrise, accomodandosi accanto a Mirta e posandole in grembo il piatto con l’omelette salata con zucchine e formaggio. «Per te, Mon Sucre».
«Grazie».
Julian assalì la sua frittata ripiena e si lasciò andare a un mugolio soddisfatto dopo averne divorata metà. «Dio, è ottima».
«Lo so».
«Sbruffone».
«Lo vedi? Te lo dicono tutti…» lo rimproverò Mirta, sorridendo.
«E non capisco perché! Io sono il migliore, non è vero, Mirko?»
Il Sous Chef sorrise. «Sì, capo».
«Ma con lui non vale, lo paghi!»
«Obiezione corretta, ma ciò non toglie che la mia omelette sia la migliore!»
«Vero» rispose Julian, posando la forchetta nel piatto vuoto. «Comunque, fratellone, pensavo saresti impazzito per il secondo lavoro di Mirta!»
«E perché?»
«Beh, non ti dà fastidio che balli mezza nuda per altri uomini?»
E fu in quel momento che Mirta comprese che Philippe a quello non aveva pensato, perché notò i suoi occhi scurirsi e la linea della sua bocca assottigliarsi.
«Philippe?»
«Non puoi farlo» esplose lui, guardandola dalla testa ai piedi. «Tu non puoi fare…»
«Cosa? Il mio lavoro?»
«Ballare. Spogliarti. Quello…»
«Io non mi spoglio, Philippe! Hai visto più di uno dei miei numeri…»
«Sì, ma era diverso! Lo sai!»
«Perché? Perché non sapevi fossi io? Perché finché era una donna senza volto a ballare per te andava bene, ma ora che sai la verità non è più una cosa che posso fare? E poi, scusami, ma chi sei tu per dirmi cosa devo fare?»
«Io sono…»
«Cosa?»
«Il tuo ragazzo! Ecco chi sono io…»
Mirta rimase per un attimo basita, poi gli sorrise, la rabbia svanita in un solo istante grazie a quella definizione che Philippe aveva dato a se stesso, perché anche se l’aveva chiamata così davanti a Juliette, che si sentisse davvero il suo ragazzo era una cosa grossa. Significava che ci teneva a lei, a loro. «Allora non dovresti preoccuparti…»
«Invece sì, perché il solo pensare che qualcun altro ti tocchi, mi fa impazzire!»
«Non dovresti e sai perché?» gli domandò lei, toccandogli il petto e prendendosi l’attenzione di tutti gli uomini nella stanza.
«Mirta, niente che dirai potrà…»
Lei gli posò un dito sulle labbra per zittirlo, poi ottenuto il silenzio e due sospiri da parte di Mirko e Julian, esclamò con la voce più dolce che possedeva: «Perché io sono come i tuoi coltelli Philippe: tutti possono vedermi, ma solo e soltanto tu puoi toccarmi».
Philippe non le rispose, ma rivolto a suo fratello imperò in francese: «Je pense que c'est mieux pour toi de partir!»
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Mirta non fece in tempo a chiedersi cosa lui avesse detto nella sua lingua madre perché si ritrovò a testa in giù sulla sua spalla destra. «Non avresti dovuto dirlo…»
«Perché?»
«Perché i coltelli, Mirta, mi eccitano quasi quanto te… E tu, Mon Cœur
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, mi ecciti da morire!»