La formazione della filosofia di Francis Bacon (1561-1626), italianizzato in Francesco Bacone, è parallela allo sviluppo della sua carriera politica e parlamentare che lo conduce, nel 1618, alla carica di Lord Cancelliere di Giacomo I d’Inghilterra. La formazione giuridica e l’elaborazione delle sue opere in questo ambito sono contemporanee alla prima formulazione dei temi che diverranno centrali nella filosofia di Bacon a partire dal primo decennio del Seicento. Dal punto di vista filosofico fondamentalmente due sono le tradizioni da cui traggono ispirazione le teorie di Bacon: da un lato la tradizione magico-ermetica e alchimistica rinascimentale, dall’altro la tradizione logico-retorica, in particolare derivata da Pierre de la Ramée (1515-1572).
In Bacon convivono due istanze solo apparentemente contraddittorie. Da un lato, egli attacca in modo violento i testi della tradizione magica e alchimistica, ritenuti vere e proprie mistificazioni basate su un empirismo acritico e su nozioni mitiche di derivazione classica, come quella di “spirito del mondo”. D’altro canto, Bacon difende un’immagine “riformata” della magia che descrive come un sapere naturalistico pratico e operativo che dovrebbe prendere il posto del “caso” nella realizzazione di scoperte utili alla vita dell’uomo. Si tratterebbe, in altri termini, di un sapere in grado di generare in modo sistematico scoperte, come quelle della stampa, della polvere da sparo o della bussola, le quali, secondo Bacon, sono invece apparse come prodotti casuali di un’arte cieca e puramente empirica.
Il rapporto baconiano con la tradizione logico-retorica è altrettanto complesso. Bacon enumera i settori della logica utilizzando le tradizionali partizioni della retorica: inventio, judicium, memoria e traditio (o elocutio). Nella retorica tradizionale l’inventio costituisce la procedura in base alla quale si reperiscono i temi e le argomentazioni del discorso. In Bacon, il termine è invece esteso a comprendere due procedure distinte: l’invenzione degli “argomenti” (nel senso tradizionale appena specificato) e l’invenzione delle “arti”. Quest’ultimo tipo di inventio cui è dedicato interamente, come vedremo, il secondo libro del Novum organum – è da Bacon considerato il metodo privilegiato della filosofia naturale, ossia l’induzione.
LETTURE
Logica e metodo
La tradizione cinquecentesca di scritti sull’ars memoriae, invece, influisce soprattutto sull’importanza che Bacon affida alla memoria e alle procedure di indicizzazione, selezione e classificazione dei dati scientifici (per esempio, attraverso l’uso di “tavole” e “topiche”, raccolte di luoghi) nello studio della natura.
Il Seicento è un secolo di disordine e di instabilità, di guerre e di rivoluzioni, di assolutismo e di eversione, di stagnazione economica e di straordinario sviluppo commerciale, di classicismo e di barocco, di razionalità e di spaesamento. La guerra dei Trent’anni vede protagoniste, volta a volta, le grandi potenze europee, l’Impero germanico, Svezia e Francia. La pace di Westfalia, che nel 1648 mette fine alle sanguinose guerre di religione, sanziona l’egemonia della Francia, la decadenza della Spagna, il dissolvimento del Sacro Romano Impero. La frattura tra Chiesa cattolica e Chiesa protestante si stabilizza. Due blocchi si contrappongono e le Chiese devono trovare una nuova collocazione all’interno degli stati. La Rivoluzione inglese, che culmina con la condanna a morte di Carlo I d’Inghilterra, mette definitivamente in crisi l’idea di una origine divina del potere monarchico. In gran parte d’Europa si registrano un deciso calo demografico e una contrazione degli scambi e della produzione che determinano una generale situazione di stagnazione economica. Fanno eccezione alcune regioni, come i Paesi Bassi e la Francia settentrionale dove si assiste a uno straordinario sviluppo del commercio o come l’Inghilterra dove si espandono le manifatture e si estende il lavoro salariato a discapito della piccola proprietà terriera. Mentre dalle campagne gruppi sempre più numerosi di contadini impoveriti si dirigono verso le città, in alcune di queste compaiono i primi caffè, nuovi luoghi di socializzazione e di scambio di opinione. Un nuovo modo di ricevere e consumare la musica si afferma, dapprima in Italia e poi in tutta Europa: il melodramma come nuovo genere musicale. Aprono i primi teatri pubblici nella borghese Venezia.
Ma la più profonda trasformazione è rappresentata dalle conseguenze della rivoluzione scientifica. All’immagine di un cosmo chiuso con al centro la Terra e l’uomo, si sostituisce quella di un universo infinito nel quale la Terra, e con essa l’uomo, occupa una posizione periferica. Nuovi strumenti scientifici, come il microscopio e il cannocchiale di Galilei, contribuiscono ad allargare la conoscenza della natura e del corpo umano. Come scriverà Pascal, “l’uomo viene a situarsi tra due infiniti, l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo”.
Accanto alla tendenza naturalistica, ispirata alla lezione di Caravaggio, e a quella classicista, nelle arti figurative si avverte il senso di smarrimento prodotto dalla rivoluzione scientifica.
Se Caravaggio, i pittori della realtà, gli Olandesi come Vermeer o Rembrandt e il francese La Tour contribuiscono potentemente a sovvertire la gerarchia dei valori formali e dei generi, è nel barocco che trovano espressione una sensibilità e una tecnica che esasperano il gioco retorico dei contrasti producendo una sorta di culto della parvenza e dell’inganno, della trasfigurazione e del travestimento. Gli affreschi sulle cupole delle chiese barocche non si propongono più come prolungamento dello spazio reale, ma piuttosto come creazione di uno spazio fantastico, turbinante e centrifugo. La scultura e l’architettura diventano una retorica spaziale del coinvolgimento emotivo. Lo stesso gusto appare anche in poesia. Quando Giovan Battista Marino afferma che “è del poeta il fin la meraviglia” manifesta qualcosa di più di un compiacimento teorico. Il fine della poesia deve essere lo sviluppo dell’idea inedita e ingegnosa. La letteratura, come l’arte figurativa, partecipa all’ansia di scoperta, alla sete di novità che pervade questo secolo in cui l’uomo scopre di vivere alla periferia di un universo senza limiti.
Nel corso degli ultimi due decenni della sua vita, Bacon dedica un’attenzione notevole al problema della classificazione del sapere. I suoi scritti fondamentali sull’argomento sono Il progresso del sapere (Advancement of Learning) e il De dignitate et augmentis scientiarum, che del primo è una versione rivista e notevolmente ampliata. Sono lavori nei quali viene disegnata una complessa mappa del sapere (arbor scientiarum) che dovrebbe abbracciare la totalità delle discipline scientifiche e delle arti.
Nel pensiero baconiano il progetto di una ricognizione enciclopedica di tutte le aree della conoscenza è funzionale a una riforma globale del sapere che verrà presentato in modo sistematico a partire dal 1620, con la pubblicazione dell’Instauratio magna. Il compito della classificazione delle scienze, secondo Bacon, è quello di fornire un’immagine di ciò che va conservato del sapere acquisito, di ciò che va abolito della tradizione precedente e, soprattutto, di ciò che rimane da indagare o da sviluppare (i desiderata).
Il sistema classificatorio adottato da Bacon muove dalla tripartizione (di origine aristotelica) delle facoltà dell’“anima razionale” in memoria, immaginazione e ragione. Da ognuna di queste facoltà dipende la costituzione di un’area specifica dell’enciclopedia. La memoria presiede alla fondazione del sapere storico, l’immaginazione a quella del sapere poetico, la ragione a quella del sapere filosofico. Storia, poesia e filosofia costituiscono i tre “alberi” fondamentali dell’enciclopedia baconiana.
Almeno due sono le novità introdotte da Bacon per ciò che riguarda la posizione della storia naturale, rilevanti in quanto hanno conseguenze dirette sulla concezione del sapere e dello studio dei fenomeni naturali. In primo luogo, Bacon distingue la storia naturale in “narrativa” e “induttiva”, essa è, quindi, considerata sia come collezione autonoma di dati sulla natura (sul modello della Naturalis historia di Plinio), sia come fonte di dati da elaborare “induttivamente” al fine di rintracciare principi e leggi naturali. In secondo luogo, la storia naturale comprende, per la prima volta, la storia delle arti meccaniche e degli esperimenti: ciò significa che vengono posti sullo stesso piano concettuale i “fenomeni naturali” (la natura in quanto data in se stessa) e la manipolazione umana della natura.
ESERCIZIO
E1: Francis Bacon
Nel campo della poesia e dell’immaginazione, la novità più consistente è costituita dal ruolo centrale assegnato alla “poesia parabolica”, ovvero all’interpretazione allegorica delle favole antiche. Questa centralità è simmetrica all’insistenza baconiana (nell’ambito della logica) sulla necessità di usare strumenti retorici come metafore e similitudini nella comunicazione del sapere scientifico in modo da avvicinarsi all’uso comune.
A partire dal 1620 (con la pubblicazione dell’Instauratio magna), Bacon presenta un piano, complesso e articolato, di riforma della filosofia naturale. Solo per una parte del progetto baconiano si dispone di testi esemplificativi, mentre per il resto rimangono soltanto le dichiarazioni di intenti presenti nel piano dell’opera. Le componenti dell’Instauratio magna sono sei:
(1) Divisione delle scienze. Bisogna elaborare uno schema enciclopedico delle articolazioni delle scienze in modo che le aree lacunose e bisognose di sviluppo dell’enciclopedia emergano come desiderata della ricerca futura. Bacon aveva in realtà già pubblicato un simile lavoro nel 1605 (Il progresso del sapere), poi ampliato nel De dignitate et augmentis scientiarum del 1623.
(2) Nuovo organo. Si tratta del metodo, ossia della procedura di inventio che, come già visto, Bacon caratterizza come una logica induttiva in grado di fornire i principi per l’“interpretazione della natura”.
(3) Storia naturale e sperimentale. Nel Seicento l’espressione “storia naturale” non ha il senso che avrebbe lentamente assunto a partire dal Settecento (cioè quello di analisi tassonomica del mondo naturale). Per Bacon una storia naturale è una raccolta (più o meno ordinata e selettiva) di dati e informazioni provenienti da fonti dirette (osservazioni ed esperimenti) e indirette (testi, resoconti orali di terzi).
Queste raccolte costituiscono la base di dati sulla quale vengono eseguite le operazioni logiche dell’induzione. Per Bacon, la storia naturale include anche le arti meccaniche: dunque una storia del torchio a stampa e una storia del calore, per esempio, fanno parte di uno stesso ambito, secondo la sua classificazione.
(4) Scala dell’intelletto. Questa sezione dell’Instauratio magna costituisce un semplice allargamento della seconda parte: si tratta di fornire esempi di interpretazione della natura (sulla base del Novum organum e dei materiali delle storie naturali).
(5) Anticipazioni della filosofia seconda. Per Bacon, questa parte dell’Instauratio costituisce una tappa provvisoria in attesa della realizzazione completa dell’intero progetto. Si tratta di raccogliere quei risultati parziali dell’analisi che non è ancora stato possibile sottoporre alla procedura formale dell’induzione. Queste “anticipazioni” (o ipotesi, usando un termine non impiegato da Bacon) sono delle intuizioni e quanto alla loro verità bisognerà sospendere il giudizio sino a che esse non emergano come risultati dell’induzione.
L’attenzione baconiana alla funzione delle ipotesi e dei risultati intermedi della ricerca attenua notevolmente l’immagine tradizionale di Francis Bacon come fautore di un empirismo scientifico radicale.
(6) Filosofia seconda, ovvero scienza attiva. Si tratta del coronamento finale dell’Instauratio, lo stadio del sapere scientifico in cui “scienza” e “potenza” (capacità operativa della teoria) sono pienamente integrate. Bacon si guarda bene dal pensare che un tale risultato possa essere raggiunto da un solo individuo o da una sola generazione di ricercatori. Al contrario, afferma che la natura globale dell’impresa rischia di essere addirittura inconcepibile al presente. Il riconoscimento del carattere graduale e collettivo dell’“avanzamento delle scienze” costituisce una novità importante della filosofia naturale seicentesca che segna l’inizio di un’immagine del progresso scientifico che si sarebbe pienamente realizzata solo tra XVIII e XIX secolo.
GALLERY
La scena di Caravaggio
Il concetto di induzione è al centro del testo pubblicato in latino, sempre nel 1620, con il titolo di Novum organum. L’aggettivo novum è usato da Bacon per marcare la sua distanza dalla logica sillogistica che Aristotele aveva esposto nell’Organon. L’opera è composta di due libri che tradizionalmente si ritiene contengano la parte critica (pars destruens) e la parte costruttiva (pars construens) della filosofia della conoscenza scientifica di Bacon.
Secondo Bacon, due sono le condizioni fondamentali per una conoscenza della natura che sia anche conoscenza operativa e capace di produrre “opere” (scoperte come la stampa, la bussola, la polvere da sparo, scoperte geografiche ecc.), cioè di instaurare, nei suoi termini, un “dominio dell’uomo sulla natura”:
(a) è necessario, in primo luogo, sgomberare l’intelletto dagli idola (pregiudizi) che ne impediscono il funzionamento e l’avanzamento;
(b) in secondo luogo, è necessario seguire un percorso logico che conduca dall’analisi di fatti particolari (osservazioni ed esperimenti, raccolti nelle storie naturali) a leggi generali e da qui, ancora, a nuove osservazioni ed esperimenti. È questo percorso logico, che Bacon chiama “induzione”, a consentire un’adeguata “interpretazione della natura”.
Relativamente al primo problema, Bacon individua quattro tipi di idola di cui deve liberarsi il filosofo naturale:
(a) gli idoli della tribù (idola tribus) derivano dalla natura stessa della mente umana che è limitata sotto diversi aspetti (per esempio nella sua capacità di percepire attraverso i sensi) e tende a ritrovare regolarità dove non ci sono, anticipando risultati concreti che non sono stati soggetti a controllo;
(b) gli idoli della caverna (idola specus) sono errori che hanno origine dall’educazione, dal carattere, dall’abitudine, dalle passioni, di ogni uomo particolare;
TESTO
T1: Francis Bacon, Gli idoli del foro
(c) gli idoli del foro (idola fori) derivano dal linguaggio, il cui uso sociale produce ambiguità, difficoltà di comprensione e paradossi di ogni genere: la filosofia naturale richiede, secondo Bacon, una riforma linguistica che deve consistere nel rinominare gli oggetti sulla base dei risultati dell’induzione, recuperando lo stato di “purezza” del linguaggio usato da Adamo nell’Eden;
(d) gli idoli del teatro (idola theatri) sono determinati dall’influenza che antiche teorie e credenze, tramandate come vere sulla base dell’autorità attribuita alla tradizione, hanno nell’impedire un pensiero autonomo sugli oggetti dell’indagine.
Una volta realizzata, attraverso un’analisi puntuale, questa “purificazione” della mente, è possibile passare alla vera e propria interpretazione della natura. Interpretare la natura significa, per Bacon, fornire la definizione o “forma” di una certa qualità o “natura” dei corpi analizzati come, per esempio, il caldo, il freddo, il bianco, il suono, il denso, il raro e così via.
La forma di una data qualità o natura è un’ulteriore qualità che è specificamente associata alla qualità di partenza e che costituisce la specie di un genere superiore: il calore, per esempio, verrà descritto da Bacon come una specie particolare di movimento.
Il metodo baconiano per la scoperta delle forme consta dei seguenti passaggi:
a) compilazione di tre tavole (tabulae praesentiae, absentiae, graduum) utilizzando materiali provenienti dalla storia naturale (collezione di osservazioni ed esperimenti);
b) un procedimento di “esclusione” in base al quale le proprietà non pertinenti vengono eliminate;
c) una “prima vendemmia” o ipotesi per verificare la coerenza dei risultati ottenuti;
d) l’uso di casi particolari con varie funzioni logiche, per esempio per costruire esperimenti “cruciali” che permettano l’esclusione di spiegazioni alternative.
La “tavola della presenza” elenca una serie di casi (instantiae), provenienti dalla storia naturale, nei quali una data qualità o natura è presente. L’obiettivo è quello di individuare, per esempio, le proprietà che sono comuni a tutti gli enti dotati della natura del caldo.
La “tavola dell’assenza” elenca casi “simili” punto a punto a quelli della tavola precedente, nei quali tuttavia la qualità data (in questo esempio, il caldo) è assente. L’obiettivo, in questo caso, è opposto a quello della tavola della presenza: anziché cercare le proprietà comuni a tutte le “istanze del caldo”, bisognerà cercare di individuare le proprietà delle istanze nelle quali il caldo è assente. Ciò permetterà di escluderle dalla forma del caldo.
La “tavola dei gradi” elenca casi nei quali la qualità indagata si presenta con intensità minore o maggiore. Per Bacon, la forma di una qualità deve essere tale che decresce costantemente quando decresce la qualità e aumenta costantemente quando la qualità aumenta, come nel caso delle gradazioni del calore.
ESERCIZIO
E3: Francis Bacon
Una volta compilate le tavole, si passa alla procedura di esclusione: bisogna cioè escludere le qualità che non appaiono nei casi in cui è presente la qualità sotto indagine (il caldo), o che appaiono in casi in cui il caldo è assente, o aumentano d’intensità quando diminuisce l’intensità del caldo o viceversa.
Portato a termine il processo di esclusione, ci si può dedicare a un primo, provvisorio, tentativo di individuazione della forma. Bacon è molto cauto al proposito, e chiama questa ipotesi provvisoria “permesso dell’intelletto”, “interpretazione iniziale” o “prima vendemmia” (vindemiatio prima).
Nel 1627, dopo la morte di Bacon, il suo segretario William Rawley pubblica due testi che avrebbero avuto entrambi una notevole fortuna nei decenni successivi. Il primo testo, la Sylva Sylvarum, è un’opera di storia naturale che raccoglie mille esperimenti divisi in dieci centurie. Il secondo testo, la Nuova Atlantide (New Atlantis), è uno scritto utopistico, rimasto incompiuto, nel quale è descritta un’organizzazione scientifica (la Casa di Salomone) cui si ispireranno, tra gli altri, Samuel Hartlib (1599?-1670?) e i fondatori della Royal Society a partire dal 1645.
Il rapporto tra i due scritti è infatti chiaro. Se il primo rappresenta un grande deposito di dati della storia naturale (sui quali si edifica la filosofia seconda), la Nuova Atlantide offre invece una descrizione immaginaria di un’istituzione in grado di reperire quel tipo di conoscenze. La descrizione della Casa di Salomone (che costituisce la parte cruciale dell’opera) rispecchia infatti fedelmente l’immagine baconiana delle procedure e dell’estensione della filosofia naturale. Il fine dell’organizzazione (come dell’induzione nel Novum organum) è congiungere la “conoscenza delle cause” con la “potenza” o capacità operativa della scienza.
La topografia della Casa di Salomone è dominata dai luoghi della sperimentazione e della ricerca tecnologica, articolati in modo non sistematico: vi si trovano luoghi dedicati all’osservazione astronomica, alla geologia, all’allevamento; vi sono miniere, officine meccaniche per lo studio del volo; e poi aree dove si studiano e si praticano la terapeutica, la meteorologia, l’agronomia, la produzione dei cibi, la farmacologia, l’acustica, la matematica e così via.
Optando per soluzioni molto lontane da qualunque forma di induzione, Bacon sviluppa un complesso sistema cosmologico che supera i limiti metodologici enunciati nel Novum Organum. La cosmologia del filosofo inglese è racchiusa in un breve testo intitolato Thema Coeli (1612), dove Bacon connette una descrizione del moto dei pianeti di tipo geocentrico e una teoria chimica che ha molti punti in comune con le dottrine del medico e mago rinascimentale Paracelso.
Esistono, secondo Bacon, due sostanze fondamentali nell’universo, zolfo e mercurio, cui va aggiunta una sostanza intermedia, il sale: il legame con la teoria paracelsiana dei tre elementi fondamentali (zolfo, mercurio, sale) è evidente. Ognuna di queste sostanze è articolata da Bacon in quattro elementi differenti, per cui ne risulta una tabella di dodici unità.
Le varie sostanze sono articolate secondo due parametri fondamentali: a) l’opposizione tra materia tangibile – densa, pesante, passiva – e materia pneumatica o spiritus – rarefatta, priva di peso, attiva –; b) la posizione nel cosmo (sotterraneo, terrestre, sublunare, planetario). Materia puramente tangibile e materia puramente pneumatica sono collocate agli estremi dell’universo: il centro della Terra è costituito da materia puramente tangibile, mentre pianeti e cielo delle stelle fisse sono costituiti da materia puramente pneumatica. La superficie della Terra è invece caratterizzata da corpi nei quali materia tangibile e pneumatica risultano composte secondo diverse modalità. I corpi “sublunari” e celesti sono invece composti di sola materia pneumatica. “Fuoco siderale” ed “etere” sono rispettivamente la materia costitutiva dei pianeti e il medium entro il quale avvengono i loro movimenti.
LETTURE
Paracelso
La relazione tra questa teoria chimica del cosmo e l’astronomia baconiana è diretta. Bacon sostiene un sistema astronomico geocentrico, nel quale i moti dei pianeti diminuiscono la loro velocità in proporzione alla loro vicinanza alla Terra. Si tratta di una variante della teoria geocentrica, elaborata dall’astronomo arabo Alpetragius (vissuto nel XII secolo), che sosteneva una teoria cosmografica basata sui principi aristotelici e contro il sistema tolemaico. Le stelle completano il loro moto di rivoluzione intorno al centro dell’universo (la Terra) in 24 ore mentre la Luna (il più vicino dei pianeti) completa la sua rivoluzione (lungo una circonferenza assai più corta) in 25 ore. Bacon utilizza il suo sistema chimico per offrire una giustificazione fisica del sistema di Alpetragius: la ragione della diminuzione di velocità nell’approssimarsi dei pianeti alla Terra è dovuta al passaggio progressivo dalla materia pneumatica alla materia tangibile o, in altri termini, alla progressiva degradazione della materia pneumatica che costituisce i corpi celesti. Questa giustificazione chimica di un sistema astronomico costituisce un caso unico ed è anche un indizio chiaro della diffusione e del peso che le idee magico-alchimistiche del Cinquecento assumono nel corso del Seicento.
La divisione del lavoro tra i confratelli della Casa di Salomone segue esattamente le tappe della ricerca induttiva: raccolta dei dati già esistenti, sperimentazione innovativa, classificazione dei risultati al fine di ricavare “assiomi” dagli esperimenti realizzati, traduzione pratica degli esperimenti, interpretazione della natura. Infine Bacon si occupa dell’insegnamento della scienza e dell’apprendistato scientifico e definisce persino i rituali formali dell’organizzazione. Un progetto che in Bacon rimane utopico, ma che costituirà poi un modello per la fondazione della più celebre società scientifica dell’età moderna, la Royal Society (1660).
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Arte e scienza
AMBIENTE CULTURALE
Secondo una tesi diffusa ma infondata, le opere della nuova scienza, maturando al di fuori delle università, avrebbero sostituito il latino, lingua delle scuole, con le lingue nazionali. In realtà, il latino moderno è il veicolo di una parte considerevole della comunicazione scientifica, basti pensare ad alcuni dei testi fondamentali della scienza seicentesca, come le opere astronomiche di Keplero, quelle mediche di Harvey, le opere di fisica e matematica di Huygens e i Principi di Newton: tutti scritti e pubblicati in latino. Solo a partire dall’Ottocento il latino è sostituito dalle lingue nazionali, e ancora nel 1801 il matematico Karl F. Gauss pubblica la propria opera di teoria dei numeri in latino (Disquisitiones arithmeticae).
Il latino, lingua dell’età moderna Sarebbe erroneo considerare il latino una “lingua morta”. Al contrario, in età moderna esso ha una considervole vitalità: si assiste a un’evoluzione e arricchimento lessicale tecnico-scientifico, con l’introduzione di nuovi termini volti a dare espressione a innovazioni di carattere teorico e pratico. La scelta del latino da parte di medici e scienziati è dettata da differenti ragioni. Innanzitutto, il latino assicura la circolazione dell’opera tra un pubblico di dotti di differenti aree linguistiche. Nel Seicento il latino è ancora la lingua franca della scienza e solo lentamente sarà sostituito dal francese. Spesso autori di testi filosofici e scientifici, come Descartes, usano sia il latino che la lingua nazionale. Descartes scrive i Principi di filosofia (1644) in latino e ne affida a uno dei suoi amici (l’abbé Picot) la traduzione francese. Robert Boyle scrive tutte le proprie opere in inglese, ma ha cura di darne alle stampe la traduzione latina, che ha ampia circolazione in tutta Europa. La doppia circolazione, in inglese e in latino, è adottata anche da Newton che scrive i Principi in latino e l’Ottica in inglese, affidando la traduzione latina di quest’ultima al suo collaboratore Samuel Clarke. Il latino è la principale lingua della comunicazione tra gli scienziati europei, le cui corrispondenze sono in gran parte in latino.
Un’ulteriore ragione per far uso del latino è l’appartenenza a una tradizione accademica illustre e la necessità di tutelare la dignità della disciplina, come accade sovente nelle pubblicazioni della medicina “dotta”, che ha bisogno di distinguersi dalla medicina praticata da figure che si collocano a un livello sociale più basso. Georg Bauer (Agricola) usa il latino per la sua monumentale opera sulle miniere (De re metallica), con lo scopo di conferire dignità e prestigio alla scienza dei metalli. La scelta è anche dettata dall’assenza (o comunque dall’inadeguatezza) di un lessico tecnico volgare, evidente soprattutto in anatomia, i cui testi fondamentali – da Mondino de’ Liuzzi a Vesalio, fino a Malpighi – sono tutti in latino.
Sottolineare il ruolo del latino come lingua scientifica, comunque, non significa assolutamente minimizzare l’importanza dell’uso delle lingue moderne nella scienza, il cui impiego è un importante fenomeno di carattere sociale. È certamente associato all’emergere di una pluralità di luoghi di produzione della conoscenza scientifica (quindi non più solo le università), all’estensione del numero e della base sociale di coloro che praticano la scienza o che fanno ricorso a testi di carattere tecnico, in cui vengono divulgate conoscenze, descrizioni di strumenti e processi tratte dalla pratica. La scelta delle lingue moderne è più diffusa in discipline “nuove” e di carattere applicativo, che non hanno una consolidata tradizione e mancano di una terminologia latina condivisa, come per esempio la chimica pratica. Si può dunque affermare che nella letteratura tecnico-scientifica degli inizi dell’età moderna si hanno convivenza e reciproche influenze del latino e delle lingue moderne.
Primi usi del volgareI primi usi del volgare per la composizione di opere scientifiche sono attestati in area linguistica catalana, dove, a partire dagli inizi del XIV secolo, se ne registra una significativa presenza nella medicina e nell’alchimia, come attestato nelle opere di Raimondo Lullo e in quelle che circolarono con il suo nome. In Inghilterra il processo è piuttosto lento: alla fine del Quattrocento risale l’opera di alchimia dal titolo Ordinall of Alchimy (Canone di Alchimia), di Thomas Norton. Nella prima metà del XVI secolo le opere a stampa di carattere scientifico in lingua inglese sono relativamente poche: trattati di medicina pratica, di topografia e di astrologia. Nell’Inghilterra elisabettiana il numero di libri di carattere scientifico pubblicati in inglese aumenta: la lingua moderna è usata in numerose opere di matematica applicata, astronomia, trattati sulla navigazione, così come in testi di medicina e di storia naturale. Nel 1570 è pubblicata la traduzione inglese di Euclide, con prefazione di John Dee: un’iniziativa editoriale che risponde alla crescente domanda di conoscenza matematica. La pratica delle traduzioni si diffonde rapidamente per far fronte a una crescente richiesta di testi scientifici in ambienti non accademici: sono tradotte in inglese opere del naturalista Konrad Gesner (1516-1565), quelle mediche di Leonardo Fioravanti (1517-1583), di Paracelso e dei suoi seguaci, così come numerosi trattati di chimica pratica originariamente scritti in tedesco. A partire dal 1630, e con dei picchi negli anni della rivoluzione puritana, si ha una forte accelerazione dell’attività editoriale in vari settori tecnico-scientifici, con un sensibile aumento delle pubblicazioni di chimica, matematica, medicina e agronomia, e una netta prevalenza di opere in inglese. Tra il 1620 e il 1660 l’Inghilterra raggiunge livelli molto elevati di alfabetizzazione e si ha un diffuso entusiasmo per le scienze e le tecniche, stimolato dall’interesse dei puritani per l’istruzione di tutti gli strati sociali. La letteratura scientifica non è più destinata solo a un’élite formata secondo i canoni umanistici, ma è diretta a un vasto pubblico.
Negli stati tedeschi il fenomeno di maggior interesse è la produzione di trattati tecnici in lingua moderna nella prima metà del Cinquecento. Il tedesco è utilizzato in opuscoli che trattano di miniere, di distillazione e di tecniche per saggiare o purificare i metalli: opere con finalità operative e spesso poco sistematiche. Il caso di Paracelso è di grande interesse per il significato politico-culturale della scelta linguistica. Il medico svizzero, che si contrappone alla medicina tradizionale, fa lezione nel suo dialetto svizzero-tedesco, e pubblica in tedesco le proprie opere di chimica e medicina. La sua scelta ha una forte valenza polemica, presentandosi come sfida alla medicina ufficiale di carattere umanistico. Paracelso opta per il tedesco con il fine di privilegiare una lingua che possa veicolare conoscenze provenienti dal mondo degli artigiani, da coloro che sono in possesso di competenze pratiche e che sono estranei alla cultura accademica. I chimici tedeschi del XVII secolo (così come i loro colleghi francesi) sono per lo più estranei alle università e utilizzano la lingua nazionale per le proprie opere.
In Italia la tradizione umanistica non impedisce il sorgere di una letteratura scientifica vernacolare. Il volgarizzamento della Naturalis historia di Plinio, eseguito dall’umanista Cristoforo Landino nella seconda metà del Quattrocento, permette l’ingresso nell’italiano di nomi di piante e animali. In volgare è scritta una delle prime opere scientifiche a stampa, la Summa de arithmetica, geometria, proportioni et proportionalita (Venezia 1494), del matematico Luca Pacioli. Così come Leon Battista Alberti, Leonardo da Vinci sottolinea le potenzialità del volgare come strumento di comunicazione tecnico-scientifica. Il volgare di cui Leonardo fa uso si nutre della ricca terminologia delle botteghe artigiane dove si è formato, anche se non manca di far ricorso, soprattutto in anatomia, a una terminologia di derivazione greca, latina e araba; è arricchito, per riempire i vuoti lessicali, con termini coniati ricorrendo alla metafora, così come con l’attribuzione di un nuovo significato a parole d’uso comune sulla base dell’analogia di funzione o di forma. Nella meccanica, per esempio, Leonardo chiama “servitore” un dispositivo di bloccaggio di una ruota dentata, “serpe” un elemento di forma ricurva del meccanismo di carica di un’arma da fuoco. La Pirotechnia dell’ingegnere senese Vannoccio Biringuccio (1480-1537) è scritta in volgare e costituisce uno dei primi tentativi di dare una trattazione sistematica alle arti del fuoco, tradizionalmente trasmesse oralmente. L’ambiente in cui nasce la Pirotechnia di Biringuccio è quello degli ingegneri rinascimentali e i suoi fini sono soprattutto pratici. La sua opera e quelle del matematico Niccolò Tartaglia, Vittorio Zonca e Agostino Ramelli, dedicate alla balistica e alla meccanica, contribuiscono a formare il lessico tecnico-scientifico italiano, cui darà il maggior contributo Galileo Galilei.
La scelta di avvalersi del volgare compiuta da Galilei – che pur proviene dall’ambiente universitario – è dettata dall’esigenza di rivolgersi a un pubblico più ampio, non limitato agli ambienti accademici o ai filosofi di professione. Galilei opera una revisione sistematica della terminologia scientifica attraverso rigorose definizioni di termini chiave della meccanica. Quando ha bisogno di parole nuove per indicare oggetti, fenomeni naturali, strumenti o invenzioni, preferisce adattare, previa definizione, espressioni comuni, anziché far ricorso a traduzioni o calchi dal latino e greco. Il “pendolo” è così definito perché è un oggetto che pende; per definire lo strumento con cui osserva il cielo, non usa la parola di origine greca, “telescopio”, ma “cannocchiale”, che mette insieme due parole italiane: “canna” (cioè “tubo”) e “occhiale” (che significava “lente”).
LETTURE
Pratica medica
LETTURE
Lingue universali e filosofiche
Nel corso del Seicento la letteratura scientifica si incanala in nuovi generi letterari: raccolte di osservazioni e di esperimenti, saggi su temi specifici, come l’elasticità dell’aria, il magnete, gli insetti, il fosforo, le macchie solari, l’equilibrio dei fluidi. Opere con titoli quali Esperimenti, Esperienze, Esercitazioni, Osservazioni, Saggi, Storia naturale trattano, senza pretese di completezza, ambiti circoscritti di fenomeni, spesso con illustrazioni, grafici, tavole che descrivono i fenomeni e le loro proprietà, fornendo dettagliate informazioni sulle modalità delle ricerche condotte. Raccolte di dati, indagini sperimentali circoscritte, osservazioni astronomiche relative a un determinato corpo celeste, descrizioni di nuovi strumenti sono pubblicate in tempi rapidi per mettere a disposizione risultati di ricerche, esperimenti, recenti scoperte o invenzioni. Sempre più numerose sono le corrispondenze (o opere scientifiche scritte in forma di lettera), le Disputationes, le Difese, le Congetture, i Paradossi: opere che emergono dal vivo della ricerca, della collaborazione o della disputa scientifica, che presentano al lettore punti di vista differenti sulla stessa materia, che adottano soluzioni provvisorie, che mettono in dubbio (per lo più sulla base di nuove evidenze sperimentali) dottrine o teorie correnti. Le origini di questo processo possono essere rintracciate già nella medicina del Cinquecento, con la diffusione di nuovi generi letterari ben individuabili da titoli quali Observationes, Historiae, Paradoxa, Exercitationes, Curationes: opere che pongono l’accento sull’osservazione e la pratica piuttosto che su apparati teorici strutturati. Si afferma già nel Cinquecento il genere del dialogo tecnico-scientifico, che raggiungerà in Italia l’espressione più alta nel Dialogo sopra i due massimi sistemi (1632) di Galilei. Nel proemio, lo scienziato pisano giustifica l’uso del dialogo poiché esso consente “digressioni, tal ora non meno curiose del principale argomento”. Il ruolo dei tre personaggi (Salviati, Sagredo, Simplicio) nel dialogo galileiano è quello di sollecitare spiegazioni, di avanzare dubbi, di rendere più efficace la propria opera di persuasione. Al genere del dialogo fa ricorso anche Boyle ne Il chimico scettico (1661), i cui personaggi sono Carneade (il portavoce di Boyle), che avanza dubbi sulle teorie chimiche tradizionali, Temistio, che sostiene le dottrine aristoteliche, Filopono, seguace di Paracelso, e infine Eleuterio, che rappresenta il senso comune. Molto meno vivace del Dialogo galileiano, quello di Boyle non ha svolgimento in giornate, ma risponde soprattutto allo scopo che l’autore si prefigge: non presentare un sistema di “filosofia chimica”, ma confutare per via sperimentale le tradizionali teorie relative alla composizione chimica dei corpi.
I nuovi generi letterari e le nuove forme che assume la letteratura scientifica tendono a sostituire le forme tradizionali, legate a un’impostazione di carattere sistematico e prevalentemente teorico, nonché il consolidato genere dei commentari alle opere di Aristotele. Sarebbe però erroneo parlare di un mutamento repentino e radicale nello stile di scrittura, nell’organizzazione dei testi scientifici e nella scelta dei generi letterari. Benché decisamente sempre meno presenti, non scompaiono del tutto i generi più tradizionali, le opere scientifiche organizzate in forma sistematica, quali i Principi (di Descartes e Newton), gli Elementi (come quelli di Hobbes) modellati sull’esempio euclideo, o opere che richiamano il modello aristotelico, come il De motu animalium (1680) di Giovanni Alfonso Borelli.
Al rinnovamento delle forme della comunicazione scientifica contribuisce la nascita dei periodici scientifici, che svolgono un ruolo di primo piano nella disseminazione di conoscenze scientifiche e tecniche. Le “Philosophical Transactions” della Royal Society (1665) pubblicano in tempi rapidi risultati di ricerche, notizie di nuove invenzioni e scoperte, in forme che diventeranno poi canoniche nei secoli successivi. La memoria scientifica contiene dettagliati riferimenti a strumenti, circostanze, testimoni. Il pubblico cui sono rivolte tali pubblicazioni è costituito soprattutto di eruditi, ma non soltanto di scienziati o medici, in quanto in tutti i periodici, anche in quelli a carattere più strettamente scientifico, sono presenti recensioni di libri e notizie relative, per esempio, alla numismatica, all’architettura e all’archeologia.
Qualche mese prima delle “Philosophical Transactions” Denis De Sallo inizia a pubblicare il “Journal des Sçavans”, creato da Parigi. Nel primo numero il curatore indica quale scopo della rivista l’informazione su ciò che avviene nella Repubblica delle Lettere. Il “Journal” ospita soprattutto recensioni, ma dà anche informazioni di carattere scientifico su osservazioni astronomiche, strumenti scientifici e scoperte anatomiche. Per alcuni anni esso funge da organo ufficiale dell’Académie Royale des Sciences di Parigi, e il secondo curatore, l’abbé Jean Gallois, è anche segretario dell’Académie.
Ad Amsterdam escono, a partire dal 1684, le “Nouvelles de la République des lettres”, a cura di Pierre Bayle, che pubblicano recensioni di opere filosofiche, scientifiche, storiche e letterarie. Non mancano resoconti di viaggi, memorie scientifiche e notizie sulle attività delle accademie.
Dal 1668 al 1681 esce a Roma “Il Giornale de’ Letterati”, curato da Francesco Nazzari con il sostegno di Michelangelo Ricci, matematico e futuro cardinale. “Il Giornale”, che tratta di molteplici argomenti, contribuisce alla circolazione di notizie sulla scienza europea, anche con la traduzione di articoli comparsi nel “Journal des Sçavans”.
La presenza di temi scientifici in opere letterarie non è certo una novità dell’epoca moderna, ma tra Cinquecento e Seicento i legami tra scienza e letteratura si fanno più stretti. Possiamo tracciarne gli sviluppi a partire dal tardo Quattrocento con i poemi scientifici del Pontano e poi col fiorire della poesia scientifica nella Francia del Cinquecento. Tra i poeti che si radunarono intorno a Pierre de Ronsard dandosi il nome di “La Pléiade” sono frequenti i riferimenti a tematiche cosmologiche e di carattere naturalistico. Pontus de Tyard, uno dei poeti della Pléiade, mostra vivo interesse per la teoria copernicana.
In Inghilterra John Donne studia l’astronomia e conosce le opere di Keplero. Nel suo scritto satirico contro i Gesuiti Il conclave di Ignazio (1611) cita Galileo, e nel poema dal titolo Anatomia del mondo (1611) esprime lo smarrimento dell’uomo di fronte alla fine dell’universo geocentrico e al declino della fisica aristotelica con versi che vale la pena citare in italiano: “La nuova filosofia mette tutto in dubbio / l’elemento Fuoco è affatto estinto / il Sole è perduto e la Terra pure; e nessun ingegno umano / può indicare all’uomo dove andarli a cercare. / Spontaneamente gli uomini confessano / che questo mondo è finito, / dato che nei pianeti e nel firmamento / essi scorgono tante novità. E vedono che il mondo / è di nuovo sbriciolato nei suoi atomi. / Tutto va in pezzi, ogni coerenza è scomparsa”.
John Milton, poeta e saggista, che aveva visitato Galileo ad Arcetri durante il suo soggiorno in Italia, accenna allo scienziato italiano nel suo poema Paradiso perduto (1667) e nello stesso poema descrive un universo infinito, popolato da infiniti mondi. Anche Milton riflette sulle conseguenze di un cosmo in cui la Terra non occupa più una posizione centrale. Nel canto VIII del Paradiso perduto, Adamo confessa all’arcangelo Raffaele di avere qualche dubbio sulla centralità della Terra: questa è solo un atomo a confronto con la vastità del creato.
Filosofo, scrittore e drammaturgo, Cyrano de Bergerac è autore di due romanzi fantastici: L’altro mondo o gli stati e imperi della luna (1657) e Gli stati e imperi del sole (1662), in cui il viaggio immaginario costituisce il pretesto per sostenere ardite teorie sull’eternità e infinità dell’universo, la pluralità dei mondi, la struttura atomistica della materia.
Dopo aver composto opere teatrali, Bernard le Bovier de Fontenelle, segretario perpetuo dell’Académie Royale des Sciences, scrive l’opera che lo renderà famoso in Europa, le Conversazioni sulla pluralità dei mondi (Entretiens sur la pluralité des mondes). Pubblicata per la prima volta nel 1686, l’opera conta ben 33 edizioni alla morte dell’autore. A partire dalla quarta edizione, le Conversazioni sono divise in sei serate e riportano i dialoghi tra un uomo di scienza e una marchesa che mostra vivo interesse per le novità in campo astronomico. Il suo interlocutore spiega alla marchesa le nuove concezioni cosmologiche, l’eliocentrismo, le scoperte di Galileo, la teoria cartesiana dei vortici. La scelta di una donna come personaggio delle conversazioni mostra l’intento dell’autore di dare diffusione alle nuove concezioni cosmologiche tra un pubblico di non specialisti, ma colto, facendo uso di uno stile elegante e insieme semplice e diretto.