Per capire le due anime del secolo XVIII occorre chiarire la differenza tra due termini come “illuministi” e “illuminati”. Quello che gli italiani chiamano “Illuminismo” (e talora più propriamente “filosofia o epoca dei Lumi”) è detto in francese philosophie des lumières, in inglese Enlightenment, in tedesco Aufklärung. Ma in queste lingue termini simili al nostro Illuminismo si riferiscono invece a quelle correnti o a quegli autori che in italiano sono piuttosto definiti come “illuminati” (illuminés in francese, enlightened in inglese, Schwärmer – nel senso di “entusiasti” – in tedesco, dove gli Illuminaten sono una setta particolare.
La filosofia dei Lumi è una filosofia del progresso che parte da una critica alla tradizione e sostiene che, basandoci sulla retta ragione, possiamo distruggere antiche superstizioni. Il pensiero degli illuminati è invece un pensiero della tradizione. Secondo questo pensiero – anche nelle sue versioni odierne – esisteva alle origini del mondo, nelle antiche civiltà, una conoscenza piena e assoluta dei grandi misteri dell’universo, che si esprimeva per simboli ormai indecifrabili; ma questa saggezza originaria è stata progressivamente perduta. La conoscenza consiste in una reintegrazione, in una riconquista di queste verità “sapienziali” smarrite, in un’opposizione alla degradazione della cultura moderna (di cui l’epoca dei Lumi sarebbe l’esito più disastroso). Per ritrovare questa sapienza perduta l’uomo deve tornare alle antiche mitologie, alla sapienza degli egizi o dei druidi delle Gallie, alla tradizione gnostica, all’alchimia, alla magia teurgica, alla cabala ebraica. Solo la tradizione conserva la memoria del sapere segreto degli inizi, che si può riscoprire solo attraverso una iniziazione.
Sarebbe affrettato interpretare queste posizioni in termini contemporanei di “sinistra” e di “destra”, o di pensiero rivoluzionario e reazionario. Certamente il culto della tradizione ha nutrito il pensiero legittimista e antirivoluzionario del XIX secolo, ma nel XVIII secolo le due concezioni si sono fittamente intrecciate: molti grandi pensatori sono stati attratti da entrambe le correnti (un esempio tipico è Goethe), molti “illuminati” hanno preso parte al fermento rivoluzionario di fine secolo, mentre alcune concezioni illuministiche hanno poi dato origine a tendenze politiche e filosofiche che oggi definiremmo “conservatrici” (così come sono stati politicamente conservatori i libertini seicenteschi, che hanno influenzato molti pensatori dell’epoca dei Lumi).
L’intrico tra illuministi e illuminati emerge con molta evidenza nella storia della massoneria, che nasce in forma esplicita e ufficiale proprio nel XVIII secolo.
Le origini, la nascita e lo stesso sviluppo della massoneria sono difficili da ricostruire. Anzitutto, gran parte di questa storia si svolge sotto l’insegna del segreto, in varie forme (anche se non tutte le logge massoniche hanno agito come società segrete). In secondo luogo, ogni obbedienza massonica ha cercato di legittimare la propria antichità sulla base di leggende o di voci tradizionali, e ogni voce o notizia che sia per definizione tradizionale non si basa su documenti di cui si possa controllare l’autenticità. In terzo luogo, la massoneria, in quanto nasce sotto forma di logge, ovvero di libere associazioni che si costituiscono spontaneamente, è sin dalle origini fondamentalmente anarchica, priva di una organizzazione centralizzata.
Anche quando certe logge madri – come la Grand Lodge di Londra o più tardi il Grand Orient de France, o la Grosse Grand Loge der Freimauerer in Germania – tentano di imporsi come centro di legittimazione di una pleiade di organizzazioni che fioriscono senza alcun controllo, la massoneria rimane un arcipelago di “obbedienze”, nate da successive scissioni, alle quali si mescolano in modo spesso inestricabile associazioni “paramassoniche” più o meno segrete. Infine, molte delle fonti di cui lo storico dispone sono state prodotte all’interno di una data obbedienza, di cui tendono a magnificare il ruolo e l’antichità rispetto alle obbedienze rivali, con scarso rispetto per la realtà storica.
Il termine “loggia” nasce dal nome di quelle costruzioni (lodge, loge, Bauhütte) che i muratori delle cattedrali addossavano alla costruzione maggiore come laboratorio o alloggio. Questi maestri muratori (che si definivano come franchi muratori, franc-maçons, free-masons, Freimauer, e cioè artigiani liberi) costituivano delle corporazioni molto organizzate e rispettate, i cui membri condividevano alcuni segreti di mestiere, difesi gelosamente. Confraternite di tal genere, nate dall’esercizio di diverse arti, esistevano sin dall’antichità più remota, e molte corporazioni muratorie, dal medioevo in avanti, asserivano di discendere direttamente dai costruttori del tempio di Salomone.
Queste confraternite erano di carattere “operativo”: segreti e finalità erano di carattere pratico, professionale. Ma nei loro ordinamenti e rituali si erano da tempo inseriti elementi “speculativi”, di tipo etico o religioso, come regole di buona e virtuosa condotta, e nozioni più o meno mitiche circa le origini dell’associazione. Per esempio era vivo da gran tempo il mito di Hiram, l’architetto del tempio di Salomone, che era stato misteriosamente assassinato da compagni disonesti che volevano strappargli segreti che non avevano il diritto di conoscere.
La mistica del tempio attraversava da secoli la cultura ebraica e cristiana: il tempio biblico era visto come costruzione perfetta che, attraverso le sue proporzioni matematiche, esprimeva verità mistiche. La mistica del tempio si univa così alla tradizionale mistica pitagorica, di origine egizia e greca (ma poi confluita nella tradizione numerologica ebraica, e passata dal cabalismo ebraico a quello cristiano nel XVI secolo) fondata su una complessa simbologia del numero. Non si può definire con esattezza da quando molte corporazioni artigiane avessero deciso di accogliere anche membri “accettati” (onorari), vale a dire persone estranee al mestiere, di solito di buona condizione sociale, più sensibili all’aspetto speculativo della confraternita, e cioè ai suoi principi etici, di fratellanza e benevolenza, e al fascino della loro immemoriale tradizione. Questa pratica era già in vigore nella Scozia del XVI e XVII secolo, dove le logge erano state influenzate dalla spiritualità rosacruciana.
Quella dei Rosacroce era una mitica società per la fratellanza universale, la concordia religiosa e la ricerca di rivelazioni occulte la cui esistenza era stata rivelata all’inizio del secolo XVII da due libelli, la Fama e la Confessio, dei quali non si era mai riuscito a individuare gli autori.
Benché non si fosse potuta comprovare l’esistenza della setta (che si dichiarava segreta e definiva come invisibili i propri membri), molti personaggi del XVII secolo (come Cartesio e Leibniz) avevano cercato di incontrare questi adepti o di sapere qualcosa di più preciso su di essi. Anche a Londra, agli inizi del XVIII secolo, si trovano logge di liberi muratori diventate sede di gentiluomini (gentlemen, non necessariamente nobili, ma anche artisti, finanzieri o medici) che trasformano le vecchie corporazioni artigiane (operative) in luoghi d’incontro, discussione ed elaborazione di temi speculativi. Questa massoneria londinese non pare interessata a dottrine occultistiche quanto piuttosto a questioni scientifiche, a progetti educativi e assistenziali, alla coltivazione di virtù civili. Infatti, troviamo tra i suoi primi animatori John Theophilus Désarguliers, divulgatore della scienza newtoniana.
Nel 1717, infatti, quattro logge londinesi – con “loggia” si intende una libera associazione costituitasi spontaneamente – si costituiscono come organizzazione unificata, o Grand Lodge, di cui un pastore protestante, James Anderson, stende delle Costituzioni, pubblicate nel 1723.
La prima parte di tali costituzioni (basata su tradizioni muratorie precedenti) ricostruisce la preistoria della massoneria: il primo massone è stato Adamo, che aveva iscritte nel cuore le leggi di quella geometria sulla base della quale il mondo era stato creato dal grande architetto dell’universo.
Questo sapere si trasmette ai grandi patriarchi biblici, come Noè e i costruttori della torre di Babele, sino ai costruttori del tempio; ma passa anche ai costruttori delle piramidi egizie, e alle altre civiltà medio-orientali e mediterranee, a Pitagora, Tolomeo, Archimede, ai latini (Augusto è presentato come il primo gran maestro della loggia di Roma), e poi ai popoli del nord, e in particolare alle isole britanniche (per non dire dei grandi artisti del Rinascimento, come Michelangelo o Raffaello).
In questa genealogia appaiono anche gli ordini cavallereschi medievali. Nella seconda parte delle Costituzioni di Anderson si trovano i regolamenti, che si aprono con una dichiarazione circa la “filosofia” massonica.
Queste prime costituzioni si ispirano a principi generici di fraternità e tolleranza, specie in materia di religione, dove quel che viene richiesto all’adepto è un generico deismo. Questa flessibilità filosofica e religiosa spiega il successo delle logge inglesi che subito esibiscono una caratteristica che sarà comune al movimento massonico in ogni sua forma: persone di diversa estrazione sociale, dagli aristocratici alla nobiltà di toga e ai borghesi, trovano un luogo di incontro, dove si sentono uguali nell’accettazione di regole e rituali collettivi, indipendenti dalle confessioni religiose. E questa caratteristica rimarrà costante nelle obbedienze anglosassoni, dove è tipico il rapporto ufficiale con il potere (sin dagli inizi, con membri della casa reale), l’intenzione umanitaria e la tolleranza (o indifferenza) in materia di divisioni ideologiche. La segretezza riguarda al massimo il rituale, gli aspetti apparentemente ermetici della simbologia (squadra, compasso e altri strumenti dell’arte) e i segnali di mutuo riconoscimento.
Lo stesso spirito universalistico e umanitario ispirerà l’adesione alla massoneria di pensatori e artisti quali Montesquieu, Lessing, Herder, Fichte, Mozart, Goethe, Alfieri o Filangieri. Dello stesso stampo sarà l’ispirazione massonica di molti padri della Rivoluzione americana (e si consideri che liberi muratori saranno in grande maggioranza i firmatari della Dichiarazione d’indipendenza del 1776).
Anche se dopo il 1717 nascono ufficialmente anche in Scozia logge speculative che si ispirano al modello londinese, esse se ne distinguono per un attaccamento al cattolicesimo e alla casa degli Stuart. D’altra parte nella stessa Inghilterra si era profilata ben presto un’opposizione tra i cosiddetti moderni e gli antichi. Era in fondo una controversia tra la massoneria “laica” delle prime Costituzioni di Anderson e logge ancora legate a più espliciti principi cristiani. Questa opposizione darà esito nelle isole britanniche solo a successive oscillazioni tra affermazioni deiste e cauti ritorni a un teismo più tradizionale, ma senza produrre drammatiche fratture. Tuttavia, essa sta alla base di quello che sarà lo “scozzesismo”, che, contrariamente a quello che il nome lascia immaginare, è un fenomeno eminentemente francese e tedesco.
Nel 1737 nasce una Grande Loge de France, di ispirazione scozzese, di cui è primo gran maestro il duca di Antin. Ma il vero e proprio “scozzesismo” nasce con il Discorso (1736-1738) del cavaliere Andrew Michael Ramsay, un nobile scozzese che in Francia, sotto l’influenza dei gesuiti e di Fénelon, diventa cattolico. Ramsay afferma nel suo Discorso che la massoneria nasce in Terrasanta all’epoca delle crociate, inserendo così nella tradizione massonica i germi di quello che diverrà poi il mito templare.
I templari erano un ordine cavalleresco nato nel XII secolo, dopo la prima crociata, per difendere i luoghi sacri. Insediatisi a Gerusalemme, laddove un tempo sorgeva il tempio di Salomone, essi avevano contribuito a rafforzare la mistica del tempio. Costruttori di castelli in Terrasanta e di chiese e sedi fortificate in Europa, avevano avuto senz’altro contatto con le corporazioni muratorie dell’epoca.
L’ordine dei templari, dopo che aveva dovuto abbandonare la Palestina, era diventato potentissimo in tutta Europa e, entrato in conflitto col re di Francia Filippo IV il Bello, era stato violentemente soppresso: accusati di eresia e di pratiche immorali, i cavalieri erano stati imprigionati e torturati e, alla fine di un lungo processo, nel 1314, il gran maestro Jacques de Molay era stato arso sul rogo a Parigi.
Siccome in altri paesi, come nelle isole britanniche e in Portogallo, lo smantellamento dell’ordine non era stato cruento, era nato, specialmente in Scozia, il mito di una sopravvivenza segreta dei cavalieri del Tempio, riuniti in una organizzazione clandestina intesa a vendicare il supplizio di Jacques de Molay. Questa leggenda stava ora per confluire in quella di una muratoria segreta che doveva vendicare, sia pure simbolicamente, l’assassinio di Hiram, il mitico architetto del tempio di Salomone.
La rivendicazione della tradizione cavalleresca a opera di Ramsay apre nella storia della massoneria quella che sarà conosciuta come la vicenda degli alti gradi.
Nella massoneria inglese erano entrati in vigore tre gradi, quello di apprendista, compagno e maestro. A mano a mano che in Francia fioriscono le logge d’ispirazione scozzese, si moltiplicano invece i gradi. È difficile seguire questo processo di moltiplicazione: ad esempio nel 1743 viene istituito a Lione il grado di cavaliere Kadosh, che ha il compito di vendicare il martirio dei templari, ma già all’inizio del XIX secolo (1801) il Supremo Consiglio di Charleston eleverà a 33 i gradi del rito scozzese antico e accettato.
Se un’organizzazione a tre gradi, che praticamente distingueva i membri più anziani dai neofiti, era una società di uguali, fondamentalmente in possesso delle stesse conoscenze, una gerarchia a molteplici gradi implica una gerarchia aristocratica, di stampo neocavalleresco, in cui ogni grado rappresenta un successivo livello di iniziazione a conoscenze segrete. Queste conoscenze non possono che essere attinte al grande repertorio tradizionale, tra cui le dottrine ermetiche e occulte, la gnosi, l’alchimia, la cabala, la magia operativa, ecc. D’altro canto, siccome la conoscenza di dottrine segrete non può essere materia di controllo collettivo, la massoneria degli alti gradi incoraggia la circolazione e il successo di avventurieri, esaltati o mestatori, come di fatto è storicamente avvenuto. La massoneria, sorta all’insegna della razionalità illuministica, diventa territorio privilegiato per “illuminati” di diverse provenienze.
Questo processo riguarda anche alcune logge che, nate come “moderne”, mutano di vocazione a causa di infiltrazioni varie. Un esempio tipico è la loggia delle Neuf Soeurs. Essa è fondata nel 1776 dall’astronomo Jérôme Lalande, razionalista e ateo dichiarato, e vi vengono iniziati Voltaire e Franklin, Cabanis e il dottor Guillotin. La filosofia della loggia è lontana da qualsiasi tentazione occulta, né vi vige un regime di alti gradi. Al contrario, essa entra in conflitto con lo stesso Grand Orient a causa del suo anticlericalismo, tanto che nel 1779 Franklin deve impegnare il proprio prestigio per salvarla, trasformandola da cenacolo di miscredenti a centro di interessi culturali e scientifici.
Ma nel 1783 diventa gran maestro il conte di Milly, appassionato di alchimia a tal punto che, ricercando la pietra filosofale e l’elisir di lunga vita, muore intossicato dai propri esperimenti. La sua scomparsa viene celebrata con una cerimonia in cui prevalgono accenti di religiosità mistica.
Che il fenomeno dello scozzesismo preoccupasse le logge “moderne” è documentato da vari tentativi vuoi di riorganizzazione vuoi di esclusione che si svolgono per tutto il secolo. Da un lato la Grand Lodge di Londra si distingue energicamente dalle logge scozzesi, dall’altro nel 1773 nasce il Grand Orient de France, di orientamento laico (e che nel secolo successivo accentuerà le proprie posizioni anticlericali), che tenta di unificare tutte le logge; senza successo, perché rimarrà indipendente la Grande Lodge de France, di rito scozzese.
D’altra parte, a complicare il panorama, interverranno alcuni fatti e alcune voci ricorrenti. Da un lato, sin dal 1738, con la bolla In eminenti di Clemente XII, la Chiesa condanna la massoneria; dall’altro si diffonde il sospetto che la massoneria scozzese altro non sia che una emanazione dei gesuiti.
Sul finire del XVIII secolo, in vari ambienti massonici e paramassonici (come ad esempio quello degli illuminati di Baviera) si diffonde la voce di un complotto gesuitico e di un ordine segreto che la Compagnia di Gesù (soppressa da Clemente XIV nel 1773) avrebbe costituito per ristabilire un controllo clericale sulla cultura dell’Illuminismo. Nel 1785 Victor Riqueti de Mirabeau scrive una lettera a Cagliostro e a Johann Caspar Lavater in cui insinua che dietro alla massoneria egizia vi siano i gesuiti.
Quest’idea torna anche in un altro libello, dovuto a Nicolas de Bonneville, I Gesuiti cacciati dalla massoneria e il loro pugnale spezzato dai frammassoni, del 1788. Ma gradatamente la storia del complotto gesuitico si trasforma nel proprio opposto e nasce la storia del complotto massonico.
Nel 1789 appare Saggi sulla setta degli illuminati di Jean Pierre-Louis La Roche du Maine, marchese di Luchet, legato a Mirabeau. L’opera fa inizialmente professione di rispetto verso la massoneria, dirigendo le proprie accuse solo contro gli illuminati di Baviera, ma in effetti la denuncia coinvolge buona parte delle logge affini alla Stretta Osservanza. L’atto d’accusa continua per varie pagine, e la descrizione può volta a volta adattarsi agli illuminati di Baviera, o alle logge scozzesi. In effetti essa risente sia dei pregiudizi dell’autore che della confusione che si è effettivamente formata nell’arcipelago massonico. Accusatore e accusati esibiscono tutti un radicale e inguaribile dilettantismo.
Dopo la Rivoluzione francese l’abate Augustin Barruel (ex gesuita con trascorsi massonici), pubblica – tra 1797 e 1798 – i suoi Memorie per servire alla storia del giacobinismo: è una ricostruzione delle cause occulte e remote della Rivoluzione francese. Benché salvi la massoneria inglese e si soffermi per la maggior parte dell’opera sugli illuminati bavaresi, Barruel allarga tuttavia l’ambito della sua accusa. Egli sostiene che, dopo il rogo di Jacques de Molay, i templari si erano trasformati in società segreta per distruggere la monarchia e il papato e creare una repubblica mondiale. Nel XVIII secolo essi si sono impadroniti della neonata massoneria e hanno creato una sorta di accademia segreta a cui hanno aderito tutti i futuri padri della Rivoluzione francese e molti illustri illuministi. Secondo Barruel da questo cenacolo hanno preso origine i giacobini, i rappresentanti dell’ala più intransigente e radicale del movimento di rivolta sotto la guida di Robespierre. Ma gli stessi giacobini erano controllati e guidati segretamente dagli illuminati di Baviera. La Rivoluzione francese è stata l’effetto di questo complotto.
Più tardi, all’inizio del secolo successivo, altri aggiungeranno all’affresco di Barruel gli ebrei, visti come ispiratori della stessa massoneria. Da questa teoria del complotto prenderanno origine, da un lato, tutta una serie di opere reazionarie e legittimiste, dall’altro, un filone di scritti che porterà alla produzione apocrifa dei Protocolli dei savi anziani di Sion, libro sacro dell’antisemitismo (nazista e non) del Novecento.
Barruel parte dall’idea, non errata, che la cultura massonica abbia contribuito alla formazione dello spirito rivoluzionario, anche se in verità vi furono più massoni tra i girondini (anch’essi rappresentanti del partito rivoluzionario, ma con esponenti che fanno per lo più parte della borghesia provinciale dei grandi porti costieri) che tra i giacobini (Robespierre non fu massone).
Ma, mettendo insieme sia idee e posizioni politiche dei filosofi dei Lumi sia idee e atteggiamenti della massoneria tradizionalista e occultista, attraverso il collante degli illuminati di Baviera, l’affresco di Barruel riflette la confusione stessa e il gioco di specchi che l’intrico delle varie obbedienze ha creato, talora agli occhi dei suoi stessi adepti.
Quello che tuttavia Barruel percepisce è che la massoneria settecentesca, anche nei suoi aspetti più dilettantistici, ha instaurato nuove forme di rapporto tra i rappresentanti delle classi dominanti ed emergenti, ha contribuito alla formazione di un’opinione pubblica attiva e polemica, e ha espresso l’esigenza di forme di religiosità alternative. In tal modo ha indubbiamente collaborato a mettere in crisi i due pilastri dell’ ancien régime: trono e altare.