3. Wilhelm Dilthey e lo storicismo tedesco

di Giuseppe Cacciatore

3.1 Tra kantismo e storicismo

Il rappresentante più significativo dello storicismo tedesco contemporaneo è indubbiamente Wilhelm Dilthey (1833-1911), che dopo aver studiato a Heidelberg e Berlino (dove ebbe come maestri Savigny, Boeckh e Ranke) e dopo l’abilitazione ottenuta nel 1867 con un saggio sull’analisi della coscienza morale, insegnò a Basilea, Kiel e Breslavia e concluse la sua carriera a Berlino. La vicinanza di Dilthey ai temi della filosofia kantiana (criticismo e fenomenalismo) appare evidente a partire dal suo esplicito tentativo di fondare una critica della ragione storica (si veda in proposito la sua Critica della ragione storica che raccoglie testi scritti tra il 1905-1911). Si trattava, per Dilthey, di ampliare l’obiettivo gnoseologico ed etico-filosofico delle Critiche kantiane, spostandolo dall’ambito della mera deduzione trascendentale dei principi naturali e morali al terreno della conoscenza del mondo spirituale (fatto di singole individualità, ma anche di organizzazioni politico-sociali e di sistemi di cultura) e dell’individuazione delle modalità e dei limiti di costituzione e interpretazione del mondo storico-sociale.

Origini e significati dello storicismo

Il nome e l’opera di Wilhelm Dilthey sono spesso associati alla genesi e agli sviluppi dello storicismo tedesco contemporaneo (Historismus). Di storicismo in generale si può parlare almeno a partire da quella particolare congiuntura storico-culturale nella quale, tra la fine del secolo XVIII e gli inizi del XIX, si delinea e si consolida l’idea di coscienza storica come uno dei tratti costitutivi della cultura occidentale e, ancor più, come uno degli elementi che concorrono alla determinazione del sapere storico in una sua autonoma configurazione scientifica e disciplinare. In questo senso, la storia del concetto e la storia della parola non sempre coincidono, nel senso che è possibile delineare una teoria e una storia dello storicismo, prima che la parola venga codificata nel linguaggio, tanto scientifico quanto quotidiano.

Due varianti dello storicismo

Anche se esistono molteplici varianti dello storicismo, se ne possono però distinguere due fondamentali concezioni. Da un lato, esso è stato inteso come un principio di generale rappresentazione filosofica della realtà storica; dall’altro lato, esso si è caratterizzato in una stretta connessione con il processo di autonomizzazione metodologica e scientifica della conoscenza storica (e, in generale, delle cosiddette scienze dello spirito) e ha tentato di sostituire al principio logico costitutivo della realtà quello storico-reale dell’individualità e delle sue forme di oggettivazione. I due momenti più rappresentativi di questi filoni dello storicismo potrebbero essere indicati nello storicismo assoluto di Benedetto Croce e in quello critico di Wilhelm Dilthey.

Lo storicismo tedesco

È a questa seconda variante che, in modo particolare, vanno ricondotti gli autori e gli orientamenti dello storicismo tedesco contemporaneo. Le prime consapevoli formulazioni di esso sono rinvenibili in Johann Gottfried Herder, il quale elabora un’idea di filosofia della storia come il compiersi graduale di un progresso dell’umanità secondo un disegno provvidenziale. Ma è indubbiamente con Wilhelm von Humboldt che può individuarsi una prima consapevole teoria dello storicismo, in una direzione che si allontana dal modello hegeliano. Muovendo infatti da una critica alle costruzioni aprioristiche della storia universale, Humboldt ritiene che soltanto attraverso la determinazione empirica delle forme dell’evoluzione storica si possa giungere a una concezione della storia attraverso la comprensione ermeneutica e filologica dei suoi prodotti, a partire da quelli fondamentali del linguaggio. Humboldt può in tal modo esser considerato l’iniziatore di quel percorso dello storicismo tedesco che, attenendosi principalmente all’eredità del criticismo kantiano, sottolinea il ruolo dell’individualità nella storia. L’individualità, così dei singoli individui come delle epoche storiche e delle espressioni della cultura, della religione e della politica, si colloca alla base del processo di comprensione storico-ermeneutica dell’alterità, non solo del Sé e del Noi, ma dell’Altro e del Mondo.

Una tappa fondamentale nel percorso di fondazione teorica dello storicismo tedesco contemporaneo è costituita da Johann Gustav Droysen e dalla sua fondamentale opera teorica e metodologica Istorica (Historik). L’ampliamento della prospettiva critica kantiana nel senso della definizione delle condizioni di possibilità della conoscenza storica significa – nella prospettiva di Droysen – la definitiva separazione della scienza storica da ogni filosofia e teologia della storia. Sviluppando le premesse della teoria storicistica dell’individualità avviata da Humboldt, Droysen teorizza l’ormai avvenuto passaggio dal soggetto della ragione pura al soggetto storico-empirico, che non è più solo sede della rappresentazione concettuale, ma anche di tutto ciò che si dà nella totalità delle manifestazioni individuali. Questo spiega, da un lato, la centralità che nella teoria droyseniana della scienza storica assume il “comprendere” (Verstehen) e, dall’altro, il carattere essenzialmente etico dello storicismo.

G.C.

L’obiettivo della teoria delle scienze dello spirito è volto, grazie alla connessione strutturale (Strukturzusammenhang) tra esperienza vissuta (Erlebnis), espressione (Ausdruck) e comprensione (Verstehen), ad avviare un reale processo di comprensione dell’esperienza storica della vita individuale nelle sue relazioni con le altre individualità e con il complesso dei fenomeni storico-sociali e di articolarlo nell’insieme delle scienze dello spirito, scopo e oggetto dell’opera Introduzione alle scienze dello spirito del 1883. Viene così introdotta la distinzione tra scienze della natura e scienze dello spirito, tesa a mostrare l’eterogeneità innanzitutto gnoseologica tra il mondo della natura e quello storico-culturale, tra l’esperienza del mondo fisico-naturale e quella del mondo interiore dell’uomo: la prima, infatti, ha come oggetto elementi del mondo esterno all’uomo che hanno carattere ripetitivo e generico, mentre la seconda si riferisce all’esperienza individuale e irripetibile del mondo umano. Questo presupposto comporta di conseguenza l’adozione di una differente metodologia da parte delle scienze che si riferiscono ai due ambiti: quelle della natura sono volte a “spiegare”, secondo il modello causale, gli avvenimenti, quelle storiche o dello spirito a “comprendere” i fenomeni del mondo umano.

L’intero l’impianto storico e filosofico della Introduzione alle scienze dello spirito è finalizzato a una critica radicale della metafisica, soprattutto nel secondo tomo: dal pensiero mitico antico alla nascita della scienza in Europa, dalle metafisiche platonica, aristotelica e stoica alla metafisica religiosa del cristianesimo, fino al “dissolversi dell’atteggiamento metafisico dell’uomo di fronte alla realtà effettuale” (Introduzione alle scienze dello spirito, 1883). La definitiva fuoriuscita dalle pretese metafisiche della ragione astratta dell’idealismo o del metodo naturalistico del positivismo, è resa possibile dalla fondazione prima gnoseologica e poi psicologica delle scienze dello spirito, come Dilthey spiega nel testo del 1894 dal titolo Idee per una psicologia descrittiva ed analitica. Così, connessione psichica e connessione storica concorrono entrambe alla formazione di una più generale connessione che è quella dell’uomo intero, fatto di pensiero, volontà e sentimento.

TESTO

T2: Wilhelm Dilthey, L’uomo storico

3.2 Lo storicismo come filosofia della vita

Muovendo da tali premesse, lo storicismo trova, grazie a Dilthey, un suo definitivo ancoraggio non più nelle filosofie metafisiche della storia (tanto nella versione della filosofia della storia idealistica alla Hegel quanto nella sociologia positivistica alla Comte), ma in una filosofia della vita (Lebensphilosophie). Ma il concetto diltheyano di vita (Leben) non è certo da intendere nel senso dell’intuizionismo immediato o dell’irrazionalismo. Tutte le manifestazioni della vita e, dunque, la coscienza metafisica, il bisogno di universalità che si esprime in ogni intuizione del mondo (Weltanschauung), e anche l’impenetrabile mistero che si cela dietro la vita stessa, appartengono al processo della storia e trovano la loro limitazione nell’orizzonte della temporalità. Tutto ciò che si presenta nell’esperienza e nelle forme della sua comprensione è la vita “come connessione che abbraccia l’intero genere umano” (Critica della ragione storica, 1905-1911). La vita non è, allora, una essenza ontologica. Essa si presenta “come un fatto proprio del genere umano”. In tal modo l’originario punto di vista individuale si amplia all’insieme delle oggettivazioni della vita, a tutto il complesso dell’esperienza generale della vita. “Con questa io intendo i principi che si formano in qualsiasi ambito di persone in rapporto reciproco e che sono a esse comuni. Si tratta di asserzioni sul corso della vita, di giudizi di valore, di regole della condotta della vita, di determinazioni di scopi e di beni: il loro contrassegno sta nel fatto che esse sono creazioni della vita collettiva, le quali riguardano tanto la vita dell’uomo singolo quanto la vita delle comunità” (Critica della ragione storica).

3.3 Il senso della filosofia

ESERCIZIO

E7: Dilthey e lo storicismo tedesco

Negli ultimi anni di vita Dilthey affronta il tema del senso e della funzione della filosofia che, se da un lato, non può prescindere dalla coscienza della propria temporalità e storicità, dall’altro, non deve sfociare in una forma di relativismo scettico, e per questo si affida alla formulazione di una filosofia della filosofia capace di tenere insieme nelle diverse Weltanschauungen la base storica e la struttura universale del pensiero (L’essenza della filosofia 1907).

In definitiva, lo storicismo di Dilthey può essere definito critico e antimetafisico, proprio perché si caratterizza per la sempre aperta dialettica tra vita e forme della sua comprensione. L’esperienza storica (e la conoscenza che di essa tenta di avere lo storico) si risolve sempre e soltanto nei suoi processi e non certo in astratti principi che aspirano a una astratta validità universale. “Lo storico – afferma Dilthey – non può rinunciare al tentativo di intendere la storia in base a se stessa, sul fondamento dell’analisi delle varie connessioni dinamiche” (Critica della ragione storica). Così lo storicismo, mentre ha perso ogni connotato ontologico e metafisico, non si risolve in pura narrazione storica, né esaurisce il suo compito nella metodologia delle scienze umane. Esso è sempre più consapevole fondazione della scienza critica della vita, che si fonda su stessa e sulle sue determinazioni temporali.

3.4 Aspetti dello storicismo

ESERCIZIO

E6: Dilthey e lo storicismo tedesco

Si è spesso tracciata una linea di continuità tra le conclusioni dello storicismo di Dilthey e alcuni esiti delle filosofie relativistiche di autori del Novecento tedesco. Secondo Georg Simmel (1858-1918) storicismo significa che i valori di un’epoca sono forme puramente transitorie che si danno nell’ininterrotto fluire della vita. Per Oswald Spengler (1880-1936), autore del Tramonto dell’Occidente (1918-1922), i valori e le idee di un’epoca restano indissolubilmente legati alla nascita e al tramonto delle civiltà che li esprimono. La storia si risolve in una successione di civiltà regolate da una dialettica interna di nascita, crescita, maturazione, senescenza e morte, fasi che si muovono tra i due poli della Kultur (cioè il momento aurorale della nascita di una civiltà) e della Zivilisation (ovvero l’esaurirsi della sua carica vitale e l’inizio del tramonto).

Una parentela ancora più marcata è quella tra la teoria storicistica delle Weltanschauungen elaborata da Dilthey e il modello tipologico di Max Weber (1864-1920), fondato sul riconoscimento della pluralità dei valori.

È da ricordare, infine, che uno dei maggiori rappresentanti dello storicismo tedesco novecentesco, lo storico e filosofo Friedrich Meinecke (1862-1954), è stato autore di un famoso saggio, La genesi dello storicismo (1836), sulle origini e lo sviluppo dello storicismo, da Leibniz a Goethe, e sulla possibilità di fondare uno storicismo problematico, in grado cioè di tenere insieme la materialità dei processi storici e la natura intellettuale dei valori etici.

LETTURE

La sociologia