Barone Carolus von Tintenfisch

Aquisgrana, notte di Natale 1756, l’anno di nascita di Joannes Chrysostomus Wolfgangus Theophilus Mozart

Il barone von Tintenfisch fece il suo ingresso in sala nel silenzio sospeso degli astanti. Indossava una marsina sdrucita e si appoggiava a un bastone che si diceva celasse al suo interno una spada affilata e più dosi mortali di veleno. Dietro al barone camminava Firmus il Viaggiatore, il nuovo servitore del nobile, non c’era un solo membro del Plenum che si capacitasse di come Tintenfisch fosse riuscito a domare uno degli spiriti più coraggiosi e indipendenti del secolo e farne il suo servo. Con uomini come Firmus il denaro non serviva, per uomini come il Viaggiatore non c’era un prezzo, eppure, eccolo lì a reggere rotoli di pergamena, eccolo lì a porgere fazzoletti puliti e a intascare quelli sporchi, come un grosso orso ammaestrato a ballare la giga. Tintenfisch sorrideva senza scoprire i denti, si bisbigliava che non li avesse più, che li avesse persi a causa di una malattia terribile che, per un periodo, l’aveva reso cieco.

«La sua fortuna è il risultato di una sfortuna» spiegò sottovoce il marchese Koering al suo vicino di scranno.

«Cosa volete dire?»

«La cecità gli ha permesso di sviluppare un sesto senso, quell’uomo possiede l’olfatto di un cane, e la percezione dello spazio di un pipistrello» sussurrò Koering, «vi spiegherò meglio questa sera, in camera, ora non posso parlare, non mi fido, ha l’udito di una portinaia veneziana».

Tintenfisch sedette sullo scranno al centro della sala, scatarrò, sputò, si asciugò la bocca con il dorso della mano, estrasse dalla manica una tabacchiera, fece un paio di tiri, starnutì dentro un fazzoletto che, senza piegare, passò farcito del suo catarro al povero Firmus, e finalmente cominciò a parlare:

«Signori, il 175613 volge al termine, anno bisesto anno funesto, le altre profezie ormai si sono avverate, una sola resta, la più terribile».

Un mormorio si levò dagli scranni.

«E, per quanto le terme di Aquisgrana siano uno dei luoghi della Terra che prediligo, anche se le acque di queste sorgenti nutrono corpo e anima, non ho tempo da perdere, io sono qui per avere quanto mi è stato promesso, in caso contrario vi saluto, riverisco, e bacerei le vostre mani se non le sapessi avvelenate».

Il mormorio crebbe.

«Signori, sappiate che ogni singola parola voi stiate sussurrando io la intendo perfettamente. Voi, marchese Koering, portate i miei omaggi a Luigi e piantatela di spettegolare sulle doti della mia persona».

Koering abbassò la testa.

«Signori» continuò il barone, «nobili signori di tutta Europa, ambasciatori dei potenti della Terra, rassegnatevi, siete nelle mie mani, voglio l’oro, voglio le terre, vo-glio gli uomini e le donne che mi sono stati promessi e voglio un monastero dove i monaci passino la notte e il giorno a pregare per me solo, questo è quanto; sono stanco di aspettare, la prossima profezia della monachella, tutt’ora nelle mie mani, vi sarà comunicata a fronte dei documenti di proprietà, dei forzieri e di un esercito privato, mio, solo mio» Tintenfisch rovesciò gli occhi verso l’alto, «mio!»

«Barone…» tentò Koering.

«Tacete, Koering, non vedo forzieri, non vedo eserciti, non vedo vergini bionde e sovrappeso come ho richiesto, finché non vedo qualcosa io non ascolto né voi né il vostro re, ma ricordate l’ultima profezia della monaca…»

«Barone…» tentò Koering.

«Potenti della Terra tremate come tremerà la Terra sotto i vostri calzari, caro Koering, questo sarà un terremoto devastante…»

«Barone, ma quando?» tentò ancora Koering.

«È venuto» lo interruppe Tintenfisch, «è venuto il tempo del grande ravvedimento, potenti della Terra proverete l’angoscia del soldato che affronta la guerra che verrà, grande unica mai vista, Koering preparate le armate, perché questa sarà la guerra di tutti contro tutti e io vi aiuterò solo se soddisfatto, in caso contrario, Koering e voi signori sappiate: un puledro dorato galopperà pel mondo e il suono dei suoi zoccoli tonanti farà sorgere re e regine in moltitudine, tanti quanti sono i suoi figli, allora le vostre corone saranno recise dal capo, immaginate, signori, il vostro miglior servo vi si rivolgerà come il peggiore dei padroni, immaginate» cominciò a urlare il barone von Tintenfisch guardando ognuno negli occhi, «senza di me non potrete mai capire chi è il puledro e diventerete tutti servi dei vostri servi».

Von Tintenfisch si nutrì della visione d’orrore che aveva scatenato, guardò ancora ogni singolo membro dell’Ordo Mundi, e sputò in terra.

«Questo nostro 1756, anno di terremoti e guerre, potrebbe essere l’anno fatidico, possibile culla immonda del puledro dorato. La mia richiesta di ricchezze è motivata dal bisogno di passare all’azione, la Profezia sta per compiersi. Ho detto» stabilì, poi cercò con gli occhi gli occhi del suo servo e uscì claudicante, seguito da Firmus il Viaggiatore.

La paura afferrò le gole degli astanti. Nessuno osò fiatare, solo il marchese Koering, bassamente agito dalle sue artrosi, si alzò pragmatico dicendo:

«Fratelli, scusate la mia insolenza, ma sono costretto a lasciare questa nostra assemblea, i miei dolori articolari, sapete, non mi permettono di stare troppo a lungo seduto, tornerò domani per la votazione», poi si avviò lento verso la porta ma, prima di lasciare definitivamente la stanza, sostò qualche minuto nei pressi del conte Carolus Columna per sussurragli nell’orecchio:

«Ditemi dove io possa trovare il conte di Saint-Germain».

Fedora

Vivere in un’epoca interessante è una maledizione, dice un antico detto cinese. Ma non è il nostro caso, qui, adesso. Il momento è arrivato, la Profezia sta per compiersi: il primo impulso partirà da un server sull’isola di Taiwan, più precisamente da una suite dell’International Building in Keelung Road a Taipei. Sarà l’esplosione finale della guerra silenziosa fra Mammona e Lucifero. Abbiate fede, coinvolgerà tutti, anche voi che mi state leggendo. Ho un solo rimpianto, che quelli che mi hanno preceduta non siano qui, con me, adesso. Ah, con quanto gusto assaporerebbe Venanzio Rauzzini 14un’epoca come questa…