Versailles, 13 luglio 1758.
È da questa mattina, conte, che la mia insufficiente intelligenza femminile cerca di risolvere un enigma.
Alcuni informatori mi dicono che, all’ora undicesima del giorno di Saint Léobard, eravate intento a parlare di affari con il caro marchese di Bonnac nel suo palazzo a Parigi, mentre la stessa mattina e alla stessa ora, a Fontainebleau la vostra carrozza è passata accanto a quella della signora de la Tour e voi vi siete elegantemente scappellato di fronte alla sua bellezza; almeno così riferisce la de la Tour.
Ma ecco l’episodio davvero bizzarro: il giovine di Bellevue, di ritorno da Stoccolma, dove ha presenziato a una festa in onore dell’erede al trono di Svezia, vi dava intento a fare sfoggio del vostro sapere alchemico gasando una caraffa d’acqua per aiutare la digestione dell’ingordo Adolfo Federico e, stravagantissima combinazione, proprio la sera del giorno di Saint Léobard.
Datosi che Madame de la Tour, il conte di Bellevue e il marchese Bonnac non sono certo noti per una predisposizione alle bevande inebrianti e datosi che Fontainebleau dista tre ore di carrozza da Parigi e la medesima quasi venticinque giorni di viaggio tra terra e mare da Stoccolma, è da stamane che questa povera donna si arrovella senza trovare una risposta.
Conte di Saint-Germain, voi sapete quanto io vi stimi e vi creda in grado di qualsiasi impresa, anche se il nostro primo incontro risale soltanto a pochi mesi fa, il mio cuore e la mia mente sono al vostro servizio. Ma essere in Cielo in Terra e in ogni luogo mi risulta esclusiva peculiarità divina.
Per quanto voi abbiate proclamato l’Io sono Dio, e per quanto me lo sussurriate nell’orecchio tutte le volte che io, nuda, mi offro a voi à la lévrière, conte, questa volta, se volete udienza da Re Luigi, esigo una risposta e la esigo convincente, perché ricordatevi che se voi siete Dio, alla Corte di Francia Io sono Io.
Vostra devotissima
Jeanne Antoinette marchesa di Pompadour21