Per Franco tutto sembra procedere per il meglio: la collaborazione con Sassi e Albergoni ha dato buoni risultati, la sua immagine è ormai ben conosciuta e si può pensare a nuovi lavori. Tuttavia Franco – per l’ennesima volta – entra in crisi. Quell’immagine davvero lo rappresenta? Quel tipo di concerti esprime realmente il messaggio che vorrebbe dare al mondo? Ci sono troppa nevrosi e troppa paranoia, che stimolano nel pubblico una certa violenza, e a lui questo non sta bene: “Mi resi conto che quello che stava succedendo non mi piaceva affatto. Sentivo che la mia musica faceva da ponte, da detonatore, per l’energia di tutti noi: di chi la ascoltava e di chi la suonava. Man mano che il ritmo cresceva, ci scatenavamo tutti; ma era qualcosa di spaventosamente incontrollabile. Un giorno, dopo uno di quei concerti che finivano con atti di distruzione, di rabbia, di violenza, capii che non volevo continuare su quella strada. Sono momenti che ti cambiano. Tutto stava andando a gonfie vele in Italia: esibizioni incredibili, teatri sempre pieni, un vero successo. In un concerto, non ricordo bene dove, stavo facendo proprio quello che in gergo si dice ‘scena’ quando, in un momento in cui ero in aria con il microfono in una posa alla Mick Jagger, all’improvviso mi sono visto come in una fotografia. Non ho mai avuto più schifo di me come in quel momento. In quel momento mi sono proprio reso conto di che cosa voglia dire fingere, scimmiottare una cosa non tua. Non ero nemmeno io sul palco, stavo imitando chissà chi: una sublime ipocrisia”.1
La prima risposta a questo malessere si vede durante un’esibizione a Venezia: “Era pieno di ragazzi che erano venuti ad ascoltarmi; c’erano altri musicisti che dovevano esibirsi ma tutti aspettavano me. Ebbene: salii sul palco, cominciai con un lungo suono di synt e andai avanti così per cinque minuti. Il pubblico certo non avvertiva la piccola modulazione del suono e cominciò a fischiare fragorosamente, interrompendo sul nascere il concerto”.2
La crisi di Franco è profonda, il personaggio che gli è stato cucito addosso lo ha fatto sentire solo e ha amplificato un certo suo vuoto interiore: “Credevo quasi di aver trovato una mia dimensione di musicista, e soprattutto di individuo nei suoi rapporti col mondo. Ma poi è sopravvenuta una crisi, o meglio ‘la’ crisi, un’impossibilità di vivere, una totale incomprensione dei fenomeni che mi circondavano e della vita che si svolgeva attorno a me. Era in discussione la mia stessa percezione del mondo, la mia sopravvivenza fisica”.3
La scelta di Battiato è drastica: scioglie il gruppo e decide di proseguire da solo. Albergoni e Sassi fondano una loro etichetta discografica, la Cramps, e iniziano a pubblicare i dischi degli Area. Invece Battiato si ritrova nuovamente a ricominciare da capo: ha bisogno di delineare una nuova strada. Questo modo di fare sarà una costante nella sua vita artistica: in lui c’è il continuo bisogno di mettersi in discussione, di azzerare pratiche conosciute e di affrontare qualcosa di nuovo.
Nel frattempo arriva l’estate 1973, un periodo ricco di concerti e raduni musicali all’aperto. Franco partecipa ma non sono il suo ideale di comunicazione: c’è troppa ideologia politica, a volte contrastante, che rende il clima arrabbiato e poco sereno. “Suonavo ma guardavo da un’altra parte. Questo nessuno l’ha mai capito. Andavo lì perché erano gli unici posti dove mi permettevano di suonare; ma non è che mi piacesse. Volevo fare musica, non certo aggregazioni”.4 Nonostante questo, le occasioni per esibirsi sono numerose. A giugno partecipa al festival organizzato dal centro Re Nudo all’Alpe del Viceré (un altopiano del Triangolo Lariano, in provincia di Como) e al Be-In ideato dagli Osanna al Villaggio Kennedy di Napoli, con una jam session assieme a Danilo Rustici, Elio D’Anna e Tony Marcus. Su Ciao 2001 Fiorella Gentile, riferendosi al suono del sintetizzatore, lo ricorda così: “A volte efficace, altre fastidioso, in mezzo a tanta armonia, come un gesso sulla lavagna”.
Franco è presente anche a un raduno a Mestre e, nel mese di luglio, ad altri due, rispettivamente a Travagliato (BS) e a Civitanova Marche (MC). Viene invitato a suonare anche all’estero. Massara: “Per vie che non si conoscono, aveva incuriosito il mercato straniero. Soprattutto il mercato del Nord, come Svezia e Olanda, particolarmente aperto alle forme innovative di musica. Arrivarono così delle richieste di esibizione. Battiato ci andava da solo con il VCS3 e due tastiere. Andava nelle università, dove suonava e poi incontrava gli studenti”.5
Nonostante il periodo denso di opportunità, per Battiato è il momento di un’ulteriore crisi, così se ne va a New York per cercare nuovi stimoli. Ma le difficoltà non cessano: “Per un mese, tutti i giorni ho combattuto col suicidio. Di notte levitavo, diventando masse di colori; di giorno mi sentivo portare via. Mentre camminavo mi sentivo attratto come un piccolo ferro da una grande calamita, oppure mi sentivo spegnere, come se a un tratto mi togliessero i contatti o la corrente”. Franco supera anche questa: “Una notte ero sicuro (più del solito) di morire. Giunto al massimo, mi lasciai andare accettando tranquillamente l’idea della morte, quando all’improvviso cominciai a sentire un’energia inequivocabile che, partendo dalla testa, si stabilizzò presto su tutto il corpo, portandomi una serenità e una gioia che non immaginavo neanche potessero esistere”.
Tornato in Italia, Battiato riesce a dare una forma alle proprie sensazioni. Quel suo lasciarsi andare assomiglia moltissimo a quando, suonando il sintetizzatore, si lascia trasportare e tutti i pensieri svaniscono. Si rende conto che suonare è una sorta di meditazione e che, per placare la mente, deve approfondire questa esperienza: “Incontrare la meditazione per me ha voluto dire incontrare la mia realtà interiore. È una specie di morte, anche solo per un attimo: vedi morire la tua personalità e al tempo stesso apparire la tua individualità, il tuo essere eterno e immortale. Questo ha aperto uno spiraglio totalmente nuovo nella mia esistenza. La meditazione è la cosa più forte e bella che abbia incontrato nella mia vita. Non potrei farne a meno”.6
Agli studi su Yogananda e Aurobindo aggiunge l’interesse per il sufismo, la corrente mistica dell’Islam: “Direi che l’ho abbracciato per una questione di vicinanza, per quella sorta di illuminazione che ti pervade quando ti accorgi di aver trovato proprio quello che andavi cercando. Ho scoperto che il mio mondo interiore è assolutamente uguale a quello dei mistici sufi”.7 Approfondisce poi l’ascolto di Popol Vuh, Tangerine Dream, Karlheinz Stockhausen, Steve Reich e Philip Glass.
Flusso organico di aria-suono vivo da respirare attraverso i tasti della terra
Franco Battiato: testi, musica, voce solista, VCS3, chitarra, piano preparato, calimba • Gianni Mocchetti: chitarra, mandola, voce • Gianfranco D’Adda: percussioni • Gianni Bedori: sax tenore • Jane Robertson: violoncello • Daniele Cavallanti: clarinetto, sax soprano • Gaetano Galli: oboe • Rossella Conz: soprano • Jutta Nienhaus: soprano, voce recitante • Fiati del Conservatorio di Milano
Registrazione: Regson, Milano
Produttore: Pino Massara
Pubblicazione: Bla Bla, dicembre 1973
Sulle onde di queste nuove esperienze e scoperte nasce il nuovo disco, SULLE CORDE DI ARIES, un album che – a differenza dei due precedenti – non considera il suono come fine a se stesso: non c’è ricerca di perfezione ma necessità di esprimere attraverso il suono uno stato d’animo e determinati valori scaturiti dallo studio di sé. Il fare musica serve anche come via di ricerca interiore: “Durante la registrazione di quest’album ho scoperto la mia strada, la mia instintività, in senso primordiale. Ovviamente ho dovuto poi lavorare di lima; ma la mia natura di musicista è stata così delineata”.8
SULLE CORDE DI ARIES immerge l’ascoltatore in un’esperienza completamente diversa da quella dei primi album: dove prima c’era provocazione, ora c’è risposta; alla tensione precedente si contrappone qui un senso di pace e armonia. Musicalmente il disco unisce melodie mediterranee a suoni pop, sempre con attenzione alle sonorità tradizionali, primigenie. È il primo di una serie di lavori in cui Battiato è autore sia della musica sia dei testi, che qui peraltro sono brevi e di secondo piano: “In quel periodo i testi avevano un’importanza minima, il loro significato era essenzialmente simbolico ed erano come un tema chiuso: difatti molte delle mie canzoni avevano solo una strofa o due e poi dieci minuti di musica”.
Il titolo richiama Bach e la sua Aria sulla quarta corda ma soprattutto omaggia una nuova primavera di Battiato, con quel segno dell’Ariete che gli appartiene e fa da ponte tra l’inverno e la nuova stagione. Negli anni successivi, a chi gli chiede il suo segno zodiacale, Franco spesso risponderà: “Ariete migliorato”. L’Ariete cantato da Camisasca in Zodiaco, che “si scorna con il mondo per niente”, trova in Battiato una nuova dimensione più matura e rilassata.
Nella rivista Super Sound del 12 febbraio 1973 appare un’intervista in cui Franco – che sta preparando i materiali che confluiranno in SULLE CORDE DI ARIES – presenta i testi di alcuni brani dichiarando che si tratta di lavori destinati a essere messi in cantiere sei mesi dopo. Uno risulta tuttora inedito: “Nella fossa luccica l’acciaio / Ornano a migliaia / Sguardi senza luce per pregare / Un motore che scrive / buchi su una scheda programmata / Sfioro col mio dito la mia schiava / sfidando la gente / Pulsa forte il sangue nel cervello / Non vedo più niente”. Nell’intervista Franco parla anche di progetti di altro genere: “Non credo che farò della regia per la semplice ragione che mi sento attore, semmai, non regista. Avrei intenzione piuttosto di scrivere un libro: ho finito da pochi mesi il servizio militare e ho avuto esperienze talmente allucinanti che penso valga la pena di raccontarne qualcuna”.
La copertina dell’album riporta la foto sdoppiata di un volto a cui sono sovrapposti rami e fogliame. All’interno troviamo alcune foto di Ghigo Agosti: in una si vede Battiato con il percussionista giapponese Stomu Yamashta, con cui Franco farà un tour dopo l’uscita di POLLUTION; in un’altra è con Karlheinz Stockhausen.
Il sintetizzatore fa da tappeto a questa lunga suite che occupa tutto il lato A dell’album. Il brano è ipnotico, il suono ripetitivo vibra in tutto il corpo. Il testo narra di esperienze autobiografiche giovanili: le estati trascorse con la maestra nei cortili, le navi che passano e Franco bambino seduto sul muretto a osservarle. In poche parole l’autore racchiude le sue sensazioni, l’amore per la Sicilia e l’infanzia piena e soddisfacente; ma non manca un insegnamento: l’invito a tornare a guardare dentro di sé con l’animo di quando si era piccoli, e a imparare a lasciarsi andare per ritrovare il sereno. “Penso che ognuno di noi debba trovare la propria soluzione in se stesso; questo è possibile soltanto attraverso una purificazione della propria persona. È proprio questo il messaggio di tutta la facciata A del disco. Quel bambino che seduto sul muretto guarda il mare è ognuno di noi, che chiudendosi in se stesso torna puro – e quindi bambino – e può scrutare l’orizzonte con estrema tranquillità”.9 Ritroveremo queste scene nel primo film di Battiato, Perdutoamor.
In un’intervista a Qui giovani Battiato spiega il significato del titolo: “Ho intitolato il brano Sequenze e frequenze perché vuole rappresentare le sensazioni, i messaggi, l’energia che ogni cosa o persona emana e che noi tutti riceviamo in ogni momento, spesso senza rendercene conto, legati come siamo a mille piccoli problemi e preoccupazioni. Nel momento in cui, per qualsiasi motivo, si apre uno spiraglio nella nostra mente, una quantità infinita di percezioni si concretizza in noi e mille cose dimenticate o non ancora vissute – realtà che ci siamo permessi di ignorare – si presentano in tutta la loro forza, in tutto il loro significato. È un’esperienza personale che non può non lasciare un’impronta indelebile in chi la vive”.
Il verso “ogni tanto passava una nave” diventerà il titolo di un libro di Francesco Messina, cronaca raccontata e disegnata di quarant’anni di ricerche e di amicizia.
In questo brano colpisce la presenza del sax tenore di Gianni Bedori (noto con lo pseudonimo di Johnny Sax), perché rarissimamente Battiato ha inserito elementi jazz nella sua musica. Dopo un incipit di sintetizzatore – simile a quello che caratterizza una parte di Sequenze e frequenze – e altri suoni elettronici, si inseriscono i tabla, il basso e le chitarre, finché sopraggiunge il sax a segnare una svolta. Con le sue atmosfere jazzate, Aries è il brano dell’album maggiormente basato sull’improvvisazione.
Pochi secondi dopo l’inizio, la voce di Battiato filtrata in modo da sembrare quasi uno strumento inizia a raccontare momenti della sua infanzia e della sua giovinezza. La citazione dell’autista che “in Abissinia guidava il camion” è eloquente: “Mio padre era autista in Abissinia. L’Abissinia appartiene ai miei padri. È una specie di veicolo naturale, nel senso di tradizione… E gli echi che arrivano a noi siciliani di tutti i genitori che andavano a lavorare lì, in Somalia o in Etiopia, erano proprio messaggi”.10 A questi richiami tradizionali si intrecciano nuove aspirazioni e nasce il desiderio di rivoluzione.
Jutta Nienhaus recita in tedesco le due parti della poesia di Wolf Biermann Compagni, chi di noi non sarebbe contro la guerra?, che sottolinea come il falso splendore delle armi eserciti sugli uomini un grande fascino. Il testo completo lo troviamo nella parte interna della copertina assieme ad altri scritti scelti dal giornalista Peppo Delconte: Great Ideas In Information Theory, Language And Cybernetics di Jagjit Singh, gli Uccelli di Aristofane e un estratto dalla leggenda di Taliesin.
Martin Thurn-Mithoff ricorda: “L’idea di includere in Aria di rivoluzione una poesia sul tema è nata in studio durante la registrazione. Non so perché ma Franco voleva che fosse in tedesco, così gli ho portato questo testo che rispecchiava un problema quasi dialettico: siamo tutti contro la guerra ma abbiamo anche simpatia per una rivoluzione ‘giusta’. Peccato che sulla copertina il nome di Wolf Biermann sia diventato Lermann; Biermann è tuttora un nome importante in Germania. Alle registrazioni eravamo presenti io, Jutta, il fonico Gianluigi Pezzera, Franco, Pino Massara e sua moglie, con la quale ho tradotto il testo in italiano, seduto su un divano nell’ingresso”.11
Nel 1994 i C.S.I. faranno una cover di Aria di rivoluzione, che compare nelle versioni VHS e DVD del live IN QUIETE ma non nel CD. Maria Devigili la inserirà nel suo album del 2012 MOTORI E INTROSPEZIONI.
Il titolo esprime efficacemente il contenuto, una commistione di suoni elettronici con strumenti tradizionali come la mandola e la kalimba, dove spicca il suono dell’oboe. Il breve testo potrebbe richiamare le vicende di Siddharta e i precetti buddhisti: lasciare la casa del padre per guadagnarsi la saggezza autonomamente, senza adeguarsi in maniera passiva agli insegnamenti, pure se validi, di qualcun altro. Ma non si può non pensare anche al Battiato ragazzo che decide di lasciare la Sicilia e inseguire una nuova vita. Intriso di un’energia misteriosa, il brano – uno dei più belli e coinvolgenti di Battiato – sa risvegliare nell’ascoltatore ricordi sopiti.
Nel 1973 Franco partecipa con il suo VCS3 al brano Gil, contenuto nell’album VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI? dei Jumbo di Alvaro Fella che, intervistato da Fabio Zuffanti, lo ricorda così: “Battiato lo abbiamo conosciuto perché sia noi che lui avevamo lo stesso impresario, Maurizio Salvadori della Trident. Era il tempo del suo primo album, FETUS. Con lui abbiamo condiviso molte esibizioni. Ad esempio, nel dicembre 1972 al Teatro Anteo di Milano, quando aveva lanciato enormi cilindri di plastica sul pubblico. O nel marzo 1973, sempre a Milano al Teatro Lirico, in un momento in cui si stava avvicinando alla musica contemporanea; in quell’occasione si presentò sul palco da solo armato di bacchette della batteria e cominciò a tamburellare sulle corde del pianoforte a coda. Poi ci fu il Be-In di Napoli organizzato dagli Osanna”.
Alvaro Fella ricorda la registrazione di Gil: “Abbiamo invitato Battiato con il suo VCS3, Lino Capra Vaccina degli Aktuala, il nostro amico chitarrista Lino Fats Gallo e Angelo Vaggi, anche lui con il suo synth. Il brano si intitolava Gil e aveva un testo che parlava di droga. Ricordo che quando anticipai con la chitarra il testo del brano, Franco mi disse: ‘Ma davvero vuoi cantare queste parole?’. Detto da lui, che con FETUS e POLLUTION non era stato da meno, mi fece piacere. Gil è stata improvvisata completamente in studio, senza alcun arrangiamento prefissato”.
Battiato in quel periodo fa anche una brevissima e curiosa apparizione in Baba Yaga, film horror di Corrado Farina ispirato al personaggio di Valentina di Guido Crepax: compare vestito di una lunga tunica bianca a interpretare un santone.
Arriviamo al 1974. Pino Massara partecipa al Midem (Marché International du Disque et de l’Édition Musicale), che si tiene a Cannes e vede la presenza di operatori musicali di tutto il mondo: “Avevo portato gli ultimi dischi di Franco, ho conosciuto il produttore di Frank Zappa e gli ho chiesto di ascoltarli. Il giorno dopo lo aveva già fatto e nel corso di una riunione con altri discografici aveva detto: ‘Battiato is a genius’”.12 Grazie a questo fatto, poco dopo la Island si dimostra interessata alla produzione della versione inglese del primo LP di Franco. Si registrano le parti vocali, si fanno piccole modifiche e si decide il titolo, FOETUS; ma a lavoro ultimato la Island cambia idea e sceglie di puntare su qualcosa in italiano. Poi cambia nuovamente idea e il progetto viene accantonato definitivamente. La versione inedita uscirà direttamente in CD nel 1999 per la Vynil Magic.
Nel 1974 la Bla Bla mette in cantiere due album: LA TERRA degli Aktuala, che esce a maggio e vede Battiato molto vicino al progetto (il percussionista Lino “Capra” Vaccina diventerà un importante amico di Franco) e LA FINESTRA DENTRO di Juri Camisasca, di cui Battiato e Massara saranno i produttori. Massara: “Camisasca lo aveva portato Battiato. Avevano fatto il militare insieme e lui non faceva altro che lodarne le capacità canore”.13 Il nome di battesimo di Camisasca è Roberto ma Franco, come farà con molti altri in futuro, decide di cambiarlo: “Io ho iniziato a chiamarlo Juri, e tutti ora lo chiamano così. Pur essendo lombardo, è una persona che ha ben poco di occidentale. Anzi, è orientale al cento per cento”.14
LA FINESTRA DENTRO è una raccolta di canzoni che unisce elementi folk con suoni acid prog creando una miscellanea che riporta ai suoni dell’Oriente e racconta storie allucinate, a volte inquietanti ma nello stesso tempo suggestive. Camisasca: “Al tempo del mio disco d’esordio avevo le idee un po’ confuse; alcune cose erano degli effettismi, anche se credo di aver manifestato anche a livello inconscio un certo disagio esistenziale”. Nell’album Battiato suona il VCS3 e le tastiere; con lui ci sono il percussionista Lino Capra Vaccina, Maurizio Petrò e Mario Ellepi alla chitarra, Gianni Mocchetti al basso, Gianfranco D’Adda alla batteria, Marco Ravasio al violoncello e Pino Massara alle tastiere.
Il brano Scavando col badile mette il rapporto tra uomo e animali in una prospettiva diversa da quella che li vede sempre subalterni e anticipa il tema del vegetarianesimo, che verrà ripreso da Camisasca in Vegetarian Song (ARCANO ENIGMA, 1999) e da Battiato in Sarcofagia (FERRO BATTUTO, 2001).
Nel 1975 escono due 45 giri che hanno sul lato B brani tratti da LA FINESTRA DENTRO. Uno con Metamorfosi (sul lato A compare La musica muore, in cui Battiato non è coinvolto ma che Franco nel 2008 inserirà in FLEURS 2, interpretata in coppia con Camisasca). L’altro con Un fiume di luce (sul lato A c’è Himalaya).
La collaborazione di Camisasca con Franco è stata di lungo corso. Lo ritroviamo come voce nel suo album CLIC; partecipa al progetto Telaio Magnetico (supergruppo prog fondato da Battiato nel 1975); è al suo fianco nell’album JUKE BOX e nell’opera Genesi; è autore del brano Nomadi, che verrà inciso – tra gli altri – anche da Battiato; nel 1988 Juri pubblica il suo album di canti gregoriani TE DEUM per la casa editrice L’Ottava dell’amico Franco.
Nel 1990 Camisasca prende parte come corista alla tragedia I Persiani di Eschilo, che va in scena a Siracusa per la regia di Mario Martone con musiche di Franco Battiato e Giusto Pio. Nel 1992 partecipa come cantore e voce recitante al Gilgamesh di Franco Battiato. Nel 1999 pubblica l’album ARCANO ENIGMA, prodotto da Battiato. Nel 2000 collabora con la Premiata Forneria Marconi, per la quale scrive con Franco il testo del brano Nuvole nere, contenuto nell’album SERENDIPITY. Nel 2002 esce la raccolta LA CONVENZIONE, che include alcuni brani risalenti agli anni ’70. Nel 2003 partecipa al primo film di Battiato Perdutoamor come narratore della lezione di tantra. Nel 2005 recita nel suo secondo film Musikanten e nel 2007 nel terzo, Niente è come sembra.
Nel 2008 reinterpreta il brano La musica muore in coppia con Battiato; il duetto viene incluso nell’album FLEURS 2 (la versione originale del 1975 doveva essere arrangiata da Battiato, poi la cosa è sfumata). Nel 2010 collabora a due brani dell’album di Milva NON CONOSCO NESSUN PATRIZIO: scrive con Battiato i testi di I processi del pensiero e, sempre con Battiato, la musica della title track.
Nel 2011 partecipa alla nuova opera lirica di Battiato, Telesio, interpretando il brano gregoriano Attende Domine. Sempre con Franco, scrive per Biagio Antonacci la canzone Aria di cambiamento. Nel 2014, dopo anni di assenza dalle scene, torna a cantare dal vivo per la rassegna ideata da Battiato La natura della mente con un concerto al Teatro Sangiorgi di Catania dal titolo “L’armonia nascosta”. Infine, è coautore con Franco di Torneremo ancora, contenuta nell’album omonimo di Battiato del 2019.
Franco Battiato: voce, metallofono, sintetizzatore • Juri Camisasca: voce • Pietro Pizzamiglio: voce • Gianni Mocchetti: chitarra, basso • Gianfranco D’Adda: percussioni • Archi del Quartetto Ensemble diretto da Luciano Bianco • Gianni Bedori: sax (non accreditato in copertina)
Produttore: Pino Massara
Pubblicazione: Bla Bla, autunno 1974
Anche l’estate 1974 è ricca di concerti e di raduni musicali. Il 16 giugno Franco partecipa all’ultima serata di quello organizzato da Re Nudo a Parco Lambro, a Milano: “Mi sono esibito verso l’una e mezza di notte. Quando ho iniziato, da migliaia di sacchi a pelo sono spuntate delle teste. Erano tutti strafatti ma era fantastico vedere migliaia di persone che, come piante, si alzavano e si muovevano attirate dalla musica. Credo sia stato uno degli episodi più belli della mia carriera”.15
Il resto dell’estate lo vedrà partecipare a poche altre serate: il suo pensiero e la sua energia sono rivolti al nuovo album, CLIC, che uscirà in autunno. Clic come il rumore di un interruttore che scatta o come i circuiti elettronici degli strumenti che Franco è abituato a usare o come il clic della mente che cambia pensiero e prospettive, anche aiutata dai suoni. Se con SULLE CORDE DI ARIES Battiato è uscito dall’ambito prog per avvicinarsi all’avanguardia, mescolando influenze mediterranee con l’elettronica, con CLIC l’immersione è ancora più profonda. L’artista utilizza frammenti sonori, alcuni presi dal quotidiano, altri da concerti, altri ancora creati appositamente, con i quali crea un flusso sonoro. Il disco è fondamentalmente strumentale, con ridottissime parti cantate, peraltro curatissime e frutto di un’attenta ricerca; agli effetti vocali contribuiscono Juri Camisasca e Pietro Pizzamiglio.
In CLIC l’armonia naturale di SULLE CORDE DI ARIES è sostituita da suoni più freddi e razionali, c’è meno improvvisazione e più calcolo, anche se il risultato finale non è mai arido: per Franco l’importante è comunicare. Sempre. “Mi trovavo sotto l’influenza delle tendenze dell’avanguardia. La musica tedesca ed europea in genere predicava la dissonanza, la sonorità nuova e provocatoria”.16 L’album viene dedicato a Karlheinz Stockhausen, il compositore tedesco che Battiato aveva conosciuto un paio d’anni prima e con il quale aveva stretto un legame di amicizia: “In un’intervista a Melody Maker, che allora era la Bibbia della musica pop rock, Stockhausen disse: ‘Mah, del pop mi piace un italiano che si chiama Battiato’. E io andavo in giro con quel giornale sempre in tasca. Poi sono andato a vedere un paio di suoi concerti in Italia e ci siamo conosciuti”.17
Molti vedono in CLIC influenze e analogie con le esperienze di John Cage ma Battiato smentisce: “Non ero un seguace di quella scuola. Non la condividevo”. In particolare, Franco sostiene la natura musicale (e non filosofica) dei suoi suoni e non accetta la scomparsa del compositore e la conseguente casualità degli eventi sonori: “Io cercavo di dare un senso musicale ai miei dischi”. A parte Cage, si può affermare che nel brano Propiedad prohibida si nota l’influenza evidente di Steve Reich, Philip Glass e Terry Riley.
I brani dell’album sono: I cancelli della memoria, No U Turn, Il mercato degli dei, Rien ne va plus: andante, Propiedad prohibida, Nel cantiere di un’infanzia, Ethika fon Ethica. Con CLIC tornano le citazioni classiche, nello specifico la Danza Rumena n. 3 “Pe Loc” di Béla Bartók in I cancelli della memoria e il Valzer op. 64 n. 1 (“Valzer del minuto”) di Fryderyk Chopin in Rien ne va plus: andante. Battiato utilizzerà il brano di Bartók in alcune date del tour di COME UN CAMMELLO IN UNA GRONDAIA.
In CLIC Battiato ricorre anche ai collage sonori, specialmente in Rien ne va plus: “Passammo mesi con il Revox, il registratore a due piste che avevamo allora, tagliando il nastro, congiungendo pezzettini, cercando di creare delle sfumature… Allungavamo le giunzioni tagliando il nastro in diagonale, un taglio molto lungo, a volte anche di mezzo metro, per far sì che non si sentisse l’interruzione”.18
In No U Turn troviamo una parte di testo cantata al contrario: “Uomini di una certa età che la sera vanno in cerca di affetto nei parchi, soffrono ansie e paure per falsi morali e ai loro figli insegnano uguali. Egregio signor ministro, sei sicuro che i tuoi problemi sono uguali ai miei? Io so che la vita come nasce muore. A che ti serve l’abuso di potere?”. Franco eseguirà il brano con il testo nell’ordine corretto durante una performance a Reggio Emilia. No U Turn e Propiedad prohibida vengono eseguite il 19 maggio 1974 al Torino Pop Meeting, prima dell’uscita del disco. Propiedad prohibida diventerà la sigla di TG2 Dossier. Battiato la riproporrà nel 2014 nell’album in studio JOE PATTI’S EXPERIMENTAL GROUP. I cancelli della memoria verrà recuperata nel 1978 per fare da base al monologo di Giorgio Gaber Situazione donna, inserito in Polli d’allevamento, spettacolo per il quale Battiato e Giusto Pio cureranno gli arrangiamenti e le orchestrazioni.
Anche se di non semplice ascolto, CLIC è un disco molto importante nell’opera di Battiato per la sua visionarietà giocosa, che lascia intuire di quanta vitalità e curiosità sia animato l’artista. L’album segna anche una virata più decisa verso l’avanguardia contemporanea, che accompagnerà l’artista fino al termine degli anni ’70. Un disco, infine, nel quale l’unico testo presente narra dell’importante crisi esistenziale vissuta da Franco un paio d’anni prima: con poche parole in mezzo a tanti suoni Battiato riesce a concentrare e a esprimere tutta la sua sofferenza di allora.
La copertina di Mario Convertino riproduce una quadrettatura nera su sfondo bianco, con il titolo dell’album e il nome dell’artista scritti da Franco stesso. All’interno troviamo una foto scattata da Roberto Masotti durante un concerto. Interessante il libretto allegato, con foto e scritti di musica firmati da Battiato, in cui Franco esprime le sue sensazioni riguardo all’ultima crisi esistenziale: “Solo toccando il fondo riesci a capire quanta acqua c’è sopra o a che altezza ti trovi”. Nel 2009 l’album verrà ristampato in vinile da Sony Music.
CLIC esce anche per il mercato inglese a cura della Island, con un contenuto modificato. Il lato A è uguale alla versione italiana e i brani non hanno subito modifiche, mentre il retro è occupato dalla sola Aria di rivoluzione (da SULLE CORDE DI ARIES) in una versione della durata di circa quindici minuti realizzata mixando le tracce originali di Aria di rivoluzione e Sequenze e frequenze. Due titoli sono stati tradotti: I cancelli della memoria diventa Gates Of Memory; Aria di rivoluzione diventa Revolution In The Air. La copertina resta uguale. La Island pubblica il disco anche per il mercato spagnolo, in una versione sostanzialmente identica a quella inglese. Entrambe le edizioni estere sono prive del libretto presente nell’edizione italiana.
Sempre nel 1974 esce un disco pop interpretato da uno sconosciuto William (sembra fosse un conoscente di Roberto Cacciapaglia), Hey, hey, hey/Gulliver; l’etichetta M2 dovrebbe essere una sussidiaria della Bla Bla. Il testo della facciata A è di Roberto Vecchioni e la musica di Guido Maria Ferilli. Battiato è l’autore di testo e musica del lato B, aiutato da Rossella Conz per le parole e da Roberto Cacciapaglia per la musica.Gulliver sarà inserita nel 2013 in un’antologia della Kiss Kiss Records intitolata GLAM-O-RAMA VOLUME 1.
Il 14 ottobre 1974 Battiato partecipa, come una sorta di deus ex machina, allo spettacolo Avvolgimento (modelli di comunicazione tra suono e ambiente) nello Spazio Environmedia a Milano, in cui si tengono mostre di video e performance, spesso utilizzando mezzi audiovisivi. Non si sa molto di questo evento, al quale hanno partecipato anche Luciano Bianco, Demetrio Stratos e Klaus Zaugg.
Per promuovere CLIC la Island organizza un tour in Inghilterra che inizia il 13 febbraio 1975. Battiato è in compagnia del percussionista giapponese Stomu Yamashta (con il quale aveva progettato la realizzazione di un disco, che poi non ebbe seguito) e del gruppo francese Magma. Il tour finirà il 23 alla Roundhouse di Londra, e a quella serata parteciperanno, tra gli altri, gli Ash Ra Tempel e i Tangerine Dream. L’ascolto di Battiato non è facile per il pubblico, a causa delle sue sonorità nuove e insolite: “Alla Roundhouse il pubblico pensava fossi il tecnico del suono. Quando, dopo dieci minuti, si resero conto che ero uno dei musicisti la cosa più carina che gridarono fu: ‘Go home’”.19 Finito il tour inglese si parte per alcuni concerti in terra di Francia. La prima data è a Metz il 9 aprile, assieme a John Cale e Nico. “Il primo incontro con Nico fu raggelante. Mi viene incontro: ‘Are you Mr. Powder?’. E io: ‘No, mi confonde con qualcun altro’. Non mi resi conto che mi aveva scambiato per il suo pusher. Si presentava in palcoscenico con un harmonium, cantava ‘the end, my only friend…’ e il pubblico andava in visibilio”. Riguardo a Cale, Battiato invece ricorda: “Al Bataclan di Parigi fu fischiato e abbandonò il palco dopo due canzoni. A me andò meglio”.20 In un’intervista Franco ha parlato anche di una sua gaffe con Nico: “Nico si stava truccando. Io sussurrai: ‘Cazzo. Ma questa ha cinquant’anni!’. Lei mi guardò dallo specchio e disse: ‘Veramente qualcuno di meno’. Restai immobile. Poi mi spiegò che era stata due anni a Roma e capiva bene l’italiano”.
Terminato il tour francese, le apparizioni in pubblico di Battiato si fanno sempre più rare; quando capita, suona da solo le sue tastiere e il sintetizzatore, sperimenta e cerca continuamente nuovi suoni. Il pubblico non lo abbandona ma spesso non è soddisfatto: “Ho avuto la fortuna di avere dei seguaci, che però restavano sempre delusi. Era quasi inevitabile. Per questo i miei concerti erano affollati: era sempre come se mi stessero dando l’ultima possibilità, anche se alla fine restavano comunque delusi. Era quasi inevitabile. Io non avevo il minimo rimorso e rispondevo ai famosi dibattiti dell’epoca che, poiché mettevo in gioco la mia vita, non era giusto chiedermi di accontentare il pubblico. Perché non era il mio scopo”.
Anche quell’estate Re Nudo organizza un raduno a Parco Lambro e anche in quell’occasione Franco partecipa, spiazzando il pubblico perché in una sua improvvisazione farà un accenno a Sapore di sale di Gino Paoli. Sempre nell’estate ’75 Battiato si diletta con una nuova iniziativa, ovvero andare alla ricerca di suoni, spesso accompagnato da Gianfranco D’Adda: “Andavamo a registrare suoni e voci nelle case, per strada, nelle piazze… qualsiasi suono che sembrasse interessante finiva nel suo registratore”.21
Franco Battiato: testi e musica
Assemblaggio e mixaggio: Studi Regson, Milano
Produttore: Pino Massara
Pubblicazione: Bla Bla, ottobre 1975
Oltre a cercare suoni, Battiato sente anche l’esigenza di produrne, e ha un desiderio: suonare il grande organo della Cattedrale di Monreale. Il custode però non pare intenzionato a lasciarglielo fare, allora Franco gli racconta di essere un emigrato siciliano diventato famoso negli Stati Uniti e di essere ritornato da poco in Sicilia. Il custode ci casca e gli concede il permesso. Nel primo pomeriggio del giorno successivo, Franco inizia a suonare il maestoso organo a sei tastiere, le cui diecimila canne risuonano all’interno del bellissimo Duomo. Quei suoni vengono ripresi con due microfoni su un registratore a bobine; la registrazione – con l’aggiunta di vari suoni registrati in giro per le strade, nelle case e tra la gente – costituisce la base del nuovo disco, M.ELLE LE “GLADIATOR”.
“L’estate scorsa ho raccolto tantissimi suoni e rumori (processioni, conversazioni in dialetto) per un totale di quattro o cinque cassette, che ora fanno parte di questo disco. Altro materiale l’ho registrato dalla televisione e dalla radio, più alcuni collage che ho fatto appositamente e alcuni dischi d’epoca. Qui l’ironia gioca al dieci, quindici per cento; al di là di questa percentuale domina il fattore base, che per me è la musica. Il mio discorso in fondo è opposto a quello di Andy Warhol: non m’interessa far critica a questa società ma piuttosto costruire qualcosa, anche usando degli scarti”. Questo materiale finisce sul lato A dell’album (e segna una continuità con CLIC), insieme all’ultima parte dell’improvvisazione all’organo della Cattedrale di Monreale.
Sul lato B troviamo estratti delle registrazioni nella Cattedrale, sganciati dall’elettronica ma provenienti dallo stesso tipo di sperimentazione: “È lo stesso discorso con uno strumento diverso. Quanto appare sul disco non è che la selezione di tre ore d’improvvisazione con questo magnifico strumento. L’ultima parte della registrazione dal vivo è stata posta a conclusione della prima facciata, sulla seconda si succedono vari frammenti dell’improvvisazione, all’interno della quale io personalmente sento cose inaudite, parti della mia vita che traboccano: solo che qui, rispetto al primo lato dell’album, l’atmosfera è primaverile, quasi decadente ma ugualmente evocativa. Io sono combattuto tra rito e artificio: sento istintivamente di tendere più verso il rito, però certe volte ho bisogno anche di starmene sdraiato a inventarmi delle realtà: questo disco rappresenta entrambe le facce, l’artificio nel collage iniziale e il rito nel resto”.
La copertina dell’album, che raffigura un samurai in bianco e nero, è opera di Francesco Messina, che per molto tempo legherà la sua arte a quella di Battiato. “Ho trovato su un giornale inglese l’immagine che poi Messina ha riprodotto in copertina. Dentro ci ho visto sia l’elemento femminile, dovuto alla penetrazione della lama nel corpo del samurai, sia quello maschile, legato alla violenza del combattente. Da questa fusione è nato il titolo del disco”.
Il titolo di questo lavoro inizialmente doveva essere CHI CHI RI CHI e il contenuto diverso, come riporta Fabrizio Ghisellini sul numero di giugno 1975 della rivista Nuovo Sound: “Uno dei brani, M.elle le ‘Gladiator’, è eseguito esclusivamente al piano; un altro, Temporary Road, è realizzato da collage di vecchi 45 giri degli anni ’60 (Ruby Tuesday, Like A Rolling Stone ecc.) e da una chitarra basso filtrata al VCS3. Goûtez et comparez unisce fitti e indecifrabili dialoghi di alcune donne siciliane a un raffinatissimo pezzo pianistico di Saint-Saëns. Novena, infine, si apre con il religioso Tu scendi dalle stelle cantato da una voce bianca, prima cristallina e poi progressivamente deformata fino a trasformarsi in una sorta di rantolo sarcastico; a questo punto è la volta di un meraviglioso concerto di cornamuse che sembra doversi espandere e sviluppare pienamente; non sarà così: verrà troncato di lì a poco dall’inattesa brutalità di una prova microfono”. Nel 1985 Temporary Road sarà il brano che apre la seconda facciata di MONDI LONTANISSIMI.
M.ELLE LE “GLADIATOR” è il lavoro meno commerciale concepito dall’artista, e non viene seguito da un tour promozionale. L’album contiene solo tre brani: Goûtez et comparez, Canto fermo e Orient Effects. Il primo è un collage di tredici minuti con numerosissimi frammenti e registrazioni raccolti durante l’estate. Tra i tanti: segnali morse; clamore di tifosi allo stadio; prova microfono; varie percussioni; il brano Riversong della Tonto’s Expanding Head Band; Paolo Castaldi che esegue gli ultimi secondi di Cardini – Solfeggio parlante per voce sola; Battiato che recita in siciliano La spigolatrice di Sapri di Luigi Mercantini (la ritroveremo in PATRIOTS); Mario Del Monaco che canta Rose (oggi i tempi son cambiati), brano presentato a Sanremo 1954 (l’incipit è ben noto: “Son tornate a fiorire le rose”); un coro alpino che canta Aprite le porte; Va pensiero dal Nabucco di Giuseppe Verdi; due canzoni partenopee, Comm’è bella ’a stagione e Fenesta ca lucive; La gazza ladra di Gioachino Rossini; L’Internazionale… per finire con il primo spezzone delle registrazioni fatte da Battiato nel Duomo di Monreale, cui si sovrappone la sua voce. Con questi esperimenti, sembra che l’artista stia ponendo le basi per le canzoni pop che scriverà di lì a qualche anno.
Canto fermo è dedicata a Riccardo Mondadori: “A lui la vita non è stata tolta ma solo trasformata”. Orient Effects chiude il lato B con meno di venti minuti di estratti delle improvvisazioni all’organo del Duomo.
Juri Camisasca: voce • Terra di Benedetto: voce • Franco Battiato: VCS3, synth, organo Bauer • Mino di Martino: organo Farfisa • Lino Capra Vaccina: vibrafono, tabla, gong, cimbali • Roberto Mazza: oboe, sax
Registrazione: Reggio Calabria, Gela; novembre, dicembre 1975
Pubblicazione: Musicando, 1995; Black Sweat Records, 2017
Dopo l’uscita di M.ELLE LE “GLADIATOR” Franco forma un gruppo e tiene alcuni concerti a sostegno del Partito Radicale. Il nome scelto è Telaio Magnetico. I concerti sono basati totalmente sull’improvvisazione, una sorta di meditazione di suoni e voce. Camisasca: “Quando si superano le barriere del razionale e si stabiliscono rapporti di fruizione libera con i vari simboli sonori, la musica diventa pura presenza al di là di ogni concetto. In tal senso il Telaio Magnetico ha segnato una tappa fondamentale nell’era degli asceti del suono”. Terra Di Benedetto: “Partivo dalla mia esperienza teatrale giocando sul linguaggio poetico, scomponendolo in fonemi, cercando la musicalità delle parole: le parole dell’anima”.
Una testimonianza particolare di quei giorni viene da Vincenzo Zitello, all’epoca giovanissimo e ai primi passi sulla scena: “Conobbi Battiato nel 1974, mi fu presentato da Juri Camisasca. All’epoca suonavo violino, viola, violoncello e contrabbasso e li usavo in modo alternante e sperimentale. A Franco piacque molto quello che facevo e mi prese in simpatia, avevo solo diciassette anni e lui per me fu subito un punto di riferimento. Cominciai a frequentarlo, andavo spesso a casa sua a fare delle improvvisazioni e a volte si affiancavano altri musicisti; tutto questo sfociò in un breve tour del Telaio Magnetico. Ricordo che il mio primo concerto con loro fu a Roma, il 15 dicembre 1975; avevo compiuto diciannove anni da due giorni. Purtroppo dovetti rientrare a casa per problemi scolastici ma fu l’inizio della mia ricerca musicale e presi la decisione di percorrere una strada di ricerca che continua ancora oggi”.
Nel 1995 viene pubblicato un disco con le registrazioni delle ultime due date di quel tour, a Reggio di Calabria e a Gela. Battiato: “Io lo vedo come un documento storico importante soprattutto per l’improvvisazione, che ha significato in quegli anni ciò che è stata la balera nei ’60: una specie di palestra per farsi i muscoli”.
Nel 2016 uscirà una ristampa in vinile del disco per la Black Sweat Records, con l’aggiunta di un brano inedito.
L’impegno di Franco a sostegno del Partito Radicale si concretizzerà con la candidatura alle elezioni politiche del 20 e 21 giugno 1976. Sempre a sostegno del Partito Radicale, il 4 aprile 1977, in concomitanza con la raccolta di firme per sostenere alcuni referendum, Battiato terrà un concerto a Roma, in piazza Navona.
Finita l’esperienza di Telaio Magnetico, Mino di Martino e Terra di Benedetto mettono in piedi un nuovo progetto, battezzato Albergo Intergalattico Spaziale, e tra il 1974 e il 1996 registreranno vari provini, pubblicati nel 2009 dall’etichetta Musicando in un CD intitolato ANGELI DI SOLITUDINE. Troviamo Battiato in due brani: Luna di marzo (provinato nel 1977 a Roma ma registrato a Milano nel 1980), di cui cura gli arrangiamenti, e Il tempo gira (nato nel 1976 e registrato a Roma nell’anno successivo), in cui suona la tastiera e canta nei cori.
Nella primavera del 1975 esce per la Cramps il primo album di Eugenio Finardi, NON GETTATE ALCUN OGGETTO DAI FINESTRINI, in cui Battiato suona il VCS3 con lo pseudonimo di Franc Jonia. Sempre in quel periodo esce un altro lavoro basato sull’improvvisazione: ROCCHI di Claudio Rocchi, dove la voce di Franco compare nel lungo brano Zen Session. “Compare” perché in realtà Franco non partecipa al brano: Rocchi inserisce semplicemente una breve frase di Battiato registrata al telefono: “Sette centimetri sono una bella statura”.
Nella primavera del 1976 parte un altro tour. Ad affiancare Battiato troviamo Paolo Castaldi ma i due non si esibiscono mai insieme: il concerto è diviso in due parti, una per Paolo e una per Franco. Battiato sperimenta, Castaldi invece non lascia spazio all’improvvisazione: presenta Esercizio al pianoforte e Solfeggio parlante (Battiato ne ha usato un frammento in Goûtez et comparez), e la pianista Fausta Cianti esegue Notturno. L’improvvisazione è la nuova maniera per Battiato: “L’improvvisazione è uno sforzo che ti permette di sganciarti dagli schemi codificati e quindi di stabilire nuovi punti fermi, nuove certezze. Certo, mettere in discussione di continuo gli schemi già acquisiti porta su terreni insicuri, molti hanno paura di questa insicurezza e allora rinunciano alle loro potenzialità creative. Ma non esistono altre strade”. Due mondi diversi, la sperimentazione e il rigore; tuttavia più avanti Battiato rovescerà la sua posizione.
All’inizio dell’estate 1976 esce per la Bla Bla FEED BACK, una raccolta che comprende brani da FETUS a CLIC sui quali vengono effettuati tagli, assemblamenti, cuciture che assolutamente non aggiungono nulla. Al contrario. Massara: “FEED BACK è nato dalla richiesta della distribuzione di fare un disco capace di rimettere sul mercato, a costo promozionale, dei brani che sembrava avessero ancora un potenziale di vendita”.22 È l’ultima uscita della Bla Bla, che poco dopo chiude i battenti cedendo i diritti alla Ricordi.
In un’intervista comparsa sul numero 5 del settembre 2013 della rivista RaroPiù viene chiesto a Pino Massara se siano rimasti provini o inediti di Battiato relativi al suo periodo con la Bla Bla: “Qualcosa era rimasto, ad esempio le musiche per la colonna sonora di un film che avevano richiesto a Franco; ma dopo la chiusura della Bla Bla la Ricordi ha assorbito tutti i materiali e quando si è trattato di riprenderli per farne uso, si è visto che erano inutilizzabili”.
Franco Battiato: musica • Antonio Ballista: pianoforte • Claudio Rocchi: suono in studio • Alide Maria Salvetta: soprano
Registrazione: Fonorama, primavera 1977
Produttore: Pino Massara
Pubblicazione: Ricordi, 1977
“L’improvvisazione è una base essenziale della ricerca: una volta scoperte nuove certezze, si può lavorare su queste in maniera più stabile, fino a trarne un massimo di utilizzazione. Per poi procedere oltre”. Queste parole di Battiato descrivono al meglio la sua essenza di ricercatore: imparo una cosa nuova, sperimento, studio, ne traggo il massimo e vado oltre. Le sue esplorazioni e la vicinanza a Stockhausen lo portano a una nuova fase, quella dei suoni acustici e della musica classica, che fino ai concerti con Castaldi era “usata” come un gioco, mentre ora diventa argomento di ricerca e punto cruciale della sua evoluzione come artista.
Stockhausen lo aiuta anche nello studio, quando propone a Franco una parte da mimo nella sua composizione Inori (in giapponese “preghiera”, “invocazione”), un’opera meditativa in cui la componente musicale è strettamente legata alla rappresentazione scenica. Battiato: “Quando mi mostrò la partitura non riusciva a persuadersi che non ero in grado di capire quei segni: gli riusciva impossibile pensare che un musicista, come lui mi riteneva, non conoscesse la notazione tradizionale. Allora mi dedicò una serata dicendomi che quando avrei avuto quarant’anni mi sarebbe tornato utile, perché non avrei potuto fare sempre musica pop. Mi convinse, e quando tornai in Italia iniziai a studiare solfeggio, armonia e composizione”.23 Franco inizia gli studi da solo, per poi affidarsi a un maestro: “Ho studiato teoria e solfeggio da autodidatta. Non è stato difficile: conoscevo la musica da professionista e mi sono limitato a sistematizzare cose che già mettevo in pratica. Non avevo studiato la notazione ma conoscevo bene la formazione degli accordi. Avevo una mia maturazione musicale, sapevo che cosa volevo fare e così mi sono concentrato su quello che tornava utile alla mia musica. Ho iniziato a studiare armonia e composizione con il maestro Renato Dionisi, di cui conservo un bellissimo ricordo. Dionisi insegnava al Conservatorio Verdi di Milano, di cui era un cardine. Lui aveva capito bene le mie esigenze, sentiva che ero uno studente quanto meno anomalo e inventò per me un insegnamento mirato. È stato splendido il modo in cui mi ha insegnato l’armonia… Poi siamo passati allo studio dell’orchestrazione”.24 Nel periodo seguente Franco resta lontano dal pubblico – se non per qualche sporadica esibizione che lo vede sperimentare alle tastiere – per dedicarsi quasi esclusivamente allo studio. Contemporaneamente firma un contratto con la Ricordi come compositore di musica per sonorizzazioni, con Pino Massara al suo fianco come produttore. Anche la sua immagine esteriore subisce un cambiamento: lasciati da parte i colori accesi e le mise provocatorie, Battiato ripiega su un abbigliamento più sobrio e più classico.
Dal 17 al 19 febbraio 1977 al Teatro Out Off di Milano Franco porta in scena come work in progress lo spettacolo Azione teatrale, che troverà la sua rappresentazione definitiva a Roma dal 15 al 20 marzo al Teatro Trastevere con il nome di Baby Sitter, in cui Battiato è accreditato alla regia, alla musica e ai testi insieme a Peppo Delconte: “Avevo scritto una specie di poemetto teatrale ispirato alla ‘Crociata dei bambini’, un fatto storico del 1212: una crociata composta interamente da fanciulli pensava di poter attraversare il mare, che si sarebbe aperto al loro passaggio, e loro sarebbero andati a liberare il Santo Sepolcro. In realtà furono imbarcati a Marsiglia e venduti come schiavi. Da questa storia di innocenza tradita parte il lavoro teatrale, anche se del mio testo rimane solo qualche frammento”.25 Lo spettacolo viene rappresentato anche al Teatro Pierlombardo di Milano il 16 aprile, poi a Pistoia, Monza e Torino. Baby Sitter vede in scena, tra gli altri, Antonio Ballista, Angelo Carrara, Alfredo Cohen, Gianfranco D’Adda, Claudio Rocchi, Paolo Scarnecchia e Lino Capra Vaccina, persone per vari motivi vicine a Battiato. In un articolo comparso sul Corriere della Sera il 29 marzo 1977 questo lavoro viene descritto come un’opera nella quale “immagini, rapporti e situazioni si formano e si sviluppano in una pluralità di dati, a volte ironici, a volte sentiti, sempre allusivi… C’è il gusto dell’analisi del gesto del comportamento… Più che sulla politica, dunque, un discorso sull’individuo”.
Baby Sitter si concentra sul suono, che tiene uniti vari frammenti di situazioni abituali estrapolate dal loro contesto per essere riutilizzate in chiave artistica. Il palco diventa un luogo di confluenza di linguaggi e forme differenti, in modo molto vicino al concetto di ready-made formulato da Marcel Duchamp, cui si è già accennato. In alcune scene compaiono semplicemente alcuni attori che ruotano in continuazione davanti e dietro a un tendaggio con un’interminabile passeggiata, accompagnati dal suono di un pianoforte, un violino e una fisarmonica, recitando una sorta di litania in cui richiamano in sequenza nomi di artisti del passato, idea che Battiato riprenderà qualche anno dopo in Genesi.
Tra gli attori c’è Maurizio Piazza, che descrive così lo spettacolo: “Era un insieme di quadri viventi che associavano immagine, movimento e musica, con quest’ultima a fare da collante. Tutto aveva un andamento musicale. Anche i testi non erano propriamente teatrali, avevano uno sviluppo sonoro più che recitativo. Era proprio questa caratteristica a rendere originale la rappresentazione. Non a caso Baby Sitter è presentato come un lavoro di musica teatrale”.
L’idea per Baby Sitter scaturisce dall’interesse di Franco per uno spettacolo di Bob Wilson e Philip Glass che l’artista aveva visto nel 1976 alla Biennale di Venezia, Einstein On The Beach; tuttavia quello che ne esce è completamente diverso: Battiato crea qualcosa di nuovo, di personale, non facilmente collocabile nell’ambito del teatro sperimentale.
Una prima versione di Baby Sitter potrebbe essere stata ideata un paio d’anni prima, come lascia supporre una notizia riportata da Gong nel settembre 1975: “Battiato sta lavorando da mesi in gran segreto alla composizione di un’opera, anzi (ci tiene a sottolinearlo) di un oratorio profano che spera di portare sulle scene all’inizio del ’76. Il libretto è già pronto: è una storia medievale, un allucinante fenomeno di fanatismo”. Potrebbe essersi trattato di Baby Sitter, considerato che il testo parla della Crociata dei bambini.
Alcune delle musiche eseguite in scena al pianoforte da Antonio Ballista e accompagnate dalla voce del soprano Alide Maria Salvetta finiscono sul lato B dell’album BATTIATO con il titolo di Cafè-Table-Musik, altre purtroppo rimarranno inedite. Battiato spiega così il titolo Cafè-Table-Musik: “Questo pezzo della regressione europea è una specie di collage orfico pieno di sostituzioni, manipolazioni, citazioni false; o meglio: copie originali. La scala di pianoforte diventa melodia, l’esercizio di voce sentimento”. Il pezzo è realizzato in studio, ha uno schema ben preciso e non è un semplice collage di vari suoni: ci sono dialoghi con le voci di Ballista, della Salvetta e dello stesso Battiato inframmezzati da brani di pianoforte.
Sul lato A dell’album trova posto Zâ, un brano per pianoforte di venti minuti che Battiato descrive così: “Apparentemente povero. Quasi completamente formato da un accordo. Volutamente percussivo (non viene mai usato il pedale di destra), divide e sottrae risonanze, con una tecnica di rilascio. Ha bisogno di un ascolto che definirei meta analitico, a favore di una non spazialità atemporale”. Zâ mette alla prova l’ascoltatore: un orecchio distratto percepisce solo un accordo che si ripete, a un ascolto attento e sensibile si colgono invece variazioni, accenti e soprattutto le risonanze tra una ripetizione e l’altra, si scoprono suoni nuovi e si coglie il significato di atemporale. Antonio Ballista, l’esecutore, non utilizza il pedale destro e crea le risonanze solo con il graduale rilascio delle dita sui tasti. Il brano ha la particolarità di guidare l’ascoltatore lungo un percorso che lo conduce al di là del tangibile, pur lasciandolo libero di vivere le proprie percezioni in modo unico e personale. Con questo lavoro Franco abbandona definitivamente l’improvvisazione, passa alla notazione tradizionale e propone un suono esclusivamente acustico. Non che smetta di sperimentare ma lo fa in una forma nuova, richiamandosi alla musica classica con suoni minimi e puliti.
Sulla copertina compare un disegno in bianco e nero di Antonio Ballista: una tettoia con abbaino. Il titolo è in rosso. All’interno troviamo alcune delucidazioni sui due brani e foto di alcuni momenti delle registrazioni, scattate da Silvia Lelli e Roberto Masotti. Il titolo si rifà a un fantomatico racconto ironico attribuito a Luigi Mantovani, utilizzato per una campagna pubblicitaria“…e poi un giorno il popolo disse basta! Basta con i situazionismi manichei, basta con le nemesi sono-sociologiche post weberiane e pre cageane. Ridate quindi loro la musica e prendetevi il suono! Il popolo rise felice e disse Zâ”.
Tra il periodo di Baby Sitter e l’uscita dell’album BATTIATO, ci sono varie esecuzioni in pubblico. Da alcune registrazioni non ufficiali e da notizie apparse possiamo risalire a due inediti, Tarantella circumetnea, una composizione per due trombe, due violini, fisarmonica, un soprano e una voce recitante, e Memories, composizione che Battiato presenta insieme a Zâ in un concerto condiviso con Francesco Messina e Roberto Cacciapaglia.
Come è facile intuire, l’album BATTIATO non scala le classifiche. Le vendite sono scarsissime ma Franco non si crea problemi, molto probabilmente perché consapevole che si tratta solo di un momento della sua evoluzione artistica, che dopo un paio d’anni riserverà delle sorprese. Intanto, come visto, la notazione musicale tradizionale suscita in lui curiosità e desiderio di imparare, tanto da spingerlo a intraprendere lo studio del violino. Chiede consiglio ad Antonio Ballista e questi gli indica un suo compagno d’orchestra di Castelfranco Veneto, Giusto Pio: ”Il mio amico Antonio Ballista mi chiese se potevo impartire lezioni di violino a un musicista ‘molto promettente’ di nome Battiato. Gli impegni di lavoro a quei tempi erano numerosi e il tempo libero a disposizione molto poco. Fu mia figlia a convincermi ad accettare, perché conosceva la sua musica. Così Battiato cominciò a venire a casa mia a Milano a prendere lezioni di violino. Nei primi tempi ci dicevamo soltanto ‘buon giorno’ e ‘buona sera’ all’inizio e alla fine della lezione. Poi, pian piano, una parola tira l’altra, abbiamo scoperto di avere interessi in comune e siamo diventati amici”.26
Nel 1977 esce per la casa discografica It di Vincenzo Micocci l’album di Alfredo Cohen (uno degli artisti coinvolti in Baby Sitter) COME BARCHETTE DENTRO UN TRAM, primo LP italiano dedicato quasi completamente alla tematica gay. Cohen (vero nome Alfredo D’Aloisio, Cohen era il cognome della madre) era un attivista del FUORI, Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano. L’argomento non è semplice per il periodo, e la pubblicazione del disco è un’operazione molto coraggiosa, soprattutto per i testi trasgressivi che raccontano di incontri che si devono tacere e di emarginazione.
Produzione, arrangiamenti e orchestrazione sono di Battiato; i testi e la musica di Cohen. Battiato vi suona anche l’armonium e lo shaj baia con lo pseudonimo di Franc Jonia, già adottato nel disco di Finardi NON GETTATE ALCUN OGGETTO DAI FINESTRINI. Tra i collaboratori citati in copertina compare anche Juri Camisasca.
Nel 1979 Cohen pubblicherà un 45 giri con due canzoni scritte da lui con Franco Battiato e Giusto Pio: Roma e Valery, dedicata alla transessuale Valérie Taccarelli, che Cohen conobbe a Bologna dove lei era attivista del Circolo di Cultura Omosessuale 28 Giugno, uno dei primi in Italia. Nel 1982, con testo cambiato, Valery diventerà Alexander Platz, cantata da Milva.
Nel 1998 la casa discografica M.P. Records ripubblicherà in CD COME BARCHETTE DENTRO UN TRAM includendovi anche i due brani del 45 giri del 1979.
Franco Battiato: musiche, voce, pianoforte • Alide Maria Salvetta: soprano • Giusto Pio: violino solista • Antonio Ballista: pianoforte • Juri Camisasca: voce • Roberto Cacciapaglia: direzione
Produttori: Natale Massara, Paolo Scarnecchia
Pubblicazione: Ricordi, maggio 1978
La RAI propone a Franco la composizione del commento sonoro di uno sceneggiato sulla vita di Filippo Brunelleschi: “Io ero contrario a fare colonne sonore, però alla fine mi hanno convinto, anche perché si trattava di Brunelleschi e ho immaginato certe cose che mi andavano bene. Alla fine però non se la sono sentita di mandare in onda la musica che avevo composto e hanno scelto di ripiegare su qualche pezzettino di FETUS e POLLUTION, con risultati orrendi. In quel disco io avevo organizzato l’orchestra, mentre la direzione era affidata a Roberto Cacciapaglia. Inoltre ho suonato il violino in due brani”.27
Il materiale preparato per lo sceneggiato finisce nell’album JUKE BOX, che ha la pecca inevitabile di essere un lavoro frammentario, dal momento che i brani erano concepiti come parti di una colonna sonora; l’album manca di continuità e la musica slegata all’immagine non dà il meglio di sé. Neanche Battiato rimane contento di questo lavoro.
I brani sono: Campane, Su scale, Martyre céleste, Hiver, Agnus e Telegrafi. In Su scale si sente in sottofondo un testo tratto dal libro – allora inedito – Le statue d’acqua di Fleur Jaeggy, moglie di Roberto Calasso, grande amico di Franco, che ritroveremo l’anno dopo nella canzone Le aquile, contenuta nell’album PATRIOTS. Un passo da Le statue d’acqua compare anche in Hiver. Battiato riprenderà Agnus l’anno successivo per l’arrangiamento di Stranizza d’amuri.
Anche sulla copertina di JUKE BOX, come su quella dell’album precedente, compare un disegno in bianco e nero di Antonio Ballista, sempre rappresentante un tetto, e reca la scritta “Colonna sonora originale del film TV Brunelleschi”. JUKE BOX non ha promozione; Battiato ne esegue alcuni brani in pubblico e improvvisa accompagnato da Camisasca o Giusto Pio (a volte da entrambi).
Franco Battiato: musiche • Antonio Ballista: pianoforte • Bruno Canino: pianoforte
Produttori: Natale Massara, Paolo Scarnecchia
Pubblicazione: Ricordi, settembre 1978
Franco inizia anche a lavorare sulla voce e in alcuni concerti lo sottolinea: “Sto studiando sulla voce come ricerca proprio di corrispettive casse di risonanza che non siano la gola o quelle cose che già si conoscono. Ho già ottenuto risultati notevoli, riesco a farla viaggiare un po’ in ogni parte del corpo, con risonanze addominali, dietro le spalle eccetera. Mi è capitato di entrare in dimensioni in cui senti di condurre la voce all’interno, senti di essere la causa del suono, di essere tu a dirigerlo”.28 Di queste esibizioni non restano tracce registrate. Esiste invece testimonianza di tre brani presentati durante la rassegna Milano Pre-Art poco prima dell’uscita dell’album: Sul far della sera, Nevrastenia e Lamenti. “Quello che sto per fare richiede non poca concentrazione… C’è uno studio per voce e violino che il maestro Pio e il sottoscritto presenteranno questa sera. Si inizia da un suono primo, poniamo il Re, in seguito cercherò di circondarlo per gradi, in modo pressoché concentrico, con note di voce che al primo si accostino o si discostino, a seconda dei rapporti di affinità o di antipatia. Nel farlo sfrutterò la risonanza interna del corpo: l’uscita potrà essere facciale, ad esempio, o venire invece dalla cavità nasale”.29
Le esibizioni in quel periodo sono però sporadiche e Battiato si concede qualche viaggio, prima in Grecia a visitare il Monte Athos e i suoi monasteri (uno si chiama Simonos Petra; ritroveremo questo viaggio e questo monastero nell’opera Genesi) e poi in Turchia: “Venivo da un periodo di sperimentazione musicale, ero veramente un solitario nel suono e del suono, vivevo a Milano e non uscivo quasi più di casa; quel viaggio mi fece ritrovare all’interno di una società non contaminata”.30 In autunno, per comprendere ancora meglio il misticismo islamico, si iscrive all’IsMEO (Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente) e inizia a studiare l’arabo. Nel frattempo, tra le serate di improvvisazione e i viaggi, mette in cantiere un nuovo disco che esce a fine settembre 1978: L’EGITTO PRIMA DELLE SABBIE. Il titolo è un chiaro riferimento alle dottrine di Georges Ivanovič Gurdjieff, mistico, filosofo, scrittore, musicista e maestro di danze di origine greco-armena che Battiato aveva conosciuto l’anno precedente grazie a Calasso: “Il primo a parlarmene è stato Roberto Calasso, che mi segnalò l’uscita di Incontri con uomini straordinari e mi raccontò qualcosa su Gurdjieff. Lessi il libro ma non mi colpì particolarmente, così lo regalai a mia volta a Ballista. Lui ne fu travolto, e non si fermò lì. Cercò altri libri e mi regalò Frammenti di un insegnamento sconosciuto di Pëtr Dem’janovič Uspenskij. Per me fu come una rivelazione. L’insegnamento di Gurdjieff combina sufismo e altre tradizioni religiose con esoterismo e filosofia tralasciando i fondamentalismi e, senza farne una miscellanea, sottolinea tutto quello che di ognuna aiuta il risveglio e favorisce il superamento degli automatismi che condizionano l’essere umano. Il vero cambiamento della mia vita, il più grande, lo debbo alla scoperta di Gurdjieff. Da solo, con un’esperienza da autodidatta davvero selvaggia ma molto interessante, avevo scoperto quella che in Occidente si chiama meditazione trascendentale; avevo già fatto un percorso interiore ma nel pensiero di Gurdjieff vidi perfettamente disegnato un sistema che io avevo intuito e frequentato. In un solo momento raccolsi tutto. Esistono tante vie, come quelle di Santa Teresa e di San Francesco; quella di Gurdjieff mi era molto congeniale. Una specie di sufismo applicato all’Occidente, all’interno di una società consumistica”.
Franco inizia a studiare Gurdjieff da autodidatta, poi entra nel gruppo di studio di Henri Thomasson, come conferma nell’introduzione al libro di Francesco Messina Ogni tanto passava una nave – Viaggi e soste con Franco Battiato: “Ho conosciuto Francesco Messina nel 1975. Mi venne a trovare a Milano da Udine per parlare di musica. Si presentò come grafico e ne approfittai immediatamente per farmi dare dei consigli sulla copertina di un mio disco che stava per uscire (e che finì lui). Diventammo amici. Un paio d’anni dopo venni a sapere che Henri Thomasson, allievo di Gurdjieff, stava aprendo a Milano un ‘centro studi sull’uomo’ per trasmettere l’insegnamento di Gurdjieff. Lo dissi a Francesco e ad altri amici interessati. Incontrammo Thomasson, che ci prese nel suo gruppo. Furono anni indimenticabili”.
Ma qual è l’Egitto cui si riferisce l’album? Gurdjieff affermò di aver trovato, durante una delle sue spedizioni, una mappa dell’Egitto “pre sabbia” che comprovava la presenza di una civilizzazione precedente a quello che conosciamo come Egitto dinastico, un’avanzata cultura preistorica responsabile del sapere tramandato in seguito all’umanità.
Il 1º marzo 1979, per conto del locale Out off, si tiene in concerto al Conservatorio di Milano L’entropia della musica, con Michele Fedrigotti e Danilo Lorenzini in duo al pianoforte. Nel testo di presentazione allo spettacolo Battiato scrive: “Negli Incontri con uomini straordinari di Gurdjieff si parla di una mappa dell’Egitto-di-prima-delle-sabbie… Adesso, se provate anche voi a togliere la preposizione ‘di’, avrete esattamente il titolo del mio pezzo”.
L’album contiene solo due esecuzioni al pianoforte, una per lato, che continuano lo studio e il lavoro fatto con Zâ; la differenza sostanziale è che in questo disco si usano anche i pedali del pianoforte, che moltiplicano le risonanze. Sul lato A troviamo L’Egitto prima delle sabbie, un solo arpeggio eseguito da Antonio Ballista che, utilizzando in maniera magistrale i pedali nell’eseguire una scala, produce sonorità inaspettate. L’ascolto di questo brano fa vibrare corde profonde: il suo suono primordiale suggerisce importanti connessioni metafisiche; Battiato ha dichiarato più volte che, una volta terminato l’ascolto, si ha come la sensazione che il suono abbia purificato la stanza: “Con L’Egitto prima delle sabbie ho sperimentato sulla mia persona, per diverso tempo, i risultati del rapporto tra suono e corpo, raggiungendo una specie di rilassamento muscolare dato proprio da quelle frequenze che inducono sempre uno stato di quiete. Insomma, un vero e proprio mantra, un accordo e un arpeggio concepiti con risonanze che sottraggono, per così dire, della sporcizia. Un suono che, dopo dieci minuti, riempie la stanza di purezza”.31
Sul lato B è incisa Sud Afternoon, nella quale – oltre ad Antonio Ballista – troviamo al pianoforte anche Bruno Canino. Il lavoro a quattro mani rende la musica più corposa, ci sono momenti in cui le risonanze sono annullate e altri dove sono messe in massimo risalto. Franco ne parla così: “Credo si tratti di una delle mie vette assolute, eppure non c’è neanche una briciola di ispirazione, semmai studio al servizio di una concezione meditativa, riscontrabile nelle sonorità, nella purezza delle risonanze”. Ancora Battiato: “Per almeno un paio d’anni L’EGITTO PRIMA DELLE SABBIE mi aiutava nella meditazione. Quando finiva, avevo la sensazione che la stanza si riempisse di una certa purezza sonora, escludendo il tutto”.32
Ancora una volta, per la copertina viene utilizzato un disegno di Ballista in bianco e nero: riproduce un rustico e malandato cancello di legno e rete metallica tra due pali di una recinzione.
L’album è stato interpretato successivamente da Michele Fedrigotti (in una versione più lunga che troviamo nella raccolta RACCONTI D’ORIENTE, uscita in allegato a Il manifesto nel 1997) e da Arturo Stalteri nel suo album tributo a Battiato IN SETE ALTERE del 2014. Sebbene il Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo gli assegni il premio Stockhausen nella sezione dedicata alle opere per pianoforte, L’EGITTO PRIMA DELLE SABBIE non ha grande successo di vendite ed è l’ultimo lavoro di Battiato per la Ricordi, anche se il contratto di Franco non è ancora scaduto. Massara: “Mancavano ancora uno o due dischi per chiudere il contratto. Battiato voleva fare un disco con un pianoforte trattato con delle strisce di alluminio inserite tra le corde, sul quale avrebbe improvvisato una performance. La performance l’aveva anche registrata ma il disco non è uscito”.33
La scissione del contratto con la Ricordi innesca un nuovo cambiamento. Come in precedenza, oltre al suo lavoro, Battiato porta avanti collaborazioni di vario genere. Nell’ottobre del 1978 esce il primo disco di una trilogia della Cramps, MOTORE IMMOBILE di Giusto Pio, cui Franco partecipa come curatore e produttore. Gli altri due album sono PRATI BAGNATI DEL MONTE ANALOGO di Raul Lovisoni e Francesco Messina e I FIORI DEL SOLE di Michele Fedrigotti e Danilo Lorenzini. A un quarto disco – THE SECOND BOW di Frances-Marie Uitti, uscito con la stessa grafica e la direzione artistica di Gianni Sassi – Battiato non partecipa.
MOTORE IMMOBILE contiene due sole composizioni, la title track e Ananta, e Giusto Pio lo descrive così: “Immaginiamo i meccanismi rotanti di un qualsiasi motore: man mano che ci si sposta dalla periferia al centro, verso il perno della ruota, il movimento rallenta… così, spostandoci verso il centro di un suono, diminuisce la sensazione dinamica, finché da un massimo di staticità si sprigiona un massimo di energia”. All’ascolto, Motore immobile stimola la sensibilità musicale giocando con il timbro e le armoniche prodotti da due organi suonati da Danilo Lorenzini e Michele Fedrigotti e dal violino di Giusto Pio, accompagnati dal vibrare della voce di Battiato che ci cela sotto lo pseudonimo di Martin Kleist. Ananta, che in sanscrito significa “infinito” e nella religione induista rappresenta lo stato di beatitudine, mette in evidenza il riverbero e le risonanze del pianoforte suonato da Fedrigotti, affiancato dalla musica dell’organo suonato da Lorenzini; all’ascolto si avverte una sensazione di calma e di pace. Significativamente, sul retrocopertina si legge: “Si consiglia l’ascolto a volume basso”.
Altra collaborazione importante del periodo è, ancora una volta, quella con Giorgio Gaber, che gli chiede di scrivere gli arrangiamenti per il suo nuovo spettacolo Polli d’allevamento. Franco accetta di slancio ma ha le sue regole: “La sera in cui vado a casa sua per discutere degli arrangiamenti, metto la cassetta con le canzoni abbozzate alla chitarra, che mi aveva consegnato tempo prima, e mentre ascoltiamo il primo pezzo dico: ‘Ecco, qui ci metterei il basso’. Allora Giorgio, attento e spiritosissimo, mi ferma e chiede: ‘Perché? Negli altri pezzi il basso non c’è?’. ‘Esattamente’. ‘Ma come?’, replica lui. ‘Per me il basso è tutto, è come la mamma’. Gli stavo proponendo un cambio di marcia e alla fine ha accettato la sfida. Lo faceva sempre, anche quando giocavamo a poker. Era un temerario, non aveva mai paura né di bluffare né di buttarsi. E questo lo aiutava a vincere. Ci tengo a sottolinearlo perché credo che il modo di giocare a carte di una persona riveli alcune caratteristiche della sua personalità”.34
Gaber è entusiasta del lavoro fatto per lui da Battiato e Pio, e i loro arrangiamenti fuori dal comune rendono la sua rappresentazione assolutamente raffinata: infatti Polli d’allevamento è uno spettacolo provocatorio e colto. La partitura è sostanzialmente per quartetto d’archi e due pianoforti, suonati da Danilo Lorenzini e Michele Fedrigotti. Battiato vi riprende anche alcuni frammenti di altri suoi lavori: in Prima dell’amore un sottofondo orchestrale già adoperato in M.ELLE LE “GLADIATOR”; poi I cancelli della memoria, impiegata come base in Situazione donna. Come sottofondo al monologo Il palazzo Battiato si serve del terzo movimento della Sinfonia n. 3 di Johannes Brahms.
POLLI D’ALLEVAMENTO è nuovo, coraggioso, impegnato, e ha la particolarità di presentare una forte omogeneità tra i brani, il che rende l’ascolto interessante, cosa non sempre facile al di fuori del live. I testi curatissimi – una costellazione di riferimenti storici e contemporanei, di umorismo amaro, di situazioni umane universali – uniti agli arrangiamenti di Battiato e Pio rendono lo spettacolo un capolavoro. Il disco viene registrato al Teatro Duse di Bologna il 18 ottobre 1978.
Battiato ha anche occasione di arrangiare Srita Kamala, brano del musicista statunitense Michael Cassidy, presentatogli da Claudio Rocchi, che lo aveva conosciuto in seno al movimento Hare Krishna, frequentato da entrambi. Il pezzo viene inserito solo nell’edizione italiana dell’album di Cassidy TAKE ME BACK.
In questo periodo Franco esce poco, i concerti sono rari e quando accade, come detto, portano spesso degli inediti. Ad esempio, il 12 maggio 1979 al teatro di Villa Reale di Monza, Franco propone Musiche di zone di sottosviluppo, in cui si esibisce da solo. Nella prima parte di improvvisazione presenta tre brani: nel primo la sua voce accompagna le armoniche generate dal suono preregistrato di un organo e di un pianoforte; nel secondo duetta con se stesso, ovvero utilizza un Revox che riproduce il suono di un violino suonato da lui; nel terzo, come nel primo, la sua voce è accompagnata dalla registrazione di un suono, questa volta proveniente da un organetto a mantice.
La seconda parte del concerto vede Battiato improvvisare al pianoforte brani che ricordano moltissimo gli ultimi lavori, dagli armonici di Zâ alle atmosfere di Sud Afternoon.
Un altro inedito è Mondi lontanissimi, composizione orchestrale con o senza solista per armoniche di pianoforte prodotte da un’orchestra di sessantun elementi e da una voce umana, presentata nell’ottobre del 1979 al Teatro alla Scala di Milano all’interno del premio di Composizione Luigi Dallapiccola. Infine Goal!, composizione per orchestra e coro presentata dal vivo in alcuni concerti.
Questo periodo si chiude con un evento triste, la morte di Demetrio Stratos il 13 giugno 1979. Stratos era ricoverato al Memorial Hospital di New York e necessitava di cure molto costose, Gianni Sassi pensò di organizzare un concerto di raccolta fondi all’Arena Civica di Milano e, assieme a dei “garanti” tra i quali c’era Battiato, aveva scelto quali artisti si sarebbero esibiti. La selezione era necessaria perché le adesioni di sostegno erano tantissime. La data stabilita era il 14 giugno. Stratos morì il giorno prima ma il concerto si tenne ugualmente in onore all’artista e amico. Da quel concerto si ricavò un doppio album.
1 – Intervista con Sebastiano Messina, La Repubblica, 1989
2 – Il Giornale della Musica, 2001
3 – Intervista con Carlo Silvestro, King, 1991
4 – Intervista con Roberto d’Agostino, Rockstar, 1983
5 – Annino La Posta, Franco Battiato – Soprattutto il silenzio, Giunti, 2010
6 – Intervista con Angelo Pannofino, GQ, 2008
7 – Intervista con Roberto Gatti, mybestlife.com
8 – Intervista con Fernando Fratarcangeli, Raro, 1997
9 – Al Aprile, Luca Mayer, La musica rock-progressiva europea, 1980
10 – Intervista con Roberto d’Agostino, Rockstar, 1983
11 – Fabio Zuffanti, Battiato – La voce del padrone, Arcana, 2018
12 – Annino La Posta, Franco Battiato – Soprattutto il silenzio, Giunti, 2010
13 – Annino La Posta, Franco Battiato – Soprattutto il silenzio, Giunti, 2010
14 – Franco Battiato, Tecnica mista su tappeto – Conversazioni autobiografiche con Franco Pulcini, EDT, 1992
15 – Intervista con Massimo Cotto, Radio1, 2002
16 – Franco Battiato, Tecnica mista su tappeto – Conversazioni autobiografiche con Franco Pulcini, EDT, 1992
17 – Intervista con Giulia Santerini, Capital Tribune, 2004
18 – Franco Battiato, Tecnica mista su tappeto – Conversazioni autobiografiche con Franco Pulcini, EDT, 1992
19 – Intervista con Giuseppe Videtti, Il Venerdì di Repubblica, 2002
20 – Intervista con Giuseppe Videtti, Il Venerdì di Repubblica, 2002
21 – Annino La Posta, Franco Battiato – Soprattutto il silenzio, Giunti, 2010
22 – Annino La Posta, Franco Battiato – Soprattutto il silenzio, Giunti, 2010
23 – Intervista con Davide Sapienza, Buscadero, 1993
24 – Franco Battiato, Tecnica mista su tappeto – Conversazioni autobiografiche con Franco Pulcini, EDT, 1992
25 – Annino La Posta, Franco Battiato – Soprattutto il silenzio, Giunti, 2010
26 – Intervista con Marco Rapelli
27 – Intervista con Massimo Poggini, Ciao 2001, 1978
28 – Intervista con Massimo Poggini, Ciao 2001, 1978
29 – Pio de Bellis, Musikbox, 2005
30 – Intervista con Fabrizio Zampa, Il Messaggero, 1994
31 – Ciao 2001 n. 4, 1982
32 – Ciao 2001 n. 4, 1982
33 – Annino La Posta, Franco Battiato – Soprattutto il silenzio, Giunti, 2010
34 – Sandro Neri, Gaber: la vita, le canzoni, il teatro, Giunti, 2007