Venerdì 15 luglio 1994
Pierre Beau lascia Nina davanti all’ingresso dei Transports Damamme. Non ha voluto che facesse domanda alle poste per un lavoro estivo, anche se i figli dei dipendenti hanno la precedenza. Non vuole più vederla toccare le lettere, neanche da lontano. Non sa che Nina ancora fruga nella sua borsa, sottrae buste, ne apre alcune, si diverte alle parole degli altri. È più forte di lei, è come un vizio nascosto.
«Buona giornata e buon lavoro, piccolo».
Il nonno la chiama spesso “piccolo”. Da bambina una volta gli aveva chiesto: «Nonno, perché dici “piccolo”? Sono una femmina». «Il cuore è maschile» aveva risposto lui, «e tu sei il mio piccolo cuore».
Nina si presenta all’accoglienza.
«Buongiorno, sono Nina Beau, prendo servizio oggi».
È stata la madre di Étienne a trovarle quel lavoro. Marie-Laure le ha fatto un curriculum e l’ha portata personalmente dal responsabile delle risorse umane, che è un suo amico. La accompagnano nell’ufficio che occuperà per un mese e mezzo mentre la signorina Dalem è in ferie. Riceverà una formazione di una decina di giorni, niente di complicato: ricevere e mandare fax, dividere le fatture per ordine alfabetico e riporle nell’archivio del seminterrato, scrivere qualche lettera.
«Sai usare Word?».
«Sì».
«Non fai troppi errori d’ortografia?».
«No».
Nello stesso istante Étienne è seduto nella macchina di famiglia accanto a Louise, contentissimo di aver lasciato La Comelle. Non vuole più vedere Clotilde, neanche dipinta. Quando lei gli ha detto che forse sarebbe andata a trovarlo a Saint-Raphaël lui ha risposto subito che non ci sarebbe stato, che quell’anno andavano con la famiglia a fare il giro della Corsica in barca.
Bugia. Poco male. Non ne può più di lei. È pazzesco come si possa amare qualcuno, amarne l’odore, il corpo, la saliva, la voce e all’improvviso detestare quelle stesse cose. È come il lato B di un disco di cui si è ascoltato sempre e soltanto il lato A, una musica che non si riesce più a identificare. Non sopporta più la sua presenza. Quella ragazza è una sanguisuga, una palla al piede, un fardello troppo pesante. «Mi ami? Me lo giuri? Staremo insieme per sempre?».
“No, io no” pensa lui.
Étienne osserva la sorella. Sembra persa nei suoi pensieri. Ha provato a leggere un libro, ma in macchina le fa venire la nausea.
«Sei innamorata di Adrien?» le domanda sottovoce perché i genitori non sentano.
Lei lo guarda stupefatta.
«È la prima volta che mi fai una domanda che mi riguarda. In genere mi rivolgi la parola solo per chiedermi qualcosa in prestito o pregarmi di mentire per coprirti».
L’osservazione di Louise lo ferisce.
«Sei insopportabile».
E si gira dall’altra parte fingendo di guardare il paesaggio.
«Sì, sono innamorata di lui. Si vede, no?».
Étienne la guarda sospettoso.
«Ero sicuro... Avete scopato?» le chiede, più aggressivo di quanto avrebbe voluto.
Louise fa spallucce e diventa rossa. Si chiude in se stessa. Étienne sa che non aprirà più bocca fino a Saint-Raphaël.
Adrien si guarda nello specchio del bagno pensando che alla fin fine avrà un aspetto meno brutto del previsto. Somiglia sempre di più alla madre. Si è fatto più aggraziato, più sopportabile, ha zigomi alti, naso sottile, labbra più carnose di quanto sperasse e denti bianchi ben dritti. Da quando ha preso il diploma con menzione speciale e lode gli è cambiato lo sguardo, è stata come una vittoria che gli ha acceso gli occhi color nocciola. È sempre magro, al limite dello scheletrico, ma pare che anche quello cambi crescendo. Crescendo, tutto cambierà comunque. Probabilmente non diventerà più alto di un metro e settantacinque. Odia la sua pelle lattiginosa, è come un vestito di cui vorrebbe disfarsi, venderebbe l’anima al diavolo per avere una pelle come quella di Étienne, la stessa grana ramata. Si scruta il volto pallido, le ombre intorno agli occhi. Pensa che con l’estate si abbronzerà un po’. Avrà un aspetto migliore quando arriverà a Parigi.
Come Nina, anche lui comincia oggi un lavoro estivo. Pagato il minimo salariale per mettere benzina nelle macchine e prendere in consegna le bombole del gas davanti a un supermercato. Mancano due mesi a Parigi, nel frattempo è disposto a fare di tutto per raggranellare qualche soldo.
*
Domenica 31 luglio 1994
Nina e Adrien lavorano da quindici giorni.
Manca solo un mese alla partenza per Parigi...
Stesi l’una accanto all’altro sullo stesso telo da spiaggia formato gigante si spalmano di olio solare per accelerare l’abbronzatura. Adrien aveva proposto di andare al lago della foresta, ma Nina ha una predilezione per le piscine comunali. È l’azzurro della sua infanzia, l’azzurro e l’odore di cloro che le piace risentire ogni estate sulla pelle.
«Puzza di varechina» ha commentato Adrien. «Certo che sei strana».
«Strana io?» ha replicato lei. «Senti chi parla».
Le piacciono gli strilli dei bambini, i loro corpi che fanno esplodere l’acqua quando si tuffano dai trampolini. Nina ha ancora in bocca il sapore di un cremino al cioccolato. Adrien si è addormentato. Lo ascolta respirare. Ogni sera chiamano Étienne da una cabina telefonica per raccontarsi la giornata, sentirsi, parlare del più e del meno, dirgli dei rispettivi lavori. Nina gli chiede com’è il mare. «Bello» risponde sempre lui. Si è raccomandato di non dire a nessuno di quelle telefonate, che per tutti era irraggiungibile, soprattutto per Clotilde. «Promesso. Comunque non la vediamo mai, pare che lavori alla Pizzeria du Port».
Adrien lavora al distributore di benzina e diesel. «Bisogna stare attenti a non sbagliarsi». Incassa, pulisce il parabrezza, ascolta la radio nel gabbiotto in attesa del cliente successivo. «Tutto bene, le giornate passano in fretta».
Per Nina è la stessa cosa. Il lavoro le piace, fa la segretaria, le sembra di recitare in un telefilm americano. E poi ci sono novità: Emmanuel Damamme le ha cambiato la vita. Ventotto anni, alto, bello, tenebroso, il figlio del proprietario non fa che guardarla. Quando Nina alza la testa vede i suoi occhi puntati su di lei. Non osano parlarsi, giusto buongiorno e buonasera. Emmanuel non ha motivo di andare nel suo ufficio, non ha il minimo pretesto per chiederle qualcosa, ha un assistente personale. Nina deve riuscire ad attirarlo da qualche parte, ma dove? L’ideale sarebbe un sabato al Club 4. Vuole parlarci prima che finisca il contratto, prima di partire per Parigi.
Guarda il vento tra le foglie di un albero sul prato accanto alla piscina piccola riflettendo su come attirarlo in discoteca. Dopo un paio di bicchieri sarebbe più facile scambiarci due chiacchiere, certo meglio che in ufficio. Non sa dove incontrarlo a La Comelle. Emmanuel ha la macchina e a quanto pare vive con i genitori in una bella proprietà con vari edifici, campo da tennis e piscina. Non ha speranza di trovarlo nelle bagnarole comunali. Sa che ha studiato a Lione prima di tornare nella regione per dedicarsi all’azienda di famiglia.
La prima volta che l’ha visto per poco non è svenuta. È diventata rossa. Lui le ha detto un «Buongiorno» che non ha mai dimenticato. Ha adorato la sua voce dal timbro basso e sensuale. Ha risposto al suo saluto farfugliando come un’oca, anche se non è sicura che le oche farfuglino. Scoppia a ridere. Adrien si sveglia, apre gli occhi.
«Ridi da sola, adesso?».
«Sì, stavo pensando a Emmanuel».
«Ancora?».
«Sì. Lo sai che quando sono innamorata non penso ad altro».
«E Alexandre?».
«Chissenefrega di quello».
«Credevo che fosse l’uomo della tua vita...».
«Come faccio a far venire Emmanuel al Club 4 sabato prossimo?» lo interrompe Nina.
«Lasciagli un invito sul suo tavolo».
«Impossibile».
«Sul parabrezza?».
«Impensabile».
«Chi è il suo cantante preferito?».
«Non lo so... Perché?».
«Ti informi e gli fai credere che canta al Club 4 sabato prossimo».
«Non dire cazzate. Come vuoi che ci caschi?».
«Concerto privato. Non sarebbe la prima volta. È già capitato che abbiano fatto venire artisti famosi».
«Pensa se il suo cantante preferito è morto... Sarei fregata».
Si mettono a ridere.
«Dove parcheggia questo Emmanuel?».
«Eh?».
«Dove parcheggia quando viene al lavoro?».
«Be’, nel parcheggio della Damamme».
«Vai a vedere se ci sono cassette abbandonate sul cruscotto, così saprai cosa ascolta».
«Ti immagini che vergogna se mi vedono ronzare intorno alla sua macchina?».
«Lo faccio io. Nessuno sa chi sono».
«Tu?».
«Sì, io. A che ora arriva la mattina?».
*
Sabato 6 agosto 1994
Emmanuel Damamme fa il suo ingresso al Club 4. Appena Nina lo vede gli va incontro con aria falsamente dispiaciuta.
«Il concerto è annullato. Étienne Daho ha la bronchite, non può venire».
Nota il suo sguardo divertito, senza ombra di delusione, e capisce che non ha mai creduto alla storiella che gli ha raccontato.
«Sabato sera Étienne Daho canta al Club 4, concerto privato, è molto amico dei proprietari, fanno una sorpresa ai clienti. A lei piace Étienne Daho?».
Emmanuel aveva sorriso e risposto:
«Immagino che sia già tutto esaurito».
«No, non lo sa nessuno, è una serata come tutte le altre... Ci sono ancora molti posti liberi».
«Se non lo sa nessuno, com’è che lei lo sa?».
«Ho i miei informatori».
Ed eccoli uno di fronte all’altra. Emmanuel è più rilassato che in ufficio, più libero. Gli brillano gli occhi. “Non è mai stato così bello e sexy” pensa Nina.
«Beve qualcosa?» propone lui.
«Sì, grazie».
Si sorridono e vanno verso il bar. Devono urlare per sentirsi. Nina pensa che tutto sta andando meglio dei suoi sogni più rosei.
Adrien li osserva dalla pista. Non ha mai visto Nina in quel modo, interamente dedita a qualcuno. Niente e nessuno sembra poter farle perdere la concentrazione. Adrien vede per la prima volta Emmanuel. Ha di particolare che non somiglia agli altri, né alle persone che si trovano in discoteca né agli abitanti di La Comelle. Ha la classe di un dandy inglese, sembra uscito dritto dalla serie Agente speciale. Adrien fiuta immediatamente il pericolo. “Quello potrebbe farti male, Nina” gli dice una vocina interiore. Gli dispiace che non ci sia Étienne. Se ci fosse stato lui sarebbe stata tutta un’altra faccenda, Étienne sarebbe andato da Nina, l’avrebbe presa per mano e le avrebbe detto «Andiamo a ballare» o «Vieni, torniamo tutti e tre a casa e ci spariamo un film» oppure direttamente «Vieni via, questo tizio ha dieci anni più di te, è troppo vecchio per sverginarti».
In due sono più forti, riescono a far ragionare Nina, a calmare i suoi ardori. Dei due è sempre Étienne quello che la fa tornare coi piedi per terra.
In quel momento sembra che Nina stia levitando.
«Viene spesso qui?» le chiede Emmanuel.
«Tutti i sabati» risponde Nina.
«Anch’io ci venivo prima di andare a Lione... Mi sembra un luogo un po’ depravato per una ragazza».
Nina si mette a ridere. Emmanuel la osserva: ha un qualcosa di Audrey Hepburn che non gli dispiace affatto. Indossa un abitino nero di cotone che le fascia il corpo, ha la frangetta e i capelli che le incorniciano il viso, bocca sensuale, occhi neri e profondi. “Uno splendido ibrido” pensa Emmanuel. Nina l’ha colpito subito. C’è in lei qualcosa di delicato. Gli hanno detto che è la nipote di un postino e anche un’amica dei Beaulieu, che lui conosce vagamente.
«Quali sono le sue origini?».
«Padre ignoto e madre deprimente» scherza lei.
«Interessante».
«A settembre vado a vivere a Parigi» aggiunge.
«A Parigi?».
«Con i miei due migliori amici. Sono come fratelli, abbiamo fatto un gruppo, registreremo un album».
«Che tipo di musica fate?».
«Elettronica. Abbiamo due sintetizzatori, io sono la voce».
«Lei canta?».
«Sì... Mi fa strano che mi dia del lei, mi pare di essere sua nonna».
«D’accordo, diamoci del tu. Allora, canti?».
«Sì».
«Mi canti qualcosa ora?».
E tu dimmi che m’ami
Anche se non è vero
Perché lo so che è una bugia
La vita è così triste
Dimmi che m’ami
I giorni sono tutti uguali
Ho bisogno di romanticismo...11
«Magnifico. Mi sono perso Daho, ma ho avuto Lio».
«Io non ho mai fatto l’amore, e tu?».
«Cos’è, il titolo di una canzone?» fa lui, ironico.
Nina sorride, l’alcol la fa sentire sicura di sé. Si avvicinano l’una all’altro. Lei sente la bocca dell’uomo contro l’orecchio, la sua voce, il suo profumo. Si sfiorano, carichi di elettricità. Lo sposerebbe su due piedi, senza pensarci un attimo. Sarebbe pronta a rinnegare il padre e la madre. Fortuna che non li conosce.
Sono al bar, vicinissimi. Li urtano, loro neanche se ne accorgono. Emmanuel comincia a far scorrere l’indice sul dorso della mano di Nina.
«Sì, mi è capitato».
«Cosa?».
«Di fare l’amore».
Nina beve un sorso per farsi coraggio.
«Ti va di insegnarmi? Mi piacerebbe farlo prima di andare a Parigi».
«Vedremo di risolvere il problema».
11 Lio, Amoureux solitaires.