Il cameriere aveva i capelli raccolti in una piccola coda di cavallo, portava dei pantaloni molto attillati e una camicia rosa. Sono la Mariazinha, disse con un sorriso raggiante, e poi rivolto al mio Convitato gli chiese: non avrà niente contro le Mariazinhas, per caso. Il mio Convitato guardò dall’alto in basso la Mariazinha e mi chiese: Is he mad? No, risposi, non credo, è solo allegro. Can a homosexual be merry?, chiese il mio Convitato, what’s all that about? Anche Botto* era una persona allegra, obiettai, dovrebbe saperlo lei che era suo amico. Botto wasn’t merry, disse lui, he was an aesthete, it’s different.
Il suo amico è inglese?, mi domandò la Mariazinha, non li reggo gli inglesi, sono talmente noiosi! No, dissi io, il mio ospite non è inglese, è portoghese, ma ha vissuto in Sudafrica, gli piace parlare inglese, è un poeta. Ah, va bene, disse la Mariazinha, adoro le persone che sanno le lingue, io so parlare spagnolo, l’ho imparato a Estremoz, ho lavorato alla pousada Santa Isabel, les gusta Estremoz, caballeros? Il mio Convitato guardò un’altra volta la Mariazinha e disse: he’s mad. No, dissi, credo di no, dopo le spiego. In ogni caso questa è la carta dei vini, disse la Mariazinha, la carta del giorno ce l’ho tutta qui nella mia testolina, poi vi dico tutto quando è il momento, per adesso vi lascio, caballeros, devo andare a dar retta a quel ragazzaccio che se ne sta lì tutto solo e starà morendo di fame.
La Mariazinha si allontanò ancheggiando e andò a prestare attenzione a un signore che sedeva solo ad un tavolo d’angolo. Ma dove mi ha portato?, chiese il mio Convitato, che posto è questo? Non so, risposi, è la prima volta che ci vengo, me l’ha consigliato una persona, pare che sia un locale post-moderno, scusi se glielo dico ma può anche darsi che lei abbia una certa responsabilità in tutto questo, voglio dire nel post-moderno. Non capisco, disse il mio Convitato. Insomma, continuai, pensavo alle avanguardie, a quello che hanno fatto le avanguardie. Continuo a non capire, disse il mio Convitato. Bene, dissi, a ben guardare sono state le avanguardie a rompere l’equilibrio, queste cose lasciano un segno. Ma qui è tutto così volgare, disse lui, noi eravamo eleganti. Questo è quel che pensa lei, dissi io, non sono d’accordo, per esempio il futurismo era volgare, gli piacevano il rumore e la guerra, io credo che avesse un côté volgare, dirò di più, nelle sue odi futuriste c’è qualcosa di volgare. Per questo ha voluto vedermi?, chiese lui, per insultarmi? Ad essere esatti non sono stato io a volerla vedere, specificai, è stato lei a voler vedere me. Guardi che l’ho ricevuto io il suo messaggio, disse lui. Questa è buona, dissi, stamattina stavo leggendo tranquillamente sotto un albero a Azeitão, è stato lei a convocarmi. Sta bene, disse il mio Convitato, come vuole, non stiamo a discutere, diciamo che mi piaceva sapere quali sono le sue intenzioni. In relazione a che?, chiesi. In relazione a me, per esempio, disse il mio Convitato, in relazione a me: è questo che m’interessa. Non sarà per caso un pochino egocentrico?, chiesi. Chiaro che sì, rispose lui, sono egocentrico, ma che ci vuol fare, tutti i poeti sono egocentrici, e il mio ego ha un centro molto speciale, d’altronde se volessi dirle dove si trova questo centro non lo saprei. Riguardo a quel che mi sta dicendo ho fatto alcune ipotesi, dissi io, ho passato la vita a fare ipotesi sul suo conto ed ora sono stanco di farne, ecco che cosa volevo dirle. Please, disse lui, non mi lascerà solo con persone piene di certezze, è gente terribile. Lei non ha bisogno di me, dissi io, non venga a raccontarmi delle storie, c’è il mondo intero che l’ammira, ero io ad aver bisogno di lei, però adesso vorrei smettere di avere bisogno, tutto qui. Non è stato bene in mia compagnia?, chiese lui. No, risposi, è stata molto importante, ma mi ha inquietato, ecco, diciamo che mi ha inquietato. Eh già, confermò lui, con me va sempre a finire così, ma senta, non crede che sia proprio questo che la letteratura deve fare, inquietare?, da parte mia non ho fiducia nella letteratura che tranquillizza le coscienze. Nemmeno io, approvai, ma vede, io sono già abbastanza inquieto per conto mio, la sua inquietudine si aggiunge alla mia e produce angoscia. Preferisco l’angoscia ad una pace marcia, affermò lui, tra le due cose preferisco l’angoscia.
Il mio Convitato aprì la carta dei vini e la lesse con attenzione. Come si può scegliere il vino senza aver scelto la cena?, disse, davvero questo ristorante è molto bizzarro. Qui in pratica si mangia solo pesce, dissi io, è per questo che offrono soltanto vini bianchi, ma comunque se lei preferisce il rosso c’è un rosso della casa che può anche non essere male. No no, disse lui, stanotte voglio bere vino bianco, ma lei deve aiutarmi a scegliere, non conosco le marche, sono tutte nuove. Frizzantino o d’annata?, domandai. D’annata, disse lui, d’annata, non mi piacciono le gazose. Non so se ha notato che c’è un Colares Chita, è un vino dei suoi tempi. Il mio Convitato assentì e disse: è un vino di Azenhas do Mar, nel millenovecentoventitre vinse una medaglia d’oro a Rio de Janeiro, all’epoca abitavo a Campo de Ourique.
La Mariazinha venne da noi e le ordinai il Colares. Vogliono scegliere?, chiese la Mariazinha. Senta, dissi, se non le dispiace vorremmo bere un bicchiere prima di scegliere, abbiamo sete e poi vogliamo brindare. Per me non c’è problema, disse la Mariazinha, la cucina resta aperta fino alle due e il ristorante fino alle tre, come preferiscono lorsignori. Se ne scappò via e tornò di lì a poco con la bottiglia e un secchiello di ghiaccio. Stanotte abbiamo una lista tutta letteraria, disse mentre apriva la bottiglia, è stato Pedrinho a scegliere i nomi, es el apocalipse, caballeros. Chi è Pedrinho?, chiesi. Pedrinho è un ragazzo che ci dà consigli in cucina, disse la Mariazinha, un ragazzo molto colto, ha studiato letteratura a Évora. Un altro alentejano?, domandai. Ha qualcosa da ridire contro gli alentejani?, obiettò la Mariazinha con aria orgogliosa, guardi che anch’io sono alentejana, sono di Estremoz. No, non ho niente, risposi, solo che la mia giornata è stata piena di alentejani, ho incontrato alentejani dappertutto. Gli alentejani sono internazionali, disse la Mariazinha scuotendo la sua coda di cavallo, e ci lasciò in pace.
Il mio Convitato levò il bicchiere. Facciamo un brindisi, disse. Ci sto, concordai, a cosa brindiamo? Al prossimo secolo, disse lui, ne avete proprio bisogno, questo è stato il mio secolo e con lui me la sono passata bene, ma chissà quali problemi avrete voi con quello che è alle porte. Voi chi?, chiesi. Voi, tutti voi che state vivendo adesso, rispose lui, voi uomini di fine secolo. Abbiamo già una quantità di problemi, dissi io, abbiamo proprio bisogno di brindare. Vorrei anche brindare al Saudosismo,** al nostro gusto per la nostalgia, disse il mio Convitato levando di nuovo il bicchiere, ho nostalgia del Saudosismo, poverino, ormai più nessuno è saudosista, la nostra nostalgia è andata a farsi benedire, questo paese sta diventando terribilmente europeo. Lei è europeo, dissi, lei è lo scrittore più europeo della letteratura del ventesimo secolo, scusi sa ma questo poteva proprio risparmiarselo. Ma se non sono mai uscito da Lisbona, replicò lui, non sono mai andato fuori dal Portogallo, l’Europa mi piaceva, sì, ma come concetto, sul piano mentale, a ben vedere erano altri quelli che mandavo in giro per l’Europa: un amico in Inghilterra, un altro a Parigi, ma io no, me ne restavo calmo e quieto a casa di mia zia. Comodo, commentai io, davvero comodo. Eh sì, commentò lui, forse sono stato un po’ vigliacco, mi capisce?, ma lasci che le dica che proprio dalla vigliaccheria sono nate le pagine più coraggiose del nostro secolo, pensi per esempio a quel cecoslovacco che scriveva in tedesco, ora non mi viene in mente il suo nome, non crede che abbia scritto pagine di un coraggio stupefacente? Kafka, dissi io, si chiamava Kafka. Lui, sì, disse, e tuttavia anche lui era un po’ vigliacco. Il mio Convitato bevve un sorso di Colares e continuò: il suo diario è tutto percorso da una nota di vigliaccheria, ma che coraggio aver scritto quel libro meraviglioso, sa?, quel libro sulla colpa. Il processo?, domandai, dev’essere Il processo. Sì, certo, disse lui, è il libro più coraggioso del nostro secolo, ha il coraggio di affermare che tutti siamo colpevoli. Colpevoli di che?, domandai. Come di che?, disse lui, di essere nati, forse, e delle cose che sono successe in seguito, siamo tutti colpevoli.
La Mariazinha si avvicinò con un sorriso luminoso, la cipria cominciava appena a raggrumarsi per via del caldo e del sudore, ma lei continuava a mantenere la sua espressione festosa. Bene, caballeros, disse, ora vi spiego la carta del giorno, è una carta poetica, ma la nouvelle cuisine ha bisogno di poesia, per cominciare abbiamo una zuppa “Amor de Perdição” e un’insalatina “Fernão Mendes Pinto”, che ne dite? I nomi sono pittoreschi, dissi io, ma veda di spiegarsi meglio. Bene, disse la Mariazinha, la zuppa “Amor de Perdição” è una zuppa di coriandolo con molto coriandolo e rigaglie di pollo, l’insalatina “Mendes Pinto” è una cosina esotica, con avocado, gamberi e germogli di soia. Am I also to blame for the nouvelle cuisine?, disse il mio Convitato, I’m not responsible for those horrible names. Effettivamente la nouvelle cuisine è un orrore a parte, dissi, ha ragione. Il suo amico parla solo inglese?, disse la Mariazinha, ma che noioso. E poi?, le chiesi, per dopo che cosa c’è? Allora, disse la Mariazinha, mi lasci un po’ pensare, abbiamo cernia “tragico-marittima”, sogliola “intersezionista”, anguille della laguna di Gafeira alla “Delfino”, e baccalà alla “scherno e maldicenza”. Il mio Convitato alzò il sopracciglio e mi sussurrò: ask him how the sole is cooked. Lo chiesi, e la Mariazinha assunse un’aria ispirata. Ha un ripieno a base di prosciutto, disse, per questo è intersezionista, pesce e carne. Il mio Convitato sorrise con ironia e fece segno di sì con la testa. E le anguille alla “Delfino”?, chiesi, come sono fatte? Sono preparate nel loro sugo, disse la Mariazinha, una specialità della casa. E com’è fatto il loro sugo, me lo può dire? Senta, disse la Mariazinha, la conosce la zuppa di pesce o no?, sì?, allora, il loro sugo è il sugo che si prende dalla cottura delle anguille, ecco com’è fatto, con l’unto delle anguille a cui si aggiungono sale e aceto, questa base, buonissima, la si versa sulle anguille nel loro tegamino e gli si dà un bollore, in pratica è un piatto apparentato con la caldeirada de enguias à moda da Murtosa, solo che è più fine, per questo noi lo chiamiamo anguille della laguna di Gafeira alla “Delfino”. Ma la laguna di Gafeira non esiste, dissi io, è un luogo dell’immaginazione, un luogo letterario. Capirà cosa m’importa, disse la Mariazinha, il Portogallo è pieno di lagune, prima o poi una Gafeira la si trova sempre. Allora vada per le anguille, dissi, ma solo una mezza porzione, un assaggino, tanto per farmi un’idea.
La Mariazinha se ne andò e il mio Convitato tornò a riempire i bicchieri. Questo è un posto incredibile, disse. Scusi se cambio argomento, dissi io, ma volevo che mi parlasse della sua infanzia, la sua infanzia m’incuriosisce molto. La mia infanzia?, esclamò il mio Convitato, non ho mai parlato a nessuno della mia infanzia, non ne parleremo adesso che siamo a cena. La prego, replicai, mi parli della sua infanzia, è la cosa più misteriosa della sua vita, questa è la prima e l’ultima volta che ci incontriamo, non voglio perdere questa opportunità. Mi creda, disse il mio Convitato, ho avuto un’infanzia felice, mi creda, mio padre morì, è vero, ma io me ne accorsi appena, trovai un altro padre, un uomo buono e silenzioso, non era un padre, era un simbolo, è bello vivere con i simboli. E con sua madre come andò?, chiesi, con lei aveva un legame molto forte, i suoi critici, almeno alcuni, arrivano ad insinuare una specie di complesso di Edipo. Macché, disse il mio Convitato, il nostro fu un rapporto solare, mia madre era una persona semplice, non aveva idea di cosa fosse la finzione, lo sa?, io ho lasciato che pensassero che avevo avuto un’infanzia misteriosa perché ho cancellato l’infanzia dai miei scritti, ma sono tutte storie, mi creda, solo per depistare i critici, li trovo talmente indiscreti, così ho preferito ridicolizzarli in partenza. Lei è un bugiardo, dissi io, un gran bugiardo, magari avrà anche ingannato i suoi critici, ma se ora prova a ingannare anche me allora vuol dire che non sta giocando secondo le regole. Senta, disse lui, creda pure che io non sia onesto nel senso che lei dà al termine, le mie emozioni mi vengono solo attraverso la finzione vera, il suo genere di onestà la considero una forma di miseria, la verità suprema è fingere, questa è la convinzione che ho sempre avuto. Lei sta esagerando, dissi io, ora sta mentendo due volte, così non va. Va, eccome, replicò il mio Convitato, quel che è davvero importante è sentire. Infatti, dissi, sono convinto che lei sentisse tutto, anzi ho sempre pensato che lei sentisse cose che le persone normali non erano in grado di sentire, ho sempre creduto nei suoi poteri occulti, lei è un mago, ed è proprio per questo che mi trovo qui e ho avuto la giornata che ho avuto. Ed è soddisfatto della giornata che ha avuto?, chiese lui. Non saprei spiegarle, risposi, mi sento più tranquillo, più leggero. Era di questo che aveva bisogno, disse lui. Le sono molto grato, dissi.
La Mariazinha arrivò con i primi. Alla fin fine erano solo due zuppe di coriandolo del tutto tradizionali, la nouvelle cuisine non aveva inventato nulla, solo il nome. Il mio Convitato fece cenno di sì col capo e disse: non avrei mai pensato che si potesse mangiare tanto bene ad Alcântara, ai miei tempi da queste parti non c’erano ristoranti, solo bettole economiche dove non si mangiava che baccalà lesso. È l’Europa, dissi io, sono gli effetti dell’Europa. Quando ero vivo io, disse il mio Convitato, l’Europa era una cosa remota, longinqua, era un sogno. E lei l’ha sognata spesso?, domandai. No, rispose, non tanto, il mio amico Mário sì, ci ha fatto certi sogni, ma ne è stato tanto deluso, io, come lei sa, preferivo andare alla stazione del Rossio ad aspettare i treni che arrivavano da Parigi, a quell’epoca i treni da Parigi arrivavano al Rossio, mi piaceva leggere il viaggio sulla faccia degli altri. Come no, dissi io, a lei è sempre piaciuto delegare. E a lei no?, osservò il mio Convitato. Anche a me, risposi, credo che abbia ragione.
I piatti arrivarono e cominciammo a mangiare. Guardai interrogativamente il mio Convitato e lui mi rispose con uno sguardo neutro. Com’è, il piatto intersezionista?, chiesi. Lui scosse la testa. È quel che lei diceva del futurismo, rispose, forse ha un côté volgare. Ma così a guardarlo sembra buono, dissi io. Eccellente, replicò lui, per questo è un poco volgare.
Continuammo a mangiare in silenzio. Nella sala si diffuse una musica in sordina, una musica per piano, Liszt, forse. Perlomeno la musica è buona, osservai. A me la musica non piace, disse il mio Convitato, non mi è mai piaciuta. Questo mi sorprende, dissi io, davvero. Solo la musica popolare, continuò lui, valzerini e roba così, ma mi piace Viana da Mota, e a lei? Mi piace, dissi, forse ha qualcosa in comune con Liszt, le pare? Forse, disse lui, ma com’è portoghese.
La Mariazinha venne a ritirare i piatti. Ci elencò i suoi pittoreschi desserts, ma il mio Convitato non ne parve entusiasta. Il suo amico è un po’ depresso, disse la Mariazinha, ha un’aria lugubre, poverino, è inglese, vero? Le ho già detto che è portoghese, esclamai leggermente irritato, e che gli piace parlare inglese. Non si faccia venire i nervi anche lei, caballero, replicò la Mariazinha, e levò i piatti.
Mi sembra stanco, osservò il mio Convitato, non le va di accompagnarmi un poco? Stavo giusto pensando di andare a prendere una boccata d’aria, assentii, oggi è stata una giornata lunga, interminabile. Chiamai la Mariazinha e chiesi il conto. Lasci che paghi io, disse il mio Convitato. Neanche per idea, protestai, l’idea del ristorante è stata mia, e poi ho fatto economia tutto il giorno per arrivare a pagare questa cena, non insista, per piacere. La Mariazinha tolse la candela dal tavolo e ci accompagnò all’uscita. Hasta la vista, caballeros, disse, gracias y buenas noches. Good bye sir, gli rispose il mio Convitato.
Attraversammo la strada e passammo di fronte alla stazione marittima. Io arrivo fino alla fine del molo, disse il mio Convitato, non vuole accompagnarmi? Certo, dissi io, vengo con lei. Di lato alla porta c’era un mendicante, un vecchietto con la fisarmonica a tracolla. Quando ci vide stese la mano e recitò una litania incomprensibile. La carità, per amor di Dio, mormorò alla fine. Il mio Convitato si fermò e si infilò la mano in tasca, prese il portafoglio e ne tirò fuori una banconota antica. È denaro della mia epoca, disse afflitto, forse lei mi può aiutare. Cercai in tasca e trovai un biglietto da cento escudos. Sono gli ultimi che ho, dissi, sono rimasto a secco, ma sono carini, non le pare? Lui osservò la banconota e sorrise. La tese al Suonatore di Fisarmonica e gli chiese: sa suonare delle vecchie canzoni? So Lisboa Antiga, disse il Suonatore di Fisarmonica con aria avida, conosco tutti i Fados. Magari anche più vecchie, disse il mio Convitato, degli anni Trenta, dovrebbe ricordarsele, non è poi così giovane. Può darsi, disse il Suonatore di Fisarmonica, mi dica lei quel che le piacerebbe sentire. Per esempio São tão lindos os teus olhos, disse il mio Convitato. Come no se la conosco, disse il Suonatore di Fisarmonica raggiante, la conosco perfettamente. Il mio Convitato gli diede i cento escudos e disse: allora ci venga dietro, a qualche metro di distanza, e suoni quella musica, ma basso basso perché dobbiamo conversare. Prese un’aria confidenziale e mi disse all’orecchio: una volta ho ballato questa musica con la mia innamorata, ma nessuno lo sa. Lei sapeva ballare?!, esclamai, non lo avrei mai immaginato. Ero un ballerino eccezionale, disse lui, avevo imparato da solo con un libriccino che si chiamava Il ballerino moderno, libriccini così mi sono sempre piaciuti, che insegnavano a fare delle cose, facevo tardi la sera quando tornavo dall’ufficio, ballavo tutto da solo, scrivevo poesie e lettere alla mia fidanzata. L’ha amata molto, osservai. È stata il trenino a molla del mio cuore, rispose lui. Si fermò, obbligandomi a fermarmi. Anche il Suonatore di Fisarmonica si fermò, ma continuò a suonare. Guardi la luna, disse il mio Convitato, è la stessa che guardavo con la mia innamorata quando andavamo a spasso al Poço do Bispo, non è strano?
Eravamo arrivati in fondo al molo. Bene, disse lui, a questa panchina ci siamo incontrati e a questa panchina ci salutiamo, lei dev’essere stanco, può dire a questo pover’uomo di andarsene. Si sedette ed io andai a dire al Suonatore di Fisarmonica che la sua musica non ci serviva più. Il vecchietto mi diede la buonanotte, io mi voltai e solo allora mi accorsi che il mio Convitato era sparito.
La casa di campagna era immersa nel silenzio, si era levata una brezza fresca che accarezzava le foglie del gelso. Buonanotte, dissi, o meglio: addio. A chi, o a che cosa, stavo dicendo addio? Non lo sapevo bene, ma era quel che mi andava di dire ad alta voce. Addio e buonanotte a tutti, ripetei. Reclinai il capo all’indietro e mi misi a guardare la luna.
FINE
* António Botto (1897-1959), esteta e poeta estetizzante. Autore della raccolta poetica “Canções” (1921), che fece scandalo per il suo contenuto apertamente omosessuale. (N.d.T.)
** Da saudade (nostalgia, desiderio). Movimento filosofico-politico di impronta misticheggiante e nazionalistica, fondato dal poeta Teixeira De Pascoaes (1877-1952) attorno alla rivista “A Águia”, attiva nel decennio 1910-1920. (N.d.T.)